MA PIER SILVIO NON È D'ACCORDO. Ipotesi, quelle di un passo indietro, che non piacciano a Pier Silvio Berlusconi. Quello che un tempo era l’erede designato dal padre per gestire Canale5 & co, vuole mantenere un ruolo operativo. Non ha alcuna ambizione di trasformarsi in un’azionista di minoranza. Eppure va trovata in fretta una soluzione per rilanciare il Biscione: dei 116 milioni di perdite registrate nei primi mesi del 2016 il grosso (una novantina di milioni tra i minori incassi legati alla Champions League e gli «oneri straordinari sostenuti per impegni assunti con la firma del contratto» con Vivendi, poi congelato dai francesi) proviene proprio da Premium. Reggono i ricavi garantiti dalla Spagna, mentre la pubblicità sulle tivù generaliste fatica vista la concorrenza dei nuovi media.
Anche su questo versante il piano B è una soluzione autarchica. Come nel caso del Milan, dove se i cinesi scappano, si va avanti con i giovani italiani. Ma in entrambi i casi, la strada non convince gli esperti. Quella per le tivù prevede di vendere a Sky o alla Rai i diritti in chiaro delle partite della Champions 2017–2018; una spending review interna da 123 milioni di euro entro il 2020; sperare nell’aumento della pubblicità in chiaro visto che la Rai dovrà ridurre la sua quota dopo aver fatto il pieno di canone; convertire Premium in una paytv low cost con film e serie, rivedendo l’offerta di pallone.
AFFITTASI FREQUENZE E STRUTTURE. Nonostante il cfo Marco Giordani abbia ribadito ai sindacati che l’azienda «ci sarà alle prossime aste dei diritti del calcio», da più parti si rilancia l’ipotesi che Mediaset voglia “affittare” le frequenze e le strutture (compresa la redazione) ai gruppi interessati a trasmettere le partire di Serie A. Compresa quella Legacalcio, che rilancia la vecchia idea di una piattaforma tivù propria, perché non vuole ritrovarsi alla prossima asta soltanto con Sky.
LA PRIORITÀ È LA POLITICA. Chi gli è vicino racconta che in questa fase il Cavaliere ha come priorità quella di riunire il centrodestra per continuare ad avere un ruolo e potere contrattuale nel sistema politico italiano. Perché senza la politica – come dimostrano la minaccia di Carlo Calenda di scrivere una legge contro le scalate ostili, gli interventi dell’Antitrust e della procura di Milano contro Bolloré – sarà difficile salvare le proprie aziende.
Berlusconi Mr Bee
Per il resto Berlusconi continua a seguire la strategia lanciata nei mesi scorsi, che lo vede trasformarsi da imprenditore a finanziere. Non ha ancora rotto con gli investitori cinesi, perché l’obiettivo è quello di vendere il Milan e all’orizzonte non ci sono alternative per un club che gli costa ogni anno tra i 100 e i 150 milioni. Ha rastrellato tutti i dividendi dalle sue controllate e dalle sue partecipazioni (100 milioni da Fininvest o 60 da Mediolanum) portando la liquidità cash di famiglia sopra i 700 milioni. E non soltanto perché questi soldi potrebbero essere necessari in caso di Opa di Vivendi su Mediaset. Sta facendo shopping di start up innovative (l’ultima è Fazland, che permette agli utenti di trovare un idraulico, un commercialista o qualsiasi professionista sia necessario) ma guarda a rafforzare l’Over The Top di casa, Infinity. Soprattutto c’è da ricucire con Bolloré, con il quale è sempre in corso un contenzioso giudiziario sul mancato merger di Premium.
UN CAVALIERE PIÙ APERTO AL DIALOGO. Rispetto al recente passato, il finanziere si mostrerebbe più predisposto al dialogo e meno “aggressivo”. Gli uomini di Vivendi non sembrano spaventati dalle indagini della procura di Milano (Bolloré e Armand de Puyfontaine sono indagati per aggiotaggio) o dalle puntualizzazioni dell’Antitrust. Ma queste mosse restano pericoli segnali di ostilità da parte di un Paese dove il bretone (in Telecom, Mediobanca, Generali fino al carsharing a Torino) ha forti interessi. Senza contare che ha già speso tantissimo per rastrellare azioni del Biscione, facendo irritare i suoi soci storici.
UNA TRIANGOLAZIONE PER SALVARE MEDIASET. Da giorni rimbalzano voci di una triangolazione azionaria a tre tra Vivendi, Mediaset e Telecom Italia per uscire dall’impasse e per dividersi i debiti di Premium. La Gasparri non permetterebbe incroci tra i due colossi dei media italiani. Ma i legali delle parti sono allo studio di un’intesa che supererebbe i paletti della legge per raggiungere un accordo. Che in questa fase sarebbe benedetta anche dai governi di Italia e Francia.
Questi sono in cagona, con il Milan hanno preso un po di ossigeno