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I 7 minuti a quattr’occhi tra Renzi e Berlusconi..

Ultimo Aggiornamento: 20/02/2014 12:22
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20/02/2014 11:49

.. sono più preoccupanti dei 9 minuti di scazzo-streaming tra Grillo e Renzi, ma alla luce del sole.
Del siparietto andato in streaming ieri tra Grillo e Renzi siam tutti tranquilli: nulla di nuovo, hanno entrambi ribadito le loro posizioni.
Chi ha "vinto"?
Personalmente penso che da un punto di vista mediatico abbia avuto la meglio Grillo, ma da un punto di vista politico c'è una sostanziale parità. Mi è dispiaciuto vedere Renzi andare ad elemosinare "un minutino" a Grillo per poter parlare, non è degno di un leader politico.

IMHO
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20/02/2014 11:54

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20/02/2014 12:06


Segnalo un articolo interessante:

LA GUERRA DEI MONDI (Antonio Padellaro)  19/02/2014

Renzi-Grillo Adesso la disputa su chi ha vinto e chi ha perso lascia il tempo che trova, anche perché è molto interna al mondo dell’informazione e di quei giornalisti che a Montecitorio Grillo maltratta e che Renzi invece chiama per nome. Lo streaming tra il premier incaricato e il leader Cinquestelle non è un talk show da misurare con l’Auditel, ma la puntata spettacolare e rovente di una guerra dei mondi dove alla fine a sopravvivere sarà uno solo. Fin dal primo incontro con Bersani (e poi con Letta) fu chiaro che Grillo non avrebbe concesso un solo centimetro al Pd e che anzi avrebbe approfittato delle dirette web per manifestare totale repulsione verso un sistema “marcio”, irriformabile e destinato a sicura autodistruzione.
Lo stesso concetto espresso con brutale chiarezza nel tumultuoso incontro con Renzi: “Tu sei una persona buona, ma rappresenti gente che ha disintegrato l’Italia”. Dove il complimento “buono” va inteso come un’aggravante.
Rifiuto peraltro gradito dal rottamatore che ha potuto dimostrare una volta di più l’inaffidabilità democratica dell’ex comico, compiangendo tristemente i suoi illusi elettori. Ora, però, la posta in gioco non è più quell’elettorato di confine che i Democratici tentano di recuperare dal voto di protesta. Il governo Renzi è molto di più di un giro di giostra da concedere a un giovanotto sveglio. Perché, se fallisce Grillo, finisce il tentativo di gestire con gli strumenti parlamentari un dissenso di massa quale non si era mai visto. Ma, se fallisce Renzi, si esaurisce l’ultima speranza di restituire un minimo di credibilità a una politica mai così sputtanata. E allora per Grillo si aprirebbero le più vaste praterie. Insomma: o di qua o di là e fine delle ambiguità.
Perciò i 7 minuti a quattr’occhi tra Renzi e Berlusconi sono più preoccupanti dei 9 minuti di scazzo tra Grillo e Renzi, ma alla luce del sole.

Da Il Fatto Quotidiano del 20/02/2014.


[Modificato da Etrusco 20/02/2014 12:07]

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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20/02/2014 12:22

L'episodio di ieri offre una riflessione sull'uso distorto che si sta facendo dello streaming e di quando non c'entri nulla con la "democrazia diretta".
In quest'ottica è interessante l'articolo di Fabio Chiusi:

<header>

"Grillo, Renzi e lo streaming: quando la ‘trasparenza’ diventa propaganda"

</header>

 


«Qui purtroppo non è Ballarò», disse Pier Luigi Bersani il 27 marzo 2013, durante la prima consultazione in streaming tra un presidente del Consiglio incaricato del Pd e il MoVimento 5 Stelle. Un anno dopo, si può dire che sbagliava: l’incontro tra Matteo Renzi e Beppe Grillo è stato né più né meno uno di quei duelli verbali da talk show in cui, dopo attacchi personali e una radicale incapacità di dialogo, uno dei due interlocutori si alza e se ne va. A questo modo la «trasparenza», o l’orrenda caricatura prodotta nei pochi minuti del faccia a faccia, da strumento per consentire agli elettori il controllo degli eletti diventa un modo per assoggettare interamente una procedura democratica alle logiche della propaganda di partito.

E del resto non può esserci altro quando un leader politico, Beppe Grillo, prima definisce l’idea di sedere allo stesso tavolo di Renzi una «farsa», poi – all’ultimo minuto – la mette in votazione sul blog, poi ancora viene sconfessato dalla maggioranza dei 41 mila votanti e infine, una volta giunto a Montecitorio, dice quel che gli pare. Ma siamo sicuri, come si chiede il presidente dell’Associazione italiana per l’Open Government, Ernesto Belisario, che i quasi 21 mila che avevano chiesto all’ex comico di parlare davvero con il premier in pectore volessero limitarsi a un ben poco conciliante «qualsiasi cosa dici non sei credibile»? E allora perché sedere a quel tavolo? E se «la Rete» ha deciso che Grillo doveva recarsi all’incontro, chi ha deciso la sostanza della posizione politica che ha espresso? Non certo «la Rete».

A questo modo, con una parte che annuncia un programma che sa essere indigeribile per l’altra – e che ha tutta l’aria di essere presentato in toni concilianti solo perché sotto gli occhi del pubblico – e l’altra che rigetta qualunque discorso di merito sfruttando l’occasione per fare un comizio a reti unificate, si perde la possibilità di utilizzare strumenti digitali per rinvigorire la democrazia. Perché lo streaming, certo, non è di per sé trasparenza. Ma, evitando la recita, potrebbe contribuire a rendere più chiaro un passaggio della nostra Repubblica in cui la parola d’ordine è ancora una volta l’opacità.

Eppure la diretta video ha in ogni caso consentito a chiunque di farsi una propria idea su quanto è accaduto, liberandoci inoltre da infiniti retroscena per ricostruirne (più o meno accuratamente) i fatti essenziali. Trasformando poi lo streaming in prassi, forse per la prima volta al mondo, i cittadini sono stati in grado di valutare da loro stessi anche l’evoluzione dei rapporti tra le forze politiche: ai due precedenti incontri, la delegazione dei Cinque Stelle aveva argomentato pacatamente la propria posizione, dando modo a Bersani prima ed Enrico Letta poi di fare altrettanto. Oggi i toni sono molto più netti di allora. Contrariamente a Letta, per esempio, Renzi non ha potuto nemmeno terminare un ragionamento (sincero o meno che fosse, come detto) sulla possibilità di trovare una qualche sintonia sui punti programmatici in comune tra le due forze politiche – che pure ci sarebbero. E del resto, dice Grillo, «non sono più democratico con una persona come te».

È un imbarbarimento del confronto che la tecnologia può testimoniare ma non cambiare, come troppi analisti e commentatori avevano creduto sull’onda dell’entusiasmo per la «politica 2.0». Da cui, tuttavia, non dovrebbe derivare una condanna inequivocabile del mezzo – lo streaming – quanto delle persone che lo utilizzano male. Ecco, più di ogni altra cosa il pessimo spettacolo offerto dallo streaming della consultazione tra Renzi e Grillo – a prescindere dalle singole responsabilità individuali (di Grillo, in particolare) e dal giudizio su chi ne sia uscito vincitore – ci costringe a prendere atto che l’Italia, uno dei laboratori più avanzati al mondo per la democrazia digitale, ha già sostanzialmente sterilizzato (e soprattutto a causa di chi se ne è fatto il più ardente sostenitore) uno dei modi attraverso cui potrebbe esplicarsi. Non necessariamente con frutto, ma di certo con maggiori risultati e soprattutto senza dare per l’ennesima volta l’impressione che a rimetterci siano le istituzioni stesse. E noi, tutti, con loro.


 


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