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Centrali Biogas

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2. DIFFUSIONE E PROSPETTIVE DEL BIOGAS IN ITALIA (Sergio Piccinini – CRPA e Coordinatore Comitato Scientifico CIB)

Quello a cavallo fra il 2010 e il 2011 è stato un anno di grande sviluppo del settore biogas agro-zootecnico, che ha visto passare il numero di impianti a 521 dai precedenti 273 (CRPA, 2010), con una potenza elettrica installata che è passata a 350 MWe dai precedenti 140 (Tabella 1 - Impianti di biogas agro-zootecnici rilevati nelle indagini effettuate dal CRPA negli anni 2007, 2010 e 2011).

A maggio 2011, il 75% degli impianti (391) era già operativo, mentre il restante 25% (130) risultava in costruzione o prossimo ad entrare in operatività.

I grafici di Figura 3 (Andamento del numero di impianti di biogas del settore agro-zootecnico nell'ultimo decennio) e Figura 4 (Andamento della potenza elettrica installata di impianti di biogas del settore agro-zootecnico nell'ultimo decennio) illustrano in modo esaustivo lo sviluppo esponenziale che il settore ha avuto negli ultimi anni: a titolo indicativo si fa notare che dal 2007 al maggio 2011 la potenza elettrica installata è aumentata da circa 32 a 350 MWe, con un incremento di 11 volte.

Il notevole sviluppo del settore, unito alla sempre maggiore professionalità delle ditte costruttrici e dei gestori degli impianti stessi, oltre che all'introduzione di impianti alimentati prevalentemente in co-digestione, sta modificando profondamente il settore del biogas, traghettandolo sempre più da una applicazione tipicamente di recupero a una industriale di produzione vera e propria, programmabile e sicura.

Il 57,9% degli impianti utilizza la classica co-digestione fra effluenti zootecnici, sottoprodotti agro industriali e colture dedicate, il 29% utilizza solo effluenti e il 13,1% colture energetiche e/o sottoprodotti agroindustriali. Rispetto all'indagine del 2010 la ripartizione vede incrementare il numero percentuale di impianti che utilizza sole colture e la co-digestione. Per quanto concerne, invece, la potenza elettrica installata l'indagine ha messo in evidenza che il 70,4% è prodotta con co-digestione di diverse matrici, il 22,3% con sole colture dedicate e il 7,3% con soli effluenti.

Le differenze fra le due tipologie sono dovute soprattutto al fatto che gli impianti solo ad effluenti hanno taglie inferiori a quelle degli impianti alimentati a colture energetiche. Considerando il sottoinsieme degli impianti con dati noti si desume che gli impianti a soli effluenti zootecnici hanno mediamente una potenza elettrica installata di circa 150 kWe, gli impianti in co-digestione una potenza elettrica installata di 720 kWe e gli impianti a sole colture di 1.010 kWe.

Dal maggio 2011 ad oggi il trend di crescita del settore è ulteriormente aumentato e, per la fine del 2012, si possono stimare oltre 800 impianti di biogas agro-zootecnici operativi e/o in costruzione, per circa 650 MW di potenza elettrica installata.

L’uscita del Decreto ministeriale 6 luglio 2012, in attuazione dell’articolo 24 del Decreto legislativo 3 marzo 2011 n. 28, ha ridefinito il quadro degli incentivi per gli impianti di biogas che saranno messi in esercizio a partire dal 2013.

Tabella 2 - Numero di impianti agro-zootecnici per potenza elettrica installata 

Le più importanti novità sono rappresentate dall’individuazione di tariffe omnicomprensive decrescenti al crescere della taglia dell’impianto, ma anche all’istituzione di un Registro nazionale a cui iscriversi per acquisire il diritto di accesso agli incentivi. Tale Registro consentirà la costruzione di impianti di biogas fino al raggiungimento di un quantitativo contingentato (art. 9 comma 4), che per il triennio 2013-2015 è stato fissato rispettivamente in 170-160-160 MWe. Il decreto fissa anche le priorità di accesso al diritto di costruire l’impianto di biogas: al primo posto sono stati individuati gli impianti di aziende agricole alimentati da biomasse e sottoprodotti fino a 600 kW di potenza elettrica. Il decreto, peraltro, definisce anche che gli impianti fino a 100 kW di potenza elettrica possono essere realizzati senza iscrizione al Registro.

Le indicazioni che emergono dal decreto, in sostanza, mettono in luce una chiara intenzione da parte del legislatore di incentivare soprattutto impianti di piccola taglia alimentati da sottoprodotti di recupero.

Il Piano d'Azione Nazionale (PAN) per le energie rinnovabili, predisposto dal Governo a giugno 2010 e approvato dalla Commissione Europea, contiene le indicazioni per raggiungere gli obbiettivi presenti nella Direttiva 2009/28/CE e nella decisione della Commissione del 30 giugno 2009. In sostanza si tratta di un programma di attività mirate a consentire uno sviluppo delle risorse rinnovabili per soddisfare gli obiettivi che l'Italia, al pari di tutte le altre nazioni europee, si è data per il 2020. Tali obiettivi prevedono di coprire almeno il 17% delle risorse energetiche nel loro complesso (elettriche, termiche e combustibili per autotrazione) con fonti rinnovabili e di immettere nel sistema dei trasporti almeno il 10% di combustibili da fonte rinnovabile (biocombustibili).

Il biogas/biometano in questo quadro è una delle voci che permetteranno di conseguire il risultato finale. A differenza però di altre filiere energetiche, la filiera del biogas ha alcune peculiarità che la rendono particolarmente interessante per il mondo agricolo:

  • è una filiera molto elastica che permette di sfruttare energeticamente una serie molto vasta di prodotti e sottoprodotti che altre filiere non riescono a sfruttare (effluenti zootecnici, sottoprodotti agro-industriali umidi e variabili nel tempo, sottoprodotti animali, ecc.), riducendo la competizione per l'approvvigionamento;
  • è una filiera tipicamente corta: “nasce” corta perché utilizza prodotti che non possono fare molta strada in quanto molto umidi, “muore” corta perché deve gestire un residuo (digestato) umido che per ragioni economiche deve trovare collocazione nelle immediate vicinanze dell'impianto (10-20 km);
  • è una filiera agricola perché la dimensione impiantistica parte da 20 kW e arrivava fino a 2-3 MW, consentendo a tantissime aziende di attrezzarsi con una valida alternativa/integrazione al reddito agricolo;
  • è una filiera ambientalmente molto promettente perché, oltre a ridurre l'impatto ambientale degli allevamenti, recuperando parte delle emissioni spontanee di metano dagli stoccaggi, consente di produrre energia elettrica e termica risparmiando fonti fossili (tecnologia definita dagli anglosassoni “Win-Win”, ovvero doppiamente vincente);
  • in certe condizioni permette di sfruttare appieno anche l'energia termica di cogenerazione (riscaldamento domestico, essiccazione foraggi, ricoveri zootecnici, serre, utenze residenziali);
  • può portare alla produzione di “biometano”, ovvero biogas raffinato dall'anidride carbonica e altre impurità gassose, per essere immesso in rete e utilizzato in impianti ad alta efficienza energetica ovvero utilizzato come biocombustibile da autotrazione, con tutti i benefici ambientali correlati. Per la prima volta in Italia il PAN ha enunciato la possibilità di produrre biometano e nel marzo 2011 è stato approvato il decreto legislativo n. 28 per l'applicazione di questa possibilità, oltre che di tutte le novità per l'incentivazione futura delle risorse rinnovabili; si è in attesa del decreto che fissi la relativa tariffa incentivante per il biometano.

In definitiva, la filiera del biogas/biometano rappresenta una opportunità per il mondo agricolo che può divenire un protagonista di primo piano nel raggiungimento degli obiettivi strategici energetici nazionali, intercettando al tempo stesso tutto il “valore aggiunto” della filiera produttiva, eliminando qualunque intermediario e consentendo di valorizzare tutte quelle superfici agricole attualmente sotto utilizzate e/o i sottoprodotti agroindustriali che attualmente vengono gestiti con elevati costi economici ed energetici.

Il potenziale di sviluppo della filiera nel breve termine è consistente: stime recenti (elaborazioni CRPA e CIB), considerati i quantitativi disponibili di biomasse di scarto e di origine zootecnica utilizzabili in co-digestione con biomasse vegetali provenienti da coprodotti e sottoprodotti agricoli e da circa 400.000 ha di colture dedicate, evidenziano un potenziale produttivo pari a circa 8 miliardi di gas metano equivalenti, circa il 10% del consumo attuale di gas naturale in Italia, un quantitativo pari alla attuale produzione nazionale di gas naturale, un potenziale quindi di circa 4 volte quello proposto dal PAN per il biogas al 2020 (pari a circa 2 miliardi di gas metano equivalenti anno).

Il biogas/biometano rappresenta una notevole opportunità per l’Italia in ragione della plurifunzionalità della filiera. Volendo ricordare, per brevità, solamente gli effetti sull’economia, possiamo evidenziare che la realizzazione del potenziale prima ricordato potrebbe comportare un incremento importante del PIL dell’agricoltura italiana; inoltre il risparmio sulla bolletta energetica per l’import di gas naturale potrebbe ammontare a circa 1,5-2 miliardi di euro all’anno a prezzi correnti. Importanti sono inoltre le ricadute socio economiche in settori quali l’industria della macchine agricole , degli impianti di trattamento delle acque reflue e dei rifiuti organici, dei sistemi di trattamento e trasporto del gas, dei motori a gas per autoveicoli ecc., per i quali lo sviluppo della filiera italiana del biogas-biometano potrebbe rapidamente permettere di creare le condizioni per competere con la concorrenza estera.

I principali elementi di criticità che devono essere considerati per favorire un efficiente e rapido sviluppo di una filiera italiana del biogas-biometano riguardano :

  • la mancanza di una legislazione tecnica e incentivante sul biometano;
  • la carenza/mancanza di tecnologia italiana nell’upgrading del biogas a biometano;
  • la necessità di favorire l’utilizzo di biomasse locali con il massimo risultato in termini di incremento del contenuto in carbonio nei suoli e in generale di riduzione delle emissioni di gas serra lungo l’intera filiera produttiva;
  • la necessità di far sì che lo sviluppo di impianti bioenergetici sia elemento di integrazione e non di competizione con le filiere agricole e agroindustriali tradizionali;
  • la necessità di inserire/considerare gli impianti di biogas/biometano nel concetto di bioraffineria e il prodotto biogas/biometano come uno dei prodotti della greenchemistry/greeneconomy.

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