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Manuali e trattati

Ultimo Aggiornamento: 19/12/2014 21:39
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Per specialisti
Raccogliamo in questo thread alcuni dei migliori trattati tecnici che ci sentiamo di consigliare per qualche motivo. Insomma tutto quel che consiglieremmo ad un nostro amico per trovare le risposte ed i consigli preziosi e risolutivi che sta cercando per qualche problema. [SM=x44461]

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Cristalli di Sali, sub-efflorescenze e umidità capillare da risalita...

Umidità da risalita: soluzioni e compromessi


Data: 05/08/2014 / Inserito da: / Categorie: Informazione Tecnica

Nessuno meglio di Edgardo Pinto Guerra, autore di “Risanamento di murature umide e degradate”
– professionalmente famoso in Italia per il suo Mangia Sali – può spiegare il fenomeno dell’umidità da risalità.
Ecco qualche domanda e  le sue risposte. L’intervista è lunga, ma ne vale la pena. LINK...

Cosa è l’umidità da risalita e quali sono le cause?
Il vecchio e il nuovo. Per oltre 2000 anni gli edifici grandi e piccoli, dal Colosseo alle semplici abitazioni rurali, sono stati costruiti nello stesso modo, ossia con muri portanti, solai e tetti su volte o travature in legno.
Dagli anni ’50-’60 in poi è avvenuta una rottura nel modo di costruire. Da quel momento in poi gli edifici si costruiscono con uno scheletro di travi e di pilastri d’acciaio e di cemento armato che sostiene tetti e solai.
Questo spartiacque nel tempo nella tecnica del costruire significa che il “nuovo” appartiene ad un “genere” che non ha più nulla in comune con il “vecchio”.  Nondimeno, forse la maggior parte del nostro patrimonio costruito, compreso tutto lo “storico” naturalmente, appartiene ancora al “vecchio” genere e il fatto di riutilizzarlo per la vita moderna determina problemi del tutto tipici.

L’umidità nei pavimenti e nei muri. Nel “vecchio” l’umidità è quasi sempre presente al Piano Terra. Logico: nei vecchi edifici il pavimento è posto direttamente sul terreno umido su un acciottolato detto vespaio (cioè uno strato di grossi ciottoli che lasciavano tra di loro spazio alle vespe per farci il nido).
Idem, gli spessi muri portanti in pietrame o mattoni sono posati direttamente sul terreno bagnato, per cui l’acqua contenente sali minerali disciolti (nel terreno non esiste l’acqua distillata) viene risucchiata in alto come da una spugna. L’acqua evapora sia dai pavimenti che dai muri e genera l’umidità percepita nell’aria.
La quantità di acqua trattenuta in un muro dalla risalita può essere enorme: anche 300 litri per metro cubo di muro, ovvero 15 litri per metro quadro profondo 5 cm. Da questo, risanare il “vecchio” comporta automaticamente affrontare il problema “umidità”.
N.B. Nel sistema costruttivo moderno si è fatto fronte a questi inconvenienti formando una camera d’aria detta vespaio aerato sotto al solaio del pavimento e inserendo una impermeabilizzazione detta guaina taglia-muro alla base dei muri (non più portanti).

Qual è il metodo più efficace per individuarla?


Guardare e sentire. Si vede e si sente subito umido nell’aria e le pietre o mattoni dei muri o intonaci saranno bagnati da terra fino ad una certa altezza. Poi, molto spesso si vedranno dentro e fuori delle strisce bianche di cristalli di sali – detti salnitro – e ci saranno facilmente anche sfarinamenti e marcimenti di materiale ben visibili.
Normalmente l’umidità da risalita nei muri si misura con uno strumento portatile appoggiato al muro chiamato igrometro. Questo strumento non dà letture reali in quanto misura parametri, tipo la resistenza elettrica, connessi alla quantità d’acqua, non quella vera e propria. Per conoscere quest’ultima occorre un prelievo del materiale del muro, detto carota ed un apparecchio speciale detto termo-bilancia.
Un locale è sicuramente “sano” se il tasso di umidità nei muri non supera il 3%.
Un tecnico preparato può anche effettuare delle misure dell’ammontare della risalita nell’istante della misurazione con un semplice tester da elettricista. L’altezza della risalita dipenderà dal tipo di materiale, dall’acqua disponibile nel terreno a seconda delle zone e delle stagioni, e dal tempo trascorso, anni o secoli.

Quali sono i materiali da costruzione più soggetti?


L’unico tipo di materiale che se poggiato direttamente sul terreno non sarà soggetto alla risalita sarà, ovviamente, un materiale quasi impermeabile all’acqua, ovvero, un forte granito, un basalto, un marmo duro, ecc. Altrimenti, tutti i materiali ne saranno affetti.

Quali danni provoca?


Contrariamente alle credenze diffuse, l’acqua in risalita non è la causa diretta del degrado e della distruzione di mattoni, pietre, marmi, intonaci, ecc. Sarebbe come attribuire al “tempo” l’arrugginimento della carrozzeria di un’auto. Certo, nel tempo la pioggia ha creato le condizioni di bagnato perché la lamiera potesse arrugginirsi per processo chimico, ma non è esso stesso la causa del danno! Le pile di un ponte o di un porto Romano testimoniano che la sola immersione per 2000 anni non fa nessun danno.

I danni visibili oggi sono stati provocati dalla formazione e dall’accumulo, nonché dal periodico cambiamento di volume, dei cristalli dei sali generati dall’evaporazione della soluzione salina che è penetrata in un muro o in un intonaco nel corso di anni o secoli di risalita o di esposizione a salsedine.

Questi cristalli dei sali si manifestano all’esterno come semplici efflorescenze bianche (dette anche salnitro). Spesso sono erroneamente considerate un “fastidioso difetto estetico”, da eliminarsi in quanto tale e non il sintomo della vera “malattia” che distrugge la pietra, il mattone, l’intonaco. Questa malattia è la sub-efflorescenza ossia, i cristalli dei sali che si annidano dentro nei primi 12 mm circa della superficie da dove avviene l’evaporazione. Le efflorescenze sono innocue, basta spazzolarle via. Le sub-efflorescenze sono invisibili dall’esterno ma sono esse che provocano i danni e le distruzioni.

Quali sono i metodi migliori per eliminare il problema?


Non vi è genericamente un metodo migliore di altri per risanare. La distinzione dovrebbe essere fra metodi che eliminano permanentemente i problemi di una antica risalita ancora in atto e quelli che li eliminano solo temporaneamente.

Una soluzione permanente comporta distinguere, e sanare in modo duraturo, le due componenti del fenomeno che sono:

  1. l’umidità presente causata da una risalita in atto. Interrompere il flusso di acqua in atto in qualche modo (drenaggi, barriere alla risalita di vario tipo) comunque non basta
  2. si deve far fronte ai cristalli dei sali accumulati negli anni o secoli nel materiale, in quanto (cosa che non viene mai detta) sono ri-cristallizzanti e quindi potranno continuare le loro distruzioni indipendentemente dal non avere nuova acqua.

Per quanto riguarda il primo punto, occorre un qualche tipo di barriera (anello di elettrosmosi attiva, taglio del muro, iniezione di idro-repellenti, apparecchi elettro-magnetici, ecc.).
Per il secondo punto l’unico modo e di estrarli e rimuoverli dal muro con un impacco desalinizzante. L’impacco oggi più efficace è il bio-estrattore Cocoon. Questa soluzione è l’unica valida anche nel caso della presenza di vecchi sali che possono mantenere un locale umido anche da soli dopo aver inserito una barriera, in quanto (anche questa cosa che non viene mai detta) i sali sono igroscopici, ovvero attirano acqua dall’aria ambiente e la restituiscono.

Però il risanamento completo viene raramente fatto. Quasi sempre si adottano risanamenti temporanei, cioè che nascondono i sintomi per un certo periodo.
Un tale risanamento è generalmente basato sull’uso di intonaci “risananti” anche a norma UNI EN 981-1R. Sono di due tipi principali: i macroporosi deumidificanti e quelli contenenti idro-repellenti che “bloccano” i sali nei muri. Purtroppo, commercialmente la distinzione non viene quasi mai spiegata al cliente.

In assenza di barriera alla risalita è prevedibile una vita di 2-2 ½ anni nel caso dei macroporosi e di  4-4 ½ anni per gli altri. Invece, in presenza di una barriera può darsi che siano permanenti, ma solo se i vecchi sali rimasti nel muro sono molto pochi oppure sono stati estratti con il bio-estrattore.

E quando non si possono risolvere completamente, quali sono i compromessi accettabili?


Una barriera di qualche tipo è sempre fattibile. I vecchi sali purtroppo vengono del tutto ignorati dal discorso commerciale, attribuendo tutta la colpa alla sola “umidità”. Quindi, dipende se il cliente che si rivolge all’addetto commerciale è conscio del tipo di scelta che compie oppure no. Raramente lo è in quanto non è preparato. Se lo è, può consapevolmente accettare un compromesso temporaneo. 


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News / Edilizia / Ponti termici: quali software per il calcolo?

Ponti termici: quali software per il calcolo?


Attraverso i software e' possibile effettuare il calcolo numerico dei ponti termici presenti nell'involucro edilizio. Ecco una sintesi delle loro caratteristiche


Di - Pubblicato sul Canale edilizia il 09 dicembre 2014


 


 


Solitamente i software che implementano i codici di calcolo numerico hanno una grande flessibilità per la valutazione dell’analisi di dettaglio sia delle temperature che dei flussi termici che portano alla determinazione della trasmittanza termica del ponte termico Ψ. Spesso però sono di difficile utilizzo e richiedono costi notevoli per l’acquisto della licenza. Sono disponibili anche software totalmente gratuiti, ma che non restituiscono direttamente il risultato voluto; in alcuni casi sono necessari ulteriori calcoli oltre a quelli del software per poter ottenere la trasmittanza termica del ponte termico.


 


LEGGI DI PIU' SUI PONTI TERMICI: Come individuare un ponte termico con la termografia


Valutazione e classificazionele discontinuita' termiche; un caso pratico di ponte termico da correggere


perche' e' importante l'analisi; la correzione nelle nuove costruzioni


 


I metodi di calcolo a elevata precisione, detti anche metodi numerici, possono essere classificati in due tipi: metodo agli elementi finiti e metodo alle differenze finite. Entrambi i metodi prevedono una suddivisione dell’oggetto di calcolo considerato in piccole celle (discretizzazione del modello); in linea di massima più è fine la suddivisione (numero di celle elevato), più alto sarà il dettaglio risolutivo ovvero più accurati saranno i risultati. Un elevato numero di suddivisioni comporta, di conseguenza, un elevato numero di equazioni da risolvere in quanto il numero delle suddivisioni è proporzionale al numero delle equazioni.


Le tecniche di risoluzione possono essere sia di tipo diretto che di tipo iterativo. In generale molti software di calcolo implementano il secondo tipo di risoluzione, più adatto per la ricerca della soluzione ottimale. La soluzione ottimale identifica il campo delle temperature all’interno dell’oggetto. Le temperature delle celle o delle suddivisioni ottenute dal calcolo possono essere utilizzate per valutare le restanti temperature tramite interpolazione. Di conseguenza possono essere valutati tutti i flussi termici entranti e uscenti per l’oggetto di calcolo.


Requisiti dei software per calcolare i ponti termici


In Europa i software per il calcolo dei ponti termici devono rispettare i requisiti di validazione riportati nell’Appendice A della norma UNI EN ISO 10211.
Attualmente sul mercato esistono vari software validati alla suddetta norma in grado di analizzare e calcolare sia un ponte termico bidimensionale che tridimensionale. Si riporta un elenco in tabella non esaustivo dei software validati secondo la norma EN ISO 10211, specificando il tipo di modello 2D o 3D e se è possibile ottenere direttamente la trasmittanza del ponte termico Ψ.

 

Il metodo di calcolo numerico adottato dai software per i ponti termici

Sebbene l’uso di un software validato sia una condizione necessaria per valutare un ponte termico in accordo alla norma EN ISO 10211, il risultato ottenuto può non essere corretto se non vengono rispettati i requisiti richiesti dalla norma.

In generale, il metodo di calcolo deve potere fornire le temperature e i flussi termici in ogni punto del componente da valutare. Inoltre il grado di suddivisione dell’oggetto (cioè il numero di celle o dei nodi) deve poter essere definito dall’utilizzatore (nei limiti della capacità della macchina).

Un altro requisito richiesto dalla normativa è che, all’aumentare del numero delle suddivisioni, la soluzione del metodo da validare converga a una soluzione analitica (se esiste una soluzione). Questo comporta che la creazione del modello non è banale e il risultato finale potrebbe non essere accurato come richiesto dalla normativa. La UNI EN ISO 10211 riporta che il numero di suddivisioni deve essere determinato in modo da minimizzare l’errore percentuale tra due risultati di flussi termici: il primo valutato con un certo numero di nodi (ad esempio “n”) e il secondo determinato con un numero di nodi pari al doppio (nello specifico pari a “2n”). La differenza dei due flussi termici calcolati non deve essere maggiore dell’1% altrimenti bisogna aumentare il numero delle suddivisioni fino a che il criterio non sia soddisfatto.

Alcuni software di calcolo sono implementati in modo da permettere una suddivisione automatica, mentre in altri il numero dei nodi è determinato dall’utente. In altre parole, non è sufficiente usare un software di calcolo numerico per ottenere un risultato accurato, ma è necessario utilizzare le impostazioni correttamente. Per questo motivo, nel caso in cui il software renda disponibile un report di calcolo, è necessario allegare alla eventuale relazione di calcolo, oltre al coefficiente di accoppiamento L2D o L3D, il numero di suddivisioni, la trasmittanza termica lineica Ψ (o quella puntuale X) e la differenza dell’errore residuo in funzione dal numero di suddivisioni scelto. 


Gli autori:

Kristian Fabbri: Architetto, professore a contratto di Fisica Tecnica Ambientale e Modellazione del Comportamento Energetico DA - Dipartimento di Architettura, Alma Mater Studiorium Università di Bologna, consulente associazioni di Categoria Nuova Quasco e Regione Emilia-Romagna in materia di prestazione e certificazione energetica degli edifici, mercati ambientali ed Energy management. Ha all'attivo pubblicazioni in riviste e convegni internazionali e nazionali oltre a monografi e di manualistica tecnica.

Cosimo Marinosci: Ingegnere, ricercatore del Dipartimento di ingegneria Industriale (DIN), Scuola di Ingegneria e Architettura, Alma Mater Studiorum Università di Bologna, consulente per NuovaQuasco e Regione Emilia-Romagna in materia di prestazione e certificazione energetica degli edifici, Esperto in Gestione dell'Energia (EGE) e sulle tematiche riguardanti le simulazioni energetiche dinamiche degli edifici. Ha all'attivo pubblicazioni scientifi che su riviste nazionali e internazionali. 

Riferimenti Editoriali:

"Ponti termici negli edifici". I ponti termici costituiscono uno degli aspetti più complessi nella valutazione della prestazione energetica degli edifici. Il volume è un utile ed agile strumento per tutti i professionisti del settore edile (architetti, ingegneri, geometri, periti edili e termotecnici), per individuare valutare e correggere le discontinuità termiche dovute alla presenza di ponti termici negli edifici.

Gli Autori analizzano cause e tipologie dei ponti termici, ne descrivono le conseguenze sull'edificio e sul comfort termico interno (aspetti energetici, igienico-sanitari, riduzione di comfort) e offrono soluzioni ed esempi per gestire il calcolo dei ponti termici e la correzione dei punti critici per migliorare l'efficienza energetica dell'edificio.

Una ricca sezione finale di casi ed esempi spiega in modo chiaro come operare interventi efficienti per le correzioni dei ponti termici.

Autore: Kristian Fabbri, Cosimo Marinosci   •   Editore: Wolters Kluwer Italia   •   Anno: 2014

Vai all'approfondimento tematico

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Tecnico > Progettazione / Strutture > Progettazione

Copertina di Il riscaldamento a legna in bioediliziaSfoglialo online  Sfoglia il PDF del libro tratto da Dario Flaccovio Editore



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Chi oggi decide di scaldarsi a biomasse si trova a dover affrontare un mercato che offre un’ampia gamma di soluzioni
alla quale raramente corrisponde una conoscenza di limiti e vantaggi di ciascuna di esse.

Il presente volume nasce pertanto con l’intento di introdurre e accompagnare il lettore nella conoscenza e nell’approfondimento
dei sistemi di riscaldamento domestico a legna e derivati con riferimento sia alle soluzioni tradizionali (es. stufe in maiolica, stufe in ghisa, caminetti)
che a quelle innovative (come gli impianti di cogenerazione), per quanto riguarda non solo gli edifici caratterizzati da elevati fabbisogni energetici
ma anche quelli ad alta efficienza energetica, per i quali il problema principale è quello di evitare il surriscaldamento.

Particolare spazio viene dato ai sistemi ad accumulo inerziale, settore quasi ignorato in gran parte del territorio italiano
malgrado i numerosi e considerevoli vantaggi offerti dalla tecnica dell’accumulo inerziale di calore.

Questo testo, pensato anche per il termotecnico e per l’aspirante fumista, si propone fra l’altro di colmare una lacuna
pressoché totale in merito alla progettazione di massima e alla realizzazione della stufa tirolese che offre,
anche nella versione tradizionale, un eccezionale grado di efficienza energetica, di pulizia della combustione e di comfort termico.


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Copertina di La casa e il tetto in legno

La casa e il tetto in legno

Merlo, Cetrone, Fogliani, Salvato


[Modificato da Etrusco 19/12/2014 21:39]

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