SE LAICITA' NON FA RIMA CON LIBERTA'
Difendere la laicità, valore fondante dello Stato,introdotto nel 1905,o l'inviolabilità della libertà individuale?
La Francia ha scelto la prima strada,suscitando forti simpatie e decise contestazioni, e aprendo un viscerale dibattito su scala mondiale. Il governo ha varato la legge che intende vietare l'ostentazione di simboli religiosi nelle scuole. Il testo, redatto dal ministro della Pubblica istruzione
Luc Ferry, approderà il 3 febbraio in Parlamento, dove sarà votato una settimana dopo. Il ministro ha annunciato che la legge si comporrà al massimo di 3 articoli.
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La legge Ferry vuol gettare le basi per il rispetto della laicità in tutti i luoghi pubblici. Si inizia dalle scuole pubbliche, perché esse rappresentano il fulcro nella formazione dei cittadini.
In un secondo momento,i ministeri della Sanità e degli Affari sociali vareranno ulteriori norme per gli ospedali e i luoghi di lavoro. Il dibattito sulla legge vede titubanti molti membri della maggioranza, tanto che ora si fa largo l'ipotesi di un emendamento che "inviti alla mediazione e al dialogo".
Oltre a quello di Ferry, esistono altri 4 disegni di legge, 3 dei quali vanno nella stessa direzione del governo.
IL DIKTAT DI CHIRAC E LA PROTESTA
La legge sulla laicità nelle scuole è diretta conseguenza di un episodio avvenuto l'anno scorso, quando un preside di Aubervilliers (periferia di Parigi) espulse dalla scuola Alma e Livia, due ragazze che si rifiutavano di togliersi il velo durante le lezioni.
Un fatto analogo era accaduto a Creil (nel Nord del Paese) nel 1989. Lo scorso settembre, per metter fine a ogni polemica, il presidente
Chirac ha assunto una netta posizione in difesa della laicità dello Stato e della scuola pubblica. Da qui la decisione del governo di emanare una legge che disciplini definitivamente la materia.
Con l'avvicinarsi delle scadenze della legge, la protesta dei musulmani francesi si è fatta via via più organica.
Dalle 10.000 alle 20.000 donne vestite con foulard, jilbab, nyqab, chador o hidjab sono sfilate il 17 gennaio per le vie di Parigi, e altrettante a Lilla e Marsiglia. I cortei femminili -ha notato "Le Monde"- sono stati inquadrati da gruppi di uomini, i quali lanciavano al megafono gli slogan da scandire.
La società d'Oltralpe, multietnica e pluriconfessionale, affronta una difficile sfida: amalgamare i gruppi che la compongono, superando ataviche barriere e creando nuova armonia.
UN BOOMERANG PER L'ELISEO?
La strenua difesa della laicità dello Stato da parte di Chirac è stata interpretata in buona parte del mondo musulmano come un attacco all'Islam, sia all'interno che all'esterno della Francia
Parigi rischia così di alienarsi parte delle simpatie che aveva riscosso nei Paesi islamici pochi mesi prima, opponendosi alla guerra in Iraq.
Il malumore è tangibile nel mondo arabo e anche negli Usa, Paese leader delle libertà individuali. In viaggio nel Golfo Persico, il ministro degli Esteri francese avrebbe ammesso che "la situazione diplomatica è delicata". Parigi ha però poi smentito tale dichiarazione
Sul fronte interno, la controversia sul velo acutizza il disagio di parte della nutrita comunità musulmana: non tutti i 5 milioni di islamici francesi sono perfettamente inseriti nella società.
Molti maghrebini o loro discendenti non si sentono di appartenere né allo Stato di origine né a quello di accoglienza: così, il simbolo religioso diventa elemento di coesione per una comunità che ha nella fede il suo unico riferimento.
Indossare il velo è dunque un diritto,ma anche un primo passo verso l'estremismo:già oggi molti studenti si rifiutano di studiare biologia o educazione fisica, materie "contrarie al Corano".
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IL PROBLEMA VARCA I CONFINI FRANCESI
La laicità in Belgio e Germania
Prendendo spunto dalla Francia, due senatori belgi hanno auspicato l'adozione di leggi che vietino nelle scuole i simboli religiosi vistosi, ma autorizzino quelli di dimensioni ridotte.
In
Belgio c'è un vuoto legislativo: ogni scuola ha il diritto di adottare le misure che ritiene più opportune. Un'inchiesta ha dimostrato che nella sola Bruxelles, dove 1/3 delle studentesse professano l'Islam, l'87% degli istituti ha respinto le ragazze con il velo.
In
Germania, i Laender hanno facoltà di legiferare sull'argomento: 8 su 16 hanno intenzione di vietare il velo, ma non alle allieve,bensì alle insegnanti.
L'EUROPA TRA LEGGI E TOLLERANZA
In Danimarca, Spagna, Paesi Bassi e Regno Unito, la presenza del velo islamico ha generato pochi ricorsi alla magistratura da parte di privati cittadini.In nessuno dei 4 Paesi i giudici hanno
adottato provvedimenti discriminatori.
Ad Amsterdam,il ministero della Pubblica istruzione ha tuttavia dovuto introdurre il concetto di "riconoscibilità" per le allieve che volevano indossare il burqa,rendendosi non identificabili.
In Italia, al contrario, la scuola di Offena attende che una sentenza del Tar stabilisca se un crocifisso debba o no essere rimosso da una delle sue aule, come chiesto dal musulmano Adel Smith
IN DIFESA DEL VELO NEL MONDO
Prima le dichiarazioni di Chirac, poi l'avvio del disegno di legge sulla laicità hanno sollevato un coro di polemiche nel mondo islamico, e non solo.
In concomitanza con le dimostrazioni dei musulmani francesi, migliaia di fedeli sfilavano in difesa della libertà di culto da Beirut a al-Kuwait, da Tel Aviv a Berlino,da Londra a Damasco.
A Teheran, il presidente Khatami ha contestato il progetto francese, invocando i valori di "Liberté, Egalité,Fraternité". Il governo britannico ha annunciato che non seguirà i passi di Parigi, poiché "noi conviviamo in armonia con tutte le espressioni religiose"
Mentre il muftì di Siria esprime "sorpresa" per la mossa francese, al Cairo l'imam della moschea al-Azhar ha detto di comprenderla e approvarla, inimicandosi frange del clero sunnita. Numerose le fatwe lanciate contro la Francia.
I vescovi cattolici francesi hanno invitato il governo a rispettare una laicità "vigile ma aperta".
Il Papa è però andato oltre, lamentando come "in alcuni Paesi europei sia a rischio l'effettivo rispetto della libertà di culto".
Ad Atene, il capo della chiesa greco-ortodossa ha ammonito:
"Nessuno ha il diritto di impedire manifestazioni di religiosità. Ne va dei diritti umani".
CROCI, KIPPA', BARBE E TURBANTI
Il concetto di ostentazione religiosa non si limita, ovviamente, al velo delle donne islamiche, ma si estende anche alle croci cattoliche, le kippà ebraiche, le mani di Fatima e altri simboli.
Il ministro Ferry ha inopinatamente lasciato intendere che persino "le barbe di lunghezza eccessiva" sarebbero state possibile oggetto di discriminazione.
I 15.000 Sikh residenti in Francia si sono uniti alla battaglia anti-laicità:il turbante è un elemento portante della loro fede, e per difenderlo è stata organizzata a Parigi una grande manifestazione con la presenza di correligionari giunti da tutto il mondo
IL CASO DEL PREFETTO DERMOUCHE
Mentre in Francia divampava la polemica, con una mossa a sorpresa il presidente Chirac nominava il primo prefetto musulmano da molti anni a questa parte.
Aissa Dermouche, che ora rappresenta lo Stato nel dipartimento del Giura (Est),incarna la generazione di maghrebini immigrati dopo l'indipendenza. Nato in Algeria, a 18 anni si trasferì in Francia, dove al termine di una brillante carriera divenne direttore della Scuola superiore di Commercio di Nantes.
La sua nomina non è una novità, ma è stata accolta con particolare attenzione, poiché tra i 200 prefetti in carica non ce n'era nemmeno uno musulmano.
Poche ore dopo la nomina, l'automobile di Dermouche veniva distrutta da un' esplosione di natura criminosa. E domenica scorsa, un altro attentato danneggiava la sede del suo istituto.
Il caso è aperto a molte interpretazioni: il prefetto potrebbe essere stato colpito dall'estrema destra, in quanto islamico,o dagli integralisti,in quanto simbolo dello Stato. Scorta e misure di sicurezza sono state rafforzate.
Unanime la condanna delle forze politiche francesi, inquiete perché l'attentato surriscalda gli animi in un contesto già confuso e delicato, a due mesi dalle importanti elezioni regionali.
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ELEZIONI SULLO SFONDO
A marzo il voto per le regionali.
Gran parte delle forze politiche teme che la questione della laicità sia strumentalizzata dalle forze di estrema destra in vista delle elezioni regionali, programmate per fine marzo.
La maggioranza è divisa sulla posta in gioco: il
primo ministro Raffarin reputa che il voto ha valenza puramente locale, mentre
Alain Juppé, "delfino" di Chirac, ritiene che i problemi nazionali non possono non entrare in gioco. Di quest'ultimo parere anche i socialisti.
Il Front National di
Jean-Marie Le Pen potrebbe, secondo i sondaggi, imporsi nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, comprendente Marsiglia e Nizza.
I partiti hanno focalizzato la loro campagna su temi quali laicità, diritti umani e immigrazione per sensibilizzare i cittadini su una tornata elettorale che in sostanza li lascia indifferenti.
Secondo l'ultimo sondaggio Lci-Rtl-Le Monde,
il 65% andrà alle urne per esprimere il proprio scontento; il 50% voterà in funzione dei problemi del Paese, mentre il 44% terrà a mente solo le esigenze della comunità in cui vive.
I dati mostrano un progresso delle liste di sinistra: 40% per socialisti e alleati contro 36,5% per la coalizione di centro-destra, 14% per l'estrema destra e 6% per l'estrema sinistra.
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