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Aratta e la scrittura più antica del mondo

Ultimo Aggiornamento: 22/07/2007 16:05
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Haeresiarca
03/07/2007 21:15


Un pool di archeologi è convinto di avere scoperto i resti della mitica città
Gli scavi hanno riportato alla luce delle tavolette incise prima dei sumeri
Tra le rovine del regno di Aratta
la scrittura più antica del mondo
In Iran riemerge una civiltà sepolta: potrebbe cambiare la storia
di VANNA VANNUCCINI



Un reperto archeologico di Jiroft
JIROFT (Iran Sud Orientale) - "Gilgamesh sii il mio amante! Fammi dono della tua virilità! Quando entrerai nella nostra casa la soglia splendidamente dorata bacerà i tuoi piedi". Così Ishtar, la dea dell'amore, si rivolge al leggendario re di Uruk nel più famoso poema epico lasciatoci dai sumeri.

"Splendidamente" è scritto nella traduzione, ma la parola sumera è arattù, ovvero alla maniera di Aratta. Aratta era per i sumeri simbolo di eccellenza, il topos di tutti i miti come Troia lo fu per quelli dell'Asia Minore. I poemi sumerici ne parlano come di una città magica, "distante sette montagne", in cui viveva un sovrano che in alcuni testi è "il Signore di Aratta", in altri è chiamato Ensurgiranna.

Gli studiosi si sono affannati a cercare quale luogo geografico potesse corrispondere a questa leggendaria città. Ma finora il mito era rimasto sospeso nel nulla. La singolarità di Aratta infatti è che mentre nelle fonti letterarie vi sono innumerevoli riferimenti alla città e alle sue ricchezze, il nome non compare in nessuna delle 450.000 tavolette di argilla arrivate inalterate fino a noi, nelle quali i sumeri diligentemente registravano scambi commerciali, elenchi dei tributi ricevuti dai sudditi, derrate agricole o editti dei re. Non può essere un caso, sostengono quegli archeologi che ormai si erano convinti che Aratta non fosse mai esistita.

Ma uno scavo recente potrebbe aver riportato alla luce il mitico regno. Se così fosse, sarebbe la scoperta archeologica del secolo. Una nuova Troia.
Che sia così, è il convincimento dell'archeologo iraniano Yussef Majidzadegh, che con una squadra internazionale (di cui fa parte anche l'italiano Massimo Vidale, archeologo dell'Isiao) guida gli scavi di Jiroft, nell'Iran sud-orientale. Majidzadeh sostiene che Jiroft è la più antica civiltà orientale, precedente di almeno un paio di secoli quella sumerica.

L'archeologo presenterà in questi giorni la sua tesi al convegno internazionale di archeologia a Ravenna. "È venuta alla luce una civiltà complessa, pari o per certi versi superiore a quella sumerica per dimensioni urbanistiche, per l'aspetto monumentale e la raffinatezza delle tecniche artistiche. Questo ci obbliga a gettare uno sguardo nuovo sulla formazione delle civiltà tra il IV e il III millennio", dice Massimo Vidale.

La storia comincia a Sumer, è sempre stato il mantra degli archeologi. Perché a Sumer ha inizio la scrittura. Ma dopo la scoperta di Jiroft questo potrebbe non essere più vero. Nello scavo è stato trovato (finora) un mattone con un testo protoelamico, la cui origine si fa risalire a Susa nel 3000 a. C., e tre tavolette con una scrittura ancora indecifrata. Tuttavia la scrittura non sembra avervi avuto un ruolo predominante come tra i sumeri. Per questo, sostiene l'australiano Daniel Potts, Majidzadeh attribuisce a Jiroft una datazione così antica. Secondo Potts Jiroft corrisponde invece a una città più tarda, di grande ricchezza, Marhashi, la cui esistenza è attestata da diversi testi.

Jiroft è una città nella regione di Kerman nota soprattutto per il suo clima umido, subtropicale. Da Kerman, in macchina, ci si arriva in un paio d'ore. Si abbandona la steppa desertica del Dash-e Lut per salire su una zona montuosa, eccezionalmente fresca e verde, per poi ridiscendere nella valle di Jiroft. Da qui non ci sono più barriere montuose fino allo stretto di Hormuz, e l'aria umida del Golfo Persico arriva senza trovare impedimenti. Agrumeti e palmizi da dattero ne fanno la ricchezza. La fonte d'acqua della regione è il fiume Halil, che scende per oltre 400 chilometri dalle montagne del nord.

Quasi un secolo fa un'alluvione cambiò il suo corso, i vecchi ricordano ancora che i loro nonni raccontavano che il Halil Rud voltò le spalle alla città e se ne andò a 800 metri di distanza. Ma nel 2001, dopo un lungo periodo di siccità, il Halil Rud straripò di nuovo, e questa volta sul terreno eroso dalle acque comparvero veri e propri tesori: monili, offerte funenarie, statuette, vasi di clorite (la tipica pietra locale di colore verde scuro). Il giorno dopo, centinaia di contadini impoveriti da anni di siccità accorrono sulle rive del Halil alla ricerca di oggetti antichi 5000 anni.

Si dividono il terreno, con il consenso delle autorità locali, in lotti di sei metri per sei, uno per ogni famiglia, scavano, tirano fuori oggetti di incomparabile bellezza. Diecimila buche, cinque o sei necropoli interamente saccheggiate, e interamente distrutto quel "contesto" che è fondamentale per gli archeologi per studiare e datare gli oggetti. Dove ci sono i tombaroli ci sono naturalmente anche i mercanti.

Non appena si sparge la voce, intermediari e mercanti arrivano da tutto l'Iran, da Kabul, dal Pakistan - e poi da Parigi, da Londra, da New York. Comprano direttamente dal contadino che scava. Un vaso di clorite scolpito, 50 dollari; una statuetta intarsiata, 100; un'aquila fatta come una scacchiera con pezzi di turchese 150. Si ritroveranno nelle case d'asta europee e americane venduti per centinaia di migliaia di dollari. La passione per "i Jiroft" fa nascere addirittura una produzione di falsi. Anche il Louvre ha acquistato cinque pezzi (veri), di cui il governo iraniano sta cercando ora di tornare in possesso.

Il saccheggio durò un anno. Almeno 10.000 oggetti vengono portati via. Finché l'archeologo Majidzadeh, che aveva insegnato a Teheran prima di trasferirsi in Francia, ottenne dal governo iraniano di cominciare uno scavo sistematico insieme a un gruppo di colleghi di diversi paesi. Ora, ci dice il tassista che ci accompagna all'aeroporto di Jiroft, uno come lui, che ha due ettari di terreno e coltiva cetrioli in serra, non può nemmeno fare una traccia per seminare senza ritrovarsi addosso la polizia.

Ma questo non significa che il saccheggio non continui, più silenzioso e con mezzi più sofisticati. Ai contadini sono subentrati i ben più attrezzati contrabbandieri internazionali, muniti di rilevatori, computer, attrezzature per lavorare di notte. Del resto, come ci fa vedere Ali Daneshi, un giovane archeologo locale lasciato a guardia del sito fino al momento in cui in autunno ricominceranno i lavori, lo scavo guidato da Majidzadeh è solo un inizio: i siti già rilevati sono quasi settecento, in un'area di 400 km quadrati.

Entriamo nello scavo e Daneshi si accorge subito che il vetro blindato messo a protezione di una statua senza testa, alta quasi un metro e mezzo e dipinta di colore ocra giallo e rosso con piccole incisioni nere, è stato rotto. Evidentemente di qui non passa soltanto qualche pasdar solitario di guardia. "Cominciammo a scavare da due collinette, distanti l'una dall'altra 1400 metri" racconta Vidale. "In quella nord è venuta fuori una piattaforma gigantesca a gradoni, uno ziggurat, con una base di 300 metri per 300 e un'altezza di 17 metri. L'intera superficie dell'altra collinetta, 200 metri per 300, si è rivelata una struttura monumentale, costruita su un preesistente accumulo archeologico, circondata da mura larghe 10 metri. Ad est della cittadella trovammo un'altra piattaforma, larga 24 metri, che era il quartiere dei lavoratori del metallo. Insomma siamo di fronte a una città ben strutturata, con la cittadella amministrativa, il tempio, i quartieri residenziali e i luoghi di lavoro".

Nel piccolo museo allestito a Jiroft e catalogato da Majidzadeh, gli oggetti esposti sono stati quasi tutti confiscati ai contrabbandieri, fatta eccezione per una vetrinetta con cinque pezzi ritrovati nello scavo. Vasi di clorite scolpiti con motivi di animali e di piante, soprattutto palmizi, forme umane e creature fantastiche, uomini-scorpioni, uomini-leoni, aquile, serpenti. Gli occhi degli animali carnivori sono tondi, quelli degli erbivori ovali come quelli umani. Ogni oggetto è preziosamente incastonato di turchesi, lapislazzuli, marmo, calcare bianco. In alcuni ci sono straordinarie raffigurazioni stilizzate di edifici, di città, di mura fortificate, che non hanno esempi nel mondo antico. Si può capire come il re sumero Enmerkar, nel poema "Enmerkar e il Signore di Aratta", volesse architetti e decoratori di Aratta per costruire i templi agli dei di Sumer.


(3 luglio 2007)



Muy interesante. E' da un paio di mesi che ho da vedere un video, Aratta Spuren einer legendären Hochkultur (la leggenda vivente di Aratta) che parla proprio di questo...mi sa che stasera me lo gusto. [SM=x44450]

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Haeresiarca
08/07/2007 15:33

Ho finalmente trovato il tempo di vedere il video, che in realtà non dice nulla che non si sapesse già.

La presunta anteriorità della civiltà elamita rispetto a quella sumerica è oggetto di studio, ma fino ad ora nulla è stato provato, tanto più che le rilevanze archeologiche sono molto scarse, la lingua protoelamica non è stata ancora decifrata e gli studiosi di elamico si contano sulle dita di due mani in tutto il mondo (due sono a Napoli ed di uno ho avuto il piacere di seguire i corsi. [SM=x44476] )

Veniamo ad Aratta: è una città mitica nella tradizione letteraria sumerica, lo stesso mito che elabora l'invenzione della scrittura parla di Aratta, ma l'Aratta del mito non è per forza una città reale, e se anche corrispondesse ad un città realmente esistita non credo che fosse la capitale di una grande civiltà...di cui non sarebbe rimasto nulla!!! [SM=x44467]

I testi sumerici storici, infatti, non ne fanno menzione. Questo è un dato da prendere con le molle, perchè i mesopotamici erano decisamente etnocentrici (come quasi tutti i popoli anche moderni) e di molte civiltà ad essi coeve abbiamo poco più che nomi o altro. Ma molto verrà fuori dallo studio dei testi amministrativi soprattuto commerciali, ancora in fase di studio.

Ma veniamo alla questione più d'effetto posta dall'articolo: civiltà pre-sumerica. Questo pre a cosa si riferisce? Al massimo l'Elam e Sumer possono essere state coeve o giù di lì, e in questo caso mi sembra che si faccia il gioco a chi è più antico di quache decennio (che in termini storici antichi non è assolutamente nulla). E poi civiltà di che tipo? abbiamo già parechhie rilevanze presumeriche nella regione, da Gerico a Catal Hyuyuk; ma certo non si può parlare di civiltà, ma di culture neolitiche, calcolitiche o del bronzo antico.
La creazione di unità statali complesse, di città nel vero senso della parola, di strutture amministrative differenziate e gerarchizzate, la creazione di sistemi di lavoro centralizzato, ebbene per ora nascono a sumer, altre culture sicuramente verranno scoperte, ma andiamoci piano.

Chiosa, sulla scrittura:
lo sviluppo della scrittura a Sumer ha seguito questo processo:
1) tokens in bullae, si trattava di segnalini d'argilla che indicavano nulero di animali o oggetti ceduti per contratto o per trasposrto; i segnalini erano contenuti in bullae d'argilla che venivano rotte davanti ad un funzionario del tempio in caso di contestazione per verificarne il contenuto.
2) sulle bullae si cominciano a incidere con punte di canna dei segni che indicano numeri e tipo di merce,in tal modo non era necessario rmpere la bulla se non in casi estremi e tutti potevano vedere il protocontratto.
3) la bulla diviene una tavoletta d'argilla con incisi segni numerici e merci.

Il livello è ancora pittografico laddove al segno (pittogramma) corrisponde un oggetto. Si passa all'ideogramma quando si sente il bisogno di rappresentare con un segno un'azione, quindi un concetto ovvero qualcosa di non immediatamente materiale, un'idea quindi. Così sulle tavolette appaiono anche motivazioni, azioni, possibilità etc...

Ad un certo punto, al segno si abbina non solo l'idea, ma anche il suono con cui quell'idea è pronunciata, così se bocca si pronuncia KA e se -k(a) è il suffisso che si pronuncia per indicare il genitivo io posso usare il segno che indica la bocca (KA) alla fine di un altro segno per indicarne il genitivo, in talò caso il KA è un fonogramma, ossia il segno indica il suono e il morfema del genitivo ad esso associato. Così A = acqua, A-KA sarà "dell'acqua".

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18/07/2007 17:15



Ne avevo sentito parlare ma non avevo mai approfondito l'argomento [SM=x44460]

Comunque io mi chiedo, è vero che le vestigia di Aratta sono pressochè inesistenti ma essendo ampiamente lacunosa la nostra conoscenza dei mutamenti della terra nel corso dei secoli non è forse possibile che essi abbiano completamente cancellato queste vestigia? [SM=x44464]



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"Chi ha parlato, chi ca..o ha parlato? Chi è quel lurido str...o comunista checca pompinaro, che ha firmato la sua condanna a morte? Ah, non è nessuno, eh? Sarà stata la fatina buona del ca..o..."

Il più acerrimo nemico del Bremaz è Rurro Rurrerini.
(ma anche Ramarro Rurale, con il suo fedele servitore lo gnomo Corri Rorra, non scherza....)




Legionis praefectus more cinaedi communis currum regit.

"Siccome c'ho una certa immagine da difendere....."

Dice il saggio: "Viajare descanta, ma se te parti mona te torni mona."




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Haeresiarca
18/07/2007 17:57

Re:
orckrist, 18/07/2007 17.15:



Comunque io mi chiedo, è vero che le vestigia di Aratta sono pressochè inesistenti ma essendo ampiamente lacunosa la nostra conoscenza dei mutamenti della terra nel corso dei secoli non è forse possibile che essi abbiano completamente cancellato queste vestigia? [SM=x44464]






Possibile, anche se improbabile. Mancano anche rilevanze di contatto, ossia i segni che una civiltà lascia presso i suoi vicini. [SM=x44458]

Diciamo non da escludere (una bella formula per lasciare la porta aperta). [SM=x44452]

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22/07/2007 16:05

Re: Re:
-Asmodeus-, 18/07/2007 17.57:



Possibile, anche se improbabile. Mancano anche rilevanze di contatto, ossia i segni che una civiltà lascia presso i suoi vicini. [SM=x44458]

Diciamo non da escludere (una bella formula per lasciare la porta aperta). [SM=x44452]





Ipotizzando che tale civiltà si sia estinta molto prima dell'avvento dei Sumeri verrebbero a mancare i contatti diretti tra le due civiltà ma rimarrebbero le testimonianze culturali affidate alla trasmissione orale che, pian piano, le rielabora in forme mitizzate.
(E' la stessa ipotesi fatta per Atlantide, Thule e tutte le altre civiltà scomparse e mitizzate [SM=x44461] )
Questo, però, presuppone uno spostamento a ritroso nella datazione della civilizzazione umana per cui sarebbero necessari reperti di sicura attribuzione e datazione come prova. [SM=x44464]





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