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ken parker

Ultimo Aggiornamento: 06/02/2017 16:23
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06/02/2017 16:21

Il 10 aprile 2015 è uscito Fin dove arriva il mattino, cinquantesimo volume della collana che ne ha riproposto in ordine cronologico tutti gli episodi, e per Ken Parker si è così conclusa – forse per sempre – una complessa avventura umana ed editoriale, iniziata nel giugno del 1977. Una conclusione insieme coerente e sorprendente: una sconfitta su tutti i fronti.

Ken Parker non è stato solo un originale fumetto d’intrattenimento, romantico e un po’ intellettuale: ha rappresentato qualcosa di personale per molti lettori. Come altri personaggi di fantasia particolarmente intensi e riusciti, la creazione più nota di Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo ha vissuto le sue avventure lasciando le tracce di un percorso esistenziale credibile, percepito come un compagno in forte sintonia con il suo pubblico. I lettori lo hanno infatti seguito per quasi quarant’anni condividendo con lui momenti epici, drammi personali, scelte complicate, relazioni difficili, emozioni indimenticabili. Fino alla (inevitabile) fine. Ma andiamo per gradi.

La lunga strada di un classico

In effetti, la vita – immaginaria e editoriale – di Ken Parker non è stata facile. Inizialmente pubblicato mensilmente da Cepim, una delle varie denominazioni assunte nel tempo da Sergio Bonelli Editore, le sue uscite cominciano a registrare dei ritardi già all’inizio della seconda annata, causa i tempi di lavorazione rallentati da un approccio creativo accurato e meticoloso. Addirittura trascorrono sette mesi tra l’uscita del n. 57 “Il sicario” e lo storico n. 58 “Sciopero”, episodio che rappresenterà un punto di svolta. Questa prima serie chiude con il numero successivo e si trasferisce sulle riviste d’autore dell’epoca, prima Orient Express e poi Comic Art. Nel 1992 torna con una sua testata, Ken Parker Magazine, prodotta dagli stessi autori che per pubblicarla fondano la Parker Editore e ristampano gli episodi precedenti. Due anni dopo, il personaggio ritorna nella scuderia Bonelli che prosegue le pubblicazioni del Magazine a partire dal n. 19/20. Con il n. 36 la rivista chiude, e le avventure di Ken Parker proseguono con quattro albi semestrali, sino al gennaio 1998.

E qui la storia si interrompe. Le vendite non bastano. Gli autori hanno anche altre aspirazioni. Giancarlo Berardi realizza una nuova serie regolare per Bonelli Editore, Julia, mentre Ivo Milazzo dipinge un Tex Speciale (il Texone). Le strade dei due autori si divaricano completamente e il tema della prosecuzione di Ken Parker, con la risoluzione delle questioni rimaste aperte, diventa uno dei tormentoni editoriali degli anni successivi. In realtà gli autori dichiarano a più riprese la propria disponibilità a concludere la serie, a patto di trovare un editore disposto a produrre i nuovi episodi, essendosi concluso il rapporto con Sergio Bonelli Editore.

L’occasione sembra presentarsi grazie all’editore Panini Comics che dal 2003 ristampa l’intera serie in volumi che raccolgono due episodi per volta. Ma gli episodi inediti non arrivano. Ancora una volta non sussistono le condizioni economiche. Infine arriva Mondadori con un progetto analogo: ristampare l’intera serie e, in caso di successo dell’operazione, produrre l’attesissimo episodio finale. Nell’aprile 2014 parte la ristampa, ed eccoci a “Fin dove arriva il mattino”.

In questi articolati passaggi tra editori e formati, pause e rilanci, le vicende editoriali si sono sviluppate in parallelo con quelle di finzione. Il giovane Ken Parker esordisce vendicando l’assassinio del fratello e battendosi come paladino degli indiani, arrivando addirittura a pronunciare un’indimenticabile, brevissimo ed efficacissimo, discorso davanti al Parlamento degli Stati Uniti. Perde la memoria, si sposa con un’indiana, ne adotta il figlio, viene curato ritrovando la memoria e inizia una vita girovaga da testimone morale dei suoi tempi e dei nostri, sino a compiere una scelta drammatica di rottura: partecipa ad uno sciopero operaio e uccide un poliziotto durante gli scontri. Se fossimo nel mondo di Tex, o anche di Spiderman, inizierebbe un’avventurosa crisi che si concluderebbe positivamente con un ritorno trionfale alle condizioni di partenza. Ma il mondo di Ken Parker è diverso e comincia invece una complicata fuga, che viene a coincidere proprio con il passaggio del personaggio sulle pagine delle riviste.

Questi ultimi sono gli anni più belli, dal punto di vista artistico. Berardi e Milazzo sviluppano Ken Parker finalmente come desiderano, a colori e senza compromessi, consentendo ad un solo disegnatore, Giorgio Trevisan, il privilegio di partecipare ad alcune fasi, giustificate dalle scelte narrative compiute con “Un principe per Norma”. Il ritorno alla periodicità seriale fornisce un’intensità diversa alla fuga dalla legge, che insegue il nostro eroe con caparbietà ed ostinazione. Le avventure si arricchiscono di una ulteriore sottotrama in cui Ken Parker diventa autore di dime novels e il lettore può ritrovare il personaggio delle origini, ancora libero di raddrizzare torti senza fare l’ammazzasette.

Intanto gli autori compiono ancora una volta una scelta per niente scontata, difficile, eppure logica: Ken Parker si lascia arrestare, processare e condannare. E mentre anche questo arco narrativo – quasi una “serie parallela” – si avvia alla conclusione, le sue vicende proseguono su entrambi i piani narrativi aperti: da una parte il carcere, durissimo, e dall’altra le avventure di fantasia. Ma gli ultimi albi lasciano tutto in sospeso. Sconterà tutta la pena? Uscirà, e quando, dal carcere? Rivedrà il figlio e i suoi amici più cari, come Pat O’ Shane?

Passano anni.

Eppure il mito di questo straordinario personaggio non si indebolisce. Anzi, si rinnova grazie alle ristampe e alle attività professionali dei due autori, che rimangono tra i principali protagonisti del fumetto italiano. E che quindi continuano a ricevere sempre le stesse, speranzose ed ostinate, domande degli appassionati: tornerà Ken Parker?

Tralasciando Canto di Natale, più che altro per la natura elitaria dell’edizione “per collezionisti”, la risposta è arrivata il 10 aprile 2015, ben diciassette anni dopo. Gli stessi anni che Ken ha trascorso in carcere, finendo così di scontare la pena, anche grazie ad un provvedimento generale di clemenza. E non è stata la risposta che ci aspettavamo…

Ormai l’esito è noto [in caso: SPOILER]. Ken, ormai sessantenne, si unisce ad un gruppo di sbandati che tiene in ostaggio due donne, di cui abusano. Invece di intervenire eroicamente, aspetta pazientemente l’occasione giusta, partecipando però ad una sanguinosa rapina. Approfittando degli scontri tra i banditi e la posse dello sceriffo, Ken riesce ad uccidere i criminali superstiti e a liberare le donne. La più giovane però, soggiogata e addirittura lusingata dal suo violentatore, ferisce mortalmente Ken Parker, che rimane con la madre di lei ad aspettare l’alba con il sottofondo delle parole di una poesia di Emily Dickinson.

Ken Parker è una questione personale

Ken Parker è una questione personale per quello che ha significato per la mia crescita di lettore e per le occasioni di relazione che ho avuto con i suoi autori.

Ken Parker è una questione personale perché la pagina in cui viene ferito, in cui si compie un dramma dolorosissimo, mi ha fatto provare un’emozione che non dimenticherò.

Ken Parker è una questione personale non solo per me, ma anche per tutti i suoi lettori. Basta leggere anche solo alcuni dei numerosi appassionati e viscerali commenti circolati sul web e sui social network.

Nessuno si aspettava un finale del genere. I lettori sono spaccati in due: i dispiaciuti che però accettano la scelta degli autori, apprezzandone la coerenza, e i delusi che ritengono questo episodio estraneo ai valori della saga, anzi un vero e proprio tradimento.

Se è vero che ciascun lettore è, in qualche misura, una sorta di coautore dell’opera, grazie ai personali convincimenti interpretativi che su di essa si crea, mi pare ragionevole sostenere che entrambe i fronti – “dispiaciuti” e “delusi” – abbiano le loro ragioni, anche se la presenza dei social network ha aperto vere e proprie praterie a disposizione di chi vuole essenzialmente sfogarsi, più che sostenere interpretazioni.

Però se c’è qualcuno che ha qualche ragione in più degli altri, questi è l’autore. E durante una presentazione pubblica svoltasi a Milano lo scorso 17 aprile, Berardi e Milazzo hanno espresso queste considerazioni:

Domanda di Daniele Giambi. I lettori sono divisi. C’è chi è rimasto deluso. L’impressione per questi lettori è che voi abbiate detto: “Volete un’altra storia? Eccovela, ma non rompeteci più”. La sensazione è che in particolare Ivo non ne potesse più di disegnare Ken.

Giancarlo Berardi: C’erano due modi per chiudere la storia di Ken. Uno consolatorio e ruffiano. Arriva il figlio, facciamo la grande festa. Le storie di Ken, però, non hanno mai voluto compiacere nessuno. Non l’ho mai fatto, nemmeno con Julia. Questa è una storia secca, che sembra senza speranza, ma invece una speranza c’è, è l’aurora. Ivo ha scelto una strada diversa, ha uno stile più rarefatto, va verso traguardi più artistici. Io invece sono rimasto artigiano. Questa storia l’abbiamo scritta e immaginata per noi, come abbiamo sempre fatto. Certi tipi di commenti li lascerei ad altri ambiti, calcistici, o di tribune politiche televisive.

Ivo Milazzo: I lettori sono importanti. Nessuno può scrivere per compiacere qualcuno o per piacere a tutti. Gli stili appartengono agli autori. Ognuno può esprimere apprezzamento o meno, ma rimane una valutazione personale. Con Giancarlo le strade si sono divise, ognuno deve fare il suo percorso. Questo percorso è arricchito dall’incontro di persone, però la strada è nostra, appartiene a noi. Fare fumetto seriale non era più nelle mie corde. Per me sarebbe stata una sicurezza economica, ma non me la sentivo di ripetere cose già fatte. Non potevo più rimettermi in gioco, come invece desideravo. Dovevo fare la mia strada, e percorrerla anche al buio. Un grande incontro recente è stato quello con Ettore Scola, sarei stato onorato solo di stringergli la mano, invece addirittura ci lavoro assieme.

[La trascrizione è tratta dal gruppo Facebook “Ken Parker Forever” www.facebook.com/groups/339733199393276/, ed è a cura di da Giovanni Bertoldi. Un’altra versione, coincidente nei contenuti ma diversa nel testo, è pubblicata a cura dell’autore della domanda lunfucile.blogspot.it/2015/04/presentazione-del-volume-fin-do...

Ken Parker è una questione personale perché molti lettori sono convinti che gli autori avrebbero dovuto scrivere un epilogo in sintonia con le loro aspettative. E gli altri hanno dovuto, al contrario, accettare e metabolizzare una scelta oggettivamente dolorosa.

La fine di Ken Parker rappresenta, quindi, una sconfitta su più livelli:

Innanzitutto per il personaggio, che non riesce nella sua missione etica di far trionfare il bene, come tanti altri protagonisti del fumetto popolare degli stessi anni. Anzi, viene “punito” proprio da una vittima che aveva salvato.

Inoltre, se Ken Parker era nato per parlarci del presente attraverso il mito del West, risulta evidente che è implicita anche una sconfitta storica in atto nel presente, dove non sembra più esserci spazio né per un mondo né per un’umanità migliore.
Anche il livello editoriale è stato segnato da criticità continue, nonostante le opportunità che si sono più volte presentate. E il risultato è che la serie ha finito la sua corsa, ormai – direi quasi sicuramente – per sempre.
Tra gli sconfitti, infine, ci sono anche gli autori. Che sono capitolati sul terreno del progetto a loro più caro, quello su cui hanno costruito il loro sodalizio artistico e la conseguente brillante carriera professionale. Inoltre, nel ‘contesto sociale’ in cui questo finale ha preso forma, si trovano pure in pasto al “tribunale della rete”, alle cui accuse – per fortuna – riescono a rispondere con l’acutezza e l’ironia che li ha sempre contraddistinti. E in fondo, fanno notare, Ken Parker non viene visto mentre muore, se questo può consolarci.
Avercene, di sconfitte così.

Perché gli unici a non rimanere sconfitti, se ci pensiamo bene, siamo proprio noi lettori, spettatori partecipi e fedeli di un percorso straordinario. Anche se è finito come è finito.

E allora grazie di tutto.

Grazie per i valori di civiltà che ci hai insegnato, per i prezzi che hai pagato, per le coscienze che hai incuriosito e provocato, per i nuovi lettori che hai formato. E grazie per Pat O’ Shane, per Adah, per quel discorso di fronte al Parlamento degli Stati Uniti, per quello sciopero a cui hai avuto il coraggio civile di partecipare. Anche se è andata come è andata.

Grazie ancora, Ken Parker. So long!
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Utente Power



06/02/2017 16:23

fumetti vari
Il sito specializzato ICV2 ha mostrato un’anteprima del primo numero del nuovo fumetto di Spirit, il personaggio creato nel 1940 da Will Eisner. La serie, intitolata The Spirit: The Corpse-Makers è scritta e disegnata da un autore italiano (anche se americano di formazione e adozione): Francesco Francavilla.

Erede della scuola di Alex Toth, nel corso degli anni Francavilla ha disegnato fumetti e realizzato illustrazioni per tutte le principali case editrici americane, comprese Marvel e DC Comics. Nel 2012, ha vinto un Eagle Award nel 2012 come miglior autore emergente e un Eisner Award come miglior copertinista.

La storia, ambientata a Central City, si apre con una serie di casi di sparizione senza nessuna apparente connessione tra le vittime. La polizia, non sapendo bene come muoversi, archivia i casi per morte naturale. Finché un giorno qualcuno decide di far sparire Ebony White, la spalla del protagonista della serie. Da quel momento Spirit, coinvolto in prima persona, decide di capire cosa sta succedendo.
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