Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Quando per Tremonti la Finanza chiudeva gli occhi...

Ultimo Aggiornamento: 05/07/2008 10:02
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 65.105
Registrato il: 28/02/2002
Sesso: Maschile

AMMINISTRATORE
PRINCIPALE



ADMIN
Monsignore
IperF1 2008
IperUTENTE 2010
Briscola IperCafonica 2012
31/07/2007 21:50

Visco-Speciale Gnutti-Tronchetti
MA CHE “BELL” CASTELLO – 1.6 MLD DI MULTA A GNUTTI E SOCI PER LA VENDITA DI TELECOM A TRONCHETTI
– LA LUSSEMBURGHESE BELL ERA SOLO UN PARAVENTO FISCALE
– NEGLI ANNI DI TREMONTI LA GDF CHIUSE ENTRAMBI GLI OCCHI
– POI SCOPPIA IL CASO VISCO-SPECIALE…




Carlo Bonini per “la Repubblica”


Nell'estate del 2001, la cessione a Marco Tronchetti Provera del pacchetto azionario di controllo di Telecom Italia ha sottratto al Fisco 600 milioni di euro
, (1.266 miliardi delle vecchie lire).
E per l'amministrazione delle Finanze, è arrivato il tempo che quel denaro rientri nelle casse dell'Erario.


L'Agenzia delle entrate ha notificato un avviso di accertamento fiscale ai soci e agli amministratori pro-tempore della società "Bell", la cassaforte lussemburghese del finanziere bresciano Emilio Gnutti che di Telecom aveva il controllo e attraverso cui ne venne perfezionata la vendita. Sei anni fa, i soci di "Bell" raccolsero dalla transazione plusvalenze esentasse per 2 miliardi di euro (3.500 miliardi delle vecchie lire). Dovranno ora versare 600 milioni di euro a titolo di "maggiore imposta" evasa e 1 miliardo di euro "a titolo di sanzioni". Quell'esenzione non gli spettava, perché Bell era una società italiana a tutti gli effetti, e fu ingiustamente favorita.

"Considerata l'entità del danno erariale, nonché la distrazione del patrimonio sociale di "Bell" - scrive l'Agenzia delle entrate nel provvedimento - si rende opportuna l'iscrizione di ipoteca sui beni dei trasgressori e dei soggetti obbligati in solido, con conseguente sequestro dei loro beni, compresa l'azienda".

Tali misure cautelari dovrebbero essere effettuate anche nei confronti dei soci di Bell. In particolare, di "Hopa spa" e "GP Finanziaria spa" (entrambe controllate da Gnutti ndr.), i maggiori ed effettivi beneficiari della distrazione del patrimonio sociale".

Un miliardo e seicento milioni di euro (tremila miliardi, 292 milioni 371 mila 654 lire, nel computo dell'Agenzia delle Entrate) è un fiume di denaro. Lo 0,1% del Pil del nostro Paese.

Eppure, per quattro anni, l'amministrazione finanziaria che rispondeva al ministro dell'economia Giulio Tremonti ha rinunciato alla sua riscossione.
Perché?

La risposta è in una storia che, con l'evidenza dei documenti di cui "Repubblica" è in possesso, ricostruisce le mosse di un network di professionisti, dirigenti pubblici, militari della Guardia di Finanza di Milano che intorno a questo tesoro si è mosso, garantendone l'immunità fiscale.
Vi si rintracciano significativamente alcuni protagonisti della partita mortale ingaggiata a partire dall'estate del 2006 con il viceministro Vincenzo Visco da un blocco di alti ufficiali della Guardia di Finanza con l'appoggio del centrodestra.
(Emilio Gnutti - Foto La Presse)

I FATTI, DUNQUE.
2001.
Tronchetti ha acquistato Telecom comprando da "Bell" il 22,5 per cento delle azioni Olivetti che ne garantiscono il controllo. "Bell" è una holding con sede legale al 73 di Cote d'Eich, Lussemburgo. La controlla "Hopa spa", la finanziaria di Gnutti, la "bicamerale della finanza", in cui siedono tra gli altri il Montepaschi di Siena, Fininvest e l'Unipol di Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti. A quella data, soci di "Bell" sono "Gpp International Sa" (a sua volta controllata per il 100 per cento da Hopa), "Gp finanziaria spa" (dello stesso Gnutti), "Interbanca spa", "Banca Antoniana popolare veneta", Chase Manhattan International, "Oak fund", "Financiere Gazzoni Frascara", "Finstahl", "Tellus srl", "Pietel srl", "Autel srl.", Ettore, Fausto e Tiberio Lonati, "Bc com" e gli stessi "Montepaschi" e "Unipol".
"Bell" non è stata nulla di più che una cassaforte in cui sono rimaste custodite le azioni di controllo Olivetti-Telecom. Esaurita la sua funzione, può essere svuotata e abbandonata. Come documentano i libri societari, nel novembre 2001, con la distribuzione ai soci dei 2 miliardi di euro di plusvalenze Telecom, il patrimonio netto della società scende a poco più di 34 milioni di euro, impiegati per "l'estinzione dei debiti contratti".

Di fatto, è una messa in liquidazione. Di cui ha la sostanza, ma non la forma. Perché, contabilmente, Bell deve continuare ad esistere. E' l'unico modo, infatti, per far rientrare in Italia i capital gain in regime di esenzione fiscale e aggirare le norme che vietano, anche in Lussemburgo, di ridistribuire utili di una società in liquidazione. La mossa soddisfa gli appetiti di tutti. Solleva soprattutto la cortina di fumo in cui Guardia di Finanza prima e Agenzia delle entrate, poi, possano volontariamente smarrirsi. E' ciò che accade di lì a breve.

Il 26 marzo del 2003, a Milano, dodici militari della Guardia di Finanza bussano in via dei Giardini 7, studio legale "Freshfields Bruckhaus Deringer", domicilio fiscale dichiarato dalla "Bell". Appartengono alla "quarta sezione" del "Primo gruppo Verifiche Speciali" del nucleo regionale di polizia tributaria della Lombardia. Devono accertare se i 2 miliardi di euro di plusvalenze della vendita Telecom non siano stati sottratti alla tassazione attraverso una "esterovestizione", come, con termine tecnico, viene definita la fittizia localizzazione all'estero della residenza fiscale di una società che, al contrario, ha di fatto la sua attività e persegue il suo oggetto sociale in Italia. L'accertamento su Bell è l'unica opportunità rimasta al Fisco per ficcare il naso in quella transazione, perché su "Hopa" (che controlla Bell) è sceso il buio del "condono tombale" (2002) cui Gnutti ha immediatamente aderito.
(Giulio Tremonti - Foto U.Pizzi)

Il lavoro dei finanzieri porta via quattro mesi. In un contesto significativo. Nel 2003, lo spoil-system del centro-destra ha finito di ridisegnare la macchina della lotta all'evasione. Giulio Tremonti, ministro dell'economia, si è liberato del direttore generale dell'Agenzia delle entrate, Massimo Romano, apprezzato civil servant e architetto della riforma fiscale. Al suo posto ha voluto Raffaele Ferrara, un ex ufficiale della Guardia di Finanza legato a doppio filo con Marco Milanese, altro ex ufficiale scoperto da Tremonti a Milano e diventato capo della sua segreteria politica.

Ferrara (legato al direttore del Sismi Nicolò Pollari) arriva al vertice dell'Agenzia delle Entrate dalle Ferrovie del dopo Necci, dove ha lavorato per la società "Metropolis". Esattamente come Marco Di Capua, che diventa direttore dell'Accertamento dell'Agenzia delle Entrate a spese di William Rossi. Come e più di Ferrara, forse, Di Capua conta ancora molto nella Guardia di Finanza. E non solo lì, visto che il fratello, Andrea, altro ex ufficiale, è stato chiamato al Sismi da Nicolò Pollari per dirigere l'ufficio del personale.

Nella sua direzione "Accertamento", Di Capua ha aggregato Graziano Gallo, "dottore commercialista in Milano", cui è affidato l'incarico di responsabile dei "controlli sulle imprese di grandi dimensioni". Anche lui ha vestito l'uniforme della Guardia di Finanza, come il padre: il colonnello Salvatore Gallo, annotato negli elenchi della loggia P2 con tessera numero 933.

Le acque non si sono mosse soltanto a Roma. A Milano, è stato avvicendato il vertice della Guardia di Finanza. Il nuovo comandante del nucleo regionale di polizia tributaria è Stefano Grassi, che ha sin lì lavorato nell'ufficio dell'aiutante di campo del ministro Tremonti. Mentre nuovo comandante regionale è il generale Emilio Spaziante, altro "pollariano" di ferro, già capo dell'intelligence delle Fiamme Gialle, futuro capo di Stato maggiore e vicesegretario del Cesis, motore primo, nell'estate del 2006, dell'affare Visco-Speciale.

Ma torniamo ai nostri dodici finanzieri e alla loro verifica su "Bell". A scorrerne i nomi, ce n'è uno oggi più conosciuto di altri. Guida la squadra. E' il tenente colonnello Virgilio Pomponi. E' arrivato a Milano nel 2002 come "capo delle operazioni" del Nucleo regionale di polizia tributaria, ufficio che risponde direttamente al generale Spaziante, ed è destinato ad assumere presto il comando del nucleo provinciale di polizia tributaria. Soprattutto, è destinato a finire al centro dell'affare Visco-Speciale, perché nella lista degli ufficiali di Milano di cui, nell'estate 2006, verrà chiesto l'avvicendamento. Di Pomponi, alcune cronache diranno che il suo allontanamento da Milano avrebbe prodotto "contraccolpi nelle indagini su Unipol e la lussemburghese Bell, nemmeno valutabili" nella loro gravità. E' un fatto che se ad oggi non è dato sapere quale contributo investigativo personale l'ufficiale abbia dato alle due indagini, sono al contrario documentabili le conclusioni che il primo agosto 2003, rassegna nel "verbale di constatazione" che chiude appunto il primo accertamento su "Bell".
(Nicolò Pollari)

Il Fisco - osserva il tenente colonnello - non ha argomenti, né "evidenze probatorie" per aggredire Bell. Che - scrive - "ad avviso di codesto comando regionale" è e resta una "Societé de partecipation financières" di diritto lussemburghese. La sede della sua amministrazione e l'oggetto della sua attività sociale sono cioè regolarmente radicate in Lussemburgo. Il che la rende soggetta alla locale legislazione fiscale, che prevede l'esenzione sulle plusvalenze ottenute dalla cessione di partecipazioni azionarie.

Eppure, sembrano esistere ottime ragioni per sostenere il contrario. Sulla scorta di 193 documenti acquisiti nello studio "Freshfields Bruckhaus Deringer", l'ufficiale dà atto, infatti, che "Bell appare essere sempre stata priva di proprio personale e di propri beni strumentali in Lussemburgo". Che "la maggioranza dei suoi soci ha residenza in Italia". Che lo studio legale "Freshfields Bruckhaus Deringer" di Milano "non si è limitato all'esame delle questioni legali riguardanti la società, ma ha predisposto le assemblee sociali e le riunioni del cda, redigendone ordini del giorno e verbali; ha steso contratti e accordi tra i soci; ha partecipato a riunioni dell'assemblea Olivetti e alla sottoscrizione di atti" ha lavorato ad operazioni cruciali in stretto contatto non con un ufficio in Lussemburgo, ma con un telefono di Brescia: quello della "signora Maurizia Gallia", segretaria di Gnutti.

Dunque? Le ragioni di "Bell" vengono argomentate dall'avvocato Dario Romagnoli e da Claudio Zulli. Non sono due professionisti qualunque. Romagnoli ha diviso il suo studio di diritto tributario ("Vitali-Romagnoli-Piccardi) con Giulio Tremonti fino al giorno in cui non è stato nominato ministro dell'economia. È anche lui un ex ufficiale della Guardia di Finanza ed è stato compagno di corso di Marco Milanese, che di Tremonti è capo della segreteria. Zulli è il commercialista di Gnutti, ma anche lui ha ottimi rapporti con il ministro. Come, nell'estate del 2005, documenta l'intercettazione telefonica di un suo colloquio con Consorte (nei giorni chiave della scalata Bnl, il numero uno di Unipol lo chiama per chiedere un incontro con Tremonti. "Devo ringraziarlo di due o tre cosette e gli devo spiegare un po' di roba perché mi deve dare una mano su cose importanti").

Per il comando regionale della Guardia di Finanza, Romagnoli e Zulli hanno argomenti irresistibili. In una memoria che diventa parte integrante del verbale, i due professionisti scrivono: "Bell non ha, né ha mai avuto residenza fiscale in Italia (...) il consiglio di amministrazione si è sempre riunito in Lussemburgo. L'assemblea dei soci si è sempre riunita all'estero (...) Nessuno dei soci ha mai esercitato il controllo della società (...)". Conclude dunque Pomponi: "Gli elementi raccolti hanno messo in luce, da un lato indici di collegamento diretto di Bell con il territorio dello Stato italiano, dall'altro che l'intera attività di amministrazione/gestione ordinaria e le principali decisioni straordinarie appaiono formalmente essere state poste in essere all'estero. Pertanto, a parere di questo Comando, non si ravvisa un quadro probatorio tale da far ritenere che Bell debba ragionevolmente ritenersi residente in Italia sotto il profilo fiscale".
(Gianpiero Fiorani - Foto U.Pizzi)

Il 4 agosto 2003, il caso è chiuso. E, per quel che racconta alla Procura di Milano l'ex numero uno della Banca Popolare, Giampiero Fiorani, l'operazione costa ad Emilio Gnutti 25 milioni di euro. Li versa all'avvocato Romagnoli a titolo di parcella professionale. Uno sproposito, che Romagnoli nega negli importi (l'avvocato ha sempre sostenuto, di aver ricevuto "non più di 5 milioni di euro") e che Fiorani imputa a complessivo saldo del salvataggio fiscale di Bell, aggiungendo che per lui, come per Gnutti, dire studio Romagnoli significava dire Tremonti. Che Fiorani affermi o meno il vero, è un fatto che nel bilancio 2005 di Bell (l'anno, vedremo, è significativo) compare nelle voci a debito un'annotazione per 31 milioni di euro da saldare con Romagnoli e Zulli. Ed è un fatto che, esaurito il capitolo Guardia di Finanza, la pratica soffochi nelle spire dell'Amministrazione civile delle Finanze.

Il verbale di accertamento delle Fiamme Gialle su "Bell" viene trasmesso all'ufficio 1 dell'Agenzia delle Entrate di Milano, dove verrebbe dimenticato se non fosse per la notizia ricevuta il 25 febbraio 2004 dai pm di Milano Mannella e Nocerino che su Bell esiste un'istruttoria per evasione fiscale. Il 16 luglio 2004 - giorno in cui Domenico Siniscalco giura da ministro dell'Economia (Giulio Tremonti di era dimesso il 3) - l'Ufficio 1 di Milano scrive alla Procura: "Non sussistono prove sufficienti per affermare che Bell possa essere considerata fiscalmente residente in Italia. Pertanto, salvo che a seguito di più incisive attività istruttorie di codesta procura, non emergano elementi tali da condurre a soluzioni diverse, lo scrivente ufficio provvederà all'archiviazione". La pratica muore. Finché, aprile 2005, la Procura, che a sua volta sta per archiviare, torna a sollecitare.

L'ufficio 1 - è ormai giugno 2005 - interpella la Direzione regionale. Che impiega cinque mesi per stabilire che è necessario se la sbrighino a Roma, alla Direzione generale accertamento, quella di Marco Di Capua. La risposta arriva il 23 dicembre del 2005, quando Tremonti è ormai tornato a fare il ministro. La Direzione Accertamento informa di "essere già stata interessata dalla Procura di Milano" e di aver provveduto a individuare dei "consulenti" per i pm Mannella e Nocerino: il "dottor Pasquale Cornio", capo dell'ufficio soggetti grandi dimensioni area nord e il "dottor Graziano Gallo", capo settore nazionale dell'accertamento sulle grandi imprese. Il 10 aprile 2006, i due periti così concludono con la Procura: "I redigenti ritengono che la Bell sia da considerarsi fiscalmente residente in Italia secondo le regole di diritto interno". E tuttavia, "che difficilmente possa considerarsi residente fiscalmente in Italia secondo le regole di diritto convenzionale, prevalenti su quelle di diritto interno. Non essendo stati reperiti elementi sufficienti a dimostrare che la direzione effettiva della società abbia avuto sede in Italia".
(Domenico Siniscalco - Foto U.Pizzi)

Gnutti e soci sono salvi. Un'ultima volta. Ad aprile del 2006, al ministero torna Visco. La Procura di Milano decide di proseguire la propria istruttoria. All'agenzia delle entrate riacquistano i loro uffici Massimo Romano e William Rossi. La pratica Bell esce dall'archivio. A Milano deflagra il "caso Visco-Speciale".


Dagospia 31 Luglio 2007
213.215.144.81/public_html/articolo_index_33508.html

_________________


Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
OFFLINE
Post: 33
Registrato il: 12/12/2006
Sesso: Maschile

Utente Power



31/07/2007 22:27

forse anche a questi fatti si ricollegava TPS nella sua requisiktoria contro i'impunito Speciale!


che quinquennio abbiamo vissuto!!! e molto ne hanno ancora nostalgia!!!

_________________



-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-
-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-
Excel 2003-2007 - Win8 e prec
-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-
-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-



-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-
Un unica certezza: il dubbio!
-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-
Ogni tesi basata su ipotesi false è anch'essa falsa!
-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-
La coerenza è la virtù degli imbecilli!
-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-
La coerenza dell'incoerenza è il motore della saggezza!
-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-

OFFLINE
Post: 65.109
Registrato il: 28/02/2002
Sesso: Maschile

AMMINISTRATORE
PRINCIPALE



ADMIN
Monsignore
IperF1 2008
IperUTENTE 2010
Briscola IperCafonica 2012
31/07/2007 22:31

Re:
fantasex, 31/07/2007 22.27:

forse anche a questi fatti si ricollegava TPS nella sua requisiktoria contro i'impunito Speciale!


che quinquennio abbiamo vissuto!!! e molto ne hanno ancora nostalgia!!!




Se uno è accecato dall'odio acritico ed incondizionato contro il "nemico"
non può far altrimenti.... [SM=x44464]

_________________


Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
OFFLINE
Post: 79.880
Registrato il: 28/02/2002
Sesso: Maschile

AMMINISTRATORE
PRINCIPALE



ADMIN
Monsignore
IperF1 2008
IperUTENTE 2010
Briscola IperCafonica 2012
05/07/2008 10:02


CHICCO GNUTTI BOLLITO

– GNUTTI, L’UOMO CHE GUIDÒ LA SCALATA TELECOM, È VICINO AL FALLIMENTO:
VERDETTO ATTESO IL 23 LUGLIO

– CON LUI, RISCHIANO LE BANCHE CHE LO HANNO FINANZIATO (MONTEPASCHI IN PRIMIS)…



Vittorio Malagutti per “L’espresso”

Emilio Gnutti

© Foto La Presse

Sarà il tribunale di Brescia a decidere se il finanziere Emilio 'Chicco' Gnutti uscirà di scena da fallito.
Saranno i giudici a valutare se Fingruppo, la holding dell'ex condottiero della razza padana, merita davvero di chiudere i battenti travolta dalle perdite
, così come hanno chiesto, con un provvedimento severo e abbastanza raro, i pm Silvia Bonardi e Antonio Chiappani. Alcuni mesi fa i due magistrati hanno aperto un'indagine sui conti di Hopa, la cassaforte storica di Gnutti e dei suoi alleati, bresciani e non.

Si ipotizza il falso in bilancio. Ed è proprio seguendo il filo di questa indagine che i pubblici ministeri, sulla scorta di una consulenza tecnica, hanno deciso di chiedere l'insolvenza di Fingruppo, che di Hopa è il maggiore azionista con una quota del 35,3 per cento.
Il verdetto è atteso per il 23 di luglio. Ormai, però, il bresciano venuto dal nulla, il giocatore d'azzardo con ambizioni da imprenditore, è finito fuori dal giro che conta.

Bersagliato da condanne penali, multe e umilianti patteggiamenti, Gnutti dovrà d'ora in poi accontentarsi di rincorrere affari marginali, magari mettendo a frutto qualche amicizia dei bei tempi andati. Insomma, una sentenza in più o una in meno, poco importa per il finanziere che scalò la Telecom. Anche se, in teoria, il fallimento dichiarato d'ufficio per la sua Fingruppo potrebbe portarsi dietro lo sgradevole ulteriore contrattempo di un'indagine per bancarotta.

Il rischio di gran lunga più grave, un macigno che vale centinaia di milioni di euro, adesso resta pericolosamente sospeso sulla testa dei banchieri, i capi degli istituti che hanno generosamente finanziato la rapidissima ascesa del finanziere di Brescia.
Primo tra tutti il Monte dei Paschi di Siena e poi il veronese Banco Popolare
, che si è preso in carico attivi e passivi della Banca Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani.

La trama, una sorta di horror della finanza, è piuttosto semplice.
A marzo Hopa si è vista sfilare la sua partecipazione del 3,7 per cento in Telecom, messa all'asta dalla Royal Bank of Scotland a cui l'aveva data in pegno.

Il mago delle truffe bancarie, Gianpiero Fiorani
© Foto La Presse

Una volta svanito il suo asset di gran lunga più importante, il bilancio di Hopa, già in forte perdita, si è definitivamente sgonfiato.
I cavalieri bianchi, prima la finanziaria veneta Palladio e poi la Sopaf di Giorgio Magnoni, si sono tirati indietro.
Risultato: il cerino acceso è rimasto alle banche e a Fingruppo, cioè la cerchia degli amici storici di Gnutti, famiglie di Brescia e dintorni come Lonati, Bertoli, Bossini, Marinelli e molti altri ancora.
Solo che Fingruppo si reggeva su Hopa. Crollata quest'ultima, la prima si è trovata con le spalle al muro. Il che, tradotto in cifre, significa 453 milioni di perdite a fine 2007 (più altri 45 milioni nei primi quattro mesi del 2008), circa 410 milioni di debiti (291 con le banche) e all'attivo titoli e partecipazioni per poco meno di 300 milioni.

Con numeri come questi le speranze di ripartire sono ridotte al lumicino. A meno che qualcuno dei soci non decida di mettere mano al portafoglio per una sostanziosa iniezione di capitali freschi. Niente da fare: nessuno ha risposto all'appello. Neppure Gnutti. Il capolinea era dietro l'angolo. Ad aprile l'assemblea degli azionisti ha deciso di mettere in liquidazione Fingruppo.

Era una mossa disperata nel tentativo di pilotare un accordo con i creditori bancari sotto forma di concordato.
Non per niente nella relazione degli amministratori alla situazione patrimoniale di Fingruppo al 30 aprile scorso si legge che "la maggior parte dell'indebitamento è a breve e la società in caso di una richiesta di rientro non sarebbe in grado di farvi fronte".
Quindi solo l'intesa con le banche poteva evitare l'affondamento.
Solo che adesso l'intervento a gamba tesa della procura rischia di mandare all'aria tutti i piani.

Non è detto che a fine luglio il tribunale accolga la richiesta dei pm. Ma se alla fine venisse davvero scongiurato il fallimento, anche la soluzione meno cruenta, cioè la liquidazione, resta tutta in salita. Per molti creditori, in primis le banche, i conti proprio non tornano.
Negli anni scorsi questi finanziatori hanno ricevuto pacchetti di titoli a garanzia dei prestiti elargiti a Fingruppo. Di recente, però, la crisi generalizzata dei listini ha mandato a picco il valore di quei pegni.
Come dire, la coperta è sempre più corta.
Le perdite di Gnutti e soci rischiano di ricadere anche sui suoi (un tempo) volonterosi compagni di strada.


Giuseppe Mussari
© Foto La Presse

Qualche numero per dare un'idea della situazione.

Il debito con le banche a fine aprile ammontava a circa 290 milioni. A quell'epoca però il valore delle garanzie offerte da Fingruppo era già sceso fino a quota 126 milioni.
Una cifra che negli ultimi due mesi è diminuita ancora per effetto dei nuovi ribassi di Borsa.
Prendiamo il gruppo Monte dei Paschi, esposto per complessivi 101 milioni.

Una fetta di questo credito, circa 47 milioni, è garantita da un pacchetto di titoli, in gran parte A2A e Ubi, che in base alle quotazioni borsistiche di queste giorni vale poco più di 31 milioni. Il resto dei prestiti, cioè 54 milioni, fa capo alla Banca agricola mantovana (Bam) controllata dall'istituto senese presieduto da Giuseppe Mussari.
E qui il buco potenziale appare ancora più ampio, perché l'unica garanzia è costituita da un pacchetto di azioni Hopa (non quotata in Borsa) valutato poco più di 18 milioni di euro.

Se la passa ancora peggio il Banco Popolare che, a fronte di un finanziamento di 154 milioni (eredità della Popolare di Lodi), possiede in pegno titoli Hopa per un valore di circa 30 milioni, a cui si aggiungono obbligazioni per 25 milioni. Quindi per la banca guidata da Fabio Innocenzi le perdite presunte si aggirerebbero intorno ai 100 milioni di euro. Va detto però che nel bilancio 2007 l'istituto veneto ha già svalutato per 44 milioni i propri crediti nei confronti della galassia Gnutti.

Così, se adesso Fingruppo chiude i battenti e la stessa Hopa va in liquidazione, sarà difficile per le banche evitare nuove pesanti perdite. Che andranno ad aggiungersi a quelle cospicue del recente passato. Tra il 2006 e il 2007 il Monte dei Paschi ha già svalutato di 138 milioni la propria partecipazione del 9,6 per cento nel capitale Hopa. Non finisce qui, perché pochi mesi fa l'istituto senese ha comprato la Banca Antonveneta con il suo 5 per cento di Hopa. Altre perdite in vista, quindi, per il Monte dei Paschi, che di fatto è diventato il socio forte della holding più importante dei bresciani.

Con l'aria che tira si capisce che le banche avrebbero tutto l'interesse a trovare in gran fretta una via d'uscita. Magari con un concordato che trasformasse i loro crediti in capitale. A quel punto potrebbero gestire la liquidazione di quel che resta dell'impero dei bresciani. Ma neppure i banchieri sono fin qui stati capaci di trovare un'intesa tra loro. Il negoziato continua. Ma adesso dietro l'angolo c'è la procura, pronta a fischiare la fine della partita.



Vittorio Malagutti per “L’espresso” 04 Luglio 2008

_________________


Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 09:31. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com

IperCaforum il forum degli ipercafoni e delle ipercafone