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Kawasaki Ninja H2R (sovralimentata)

Ultimo Aggiornamento: 12/04/2018 16:25
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Test e prove moto e scooter Moto  2015-10-01 10:00:00 - di Aldo Ballerini

La H2 al Ring (e al banco)



Quando una moto speciale come la Kawasaki Ninja “Supercharged” incontra una pista unica al Mondo.
Il racconto, le foto, il video trailer (e quello del lancio al Banco del Centro Prove)

Ci sono le piste e c’è “l’inferno verde”

Quando entri per la prima volta in un circuito sei spiazzato. Nella maggior parte dei casi dopo qualche giro non sarai una bomba, ma inizi ad abbozzare qualche traiettoria che ti pare decente. Se la pista è disegnata con il compasso ed è tutta visibile, l'approccio è facilitato, mentre le cose si complicano se ci sono tratti particolarmente tecnici e curve cieche; anche i saliscendi a volte complicano la vita. Ci sono quindi piste facili, difficili, difficilissime, quelle che raramente riesci ad interpretare al meglio (qui qualche consiglio). Poi c'è il Nürburgring. Una settantina di curve indecifrabili per oltre 22 chilometri di pista. Si chiama Nordschleife ma è anche conosciuto come vecchio Nürburgring, o Inferno Verde, appellativo coniato da Jackie Stewart nel '60, poi purtroppo avvalorato da una serie di gravi incidenti.

Sembra disegnato da un artista visionario

Curve indecifrabili perché sembrano tutte disegnate da un artista, non da un geometra. Non solo sono tutte completamente diverse per raggio di curvatura, pendenza e inclinazione, ma sono anche piazzate in una sequenza assolutamente imprevedibile (la curva più “da pelo” è la Antoniusbuche). Come se l'intero Ring fosse stato disegnato da un artista visionario. Non puoi immaginare come una curva va a chiudere, se chiude, se ci devi entrare stretto o largo per impostare quella successiva. Poi ci sono i rettilinei che scollinano nel nulla, i salti, le compressioni spaventose. Poi c'è l'asfalto. Sempre diverso, buono, ottimo, vecchio, storico, liscio, sconnesso. Umido. Bagnato.
La prima volta che sono entrato nel Nordschleife, nel '90, è stato dietro un istruttore. Il Ring è così complicato che le prime volte ci capisci ben poco, ma di quel primo giro ho un ricordo nitido. Ciò che mi ha colpito non è stata la velocità - eravamo una squadra di esordienti, si viaggiava a un filo di gas - ma lo spettacolo delle traiettorie. Una danza elegantissima tra i cordoli, un disegno perfetto che nulla però, per fortuna, aveva di intuitivo. Per guidare in quel modo spettacolare dovevi conoscere bene la pista, e questo vuol dire averla percorsa almeno cento volte.
Negli anni questi cento giri li abbiamo fatti, e così ci siamo illusi di aver imparato il Nordschleife. Ci abbiamo girato tanto, con grande emozione e piacere, ma sempre con la consapevolezza che tra guidare discretamente e andare forte sul serio nell'Inferno Verde c'è un abisso. Per andare forte sul serio si deve rischiare, e siccome si rischia già girando di passo, meglio godersi il Ring in pace, lasciando i record a chi ha la follia di buttarsi a tutto gas tra i guard-rail. Che purtroppo sono una costante di tutto il circuito: non mi viene in mente nemmeno un abbozzo degli spazi di fuga ai quali oggi siamo abituati quando andiamo a girare in pista.

Al ring con la supercompressa

La H2 al Ring (e al banco)

In questa trasferta abbiamo portato con noi la Kawasaki Ninja H2 (guardate le foto). Come alla maggior di tutti noi, all'inizio questa moto non mi piaceva, poiché l'estetica è troppo diversa da ciò che ci è congeniale. Poi mi sono ricreduto. Anzi, addirittura ciò che prima non mi convinceva, e cioè l'eccessiva esibizione d'arte aeronautica, le proporzioni, alcuni dettagli, ora sono proprio le cose che più me la fanno amare. Da ferma. Poi c'è il motore, il 4 cilindri supercharged. Mi dispiace molto, posso anche descriverlo, posso scriverci un libro, fare decine di filmati, ma non riuscirò mai a spiegarvi cosa si prova a spalancare il gas sulla H2. 

Cattiva? Di più!

Tutte le maxi sportive su strada sono eccessive, viste le prestazioni. La H2 va oltre. Per farvi capire cosa succede su questa Ninja: pensate alla maxi più potente che mai avete provato, immaginate che i CV che avete a 9.000 giri, per esempio 120, ve li trovate 2.000 giri più in basso. E immaginate anche che vi arrivino addosso (quasi) tutti in una volta quando aprite il gas. Ecco, più  o meno ci siamo. A parole. Se non basta, guardate questo video di Fabio Meloni in azione e poi quello qui sotto, del lancio al banco del centro Prove di Motociclismo, che ha proclamato la H2 “Moto di serie più potente mai provata”.
Poi c'è la ciclistica. La riassumo in tre parole: è una Kawasaki. Chi conosce le maxi più veloci già sa di cosa si parla. 

I numeri sono pazzeschi ma non sono tutto

Se mi chiedete “a cosa serve questa moto?”, manco vi rispondo. Anzi, rispondo: serve ad avere una moto come nessun'altra, da ferma, in movimento. Da ferma si capisce che nessuna è come la H2; in movimento invece non cercate di capirla guardando i numeri delle prestazioni, accelerazione, ripresa, velocità. Sono molto vicini a quelli di una maxi sportiva (come la ZX-10R) perché tutte le moto in partenza sono limitate dalla tendenza all'impennata, in queste prove i motori si fanno sempre lavorare nella zona di erogazione più favorevole (dove si viaggia sui 160-170 CV alla ruota) e infine una pura sportiva è più leggera. La differenza enorme sta nella devastante risposta al gas.

Ninja H2 + Nürburgring = estasi

Se mi chiedete “ma dove si va con questa moto?”, vi dico su strada, ma la usate al 30% se avete testa, oppure in pista, ma in tal caso è meglio la ZX-10R, che nasce per la guida racing. Il Nürburgring è il suo regno: una strada a senso unico con cordoli, asfalto ottimo e senza limiti di velocità, a parte qualche piccolo tratto. Qui la super-Ninja si guida alla grandissima.

Come ho avuto la fortuna di spiegare su Motociclismo di ottobre.

Fonte: Motociclismo, Ottobre 2015

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Ninja H2 al Nürburgring

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Il razzo Soyouz ha portato l'inglese Tim Peak sulla Stazione Spaziale Internazionale raggiungendo i 305 km/h in 30 secondi. La Kawasaki H2R raggiunge i 321 km/h in 16,65 secondi.
Tuttavia, con i suoi 270 milioni di cv la Soyouz arriva a 12.874 km/h in 5 min. Solo un tantino più veloce della nostra Ninja.

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RECORD: UNA NINJA H2R A 391 KM/H











Non c’è che dire: la Kawasaki con la sua H2R continua a stupire il mondo intero. Le “verdone” hanno storicamente la velocità insita nel loro DNA,
ma raggiungere i 391 Km/h non è qualcosa che si sente dire tutti i giorni. Se poi si considera che la moto utilizzata è “quasi” di serie, il valore dell’impresa cresce esponenzialmente.
Pochi mesi fa Ryuji Tsuruta, pilota del Team Trick Star Racing, aveva raggiunto la straordinaria velocità di 385 Km/h con una Ninja H2R ed aveva dichiarato che se il rettilineo fosse stato più lungo probabilmente il risultato sarebbe stato anche migliore. Kenan Sofuoglu, quattro volte campione del mondo della Super Sport, deve aver riflettuto parecchio su quest’affermazione e, ottenuta una Ninja H2R direttamente dalla Kawasaki, ha iniziato una serie di test di velocità pura culminati con il nuovo record mondiale. Il modello utilizzato è una moto di serie regolarmente in vendita, ma non utilizzabile per la normale circolazione, a cui sono state apportate alcune misteriose modifiche dallo stesso Kenan. Pochi giorni di prove e un veloce acclimatamento hanno permesso di concludere il test con il nuovo record mondiale di velocità per una Ninja H2R. E se pochi giorni fa al Mugello Iannone con la sua Ducati Desmosedici GP ha toccato i 354,9 Km/h, vedere il video di Kenan con l’inquadratura sull’indicatore di velocità che segna i 391 lascia ancora più sbigottiti.

https://twitter.com/kenan_sofuoglu/status/735163829001302016
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2018 Kawasaki Ninja H2F
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Pillole di tecnologia


Sovralimentazione: perché nelle moto è un'eccezione - Parte 1


Nelle moto i motori aspirati hanno sempre garantito un'erogazione più progressiva di quelli sovralimentati ma con la tecnologia di oggi qualcosa sta cambiando...




La sovralimentazione nel mondo delle quattro ruote ormai è una prassi sia per quanto riguarda i motori diesel che quelli a benzina. Nelle moto invece, a parte alcune eccezioni, questa tecnologia non prende piede. Perché si sovralimenta un motore? Semplice: per ottenere più cavalli. È una risposta corretta ma incompleta, una volta in effetti le cose stavano così, soprattutto nell’epoca d’oro dei turbo, i mitici anni ottanta, ma al giorno d’oggi ci sono motivi più complessi, motivi che spiegano anche perché questa tecnologia trova terreno fertile nell’automotive e non prende (ancora) piede sui motocicli.


MAGGIORE POTENZA - Abbiamo detto che con la sovralimentazione si ottiene più potenza, una verità innegabile, una potenza che deriva dalla possibilità di ovviare al principale collo di bottiglia che limita le prestazioni di un motore a combustione interna. Per creare potenza si deve realizzare una combustione, l’energia chimica contenuta nel combustibile che si trasforma in calore e pressione e poi in energia meccanica tramite il meccanismo pistone, biella, manovella. L’entità delle combustione e quindi la potenza ottenibile sono sicuramente proporzionali alla quantità di combustibile iniettato (la benzina), ma il combustibile per bruciare a dovere ha bisogno di una precisa quantità di comburente, l’ossigeno, se questo non è sufficiente parte del combustibile non brucia e viene sprecato.


SERVE OSSIGENO - Nei motori il problema non è iniettare in camera di scoppio tanto combustibile; per farlo basta mettere una pompa e degli iniettori più grandi. Il problema è fare entrare più ossigeno. Un tema che ha appassionato generazioni di progettisti e che nel corso degli anni è stato affrontato con le soluzioni più disparate. Il modo più semplice è quello di aumentare la cilindrata dei motori, “the bigger the better” dicono gli americani, una soluzione invece tanto amata dagli appassionati di tuning è sostituire l’aria con un comburente contenente più ossigeno, il protossido d’azoto ad esempio con l’ossigeno che passa dal 21% in massa fino al 36% con un teorico aumento di potenza del motore che può arrivare ad oltre il 50%, si tratta di un intervento alla portata anche di un semplice amatore esperto di meccanica, ma in ottica di produzione assolutamente antieconomico visto che così facendo oltre alla benzina si deve pagare anche il comburente. Un’altra strada percorribile è quella di fare entrare più ossigeno nel motore senza aumentarne la cilindrata aumentando la pressione dell’aria in camera di combustione: è la cosiddetta sovralimentazione di cui ci vogliamo occupare.


ARIA COMPRESSA - L’aria in aspirazione viene compressa tramite appunto un compressore che può essere di svariati tipi e che può essere azionato o sottraendo energia al motore stesso oppure sfruttando l’energia dei gas di scarico che escono dal motore ad alta velocità e ad alta temperatura. In questo caso una turbina raccoglie i gas di scarico e ne assorbe parte dell’energia rallentandoli e raffreddandoli. Entrambi i sistemi sono ben conosciuti, e molto sfruttati perché permettono di aumentare la potenza di motori già esistenti con modifiche ed investimenti tutto sommato limitati a patto ovviamente che la meccanica di base sia sufficientemente robusta per resistere alle maggiori solelcitazioni…


COMPRESSORE CENTRIFUGO E TURBOCOMPRESSORE - Un compressore centrifugo azionato dall’albero motore è alla base della Kawasaki H2; il turbocompressore è invece il cuore del prototipo Recursion di Suzuki, non un veicolo di produzione, ma che potenzialmente lo diventerà anche perché i vantaggi che questa soluzione comporta non sono affatto di secondo conto. Nelle prossime puntate analizzeremo queste due soluzioni cercando di capire cosa c’è dietro e quali sono gli sviluppi che possiamo attenderci nei prossimi anni.


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Pillole di tecnologia


Sovralimentazione: perché nelle moto è un’eccezione - parte 2


Passiamo dalla teoria alla pratica analizzando l’unica moto attualmente a listino dotata di un sistema di sovralimentazione: la Kawasaki H2 e la sua gemella cattiva H2R




Come promesso continuiamo a parlare di sovralimentazione, lo facciamo passando dalla teoria alla pratica analizzando l’unica moto attualmente a listino dotata di un sistema di sovralimentazione: la Kawasaki H2 e la sua gemella cattiva H2R. Intanto chiariamo un aspetto: su queste moto la sovralimentazione è pensata unicamente per il motivo “classico” quello spiegato nella puntata precedente, per ottenere tanta potenza.  In realtà ci sarebbe anche una seconda motivazione, in un periodo in cui le grandi innovazioni in campo motociclistico sono legate all’elettronica, Kawasaki ha pensato bene di allestire una vetrina tecnologica per mostrare al mondo la potenza di fuoco del gruppo cui fa parte, non è un caso che il logo sul serbatoio sia il Kawasaki River Mark che campeggia anche su altri prodotti di Kawasaki Heavy Industries, un colosso che spazia dalla robotica, all’aerospaziale fino alla cantieristica navale.



COMPRESSORE COLLEGATO ALL’ALBERO MOTORE - Come detto, a Kobe hanno cercato prima di tutto tanta potenza e per farlo si sono affidati ad un compressore centrifugo, un oggettino che ha un solo grosso limite: ha un rendimento che dipende tantissimo dal suo regime di rotazione, per sfruttarlo a dovere si dovrebbe cercare di farlo funzionare in un range operativo il più possibile ristretto. Per ovviare in parte a questo problema, invece di farlo ruotare affidandosi ad una turbina azionata dai gas di scarico che hanno una portata estremamente variabile dipendente non solo dal numero di giri del motore, ma anche dall’apertura del comando gas, è stato deciso di collegare il compressore all’albero motore, tramite ovviamente un moltiplicatore di giri. In questo modo si beneficerà di una sovrappressione che cresce in modo proporzionale (ma non lineare) col regime di rotazione, insomma quando si passeggia col motore a bassi regimi la spinta sarà quella di un tranquillo aspirato di pari cilindrata, quando invece si fa sul serio la spinta sarà molto maggiore. Il compressore è stato dimensionato proprio per dare il meglio di se agli altissimi regimi di rotazione del motore, per sincerarsene basta leggere le tecniche delle due versioni. La H2R ha il picco di coppia massima (165 Nm) a 12.500 giri/min e la potenza massima (310 CV) è a 14.000, insomma come un motore da competizione. Per ottenere la versione più tranquilla H2 è stato tutto sommato semplice, la fluidodinamica “tappata” dalle normative di omologazione abbassa i valori assoluti di coppia e poi è stato posto il limitatore ad un regime di 11.000 giri/min addirittura inferiore al regime in cui la H2R sprigiona la coppia massima. 



VALORI DI POTENZA AL TOP - Ribadiamo che in Kawasaki hanno scelto di sovralimentare il loro motore per arrivare a valori di potenza non ottenibili da un motore aspirato (le migliori MotoGp sfiorano i 280CV e con costi allucinanti). Un sistema di sovralimentazione così pensato non serve ad altro, la riprova è un confronto fra le emissioni di CO2 (precisi indicatori dei consumi) della H2 e della ZX-10R rilevate nel ciclo di omologazione. Sono motori della stessa cilindrata e di pari potenza, ma la prima ha fatto segnare 198 g/km, la seconda 162 g/km, come dire che se si pensa alla sovralimentazione in ottica potenza, per forza di cose si ottiene un motore che consuma di più e che quindi va poco d’accordo con le tematiche di rispetto ambientale di cui oggi giorno si deve tenere conto. Ma allora perché nel settore auto così tanti motori sono sovralimentati? La risposta la troveremo nella prossima puntata analizzando quanto fatto da Suzuki…


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Pillole di tecnologia


Sovralimentazione: perché nelle moto è un’eccezione - parte 3


Nelle moto i motori aspirati hanno sempre garantito un'erogazione più progressiva di quelli sovralimentati ma con la tecnologia di oggi qualcosa sta cambiando...




Ci eravamo lasciati con una domanda: “perché nel mondo automotive ci sono così tanti motori sovralimentati?” Vediamo di trovare una risposta facendo riferimento anche all’interessante prototipo Recursion di Suzuki. Nel turbo compressore i gas in uscita dal motore accelerano una turbina montata su un alberino che trascina un compressore centrifugo. Maggiore è l’energia dei gas di scarico (come velocità, come portata e come temperatura) maggiore è l’energia che può essere ceduta ai gas in aspirazione. Il mitico “Turbo” in stile anni ottanta è nato per tirar fuori potenza in quantità da piccoli motori senza badare a rendimenti, consumi e guidabilità. In effetti le potenze specifiche erano alte, ma i consumi stratosferici, ben superiori a quelli di un aspirato di pari potenza e cilindrata superiore, la curva di coppia poi, meglio lasciar perdere: motori con rapporto di compressione molto basso (8:1) erano sostanzialmente vuoti ai bassi regimi per poi rendere una fucilata di coppia quando la pressione garantiva l’ottimale riempimento delle camere di scoppio, un “optimum” che durava duemila, tremila giri prima di far intervenire waste gate e limitatore per non fare esplodere tutto. Per conferma chiedere a chi in quegli anni si divertiva a dare su a pressione e numero di giri…   


PROBLEMI DI CONSUMO E EROGAZIONE - Tutto nasce da un problema congenito delle turbine e dei compressori. Questi sistemi rotanti hanno una certa inerzia, tanto maggiore quanto lo sono le loro dimensioni. Queste inerzie provocano ritardi nell’aumento del numero di giri rispetto alla richiesta di potenza dal parte del pilota (il cosiddetto turbo lag) per poi trovarsi con un aumento di spinta molto repentino, una spinta che viene garantita solo per range molto ridotti di portata di gas e velocità di rotazione delle giranti. Questi limiti possono essere in parte arginati grazie ai moderni materiali e all’elettronica, ma il problema di fondo rimane: se il turbo compressore è pensato per fare potenza pura i problemi di consumo e di erogazione saranno sempre presenti. 


POWER TRAIN OTTIMIZZATO - Ma proviamo a ragionare diversamente e immaginiamo di dimensionare motore e turbo compressore secondo un altro criterio. Pensiamo ad un turbo compressore capace di garantire una modesta sovrappressione ma per un range di utilizzo maggiore di giri, serviranno portate più basse e dimensioni delle giranti minori e quindi minori inerzie e minori ritardi di risposta. Poi pensiamo un motore con un rapporto di compressione leggermente più alto (anche se non pari ad un aspirato, facciamo 10:1) capace quindi di reggere un aumento di pressione (e di prestazioni) più limitato e pensato per girare ben più piano di un aspirato. In più introduciamo sistemi di regolazione dell’alzata valvole variabili in modo da adeguarli ai vari regimi ed alle varie portate del compressore. Si investono poi un paio di miliardi di euro in ricerca e sviluppo e si ottiene un gruppo power train in cui il turbocompressore soffia in modo apprezzabile in tutto il range di funzionamento del motore, le potenze specifiche non sono altissime ma l’erogazione risulta sempre piena perché il turbo non lavora con picchi e tempi morti, ma in un modo più costante possibile prelevando parte dell’energia dei gas di scarico che altrimenti sarebbe dispersa nell’ambiente. 


RECURSION E’ UNA SOLUZIONE - Il risultato? Si chiama “down sizing”: un motore con una curva di coppia molto regolare, con una potenza pari ad un aspirato di cilindrata maggiore e con consumi molto contenuti. Ecco allora il perché del ritorno dei turbo: per limitare i consumi e quindi le emissioni di anidride carbonica senza perdere in prestazioni! Ed è proprio a questo che pensava Suzuki quando ha iniziato a lavorare sul motore della Recursion, un prototipo che non è escluso precorra il futuro prossimo venturo. Si tratta di un piccolo bicilindrico parallelo fronte marcia (588 cm3) fatto per girare piano e per non essere particolarmente potente (100 CV a 8.000 giri), ma con un eccellente valore di coppia già ai medi regimi (100 Nm a 4.500 giri) garanzia di buona guidabilità, e con consumi, ecco il punto, che saranno sicuramente più bassi rispetto ad esempio ad una Suzuki GSR600 con 98 CV a 12.000 giri/min con coppia massima di 64 Nm a 9.600 giri/min. Insomma se nel futuro dovremo consumare di meno non è detto che per forza dovremo anche andare più piano!


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Questo allestimento pesa complessivamente 195kg con un motore 998cc sovralimentato da 210cv abbinato ad un'elettronica molto sviluppata.

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