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Centrali Biogas

Ultimo Aggiornamento: 12/10/2017 00:02
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3. L'IMPIANTO DI BIOGAS E LE MATERIE UTILIZZATE: L'IMPORTANZA DI EFFLUENTI ZOOTECNICI, SOTTOPRODOTTI E COLTURE DI INTEGRAZIONE (Sergio Piccinini – CRPA – Coordinatore Comitato Scientifico CIB)

La filiera biogas-biometano è una filiera bioenergetica tecnologicamente matura che permette di sfruttare con elevata efficienza indistintamente biomasse vegetali e/o animali, di scarto e/o dedicate, umide e/o secche.

Nel comparto agricolo le matrici organiche prevalentemente utilizzate per la produzione di biogas sono: effluenti zootecnici, sottoprodotti vegetali, sottoprodotti di origine animale, colture dedicate.

A. Effluenti Zootecnici, sono caratterizzati da:

  • contenuto di umidità elevato;
  • produzione regolare nel tempo e in quantità abbondante;
  • elevata idoneità alla digestione anaerobica, anche se legata alla specie considerata, oltre che alla soluzione stabulativa adottata, all’età degli animali, ecc. Per ottimizzare le rese occorre avviare a digestione anaerobica deiezioni “fresche”, evitando stoccaggi intermedi;
  • substrato “completo” con buona dotazione di sostanza organica e buon potere tampone;
  • rese in biogas non elevate, ma regolarinel tempo. Non a caso spesso agli effluenti liquidi vengono aggiunte altre matrici organiche ad elevata densità energetica, quali le colture dedicate (ad esempio mais, sorgo, cereali autunno vernini, ecc) e/o sottoprodotti dell’industria agroalimentare.

B. Sottoprodotti Vegetali, generatidurante la trasformazione dei prodotti agricoli e durante la preparazione dei vegetali per il consumo fresco (ad es. buccette di pomodoro, residui da pelatura e detorsolatura frutti, frutta/ortaggi scartati in ingresso alle linee di produzione perché non integri o di dimensioni inferiori agli standard prestabiliti, ecc.), sono caratterizzati da:

  • ottima qualità, grazie all’elevato contenuto di sostanza organica, alla modesta dotazione di azoto e all’assenza di componenti indesiderate;
  • contenuto di umidità variabile nel tempo, tendenzialmente elevato e tendenza ad acidificare velocemente;
  • produzione concentrata in periodi di tempo molto limitati (forte stagionalità);
  • difficoltà di conservazione a causa dell’elevata umidità e della tendenza ad acidificare velocemente, che rende necessario far coincidere l’arrivo in impianto con la diretta alimentazione ai digestori o, quando possibile, l’insilamento in miscela con colture dedicate.

C. Sottoprodotti di Origine Animale (SOA): con tale termine si intendono sottoprodotti organici liquidi (ad esempio, sangue, grassi, siero di latte, ecc.) e/o semisolidi (ad es. carnicci, budella, contenuto stomacale, ecc.) generati lungo le linee produttive dell’industria di trasformazione della carne (macellazione e lavorazione della carne) e del latte e relativi derivati. Si tratta di flussi caratterizzati da:

  • ottima qualità, data l’elevata dotazione di sostanza organica e l’assenza di componenti indesiderate;
  • impatto odorigeno da controllare con attenzione e contenuto di azoto mediamente alto, fatta eccezione per poche tipologie (grassi, ecc.);
  • produzione regolare nel tempo e spesso concentrata in pochi poli produttivi di grosse dimensioni;
  • difficoltà di conservazione che rende necessario far coincidere l’arrivo in impianto con la diretta alimentazione ai digestori;
  • potere metanigeno mediamente elevato data la presenza di frazioni proteiche e grassi, ma da gestire con adeguata attenzione. Si tratta di flussi che preferibilmente dovrebbero rappresentare solo una quota della portata giornaliera da avviare a digestione.
Si rammenta che il trattamento dei flussi di SOA deve essere conforme a quanto richiesto dal Regolamento CE n. 1069/2009 “Norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano”, il quale fissa specifici requisiti igienico-sanitari da garantire con trattamenti appropriati (pastorizzazione a 70°C per almeno 1 ora con una pezzatura massima di 12 mm). I sottoprodotti animali che possono essere avviati a digestione anaerobica senza trasformazioni preliminari sono quelli classificati di “categoria 3” (cioè quelli a minore rischio sanitario).

In generale, i sottoprodotti sopra citati sono tutti di origine agricola e agro-industriale. Dal punto di vista formale, nell’impianto di biogas realizzato presso l’azienda agricola essi devono essere gestiti appunto come “sottoprodotti” ai sensi dell’art. 184 bis del DLgs 152/06, per non ricadere nel contesto normativo che regola la gestione dei “rifiuti”.

Oltre a questi sottoprodotti, si possono avviare a digestione anaerobica con produzione di biogas altre biomasse di scarto: frazione organica da raccolta differenziata dei rifiuti urbani (FORSU), fanghi di depurazione biologica delle acque reflue civili e agro-industriali, prodotti alimentari confezionati scaduti o difettosi o comunque non conformi per l’uso alimentare. A differenza dei precedenti, tali flussi sono classificati a tutti gli effetti come “rifiuti” ai sensi della Parte IV del DLgs n. 152/06 e successive modifiche e integrazioni. Per questo motivo, qualora questi vengano destinati alla produzione di biogas, occorre seguire un percorso autorizzativo diverso sia per la realizzazione dell’impianto che per la sua gestione.

Tabella 3 - Propensione al recupero mediante digestione anaerobicadi sottoprodotti organici da agro-industria

D. Colture dedicate si tratta di produzioni vegetali coltivate appositamente allo scopo. Molte quelle utilizzabili, tra le quali mais, sorgo zuccherino, triticale, segale, orzo, frumento e loiessa insilati in primo raccolto o in combinazione fra loro con la produzione di una coltura autunno-vernina seguita da un secondo raccolto. A queste si affiancano con ottimi risultati le altre colture utilizzate per la rotazione colturale, quali girasole, soia, barbabietola, arundo, ecc. La scelta delle colture e la combinazione del doppio raccolto devono essere attentamente valutate sulla base dell’area geografica in cui si opera e della vocazione dei suoli, delle condizioni pedoclimatiche di riferimento, delle disponibilità irrigue e del livello di meccanizzazione aziendale. Si stima che tali colture potranno essere coltivate su circa 400.000 ettari, che è la superficie corrispondente ai terreni sinora destinati a set aside (superficie agricola a riposo) e persi dalle colture della barbabietola e del tabacco negli ultimi 10 anni.

Allo stato attuale numerosi impianti sono dimensionati considerando una quota significativa del carico organico giornaliero da colture dedicate e/o sottoprodotti dell’agro-industria (Figura 8). Il loro utilizzo, infatti, permette di raggiungere potenze elettriche installate difficilmente conseguibili con i soli effluenti zootecnici.

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