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Centrali Biogas

Ultimo Aggiornamento: 12/10/2017 00:02
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5. IL DIGESTATO, FERTILIZZANTE RINNOVABILE, E LA QUALITÀ AMBIENTALE (Guido Bezzi – Responsabile Agronomia CIB)

Spesse volte, parlando di valore del processo di digestione anaerobica, ci si sofferma quasi esclusivamente sulla produzione di biogas e sulla sua trasformazione. Tuttavia, per comprendere appieno la virtuosità e la sostenibilità economico-ambientale della filiera, non può essere trascurato l’aspetto della valorizzazione del cosiddetto “digestato”.

Il digestato è un utile sottoprodotto della digestione anaerobica di matrici organiche e si presenta come materiale fluido, con particelle solide in sospensione, avente caratteristiche chimico-fisiche e agronomiche tali da poterlo considerare un buon fertilizzante

 (Tabella 4 - Caratteristiche medie di digestati di varia natura).

Infatti, così come dimostrato da diversi studi, il digestato è una soluzione organica che contiene generalmente un mix di elementi con proprietà fertilizzanti in forme prontamente disponibili qualigli ioni ammonio e ortofosfato e diverse altre forme di macro e microelementi fondamentali quali P, K+, Ca2+, Mg2+ e SO42-, a formare un sistema equilibrato e stabilizzato fra le componenti liquida e solida (Sorensen et al., 2008; Mantovi et al., 2009; Tambone et al., 2009 e 2010).

Il processo di digestione anaerobica, infatti, determina una riduzione della sostanza organica meno stabile, ma non riduce i quantitativi di azoto e fosforo, mentre mineralizza parte dell’azoto organico in azoto ammoniacale rendendolo prontamente disponibile (Figura 12). Per questo motivo, il digestato può essere configurato quale “fertilizzante rinnovabile” a pronto effetto completo ed equilibrato grazie alla presenza di forme azotate disponibili e interessante presenza di mesoelementi.

Nella maggior parte degli impianti di biogas il digestato è sottoposto a separazione solido/liquido con produzione di due frazioni, quella palabile e quella chiarificata. I motivi di tale scelta sono diversi; si ricordano, tra i principali, la possibilità di ricircolare la frazione liquida, l’assenza di formazione di croste superficiali negli stoccaggi, una migliore gestione delle due frazioni in fase di uso agronomico.

Le due frazioni che si generano si presentano con le seguenti caratteristiche:

  • la frazione solida o palabile (Tabella 5 - Principali caratteristiche chimiche di frazioni solide di digestati di diversa origine   rappresenta in genere non più del 10 - 15% circa del peso del digestato tal quale ed è caratterizzata da un contenuto di sostanza secca relativamente alto, solitamente superiore al 20% circa. In essa si concentrano la sostanza organica residua, l’azoto organico e il fosforo, seppure con efficienze di separazione variabili in funzione delle condizioni operative di riferimento (tipo di digestato, tipo e modalità d’uso del dispositivo utilizzato);
  • la frazione liquida o chiarificata (Tabella 6 - Principali caratteristiche chimiche di frazioni chiarificate di digestati di diversa origine) rappresenta in genere almeno l’85-90% del  volume del digestato tal quale ed è caratterizzata da un tenore di sostanza secca mediamente compreso tra l’1,5 e l’8%. In essa si concentrano i composti solubili, tra cui l’azoto in forma ammoniacale, che può arrivare a rappresentare sino al 70-90% dell’azoto totale presente.

La digestione anaerobica, quindi, deve essere considerata, oltre che come tecnologia avanzata della produzione di energia rinnovabile, anche come biotecnologia per la produzione di “fertilizzanti rinnovabili” ad elevato valore ambientale.

Identificare il digestato come un vero e proprio fertilizzante, permette anche di uscire dal solo orizzonte aziendale e di promuovere azioni volte alla valorizzazione di questa risorsa anche fuori dalla propria azienda agricola, permettendo al territorio di fare “sistema”, promuovendo una logica di filiera produttiva a ciclo chiuso e di protezione dell’ambiente (Adani et. al, 2009).

L’utilizzo agronomico del digestato quale fertilizzante, quindi, non deve tener conto solo del semplice apporto di elementi di fertilità in sostituzione dei concimi di sintesi, ma anche della possibilità di chiusura del ciclo del carbonio e dei nutrienti nell’ottica di agricoltura sostenibile fondata sul recupero di materia quale mezzo di sostentamento della produzione agraria (Giusquiani et al 1995; Borken 2004).

Tuttavia, al fine di un’analisi completa, è necessario un attento esame anche delle implicazioni normative e ambientali legate al suo utilizzo, in modo che il digestato e i fertilizzanti rinnovabili possano godere della fiducia di operatori e popolazione.

livello normativo, in particolare, il digestato è stato ormai riconosciuto definitivamente quale sottoprodotto con proprietà agronomiche che in alcuni casi possono essere assimilabili a quelle dei fertilizzanti di sintesi in commercio (Articolo 2-bis legge 7 agosto 2012, n. 134 di conversione del DL 83 del 2012). Sebbene la definizione normativa del digestato sia ancora in divenire, si auspica che oltre a superare i problemi relativi alla diversa interpretazione attuata sull’utilizzo agronomico del digestato in diverse regioni, possa essere aperta anche un’importante prospettiva di ottimizzazione della gestione degli spandimenti nel rispetto dei limiti imposti dalla direttiva nitrati.

A livello di proprietà fertilizzanti, recenti dati prodotti dal primo anno di sperimentazione del progetto “Nero” finanziato dalla Regione Lombardia, confermano l’elevata efficienza dell’azoto contenuto nel digestato: si osservano, infatti, con l’uso del digestato produzioni di mais analoghe e in alcuni casi superiori alle tesi fertilizzate con urea (Orzi et. al, 2012). Analoghi risultati sono stati confermati anche da un’esperienza pluriennale di campo condotta da Pioneer presso i terreni dalla Coop. Speranza di Candiolo (TO) (Rancati, 2012). Inoltre, nell’ambito del progetto di ricerca «Effetti dovuti alla digestione anaerobica sulla disponibilità di azoto negli effluenti zootecnici, ai fini del superamento del limite di 170 kg N/ha/anno imposto dalla Direttiva nitrati», finanziato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e coordinato dalla Fondazione CRPA Studi Ricerche di Reggio Emilia, si è dimostrato che l’efficienza azotata, ovvero l’azoto disponibile per le colture dopo distribuzione in campo, può risultare molto alta nelle frazioni chiarificate se utilizzate durante la stagione vegetativa mentre le frazioni solide, concentrando la sostanza organica, sono più adatte a un utilizzo ammendante oltreché più utilmente trasportabili (Monaco et al., 2011).

Per quanto riguarda l’impatto ambientale legato all’utilizzo del digestato quale fertilizzante rinnovabile, risultati sperimentali del Gruppo Ricicla dell’Università di Milano dimostrano come l’analisi dell’impatto di effluenti e digestati abbia evidenziato una correlazione diretta tra l’efficienza della digestione anaerobica e della stabilizzazione del materiale, da una parte, e la diminuzione dell’impatto odorigeno dall’altra (Orzi et. al, 2012). Inoltre, il progetto di Fondazione CRPA di cui sopra ha dimostrato anche che l’utilizzo delle frazioni chiarificate diminuisce l’emissione di ammoniaca a causa della maggiore infiltrazione dopo spandimento su suolo e che la digestione anaerobica del liquame bovino seguita da separazione solido-liquido permette una riduzione delle emissioni di anidride carbonica e di protossido di azoto, grazie alla riduzione del contenuto di carbonio disponibile per i microrganismi. Oltre a questo, diverse sperimentazioni sia italiane che europee evidenziano come la maggior parte delle classi di microrganismi di rilevanza sanitaria diminuiscano sensibilmente con il processo di digestione anaerobica o nella peggiore delle ipotesi la digestione anaerobica abbia un effetto neutro.

Infine è da più parti noto in letteratura l’effetto che ha l’uso, e la corretta gestione, del digestato sulla diminuzione delle emissioni di ammoniaca, protossido di azoto e metano rispetto all’uso del liquame tal quale.

In particolare, le pratiche di corretta gestione del digestato al fine di ottimizzare l’efficienza d’uso e diminuire l’impatto ambientale della gestione dei reflui sono principalmente:

  • Copertura degli stoccaggi finali del separato liquido al fine di ridurre al minimo le perdite di azoto ammoniacale in atmosfera;
  • Distribuzione con iniezione, interramento immediato o fertirrigazione;
  • Impiego nei periodi di massimo assorbimento delle colture ovvero in presemina e in copertura.

Per questi motivi, si stanno diffondendo a valle del digestore sia impianti (separatori solido/liquido) che nuovi cantieri di lavorazione che risulteranno via via indispensabili per una corretta gestione del digestato nell’ottica di integrazione ambientale e virtuosità del processo

 (Figura 13 - Esempio di cantiere di lavorazione per l’iniezione del digestato durante la lavorazione del terreno).

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