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Geopolitica

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21/11/2003 00:38

[Modificato da texdionis 07/01/2012 12:47]
21/11/2003 00:39

Risiko?
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21/11/2003 00:41

Bush a Londra tra le ombre dell'Iraq


LONDRA RIAFFERMA FEDELTA' AGLI USA Anche in questa visita, il presidente americano Bush trova ad attenderlo un Regno Unito fedele allo storico rapporto di amicizia che lega i due Paesi.
L'alleanza anglo-americana, nucleo della Nato e vero e proprio perno della storia del XX secolo, è stata determinante nelle due guerre mondiali e in numerosi altri conflitti, gli ultimi dei quali in Afghanistan e Iraq.
L'asse di ferro ha nel premier Blair uno strenuo difensore:la passata lealtà al democratico Clinton non ha scalfito il rapporto di collaborazione con gli Usa da quando il repubblicano Bush si è
insediato alla Casa Bianca.


CRONISTORIA DI UN PATTO DI FERRO

L'alleanza tra Usa e Regno Unito risale all'entrata in guerra di Washington al fianco dell'Intesa (Londra-Parigi-Roma) nel 1917, nelle fasi cruciali della prima guerra mondiale.
Segue una fase di relativo isolazionismo americano,ma l'avanzata del nazismo crea poi i presupposti per un nuovo impegno di Washington in Europa. In quel quadro, determinante appare il rapporto personale privilegiato che si instaura tra il premier britannico, Churchill, e
il presidente Usa, Roosevelt.
Vinta la guerra, per almeno due decenni Londra rimane il più fedele alleato degli Usa in Europa e nel mondo.

I rapporti tra Usa e Regno Unito attraversano una fase più delicata durante la Guerra fredda, specie quando Londra si rifiuta di inviare truppe in Vietnam.
Ma l'avvento dei conservatori della Thatcher e dei repubblicani di Reagan (fine anni '70) rilancia il patto di ferro e segna le prime aperture verso l'Urss,ormai in declino, di Mikhail Gorbaciov.
I rapporti tornano a indebolirsi quando il democratico Clinton succede a Bush padre, ma di lì a poco anche Londra svolta a sinistra, e gli Usa trovano in Blair un alleato insostituibile, come attestano le iniziative congiunte in Ulster, nei Balcani e in Kosovo.


Per la cronaca,Bush a Londra è stato sonoramente fischiato e additato come il principale pericolo per la pace mondiale.



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21/11/2003 00:42

Re:

Scritto da: Asgeir Mickelson 21/11/2003 0.39
Risiko?



Sei veloce come il lampo....avevo fatto solo l'intestazione di una ....ehm ...rubrica
21/11/2003 01:01

Re: Re:

Scritto da: texdionis 21/11/2003 0.42


Sei veloce come il lampo....avevo fatto solo l'intestazione di una ....ehm ...rubrica


il tabellone di Risiko è lo stesso! [SM=x44452]
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29/11/2003 15:21

L'ASSISE DEI NOBEL A ROMA


Per la quarta volta,Roma ospita il summit mondiale dei premi Nobel per la pace,promosso dalla fondazione Gorbaciov.
Assieme al padre della Perestrojka, alcuni dei più illustri personaggi della politica mondiale dibattono su possibili soluzioni alle emergenze planetarie.
L'assise,che si articola in tre sessioni principali, ruota attorno alla ricerca di una nuova etica per la politica, l'economia e la scienza. Disarmo,multilateralismo, disparità tra Nord e Sud alcuni degli argomenti all'ordine del giorno. I lavori si svolgono in Campidoglio, con il patrocinio del Comune di Roma.

LA PACE, OBIETTIVO COMUNE
L'obiettivo cui puntano i premi Nobel convenuti a Roma è costruire un futuro di pace e conferire alla politica una nuova morale che le dia un senso.
Oggi i politici sono le persone di cui l'intera umanità si fida di meno: segno concreto del degrado dei sistemi su cui poggiano i governi e le società attuali.
A tale situazione si può porre rimedio individuando alcuni principi-base, comuni a tutti gli abitanti del mondo,intorno a cui far ruotare la nuova politica della società globalizzata. Per farlo, occorre però mettere da parte ogni individualismo e ragionare in termini di responsabilità collettiva.

"Tutte le religioni e le dottrine del mondo contengono un principio: ama il tuo prossimo come te stesso".
Lo ha rilevato Jonathan Granoff, presidente del "Global Security Institute",spiegando che in politica basterebbe che gli Stati decidessero di applicare lo stesso insegnamento su vasta scala.
"Se non superiamo presto il morboso attaccamento che nutriamo per ciò che ci divide, e puntiamo invece su quei fonda mentali principi che ci accomunano tutti, non potremo mai mettere in piedi politiche e istituzioni in grado di trattare le future generazioni come noi vorremmo essere trattati".



GORBACIOV: IMPERIALISMO SUPERATO
"La logica imperialistica appartiene al secolo scorso, e non è certo una risposta all'attuale destabilizzazione".
Lo sostiene Mikhail Gorbaciov, che aggiunge: "Esportare la democrazia è un'ottima idea, ma i metodi usati in Iraq e Afghanistan non convincono, poiché nessun popolo è disposto ad accettare passivamente i diktat dall'esterno". Per l'ultimo presidente dell'Urss, si potrà raggiungere una politica più umana e democratica, basata sulla comprensione, sul rispetto dei diritti umani e dell'ambiente ripristinando le funzioni e l'autorevolezza dell'Onu e puntando sulla lotta a povertà e insicurezza.



PERES: RICORDARE LA STORIA
"La pace è lo sforzo che una generazione compie per assicurare a quella successiva tranquillità e sicurezza".
E' la definizione di Shimon Peres, ex primo ministro israeliano e premio Nobel per la pace nel 1994.
"Negoziare la pace vuol dire per prima cosa convincere il proprio popolo dell'opportunità di compiere concessioni.
Nessuno,nemmeno all'interno di una coppia, può vincere al 100%,perché la giustizia e il diritto non sono unilaterali. Educhiamo i nostri figli a imparare la storia, e a non perderla mai di vista. E impariamo a usare la tecnologia per seminare benessere e non morte".




ARAFAT: NO ALLA CORSA AL RIARMO
"Siamo dinanzi a una trasformazione epocale inattesa, che si basa sulla corsa al riarmo, sulla crescente disparità tra Nord e Sud, ma soprattutto su una diffusa illegalità internazionale".E'quanto contiene il messaggio trasmesso dal presidente palestinese Yasser Arafat, tramite l'ambasciatore Hammad.
"Sotto la bandiera della lotta al terrorismo si compiono soprusi di ogni genere. A Israele voglio ricordare che noi palestinesi abbiamo accettato la 'Road Map', e che siamo per una pace giusta, con due Stati per i nostri popoli entro i confini precedenti il 1967 ed entrambi con capitale Gerusalemme".



WALESA: STRUTTURE GLOBALIZZATE
L'assemblea Onu come un Parlamento globale e il Consiglio di sicurezza come un super-governo dotato di ampi poteri
decisionali sui grandi temi del mondo. E' la risposta dell'ex presidente polacco Lech Walesa alla sfida della globalizzazione.
Secondo l'ex leader di Solidarnosc, la Nato potrebbe in questo quadro assurgere a super-ministero della Difesa, e sovrintendere a questioni come le dispute territoriali, il terrorismo e le
operazioni di pulizia etnica. "Soltanto le forze globali possono imporre l'ordine e ristabilire un minimo di equità nel mondo", ha concluso.

GLI USA CHE CONTESTANO BUSH
Mary Ellen McNish è segretario generale dell'American Friends Service Committee insignito del Nobel per la pace nel '47
"La società americana sarà giudicata da come saprà trattare i suoi soggetti più deboli.Oggi il benessere dei forti cresce sui sacrifici dei poveri", ha detto.
"Noi cerchiamo di opporre al potere politico e militare il valore della pace.La voce del mondo dice chiaramente che la pace non sarà portata dalle armi o le minacce, ma dall'istruzione e da una equa distribuzione delle risorse. Cerchiamo di far ascoltare questa voce anche al nostro governo, anche se sap-
piamo che è un compito improbo".




ROTBLAT: STOP ALLE ARMI NUCLEARI
"Con la crisi di credibilità che attraversa, il nostro premier Blair avrebbe già dovuto dimettersi,ma l'etica attuale gli consente di restare in sella". Lo sostiene Joseph Rotblat,premio Nobel per la pace nel 1995, da mezzo secolo impegnato contro le armi atomiche.
"L'etica dell'attuale amministrazione americana è 'o con noi o contro di noi' ma non può funzionare: la scelta futura di
sopravvivere o perire la faremo tutti insieme. Bisogna battersi per modificare il trattato di non proliferazione. Nessuna potenza nucleare potrà dirsi veramente democratica finché non
avrà smantellato i suoi arsenali".
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05/12/2003 22:44

RUSSIA AL VOTO PER LA DUMA


Il voto per il rinnovo della Camera bassa del Parlamento russo (Duma), domenica 7 dicembre, precede di tre mesi le presidenziali, che Vladimir Putin sembra destinato a vincere con circa il 70% dei voti.
La crescente popolarità di cui gode il presidente non si rispecchia però nel suo partito, "Russia Unita". Ma assieme agli alleati, il capo del Cremlino mira a controllare la maggioranza assoluta dell'assemblea.
Più di 3.000 i candidati di 23 partiti per i 450 seggi in palio; metà vanno assegnati in collegi uninominali e metà col voto di lista e sbarramento al 5%.

I sondaggi della vigilia danno il partito del presidente al 32-33%,in netto recupero rispetto alle elezioni del '99.
I comunisti di Ziuganov,che oggi detengono la maggioranza relativa ma sono all'opposizione, dovrebbero subire un drastico ridimensionamento, scendendo dal 24 al 14%. Nessuno degli altri partiti, di maggioranza o di opposizione,dovrebbe superare il 10% dei voti.
Preoccupazione destano tra i politici l'alto astensionismo previsto (4 anni fa non si recò alle urne il 39% degli aventi diritto) e la possibilità di votare "contro tutti",:-: :-: :-: contemplata nelle schede, e non assegnare il seggio.

PROCLAMI E FUOCHI DELLA CAMPAGNA
"Si dice che siamo il partito del potere: ebbene, siamo felici di accettare tale privilegio". Così il ministro dell'Interno e leader di "Russia Unita",Boris Gryzlov, in campagna elettorale.
Nato 4 anni fa per appoggiare Putin nella corsa al Cremlino, il partito ha per unico scopo l'attuazione del programma del presidente: crescita economica e stabilità politica. Per farlo,candida funzionari dei gruppi industriali,amministratori locali e alti burocrati.
"Russia Unita" dovrebbe conservare anche la poltrona di sindaco e governatore della regione di Mosca, attualmente occupata da Juri Luzhkov.

"Dobbiamo fermare lo smantellamento della Federazione russa. I beni dello Stato sono gestiti da banditi, e anche se Putin è un ex agente del Kgb, oggi la sicurezza è per noi un miraggio". Il comunista Ziuganov propugna così un un nuovo statalismo, e chiede di indire un referendum per imporre il controllo sulle risorse naturali. Il suo partito, in caduta libera, è sotto accusa per finanziamenti illeciti.
Altre formazioni di opposizione, quali "Jabloko" (Mela) o l'Unione delle forze di Destra (Sps), sono state penalizzate dall'ondata di arresti dei magnati che le finanziavano.

IL RISCHIO DI SVOLTA AUTORITARIA
La campagna si è svolta sotto i dettami del "Patto sociale elezioni 2003", il pacchetto di norme elaborato dalla Commissione centrale elettorale, da molti ritenuto lesivo della libertà di parola.
Dopo lo smantellamento di Tv-6 e Tvn, in Russia non esistono più televisioni private a diffusione nazionale: la più ampia vetrina per la campagna è stata la Tv di Stato,controllata dal Cremlino
Altro perno della "democrazia controllata" è il vincolo di sudditanza che, secondo numerosi analisti, lega la magistratura al governo. Gli abusi giudiziari,denunciano avvocati e giuristi,
sono in netta ascesa.



LE SFIDE DEL CAPO DEL CREMLINO-------------------------------------------------------------
IL CASO YUKOS E IL PETROLIO
Tempi duri per i magnati del liberismo: la magistratura russa ha teso una rete in cui sono caduti molti dei beneficiari delle privatizzazioni degli anni '90.
Il più clamoroso episodio della guerra all'oligarchia è stato l'arresto di Mikhail Khodorkovski, capo dell'azienda petrolifera Yukos che, finanziando la campagna di vari deputati uscenti, preparava la propria scalata al potere.
Le iniziative giudiziarie sono state contestate nel mondo della finanza internazionale, da Germania, Stati Uniti e dallo stesso primo ministro russo, Kasianov, che ora rischia la riconferma dopo il voto.

Le ultime accuse al gruppo Yukos, cui il fisco ha chiesto 5 miliardi di dollari, preludono secondo alcuni osservatori a una "nazionalizzazione strisciante" dell'industria estrattiva.
Il modo più semplice con cui lo Stato russo potrà recuperare i suoi crediti è l'acquisizione di una parte delle azioni del gigante petrolifero. Attualmente è sotto sequestro il 42,2% dei titoli:lo Stato potrebbe recuperarne la metà.
"Indebolire il peso degli azionisti e proporre, al posto degli attuali dirigenti, persone di fiducia, equivale a una nazionalizzazione", scriveva giorni fa il quotidiano "Izvestia".


IL POTERE DEI "SILOVIKI"
"Dirigismo economico" e "autoritarismo" sono i termini con cui la stampa internazionale definisce i contorni del caso Khodorkovski, che da un lato placa la sete di rivalsa delle fasce più umili della popolazione, ma dall'altro crea incertezza tra gli investitori.
L'affondo del Cremlino sarebbe da imputare ai "siloviki",gli ex agenti segreti e di sicurezza che circondano Putin.
Dopo aver favorito il tramonto della "famiglia" eltsiniana e dell'oligarchia ad essa legata, i "siloviki" deterrebbero parte del potere, tanto da minare molte delle scelte politiche ed economiche del Paese.

LE SFIDE: WTO, NATO, KYOTO
Il presidente Putin aspira a far entrare la Russia nell'organizzazione mondiale del Commercio (Wto) nel 2004; resta da completare il negoziato con l'Ue sul calo delle tariffe del gas.
Procede anche l'avvicinamento di Mosca alla Nato: malgrado le critiche per le violazioni dei diritti umani in Cecenia, la lotta al terrorismo ha favorito una più intensa collaborazione militare.
Dolenti note sul versante ecologico: [SM=x44468] non ratificandolo,la Russia vanifica il protocollo di Kyoto che,anche se siglato da 120 Paesi, non può entrare in vigore se i firmatari rappresentano meno del 55% della popolazione mondiale.

PER SAPERNE DI PIU'
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COSI' ALLE ULTIME ELEZIONI

Ecco i risultati delle elezioni politiche del 1999. Sono citati solo i partiti che hanno ottenuto almeno un seggio.

Partito % Seggi
Partito Comunista 24,3 113
Russia Unita (Putin) 23,3 72
Madrepatria Russia 13,3 68
Unione Forze Destra (opp.) 8,5 29
Liberal-dem. (Zhirinovski) 6,0 17
Jabloko (Liberali, opp.) 5,9 20
Pensionati 2,0 1
Nostra Casa Russia (riform.) 1,2 7
Candidati indipendenti 105
Altri 7
Non assegnati (i voti "contro tutti"
superavano quelli per i candidati) 9
Non assegnato in Cecenia 1



RUSSIA - BREVE CRONISTORIA
1991 Dopo 69 anni si scioglie l'Urss;la Russia ridiventa indipendente. Avviate massicce privatizzazioni.
1993 La nuova Costituzione assegna ampi poteri al presidente della Federazione;al Soviet supremo subentra la Duma.
1995 I comunisti ottengono un terzo dei seggi alle elezioni politiche.
1996 Boris Eltsin rieletto presidente;la Russia entra nel G-8.
1998 Il rublo svalutato del 70%. Nasce un governo di unità nazionale.
1999 Si inasprisce la rivolta cecena.
2000 Vladimir Putin, scelto quale suo successore da Eltsin, eletto presidente.
2001 Russia e Cina siglano un accordo di amicizia e cooperazione.
Gennaio 2002 Chiusura di TV-6 e primi attacchi alla libertà di stampa.
Maggio 2002 L'istituzione del Consiglio Nato-Russia avvicina Mosca agli alleati.
Ottobre 2002 Ribelli ceceni attaccano un teatro di Mosca: 128 morti.
Ottobre 2003 L'arresto di Mikhail Khodorkovski segna il culmine della lotta alla corruzione.


RUSSIA - NOTIZIE IN RETE
Cinque quotidiani russi dispongono di un'edizione Internet in inglese:
[URL]www.themoscowtimes.com [=URL]www.themoscowtimes.com [URL]www.russiajournal.com [=URL]www.russiajournal.com
[URL]www.gazeta.ru/english/index.shtml [=URL]www.gazeta.ru/english/index.shtml
[URL]www.pravda.ru [=URL]www.pravda.ru (anche in portoghese)
[URL]vn.vladnews.ru [=URL]vn.vladnews.ru (Vladivostok News)

Agenzie di stampa:
[URL]www.itar-tass.com [=URL]www.itar-tass.com
[URL]www.interfax.ru/e/0/0/0.html [=URL]www.interfax.ru/e/0/0/0.html e
[URL]www.rian.ru [=URL]www.rian.ru (Novosti, in 12 lingue)

Siti istituzionali:
[URL]Www.council.gov.ru [=URL]Www.council.gov.ru Camera alta
[URL]www.government.gov.ru [=URL]www.government.gov.ru Governo
[URL]www.kremlin.ru/eng [=URL]www.kremlin.ru/eng Presidenza

RUSSIA - CARTA D'IDENTITA'

Capitale: Mosca

Superficie: 17.075.400 kmq

Popolazione: 144,5 milioni di abitanti
Aspettativa di vita: 68 anni

Crescita economica: +4,2%
Reddito p.c.: 2.140 $ (Italia 19.470 $)
Inflazione: +17,9%

Saldo demografico: -0,3% annuo

Il Paese è ancora alle prese con il passaggio dall'economia statalista a quella di mercato. Tra i maggiori problemi, corruzione e fuga di capitali.




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06/12/2003 11:44

molto interessanti queste notizie,
ma come mai in tv se ne parla poco della politica russa?
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06/12/2003 14:26

Basterebbe chiedere al nano....lui sa tutto del suo amichetto Putin!!![SM=x44474]
06/12/2003 14:30

RUSSIA
Capitale: Mosca
Superficie: 17.075.400 kmq



Prima di essere smembrata, era il paese più esteso del mondo.

Dopo la divisione... lo è ancora!
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11/12/2003 19:20

PALESTINA

IL PUNTO EUROPEO SULLA ROAD MAP
A conclusione del semestre di presidenza Ue, l'Italia ha convocato a Roma alcuni dei più importanti esponenti del Medio Oriente per fare il punto sulle riforme nell'Anp e gettare le basi per il piano di aiuti internazionali.
L'Anp è presente con i ministri della Pianificazione, di Economia, Finanze e degli Esteri. Partecipa anche il capo della diplomazia israeliana, Shalom.
Sono inoltre a Roma i rappresentanti dei firmatari della "Road Map" (Onu,Ue,Usa e Russia),12 Paesi donatori, nonché istituzioni quali la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale.

IL QUADRO DELLE ISTITUZIONI ANP
Così com'è oggi, l'Autorità nazionale palestinese è il frutto acerbo di un processo di pace arenatosi nel 2000.
Fino a pochi mesi fa, il presidente dell'Anp deteneva anche il potere esecutivo e controllava più o meno direttamente l'intero apparato dello Stato.
Lo scorso marzo, dopo forti pressioni americane, e come previsto dalla "Road Map", è stata istituita la figura del primo ministro, capo del governo dotato di ampi poteri. Pochi mesi dopo la nomina, Mahmoud Abbas (noto anche come Abu Mazen) ha rassegnato le dimissioni in seguito a insanabili contrasti con il presidente Arafat.

Il Parlamento palestinese, insediatosi nel 1996, si compone di 88 deputati,che in massima parte fanno capo ad al-Fatah, la fazione del presidente Arafat.
Le elezioni per il rinnovo dell'assise,già previste per l'inizio dell'anno,sono state rinviate perché - come ha spiegato Arafat -"il perdurare dell'occupazione israeliana impedisce di organizzare il voto".
Le indebolite istituzioni militari contano 8.000 uomini tra le forze di sicurezza e 12.000 agenti di polizia, oltre ad alcune migliaia di addetti all'intelligence.

CHE COSA PREVEDE LA "ROAD MAP"
Entro lo scorso maggio, l'Anp doveva riconoscere a Israele il diritto a esistere, e iniziare lo smantellamento di tutti i gruppi terroristici. Lo prevede la Road Map per la pace in Medioriente.
Sul fronte delle istituzioni,i palestinesi dovevano varare una Costituzione che istituisse una democrazia parlamentare, con un primo ministro dotato di ampi poteri e un Parlamento espressione
di elezioni libere e pluraliste.
Israele avrebbe dovuto invece ritirarsi dai Territori, smantellare le colonie costruite dopo il 2001 e affermare il
suo impegno per uno Stato palestinese.Evidenti i ritardi, da ambo le parti.

La Road Map prevede una verifica dello stato d'attuazione del piano da parte del "Quartetto" a fine anno: tale è il senso del convegno di questi giorni.
Per l'Anp,Roma doveva essere un passaggio prima di sottoporsi al voto per l'ammissione all'Onu, mentre per Israele si sarebbe profilata la ripresa del dialogo con Libano e Siria.
La stabilizzazione delle istituzioni palestinesi e la fine del conflitto sono gli obiettivi perseguiti per il biennio 2004-2005,quando una nuova Conferenza internazionale dovrebbe affrontare le questioni più delicate: confini,profughi, colonie e Gerusalemme.

LA DELUSIONE DEL CAIRO Oltre agli scarsi progressi evidenziati in altri campi, sulla conferenza di Roma pesano i negativi esiti dei negoziati inter-palestinesi sullo stop alle violenze anti-israeliane.
Dopo 4 giorni di trattative al Cairo,Jihad, Hamas e altri gruppi radicali hanno respinto le proposte formulate da Egitto e dall'ala moderata palestinese,facente capo al primo ministro Abu Ala.
L'ultima tregua, siglata tra Israele e Anp il 29 giugno, è durata solo 6 settimane. Negli ultimi tempi si è assistito a un leggero calo sia del numero degli attentati sia di quello delle incursioni israeliane nei Territori.

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DONATORI IN PRIMA FILA 1,2 miliardi di dollari annui: è quanto chiesto a istituzioni e Paesi donatori al ministro delle Finanze Anp, Fayad.
La Finanziaria palestinese pareggia su 1,7 miliardi di dollari, di cui 800 milioni saranno ricavati dalle tasse, e 900 costituiscono il deficit. Va ricordato che le tasse per l'Anp vengono riscosse da Israele. La comunità internazionale ha sinora inviato 1 miliardo di dollari all'anno.L'economia Anp è devastata da 3 anni di guerra de facto.
L'annunciato "Piano Marshall" per la Palestina troverà attuazione in un secondo momento, probabilmente a partire dal 2005, e nell'ambito del G-8.

A CHI GLI AIUTI
Nelle intenzioni dell'Anp, buona parte degli aiuti internazionali dovrebbero coprire il deficit di bilancio e creare
una riserva per possibili imprevisti.
I fondi fin qui stanziati sono andati a finanziare progetti umanitari e garantire il funzionamento delle istituzioni palestinesi. Assieme alla Finanziaria,l'Anp porta a Roma una "strategia di stabilizzazione" legata alle riforme.
I donatori chiedono però maggiore trasparenza nella gestione dei fondi: il rapporto Fmi ha evidenziato, nel quinquennio 1995-2000, il dirottamento di circa un quinto delle risorse.

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CRONISTORIA

1917 I palestinesi contestano la "Dichiarazione di Balfour", che getta le basi per un futuro Stato ebraico.

1947 L'Onu propone di dividere la Palestina in uno Stato arabo e uno ebraico.

1948 Nasce lo Stato d'Israele;gli Stati arabi confinanti gli dichiarano guerra.Diaspora di Palestinesi e massicce immigrazioni di Ebrei dall'Europa.

1959 Yasser Arafat e Abu Jihad fondano il movimento di guerriglia al-Fatah.

1964 Nasce l'Olp, organizzazione per la liberazione della Palestina, che nega l'esistenza di Israele.

TERRITORI ANP - CARTA D'IDENTITA'

Capitale: Gaza

Superficie: 6.635 kmq

Popolazione: 3,2 milioni di abitanti
Aspettativa di vita: 73 anni

Crescita economica: -19,1%
Reddito p.c.: 1.350 $ (Italia 19.470 $)
Inflazione: +2,2%

Indice di povertà: 60%


I Territori autonomi palestinesi, in parte occupati da Israele, sono stati uniti nel 1994. Rinviata sine die la proclamazione dell'indipendenza.

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24/12/2003 19:25

CAMBOGIA


Dallo scorso 27 luglio, data delle elezioni politiche, i poteri esecutivo e legislativo in Cambogia sono di fatto
congelati.
Motivo della paralisi politica,la legge costituzionale che prevede che i governi debbano contare su una maggioranza di almeno due terzi del Parlamento.
Gli ex comunisti del Ppc, facenti capo al primo ministro uscente, Hun Sen,hanno sfiorato l'impresa e conquistato 73 seggi su un totale di 123. Per governare, hanno però bisogno dell'appoggio di almeno uno degli altri due partiti oggi in Parlamento: il Psr (liberali,24 seggi) e il Funcinpec (nazionalisti, 26).

TRE PARTITI, MILLE DISSIDI
I rapporti tra i due maggiori partiti cambogiani sono quanto meno conflittuali: nel 1997 il principe Ranariddh,oggi leader del Funcinpec,fu estromesso dalla carica di premier con un golpe dall'attuale capo del Ppc, Hun Sen.
Condannato in contumacia per traffico di armi, Ranariddh venne poi graziato da suo padre, il re Sihanouk. Dal 1998,quale capo dell'Assemblea nazionale, fu una sorta di co-premier nel governo di coalizione tra Funcinpec e Ppc.
Hun Sen, ritenuto da molti uno spietato dittatore, è l'emblema del cambiamento,essendo passato dai maoisti ai marxisti per promuovere infine il libero mercato.

Il liberale Sam Rainsy è emerso sulla scena politica cambogiana quale "terzo incomodo", denunciando la diffusa corruzione delle altre due formazioni.
Tutti i partiti vogliono emendare la Costituzione, ma i 5 vertici fin qui indetti non sono serviti neppure a re-
digere un ordine del giorno.
Il Parlamento si è insediato il 18 dicembre: l'assise è però durata solo 20 minuti e si è risolta con la semplice convalida degli eletti. Significative le assenze di Ranariddh e Rainsy. La seduta è stata poi rinviata a quando i partiti avranno risolto i "problemi tecnici" che bloccano l'attività.

IL RE GARANTE DELLA DEMOCRAZIA
Per sedare gli animi, il re Norodom Sihanouk ha prospettato di indire un referendum per abrogare la norma costituzionale che provoca l'attuale impasse.
La sua mediazione ha portato a un'intesa di massima tra i partiti per formare una coalizione. Davanti al perdurare della crisi,Sihanouk ha tuttavia minacciato di abdicare e tornare in esilio.
Incoronato ai tempi del protettorato francese, nel 1941, il monarca ha oggi 81 anni.Ritenuto il padre dell'indipendenza, nel '55 abdicò a favore di suo padre per darsi alla politica.Tornò sul trono nel 1993, dopo l'esilio trascorso
tra Cina, Corea del Nord e Malaysia.

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KHMER ROSSI,UNA FERITA ANCORA APERTA
Nel marzo 2003, Cambogia e Onu firmavano un accordo per istituire un Tribunale internazionale che giudicassee i crimini di guerra e contro l'umanità commessi all'epoca dei Khmer Rossi.
Una delle prerogative del Parlamento che si è appena insediato sarà proprio la ratifica dell'intesa, frutto di 6 anni di laboriose trattative.
Il testo è un compromesso: l'Onu voleva una Corte composta da giudici stranieri (come per i Balcani), ma la Cambogia chiedeva di affidare i processi ai propri magistrati. Alla fine si è optato per una corte con maggioranza di Pm cambogiani, più almeno uno straniero.

La Repubblica democratica di Kampuchea
nacque nel 1975, definito "l'anno zero" della rivoluzione maoista cambogiana.
I Khmer Rossi, guidati dal misterioso Pol Pot, deportarono in campagna quasi tutte le persone che vivevano nelle città, e le costrinsero ai lavori forzati per fondare una sorta di grande cooperativa agricola. Furono vietate le religioni e soppressa la moneta. Il Paese cadde in un isolamento assoluto.
Centinaia di migliaia di persone delle classi più colte e abbienti furono torturate ed eliminate: il bilancio dei 3 anni di regime fu di quasi 2 milioni di morti (circa il 18% della popolazione).

L'AMNISTIA CONTESTATA
Ristabilire la giustizia sarà un compito arduo, per non dire impossibile, se la classe politica cambogiana non saprà
tagliare i ponti con il passato.
Tra le personalità più influenti del Paese si contano ancor oggi molti esponenti di spicco degli ex Khmer Rossi, e un eventuale processo a loro carico rischierebbe, secondo molti analisti, di
accentuare l'attuale instabilità.
L'amnistia del 1994 è stata contestata dalle maggiori associazioni di difesa dei diritti umani, e le stesse Nazioni
Unite hanno espresso dubbi sulle possibilità che la Cambogia sia oggi in grado di svolgere processi equi.

Nessuno degli esponenti di primo piano dei Khmer Rossi è stato fin qui tradotto davanti alla giustizia.
In carcere è To Mok, soprannominato "il macellaio", per anni comandante nella Cambogia sud-occidentale e dal 1997 capo dell'intera guerriglia dopo aver spodestato Pol Pot. Assieme a lui c'è il comandante Duch, già capo della prigione Tuol Sleng, teatro di migliaia di esecuzioni tra il 1975 e il 1978.
L'amnistia ha invece lasciato liberi altri personaggi di rilievo, che a suo tempo hanno deposto le armi, quali l'ex
numero 2 di Pol Pot, Nuon Chea, e l'ex portavoce dei Khmer Rossi,Khieu Samphan.

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IL CONTESTO ECONOMICO E SOCIALE
La società cambogiana ricalca ancora in gran parte l'impianto della repubblica maoista: il 75% della popolazione è dedita a un'agricoltura di sussistenza.
Riso, caucciù e legname le risorse più sfruttate. Gravissimo il problema della deforestazione clandestina, su cui le autorità locali chiudono un occhio. Ne è conseguita un'alterazione del clima, che ha accentuato gli enormi problemi legati alle sempre più frequenti alluvioni.
Importante anche l'industria tessile,(1/4 dell'export), che però sta in piedi soprattutto grazie al piano di aiuti Usa, destinato a concludersi nel 2005.

Il forte impulso impresso all'industria turistica ha conosciuto una brusca frenata dopo l'11 settembre e l'epidemia
di Sars dello scorso anno.
L'instabilità politica, la dilagante corruzione e le difficoltà mostrate nel processo di democratizzazione stanno suscitando perplessità tra i maggiori finanziatori: Belgio e Paesi Bassi hanno già interrotto gli aiuti, mentre alcune multinazionali cominciano a rivedere le loro strategie nell'area.
Gli investimenti esteri sono scoraggiati dalla scarsa preparazione della popolazione, sia all'industria sia ai metodi di agricoltura più avanzata.

Cronistoria


1953 La Cambogia ottiene l'indipendenza
dalla Francia.

1965 Il re rompe le relazioni diplomatiche con gli Usa e si schiera con i comunisti nella guerra di Vietnam.

1969 Gli Usa bombardano le basi nordvietnamite in Cambogia.

1970 Il generale Lon Nol, filo-occidentale, depone il re e combatte contro i nord-vietnamiti. Dall'esilio cinese, il
principe Sihanouk organizza la guerriglia maoista dei Khmer Rossi.

1975 Pol Pot, a capo dei Khmer Rossi,si impadronisce del potere con un putsch.

1978 Le forze vietnamite (marxiste) invadono il Paese e proclamano la Repubblica popolare di Kampuchea.

1985 Hun Sen diventa premier; la guerriglia continua a devastare il Paese.

1989 Le truppe vietnamite lasciano la Cambogia. Hun Sen abbandona il socialismo reale e avvia le riforme economiche

1991 Siglato il trattato di pace con i Khmer Rossi; Sihanouk torna in patria.

1993 Nuova costituzione e prime elezioni democratiche; nasce un governo di unità nazionale con socialisti, liberali e nazionalisti.

1994 Il governo decreta un'amnistia per migliaia di combattenti Khmer Rossi.

1997 Hun Sen destituisce il premier Ranariddh. Pol Pot, leader dei Khmer Rossi, viene condannato all'ergastolo. Mo-
rirà l'anno dopo.

2001 A Tokyo, la conferenza dei Donatori stanzia 560 milioni di dollari per la ricostruzione. Viene inaugurato il
primo ponte sul fiume Mekong.

2003 Intesa di massima con l'Onu per istituire un Tribunale penale internazionale per i crimini di guerra e contro l'umanità commessi dai Khmer Rossi.





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28/12/2003 15:44

BALCANI


Le elezioni politiche anticipate del 28 dicembre rischiano di cambiare definitivamente il volto della Serbia o, al
contrario,ancorarla al recente passato.
Altissima la posta in palio: l'avvicinamento del Paese all'Occidente attraverso le riforme o l'aggravarsi del già pesante isolamento internazionale, attraverso un ritorno ai miti della Grande Serbia e dell'economia pianificata.
I partiti in lizza sono 19; quasi 4.500 candidati per i 250 seggi dell'Assemblea nazionale serba. Attualmente vi siedono 20 formazioni, ma ora,con l'introduzione dello sbarramento al 5%, vi entreranno al massimo 5 o 6 partiti.

Dopo tre elezioni presidenziali andate a vuoto, i sondaggi indicano che questa volta il quorum sarà raggiunto.
Gli ultranazionalisti radicali sono accreditati delle più alte intenzioni di voto, e dovrebbero ottenere la maggioranza relativa.
Di poco staccati,i tre maggiori partiti riformisti: Dss, G-17 Plus e Ds. I dissidi tra i primi due e l'ultimo rendono difficile ipotizzare una maggioranza.
L'Sps di Milosevic dovrebbe, da parte sua, superare comodamente lo sbarramento del 5% e, in caso di vittoria, rin-
novare l'alleanza con i radicali.

I TEMI DELLA CAMPAGNA ELETTORALE
Disoccupazione, debito estero, povertà,Kosovo e Unione europea: sono alcuni dei temi ricorrenti di una campagna elettorale ricca di promesse fantasiose
Sulla lotta alla criminalità organizzata e sul parziale ritorno allo statalismo puntano i partiti ultranazionalisti che, secondo molti osservatori, potrebbero trarre beneficio dallo scontento
popolare per il degrado dell'economia.
Al contrario, le formazioni riformiste si preoccupano soprattutto di chiudere definitivamente con il passato, accen-
tuando il processo di profonde modifiche istituzionali ed economiche avviato subito dopo la caduta di Milosevic.

LEADER E PARTITI SERBI - NAZIONALISTI
Queste le formazioni che dovrebbero superare lo sbarramento del 5%:
SRS: Il partito radicale rappresenta le
frange più estreme del nazionalismo. Il suo candidato è stato il più votato alle presidenziali di novembre,invalidate per mancato quorum. Guidato da Vojislav Seselj, sotto processo al Tpi, intende chiedere i danni alla Nato e riprendersi le "terre serbe" di Bosnia e Croazia.
SPS: Il partito socialista serbo,di cui ancor oggi è capolista l'ex presidente Slobodan Milosevic. [SM=x44467] Promette di riconquistare il Kosovo e superare il regime dei visti che oggi ostacola gli spostamenti dei serbi in Europa. :-: :-: :-: :-: :-:
LEADER E PARTITI SERBI-LIBERISTI
DSS: Il partito democratico serbo è
stato fondato dall'ex presidente Vojislav Kostunica, fuoriuscito dal Dos, il cartello di 18 partiti riformisti che
garantirono la governabilità nel dopo-Milosevic. Esclude di allearsi con il Partito democratico (Ds) che fu dell'ex
premier serbo Djindjic.
G-17 Plus: Altra formazione liberista e filo-europea,fondata da Miroljub Labus.In caso di vittoria riformista, è fin d'ora decisa a collaborare con il Dss.
Conta alcuni luminari dell'economia. Priorità assoluta al rilancio dell'occupazione e al processo di avvicinamento all'Ue.


LEADER E PARTITI SERBI - EX "DOS"
DS: Il partito democratico è la più forte tra le formazioni della dissolta coalizione filo-occidentale Dos. Pro-
spetta l'adesione alla partnership per la pace e l'ingresso nell'Ue entro il 2007. Fondato dall'ex premier Djindjic,ucciso 9 mesi fa, è oggi in mano al suo successore, il primo ministro Zivkovic.
SPO: Il partito di Vuk Draskovic, altro nemico giurato dei nazionalisti, punta a restaurare la monarchia e nazionalizzare le grandi imprese in chiave cooperativistica. Anch'esso ha preso le distanze dal Ds, con cui ai tempi della
Dos erano emersi continui contrasti. In forse il superamento del 5%.

*****************************************************************VERSO UN DIVORZIO CONSENSUALE?

Nel 2006 potrebbe definitivamente scomparire anche l'ultimo lembo di ciò che fu la Repubblica federativa jugoslava.
Serbia e Montenegro hanno ottenuto con la nuova Costituzione, varata all'inizio dell'anno, un'autonomia pressoché completa: al governo centrale di Belgrado vengono delegate soltanto le com-
petenze di Difesa e politica estera.
Le due repubbliche, non più federate e devastate da 10 anni di guerre, si sono date tre anni di tempo per decidere se rimanere insieme o procedere a un divorzio consensuale, più volte annunciato (soprattutto da parte montenegrina) ma mai con molta convinzione.

CRIMINALITA' DILAGANTE
Il più duro colpo assestato dalla criminalità al fragile processo democratico in Serbia è coinciso con l'omicidio,
lo scorso 12 marzo, di Zoran Djindjic.
Premier serbo e figura di spicco dell'opposizione a Milosevic, Djindjic contribuì fattivamente a spodestare "Slobo" dopo la guerra del Kosovo ed era considerato uno dei personaggi più vicini all'Occidente.
Il processo per l'omicidio Djindjic si è aperto lunedì scorso a Belgrado. Tra i 36 accusati, alcuni importanti esponenti della polizia serba e dei reparti speciali, che la magistratura accusa di aver voluto ordire un colpo di Stato.
Il processo per l'omicidio Djindjic vede coinvolto il clan Zemun, la maggiore organizzazione criminale serba, collusa con alcune frange dei servizi di sicurezza ancora fedeli a Milosevic. Tra questi, i famigerati "berretti rossi".
Il governo serbo ha rafforzato le misure contro criminalità organizzata e delinquenza comune,in mano a bande armate.

Molti criminali di guerra restano impuniti, e nelle zone di confine con il Kosovo si registrano sporadici scontri tra serbi e albanesi. Serbia-Montenegro è tra gli ultimi Stati a non far parte del Consiglio d'Europa, l'organo che vigila sul rispetto dei diritti umani.

*****************************************************************

LA SITUAZIONE IN CROAZIA


Nella vicina Croazia si è da poco insediato il nuovo governo minoritario guidato dall'Hdz, il partito nazionalista e autoritario che fu di Franjo Tudjman.
Gli elettori hanno punito i socialdemocratici dell'ex premier Racan per non aver saputo attuare le riforme promesse con la velocità che essi si attendevano.
A capo del governo c'è ora Ivo Sanader,che rivendica il ruolo di nuovo leader moderato,lontano dagli estremisti degli
anni successivi all'indipendenza.I vertici dell'Hdz, tuttavia, sono in gran parte gli stessi. Per governare,Sanader sarà costretto a mediare con il presidente Mesic, dell'opposto schieramento.

ZAGABRIA PUNTA ALL'UNIONE EUROPEA Tra gli obiettivi dichiarati del nuovo governo croato, il prosieguo dell'avvicinamento all'Ue avviato da Racan.
Il premier Sanader ha annunciato di volersi unire a Bulgaria e Romania, candidate a raggiungere l'Unione europea nel 2007. Per farlo, dovrà accelerare le riforme e garantire l'assoluto rispetto dei diritti umani.
Il governo croato dovrà tra l'altro favorire il rientro dei profughi serbi e collaborare maggiormente con il Tribunale Onu. Da chiarire inoltre la posizione sui beni abbandonati dalla mi-noranza italiana di Istria, Fiume e Dalmazia dopo la seconda guerra mondiale.

****************************************************************


SERBIA-MONTENEGRO - Cronistoria



1929 Nasce il Regno di Jugoslavia.

1941 Jugoslavia invasa dai nazisti.

1945 Nasce la Repubblica federativa
jugoslava, guidata dal maresciallo Tito

1980 Morte di Tito.

1991 Slovenia e Croazia si dichiarano
indipendenti
. Le truppe federali, agli
ordini del presidente Milosevic, difendono l'integrità dello Stato jugoslavo.

1992 Anche la Bosnia-Erzegovina secede
dalla Jugoslavia
. Il conflitto degenera
nella più cruenta crisi europea del dopoguerra: 300.000 morti in 4 anni.


1995 Gli accordi di Dayton pongono fine
alla guerra di Bosnia
. Persa anche la
Macedonia, sotto la bandiera jugoslava
restano solo Serbia e Montenegro.

1998 Riesplodono le violenze in Kosovo,
dove la maggioranza albanese della po-
polazione chiede il ripristino dell'au-
tonomia, soppressa da Belgrado.

1999 Dopo un lungo braccio di ferro con
Milosevic, la Nato conduce e vince la
guerra in Kosovo; l'Onu impone un pro-
tettorato sulla provincia.

2000 Una rivolta popolare destituisce
Milosevic, che viene consegnato al Tri-
bunale penale internazionale dell'Onu.


2000 Elezioni politiche in Serbia: vin-
ce la coalizione di 18 partiti guidata
dal presidente Kostunica.

2001 Il Montenegro annuncia più volte
di voler indire un referendum sull'au-
todeterminazione dalla Serbia.

2002 Elezioni politiche in Montenegro:
vincono i secessionisti di sinistra.

2003 Serbia e Montenegro approvano la
nuova Costituzione, che segna un ulte-
riore passo verso l'indipendenza delle
due repubbliche.

Marzo 2003 Il premier serbo,Zoran Djin-
djic, viene assassinato a Belgrado.


Carta d'identità


Capitale: Belgrado

Superficie: 102.173 kmq

Popolazione: 10,6 milioni di abitanti
Aspettativa di vita: 74 anni

Crescita economica: +4,0%
Reddito p.c.: 1.400 $ (Italia 18.960 $)
Inflazione: +19,0%

Tasso di disoccupazione: 32% popolaz.


Dopo dieci anni di guerre,la federazio-
ne jugoslava è stata abolita.Al suo po-
sto,i due Stati di Serbia e Montenegro,
confederati con un accordo triennale.



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07/01/2004 19:34

LIBIA




Da Stato canaglia ad alleato dell'Occidente senza colpo ferire: la scommessa è a dir poco ardua, ma non impossibile.
La Libia dell'immarcescibile Gheddafi sembra voler accelerare i tempi della sua rigenerazione. E per farlo, dopo la pubblica abiura del terrorismo, apre ora le porte dei suoi siti nucleari.
Tripoli cominciava a muovere i primi passi nel terreno delle armi nucleari quando ha espresso la volontà di rinunciarvi. Le ispezioni dell'Onu sono già iniziate,ma Londra e Washington, convinte che i programmi libici fossero di ampia portata, hanno deciso di sovrin-
tendere al disarmo con propri tecnici.


AIEA: "NESSUN PERICOLO NUCLEARE"
"I programmi libici per la creazione di armi di sterminio erano a una fase embrionale. Ci sarebbero voluti anni prima che il pericolo si concretizzasse".
A questo risultato è giunto il capo degli ispettori Onu, El Baradei, dopo una prima visita ad alcuni siti sospetti.
El Baradei sostiene che Tripoli si sta già comportando come se avesse firmato il protocollo aggiuntivo al Trattato di non proliferazione nucleare, e che la strada della cooperazione aperta dalla Libia possa essere "un esempio per altri Paesi". Il leader libico Gheddafi si è impegnato con lui a sostenere la non proliferazione in Medio Oriente.

TRIPOLI: "ORA REVOCATE L'EMBARGO"
La Libia si aspetta che, come premio per la rinuncia alle armi di sterminio,gli Stati Uniti revochino le sanzioni
imposte al Paese.
Lo ha detto il primo ministro di Tripoli, Shukri Ghanim, in un'intervista al "New York Times", aggiungendo che, in mancanza di tale revoca, il suo Paese non verserà alcun risarcimento supplementare ai parenti delle vittime della strage di Lockerbie.
La Libia ha da tempo ammesso la propria responsabilità nell'attentato che, il 21 dicembre 1988, fece esplodere il Boeing 747 della Pan Am in volo tra Londra e New York,uccidendo 270 persone.

LA SVOLTA IL 4 OTTOBRE A TARANTO
Lo scorso 19 dicembre, la Libia ha sorpreso la comunità internazionale,annunciando la propria volontà di rinunciare alle armi di sterminio e firmare il protocollo aggiuntivo del Trattato di non proliferazione nucleare.
A tale risultato si è giunti dopo 9 mesi di negoziati segreti sugli arsenali vietati tra Tripoli,Londra e Washington.
Secondo fonti governative americane, la svolta si sarebbe avuta il 4 ottobre a Taranto, quando Usa, Regno Unito,Germania e Italia hanno sequestrato un cospicuo carico di componenti utili a produrre uranio arricchito a bordo di un mercantile tedesco diretto in Libia.

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I MILLE VOLTI DEL COLONNELLO GHEDDAFI
Imprevedibile ed esuberante, il colonnello Gheddafi ha scritto da solo gli ultimi 35 anni di storia del suo Paese.
La sua ascesa al potere risale al 1°settembre 1969, quando guida un colpo di Stato militare che destituisce il re filo-occidentale Idris as-Sanusi.
Gheddafi, all'epoca 27enne, incarna la versione libica del nazionalismo propugnato nel vicino Egitto da Nasser. Per lui, l'unità nazionale è una prima tappa nella costruzione della grande nazione araba. Così, chiude le basi militari occidentali e costringe al rimpatrio la numerosa comunità italiana, di cui vengono espropriati i beni.

La rivoluzione di Gheddafi si attua attraverso una politica economica pianificata di impronta statalista.
Nel giro di pochi anni,si nazionalizzano le principali compagnie petrolifere,prima fonte di reddito del Paese. Entra in vigore un sistema di redistribuzione della ricchezza che fa della Libia uno
dei Paesi più benestanti dell'Africa.
Gheddafi sceglie per la società libica un modello islamico rigido,che tuttavia concede alla donna ampi margini di potere nella vita pubblica. Sotto la sua dittatura vigono la censura informativa e il divieto di scioperare,e sull'opposizione scatta una dura repressione.

LA "TERZA VIA" LIBICA
Gli anni '70 vedono Gheddafi teorizzare la "terza via", ovvero il "socialismo naturale" di impronta religiosa, alternativo al marxismo e al capitalismo.
La formula prevede che laddove la Sharia non stabilisca regole precise, la legge sia stabilita da una serie di assemblee e comitati locali, regionali e statali, cui più tardi subentrano il Congresso e il Governo. Ciononostante, il regime mantiene inalterato il suo carattere militare, con Gheddafi unico leader e guida assoluta del Paese.
Nel 1981, un comitato di teologi condanna le teorie di Gheddafi, definendole "contrarie all'Islam".

La terza via ha vita breve: negli anni '80 il rais libico si avvicina all'Urss e all'estremismo islamico, che opera fuori dai confini nazionali.
Accusata di finanziare e sostenere diversi gruppi terroristici (tra cui anche l'Eta e l'Ira),la Libia è ormai nel mirino degli Usa e sempre più isolata.
Gheddafi supera indenne tre tentativi di golpe, ma nel 1986 gli Stati Uniti passano all'azione. I raid su Tripoli e Bengasi mirano invano a eliminare il dittatore, che tuttavia da quel momento in poi comincia a muoversi con crescente cautela,fino a prendere ufficialmente le distanze dal terrorismo nel 1999.

PANARABI, PANAFRICANI
La politica estera di Gheddafi si divide in due fasi distinte, ma accomunate dalla voglia di assegnare alla Libia il ruolo di capofila dei Paesi vicini.
All'iniziale neutralità si accompagnano numerosi tentativi di fondare la Nazione araba: negli anni '70, vari progetti di fusione coinvolgono Sudan, Siria,Egitto,Tunisia e Marocco.Le diverse posizioni politiche nello scacchiere mondiale faranno naufragare il tentativo.
Gheddafi considera il marxismo incompatibile con l'Islam, ma dietro all'Occidente vede la mano del sionismo. Ne risultano relazioni ondivaghe, spesso tormentate, con tutti i vicini arabi.

Negli anni '80, Gheddafi inizia a guardare verso Sud, appoggiando le minoranze islamiche in alcuni Paesi dell'Africa sub-sahariana, talvolta - come in Ciad - intervenendo anche militarmente.
Il "leader della rivoluzione" riesce a tessere una rete di rapporti di potere che nel 1998 sfociano nella Comunità di Stati del Sahel e del Sahara (Libia,Niger, Ciad, Burkina Faso, Mali e Sudan).
Negli anni '90, Gheddafi è abile mediatore in alcuni conflitti internazionali: decisivo il suo apporto nella regione dei Grandi Laghi e nelle Filippine. Alcune di quelle crisi erano tuttavia state fomentate dalla stessa Libia.

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VENT'ANNI DI SANZIONI
Furono gli Stati Uniti di Ronald Reagan a imporre, nel 1982, il primo embargo sul petrolio libico. Già all'epoca,Washington accusava Tripoli di finanziare il terrorismo internazionale.
Al 1992 risale la prima ondata di sanzioni varate dall'Onu per spingere la Libia a consegnare i sospetti autori della strage di Lockerbie. L'anno dopo,il Consiglio di sicurezza congela la vendita di armi e atrezzature per l'industria petrolifera e i collegamenti aerei da e per la Libia.
Nel 1996, il Congresso americano approva un pacchetto di misure contro tutti coloro che investono in Libia.

Nell'aprile 1999, Tripoli consegna i presunti autori della strage di Lockerbie alla magistratura scozzese. L'Onu ne prende atto e sospende, ma non revoca, le sanzioni adottate 7 anni prima.
Lo scorso agosto, Tripoli decide di pagare un risarcimento di 2,7 miliardi di dollari ai familiari delle vittime. La Francia avanza altre rivendicazioni, ritenendo la Libia responsabile anche della scomparsa, nel 1989, del DC-10 Uta in volo tra Brazzaville e Parigi,
in cui perirono 170 persone.
Libia e Francia firmano una nuova intesa. Parigi toglie il veto e, in settembre, il Consiglio Onu revoca l'embargo.







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13/01/2004 01:10

SUDAN


Con la definizione di un'intesa economica tra il governo di Khartoum e i ribelli Spla (Sud), il processo di pace in Sudan sembra giunto a una svolta.
Il protocollo, siglato a Naivasha (Kenya), prevede che i proventi del petrolio siano ripartiti a metà tra Nord e Sud, e i contratti gestiti da un'apposita commissione. Saranno istituiti due regimi bancari e una nuova unità monetaria.Nell'esercito confluiranno 39.000 uomini delle 2 fazioni sin qui in lotta
L'accordo si lascia alle spalle una guerra civile che in più di 20 anni ha provocato 2 milioni di vittime e diversi milioni di feriti e profughi.

PRIMA INTESA, MA MOLTO RESTA DA FARE
L'intesa siglata in Kenya da governo e ribelli dell'Spla lascia irrisolto il nodo del futuro assetto istituzionale
del Sudan, senza neppure chiarire a chi spetti la sovranità sulle aree contese nel centro del Paese.
Il protocollo di Machakos, del 2002,prevedeva due amministrazioni autonome fino al 2008, quindi un referendum sul-
l'autodeterminazione del Sud.
I nuovi accordi parlano di un periodo di transizione di 6 anni, al termine del quale le parti dovranno sottoscrivere un trattato di pace definitivo.
Non è chiaro se i ribelli Spla chiedano per il Sud l'autonomia o l'indipendenza.

GUERRA DELL'ACQUA E DEL PETROLIO
Basato inizialmente su tensioni etniche e religiose,il conflitto tra Nord e Sud del Sudan ha acquisito sempre più valenze, coinvolgendo direttamente anche alcune multinazionali e Paesi esteri.
Il petrolio,scoperto nel 1978 nell'area del conflitto, è in mano al governo di Khartoum, che dal 1999 ne ha avviato l'esportazione. Oggi conta per il 43% del bilancio dello Stato e l'11% del Pil.
Di primaria importanza, in una terra arida ma con metà della forza lavoro impegnata in agricoltura e bisognosa di energia elettrica, l'acqua dell'Alto Nilo e dei suoi affluenti, di fatto l'unica risorsa idrica del Paese.

Sud animista contro nord islamico.Fin dagli anni '50 e '70, contrapposizioni etnico-religiose furono motivo di un'altra sanguinosa guerra civile.
Il Sudan è composto da circa 600 etnie,che grosso modo si possono dividere in due ceppi di uguale consistenza:arabi e nilotici (neri).Lo schema religioso ricalca quello di altri Paesi con simili problemi,come Nigeria e Costa d'Avorio:musulmani al Nord (73%), animisti (17%)
o cristiani (9%) al Sud.
Il governo nordista ha cercato di imporre la Sharia a tutto il Paese e l'Islam quale religione di Stato. I ribelli del Sud hanno accettato che la legge islamica viga solo nel Nord.

IL COINVOLGIMENTO DEGLI STATI UNITI
Il processo di pace in Sudan ha avuto negli Stati Uniti uno dei suoi attori principali.
L'amministrazione Bush, che negli ultimi tempi ha appoggiato senza mezzi termini le istanze dei ribelli, ha più volte prospettato la revoca delle sanzioni economiche in vigore contro Khartoum se la guerra cesserà.
Dopo l'11 settembre, gli Usa hanno confermato il Sudan, che dal 1990 al 1996 diede asilo a bin Laden, nella lista dei 7 Paesi sponsor del terrorismo internazionale. L'embargo commerciale e aereo fu deciso invece nel 1997 dal governo Clinton.
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OMAR BASHIR, IL PRESIDENTE GOLPISTA
Entrato quindicenne nell'esercito sudanese, Omar Bashir combatte al fianco dell'Egitto nella guerra del Kippur.
Nel 1989,"per salvare il Paese dal marciume dei partiti", guida il colpo di Stato del Fronte per la salvezza nazionale. Il putsch impedisce la prevista firma di un accordo di pace tra il governo e i ribelli del Sud.
Già ministro della Difesa e capo del Consiglio della rivoluzione, nel 1993 Bashir assume la presidenza del governo civile non eletto. Nel 1996 è confermato dalle elezioni su lista unica. Fautore del ritorno al pluralismo,nel 2000 viene rieletto con il suo partito Ncp.


HASSAN AL-TURABI, L'ISLAMISTA
Amico-nemico del presidente Bashir,Hassan al-Turabi è la figura storicamente più significativa dell'Islam sudanese.
Cresciuto in seno al Fratelli musulmani, propugna la nascita di uno Stato islamico, ma finisce in carcere e fugge poi in Libia. Di nuovo in patria,a fine anni '70 convince il governo ad adottare alcuni aspetti della Sharia.
Nel '99 fonda con Bashir l'Npc (Partito Nazionale del Congresso). Divenuto segretario,viene sospeso per aver boicottato la campagna per la rielezione di Bashir.Fonda il Pnc (Congresso Nazionale del Popolo), ma viene arrestato per aver siglato un'intesa coi ribelli Spla


JOHN GARANG, L'IRRIDUCIBILE La storia dell'Esercito popolare sudanese di Liberazione coincide con quella del suo leader,il cristiano John Garang
Diplomatosi negli Usa, torna in patria e si arruola con i ribelli Anya Nya del Sud. Dopo l'accordo di pace del 1972,le milizie ribelli vengono inglobate nell'esercito di Khartoum.
Ufficiale dell'esercito regolare, nel 1983 Garang viene incaricato di sedare una rivolta di 500 soldati nel Sud. Ma al contrario, coglie l'occasione per incoraggiare altri ammutinamenti. Scoppia così la seconda guerra civile, durante la quale, a capo dell'Spla, con-
quista 1/3 del territorio sudanese.
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SCHIAVI E BAMBINI-SOLDATO Il ritrovamento di decine di fosse comuni testimonia il pugno di ferro usato dal governo sudanese nei confronti della guerriglia: stragi di civili e raid a tappeto si sono consumati nell'indif-
ferenza della comunità internazionale.
Altra specialità delle autorità di Khartoum,il rapimento di neri del sud e la loro deportazione verso nord,in qualità di schiavi. Nel solo 2001,a seguito di pressioni di organizzazioni umanitarie, ne sono stati liberati 15.000.
2.500 sono invece i bambini-soldato che l'Unicef è riuscita a strappare ai miliziani del sud, che ancora in tempi
recenti ne hanno impiegato più di 9.000
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CRONISTORIA

1956 Il Sudan ottiene l'indipendenza
dal Regno Unito.

1958 Alle elezioni politiche segue il
colpo di Stato del generale Abbud.

1962 I ribelli del gruppo Anya Nya lan-
ciano operazioni nel Sud del Paese.

1969 Un nuovo colpo di Stato militare
porta al potere Jaafar Nimeyri.

1972 Il Trattato di Addis Abeba sanci-
sce la pace tra governo e Anya Nya.

1983 Nimeyri impone la legge islamica;
nel Sud riesplodono gli scontri con i
ribelli Splm.

1985 Nimeyri destituito da un golpe;se-
guono elezioni generali.

1989 Colpo di Stato incruento del Fron-
te per la salvezza nazionale; il potere
va al Comando della Rivoluzione.

1993 Omar Bashir assume la presidenza.

1996 Embargo Onu dopo il coinvolgimento
del Sudan in un attentato al presidente
egiziano, Mubarak. I diplomatici Usa
lasciano il Paese.

1997 Accordi di pace tra il governo e
sei gruppi di ribelli del Sud; la legge
islamica diventa facoltativa per i non
musulmani.L'intesa è respinta dall'Spla

1998 Raid Usa su una presunta fabbrica
di armi chimiche a Khartoum.

1999 Bashir dichiara lo stato d'emer-
genza e assume pieni poteri.

2000 Bashir rieletto presidente con un
voto boicottato dalle opposizioni.

2001 Nasce l'alleanza tra il Congresso
Nazionale del Popolo di Hassan al-Tura-
bi e i ribelli Spla di John Garang. Gli
Usa tentano una mediazione, ma rinnova-
no l'embargo economico contro Khartoum.

2002 Firma del protocollo di Machakos
tra governo e Spla.

CARTA D'IDENTITA'

Capitale: Khartoum

Superficie: 2.503.890 kmq

Popolazione: 38,1 milioni di abitanti
Aspettativa di vita: 58 anni

Crescita economica: +5,1%
Reddito p.c.: 340 $ (Italia 18.960 $)
Inflazione: +9,2%

Abbonati al telefono: 1,6% popolazione

L'intera storia del Paese è segnata
dall'interminabile guerra civile tra il
regime islamico degli arabi di Khartoum
e i neri, animisti e cristiani,del Sud.



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17/01/2004 14:58

COREA DEL NORD


NUCLEARE,LE ULTIME CARTE DI PYONGYANG
Apertura degli impianti nucleari a un team di ispettori indipendenti e congelamento dei reattori in cambio di un riconoscimento da parte degli Usa.
Sono le ultime carte che le autorità della Corea del Nord si giocano per tornare a un tavolo negoziale, uscire dall'isolamento internazionale, scongiurare ulteriori ritorsioni o, peggio ancora, il temuto attacco americano.
La crisi, scoppiata due anni fa, presenta molte zone d'ombra: mentre Pyongyang parla di generici "dissuasori nucleari", Washington accusa lo "Stato canaglia" di produrre plutonio e possedere un arsenale di armi di sterminio.

"Qualunque dichiarazione sui risultati della nostra visita al reattore di Yongbyon è da considerare un'illazione priva di fondamento". Così uno dei cinque ispettori americani invitati da Pyongyang ha liquidato i commenti espressi da Usa e Corea del Nord al termine della loro missione.
Dopo la visita, i delegati hanno incontrato le autorità di Cina e Corea del sud, prima di tornare a Washington. Gli ispettori, che si sono fermati 5 giorni nel Paese, hanno avuto libero accesso a tutte le strutture che hanno chiesto di vedere.
La loro missione non è ufficiale, ma punta a favorire il dialogo.

INTORNO ALLA CENTRALE DI YONGBYON
La centrale di Yongbyon è balzata agli onori della cronaca l'anno scorso,quando gli ispettori dell'agenzia Onu per il nucleare denunciarono di aver notato "movimenti sospetti"intorno al reattore
Le autorità di Pyongyang avevano fin lì garantito che i loro programni erano volti esclusivamente a cercare nuove fonti di energia. Con l'acuirsi della crisi, tuttavia, si è fatta strada l'ipotesi di schierare armi nucleari come deterrente da un eventuale attacco.
La Corea del Nord sostiene di aver rigenerato 8.000 barre di combustibile, messe in sicurezza dieci anni fa e sufficienti a costruire 6 bombe atomiche.

Il reattore, spento nel 1994 e riattivato nel dicembre 2002, potrebbe secondo molti analisti produrre abbastanza plutonio da costruire una bomba atomica all'anno. Per la Cia, invece, Yongbyon può produrre 6 ordigni in 18 mesi.
Il punto fondamentale è capire quale sia attualmente l'effettivo grado di operatività dell'impianto.
La centrale è inoltre in grado di produrre energia elettrica, destinata alla capitale. Tuttavia, proprio la mancanza di una rete di distribuzione ha accreditato in passato i sospetti sul suo possibile uso quale impianto per l'arricchimento dell'uranio a scopi bellici

RISCHI REALI, RISCHI IPOTETICI
Entro pochi mesi, la Corea del Nord potrebbe essere in grado di produrre massicce quantità di materiale utile a produrre armi nucleari. E' quanto sostengono alcuni scienziati americani, ricordando che, una volta ottenuto il combustibile, la costruzione delle testate atomiche può richiedere anche meno di un mese.
A rendere le armi una minaccia concreta sono i missili balistici. La Corea del Nord sarebbe in grado oggi di raggiungere Giappone e Corea del Sud; resta però da stabilire se le bombe eventualmente in suo possesso siano così leggere da poter essere caricate e lanciate.

Oltre a quello di Yongbyon, ci sono altre 3 impianti nel mirino degli osservatori internazionali.
Un reattore da 200 megawatt era in costruzione a Taechon quando, nel 1994,la Corea del Nord congelò tutti i suoi programmi nucleari. A Pyongyang c'è un laboratorio sospettato di aver prodotto piccole quantità di plutonio, mentre a Kumho destano sospetti due reattori ad
acqua leggera da 1.000 megawatt l'uno.
Gli Stati Uniti temono inoltre che la Corea del Nord possa esportare armi,combustibile o tecnologia ad altri Paesi potenzialmente "pericolosi".

IL RUOLO DEI PAESI VICINI Se la crisi non ha avuto ripercussioni più gravi, molti degli allori vanno alla Cina, l'unico Paese capace di mediare, poiché mantiene rapporti amichevoli sia con Washington sia con Pyongyang.
Anche la Russia mostra un atteggiamento positivo verso i nordcoreani: il ministro degli Esteri Ivanov auspica che la proposta di congelare i reattori fatta dal Paese asiatico abbia riscontri positivi da parte americana.
I più minacciati sono i sudcoreani, difesi da 37.000 militari americani presenti sul loro territorio, e i giapponesi. Per questo partecipano a pieno titolo ai negoziati.
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TUTTE LE TAPPE DELLA CRISI
Il conflitto sul nucleare affonda le sue radici in un'intesa siglata nel '94 da Usa e Corea del Nord, a conclusione di una crisi simile a quella in atto.
In base al protocollo,Washington si impegnava a fornire 500.000 tonnellate di petrolio annue al Paese asiatico. Dal 1995, il governo Usa aiutava inoltre Pyongyang a costruire due reattori nucleari ad acqua leggera, capaci di produrre energia elettrica, ma inutili per scopi bellici.
In contropartita, la Corea del Nord si impegnava a congelare tutti i suoi programmi per la costruzione di armi nucleari.
Nel 2002, in base a foto satellitari, Washington accusa Pyongyang di condurre un programma segreto di riarmo nucleare e sospende le forniture di petrolio.
Agli inizi del 2003, l'Onu denuncia movimenti sospetti intorno alla centrale di Yongbyon; la Corea del Nord espelle gli ispettori e si ritira dal Trattato di non proliferazione nucleare. Il Consiglio di sicurezza esprime preoccupazione, ma non condanna Pyongyang.
In aprile, Usa e Corea del Nord si incontrano a Pechino, ma i colloqui falliscono. Washington denuncia: Pyongyang possiede armi nucleari, la dirigenza nordcoreana non conferma.

In giugno il governo nordcoreano fa sapere che, se gli Usa non interromperanno la loro politica ostile, userà il nucleare come arma di dissuasione.
Pyongyang annuncia poi che dispiegherà il proprio arsenale difensivo, ma in dicembre si dice disponibile a congelare i programmi nucleari in cambio di aiuti. Gli Usa respingono la proposta e insistono per uno smantellamento completo e immediato.
Un nuovo tentativo negoziale, lanciato in estate e tuttora aperto, coinvolge anche Cina, Corea del Sud, Giappone e Russia. Il "tavolo a 6" non ha sin qui raggiunto alcun risultato significativo.
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PYONGYANG: "CI VOGLIONO DISTRUGGERE"
"Con le loro richieste, gli Usa stanno confermando la loro ostilità verso di noi. Vogliono disarmarci per poi poterci distruggere". E' la posizione espressa a Televideo dall'ambasciata nord-coreana in Italia.
"Attendiamo la ripresa del'tavolo a 6'e speriamo in una serie di misure contemporanee. La Corea del Nord è pronta a congelare i suoi programmi nucleari, a patto che gli Usa la cancellino dalla lista degli Stati sponsor del terrorismo, revochino le sanzioni politiche,economiche e militari e, assieme ai Paesi confinanti, ci forniscano petrolio,energia e altre risorse".

PYONGYANG: "ARMISTIZIO ABROGATO"
"Al contrario di alcuni Paesi del Medio Oriente, la Corea del Nord non ha subito né subirà condizionamenti dall'estero. Siamo e resteremo indipendenti", prosegue la nota diplomatica.
"Da quando, un anno fa,ci siamo ritirati dal Trattato di non proliferazione,siamo impegnati nella ricerca di una soluzione pacifica alla crisi nucleare""Gli Usa hanno respinto la nostra proposta di non belligeranza, e trasmesso la loro versione traviata dei fatti all'opinione pubblica internazionale. Tale comportamento, unito alle minacce di un attacco nucleare preventivo, abroga di fatto l'armistizio del 1953".
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MORELLINI: "UNA MOSSA STRATEGICA"
Geri Morellini ha visitato l'anno scorso la Corea del Nord e raccolto le sue impressioni nel volume "Dossier Corea".
"La delegazione americana non è ufficiale, ed è stata anzi contrastata dallo stesso Bush", spiega a Televideo.
"In attesa di un rapporto sul nucleare,l'apertura appare più una mossa strategica del governo di Pyongyang che non il reale inizio per una politica di distensione. Il cosiddetto 'asse del male' sembra svanito, e i colloqui a sei con Cina, Giappone, Russia, Usa e Corea del Sud sono ormai da sei mesi in una fase di stasi.Una mossa era necessaria"

"NORDCOREANI FUORI DAL MONDO"
"La Corea del Nord usa lo spauracchio del nucleare per ottenere aiuti umanitari, senza i quali non è in grado di sopravvivere", prosegue Morellini.
"La condizione migliore per far arrivare medicinali, cibo, gasolio e infrastrutture è uno stato di tensione perenne. I nordcoreani sono abituati ad attendersi una guerra imminente contro gli Usa; anche questo rientra nello schema propagandistico del regime".
"L'isolamento
-conclude- è assoluto. I nordcoreani sono completamente fuori dal mondo: la maggior parte della gente non sa nulla dell'11 settembre, e crede di vivere in un paradiso terrestre". -----------------------------------------------------------------------

CRONISTORIA


1945 Dopo la guerra mondiale, persa dal
Giappone, l'Urss occupa temporaneamente
il nord della penisola coreana.

1948 Nasce la Repubblica coreana, comu-
nista, presieduta da Kim Il-sung.Il Sud
si proclama indipendente; la guerra che
ne risulta causa 2 milioni di morti.

1953 L'armistizio introduce il confine
tra le due repubbliche lungo il 38°
parallelo; inizia la guerra fredda.

1972 Falliscono i primi contatti per la
riunificazione delle due Coree.

1991 Seul e Pyongyang ammesse separata-
mente alle Nazioni Unite.

1992 Primi, negativi effetti economici
del crollo del Muro di Berlino.

1994 Muore Kim Il-sung; gli succede il
figlio, Kim Jong-il. Pyongyang accetta
di congelare i suoi programmi nucleari.

1996 La carestia, dovuta a disastrose
alluvioni, aggrava la crisi economica.
Pyongyang invia truppe nella zona smi-
litarizzata sul 38^ parallelo.

1998 L'Onu lancia un programma di aiuti
alimentari per la Corea del Nord.

2000 Riprende il laborioso dialogo con
Seul. Si interromperà a fine 2002.



CARTA D'IDENTITA'

Capitale: Pyongyang

Superficie: 122.762 kmq

Popolazione: 22,5 milioni di abitanti
Aspettativa di vita: 71 anni

Crescita economica: +1,1%
Reddito p.c.: 1.000 $ (Italia 18.960 $)
Inflazione: dato non disponibile

Abbonati al telefono: 5,0%

Isolata e sempre più povera, la Corea
del Nord cerca un riavvicinamento con i
vicini del Sud. Sullo sfondo,le tensio-
ni con gli Usa per il riarmo nucleare.
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22/01/2004 01:25


NEW GLOBAL: NUOVO CONTRATTO SOCIALE

Con un festoso e colorito maxi-corteo per le vie centrali di Mumbai (Bombay) si sono chiusi i lavori del 4^ World
Social Forum.

Circa 100.000 i manifestanti, che hanno scandito slogan anti-imperialisti e chiesto un nuovo contratto sociale mondiale, per uno sviluppo ecocompatibile e rispettoso della dignità umana nell'ambito dell'economia globalizzata.
Tra gli altri temi dell'assise, il diritto di ogni cittadino a servirsi della terra e delle risorse agricole, a fruire di un'informazione non assoggettata agli interessi privati dei gruppi di potere e il no a tutte le guerre.

MAXI-CORTEO PER LE VIE DI MUMBAI
Tra i centomila partecipanti al corteo,una consistente delegazione dei Dalit, gli "intoccabili" fuoricasta indiani,emblema di un Social Forum impegnato nella lotta a ogni discriminazione.
Accanto a loro, i Tibetani in esilio e rappresentanti di altre etnie, dei Paesi poveri e dei pacifisti, che hanno chiesto la fine della presenza straniera in Iraq, e un gruppo di palestinesi che ha reclamato la fine delle uccisioni in Medio Oriente.
La manifestazione si è chiusa con il concerto di Gilberto Gil, oggi ministro della Cultura nel governo del brasiliano Lula, "anima" dei New Global.

MARZO, IN PIAZZA CONTRO LA GUERRA
In chiusura dei lavori, l'assemblea dei movimenti che compongono il Wsf hanno lanciato un appello affinché il 20 marzo, anniversario dell'inizio dell'ultima guerra in Iraq, si organizzino manifestazioni pacifiste in tutto il mondo.
"Stop alla guerra", "Fuori i militari stranieri dall'Iraq" e "Sì all'autodeterminazione del popolo iracheno" sono le parole d'ordine, illustrate da Vittorio Agnoletto,del Genoa Social Forum.
"Se è vero che siamo la superpotenza antagonista a Bush -ha detto- abbiamo il dovere di organizzare un movimento
pacifista su scala mondiale".


PARTITA LA CAMPAGNA "BOYCOTTBUSH"
Il suo eloquente nome è "BoycottBush",e si propone di frenare le multinazionali e gli altri potentati economici che, secondo i New Global, sono fonte di ingiustizie sociali.
La campagna, partita in India sotto lo slogan "Se Bush se ne va, la Terra starà meglio", dovrebbe ora approdare in
un buon numero di Paesi.
Nel mirino, tutte quelle aziende petrolifere, alimentari,farmaceutiche, informatiche che rappresentano gli interessi che hanno portato all'elezione dell'attuale capo della Casa Bianca.
Boicottandole, i New Global sperano di indurre qualche cambiamento di rotta.

IL FORUM DEI PIU' GIOVANI
La penultima giornata del World Social Forum è stata dedicata ai più giovani: oggi il 45% della popolazione mondiale
ha meno di 18 anni.
Un gruppo di 5.000 bambini e ragazzi asiatici, sottratti alle armi, al lavoro nero, alla schiavitù e alla prostituzione, è stato radunato da diverse associazioni di volontariato che, per loro, hanno predisposto un'area giochi.
In parallelo al Wsf, il 2^ Youth Forum si è incentrato sui più gravi problemi che attanagliano i giovani: accesso all'istruzione,alla salute e agli svaghi.
Rivendicato poi il diritto e il rispetto dell'identità culturale giovanile.
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L'ANNO PROSSIMO SI TORNA IN BRASILE
Il 5^ Social Forum si terrà nuovamente a Porto Alegre, la città del Brasile meridionale che aveva già ospitato le
precedenti edizioni.
L'assise di Mumbai ha deciso che, dopo quella del 2005, l'esperienza avrà cadenza biennale per evitare di affollare troppo l'agenda e ammortizzare i costi.
In lizza per il sesto Wsf ci sono tre capitali africane: Bamako (Mali), Dakar (Senegal) e Nairobi (Kenya).
L'appuntamento di Mumbai sarà ricordato non solo per i contenuti, ma anche per la scarsa logistica che, secondo molti giornalisti presenti, ha seminato disorientamento tra i 120.000 partecipanti.
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LA CARTA DEI PRINCIPI DEL WSF
Il World Social Forum è "uno spazio democratico per il dibattito,l'approfondimento, la riflessione e lo scambio di
esperienze".
Si tratta di "un'articolazione di movimenti sociali,ong e altri soggetti della società civile contrari al neoliberismo e al dominio del mondo attraverso il capitale e l'imperialismo, così come attuato da multinazionali e istituzioni con la complicità dei governi".
Pluralismo e diversità sono caratteristiche del Wsf, che si professa laico.Punta a concretizzare le azioni di quei gruppi e movimenti impegnati nella costruzione di "un mondo diverso"

Il Wsf è aperto al pluralismo e alla diversità, ma esclude le organizzazioni militari e i partiti. I politici che vi prendono parte lo fanno pertanto a titolo puramente personale.
Perciò non viene riconosciuto come parte integrante del Wsf il Forum parlamentare mondiale, che vede insieme 400 deputati e senatori di tutto il mondo.
Opposto a qualsiasi visione totalitaria o mercificante dell'economia,dello sviluppo e della storia, il Forum punta a combattere "la globalizzazione capitalista, con le sue caratteristiche razziste, sessiste e ambientalmente distruttive", fonte di disuguaglianza.

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CRONISTORIA


Dicembre 1999 A Seattle, in concomitanza con il vertice dell'Organizzzione mondiale del commercio (Wto), nasconoi primi cortei anti-globalizzazione.

Marzo 2000 Proteste No Global al Forum
mondiale sull'acqua dell'Aia.

Febbraio 2001 Il primo Wsf è organizza-
to a Porto Alegre,in parallelo al World
Economic Forum di Davos.

Marzo 2001 Proteste al vertice Wto di
Cancun e al Global Forum di Napoli.

Luglio 2001 Violenti scontri di piazza
in margine al G-8 di Genova e al verti-
ce sull'allargamento Ue di Salisburgo.

Febbraio 2002 2^ Wsf a Porto Alegre. Il
movimento si dichiara "New global", fa-
vorevole a una globalizzazione plurali-
sta, equa, solidale e pacifista.

Novembre 2002 Firenze ospita il primo
Social Forum europeo.

Gennaio 2003 Il terzo Wsf a Porto Ale-
gre getta le basi della Carta dei Prin-
cipi, che sarà approvata in aprile.

Marzo 2003 Primo Forum mondiale sull'
acqua a Firenze. Vi partecipano 1.400
persone, al 70% italiane.

Novembre 2003 Parigi ospita il secondo
Social Forum europeo.


NOTIZIE SUL WEB


[URL]www.wsfindia.org [=URL]www.wsfindia.org è il sito del Forum vero e proprio. In lingua inglese, esso è strutturato in diverse sezioni, tra cui una riservata agli ultimi aggiornamenti e una per il Forum dei giovani.Le memoria storica del Wsf è contenuta nel sito www.forumsocialmundial.org.br in portoghese,inglese,francese,spagnolo
E' possibile seguire i lavori del Wsf anche attraverso il sito [URL]www.attac.info [=URL]www.attac.info che ha anche una sezione in italiano.
[URL]www.attac.org [=URL]www.attac.org e [URL]www.retelilliput.net [=URL]www.retelilliput.net sono i siti di due delle più attive associazioni new global italiane.

Per notizie sul World Economic Forum di Davos, vedi [URL]www.weforum.org [=URL]www.weforum.org
Diversi personaggi di spicco di cultura scienza ed economia hanno animato la storia New Global. Ecco alcuni siti:

[URL]www.tmcrew.org/archiviochomsky [=URL]www.tmcrew.org/archiviochomsky pagine in italiano sul linguista Noam Chomsky

Il sito [URL]www.nologo.org [=URL]www.nologo.org fa capo alla sua autrice, Naomi Klein (in inglese)

Diversi articoli in inglese di Joseph Stiglitz su [URL]www.globalpolicy.org [=URL]www.globalpolicy.org

[URL]www.viacampesina.org [=URL]www.viacampesina.org notizie in spagnolo,francese e inglese sull'associazione fondata in Nicaragua da Rafael Alegria.

[URL]www.confederationpaysanne.fr [=URL]www.confederationpaysanne.fr per seguire l'attività di José Bové (francese)





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28/01/2004 18:48

FRANCIA


SE LAICITA' NON FA RIMA CON LIBERTA'
Difendere la laicità, valore fondante dello Stato,introdotto nel 1905,o l'inviolabilità della libertà individuale?
La Francia ha scelto la prima strada,suscitando forti simpatie e decise contestazioni, e aprendo un viscerale dibattito su scala mondiale. Il governo ha varato la legge che intende vietare l'ostentazione di simboli religiosi nelle scuole. Il testo, redatto dal ministro della Pubblica istruzione Luc Ferry, approderà il 3 febbraio in Parlamento, dove sarà votato una settimana dopo. Il ministro ha annunciato che la legge si comporrà al massimo di 3 articoli.
'
La legge Ferry vuol gettare le basi per il rispetto della laicità in tutti i luoghi pubblici. Si inizia dalle scuole pubbliche, perché esse rappresentano il fulcro nella formazione dei cittadini.
In un secondo momento,i ministeri della Sanità e degli Affari sociali vareranno ulteriori norme per gli ospedali e i luoghi di lavoro. Il dibattito sulla legge vede titubanti molti membri della maggioranza, tanto che ora si fa largo l'ipotesi di un emendamento che "inviti alla mediazione e al dialogo".
Oltre a quello di Ferry, esistono altri 4 disegni di legge, 3 dei quali vanno nella stessa direzione del governo.

IL DIKTAT DI CHIRAC E LA PROTESTA
La legge sulla laicità nelle scuole è diretta conseguenza di un episodio avvenuto l'anno scorso, quando un preside di Aubervilliers (periferia di Parigi) espulse dalla scuola Alma e Livia, due ragazze che si rifiutavano di togliersi il velo durante le lezioni.
Un fatto analogo era accaduto a Creil (nel Nord del Paese) nel 1989. Lo scorso settembre, per metter fine a ogni polemica, il presidente Chirac ha assunto una netta posizione in difesa della laicità dello Stato e della scuola pubblica. Da qui la decisione del governo di emanare una legge che disciplini definitivamente la materia.

Con l'avvicinarsi delle scadenze della legge, la protesta dei musulmani francesi si è fatta via via più organica.
Dalle 10.000 alle 20.000 donne vestite con foulard, jilbab, nyqab, chador o hidjab sono sfilate il 17 gennaio per le vie di Parigi, e altrettante a Lilla e Marsiglia. I cortei femminili -ha notato "Le Monde"- sono stati inquadrati da gruppi di uomini, i quali lanciavano al megafono gli slogan da scandire.
La società d'Oltralpe, multietnica e pluriconfessionale, affronta una difficile sfida: amalgamare i gruppi che la compongono, superando ataviche barriere e creando nuova armonia.

UN BOOMERANG PER L'ELISEO?
La strenua difesa della laicità dello Stato da parte di Chirac è stata interpretata in buona parte del mondo musulmano come un attacco all'Islam, sia all'interno che all'esterno della Francia
Parigi rischia così di alienarsi parte delle simpatie che aveva riscosso nei Paesi islamici pochi mesi prima, opponendosi alla guerra in Iraq.
Il malumore è tangibile nel mondo arabo e anche negli Usa, Paese leader delle libertà individuali. In viaggio nel Golfo Persico, il ministro degli Esteri francese avrebbe ammesso che "la situazione diplomatica è delicata". Parigi ha però poi smentito tale dichiarazione

Sul fronte interno, la controversia sul velo acutizza il disagio di parte della nutrita comunità musulmana: non tutti i 5 milioni di islamici francesi sono perfettamente inseriti nella società.
Molti maghrebini o loro discendenti non si sentono di appartenere né allo Stato di origine né a quello di accoglienza: così, il simbolo religioso diventa elemento di coesione per una comunità che ha nella fede il suo unico riferimento.
Indossare il velo è dunque un diritto,ma anche un primo passo verso l'estremismo:già oggi molti studenti si rifiutano di studiare biologia o educazione fisica, materie "contrarie al Corano".

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IL PROBLEMA VARCA I CONFINI FRANCESI
La laicità in Belgio e Germania
Prendendo spunto dalla Francia, due senatori belgi hanno auspicato l'adozione di leggi che vietino nelle scuole i simboli religiosi vistosi, ma autorizzino quelli di dimensioni ridotte.
In Belgio c'è un vuoto legislativo: ogni scuola ha il diritto di adottare le misure che ritiene più opportune. Un'inchiesta ha dimostrato che nella sola Bruxelles, dove 1/3 delle studentesse professano l'Islam, l'87% degli istituti ha respinto le ragazze con il velo.
In Germania, i Laender hanno facoltà di legiferare sull'argomento: 8 su 16 hanno intenzione di vietare il velo, ma non alle allieve,bensì alle insegnanti.

L'EUROPA TRA LEGGI E TOLLERANZA
In Danimarca, Spagna, Paesi Bassi e Regno Unito, la presenza del velo islamico ha generato pochi ricorsi alla magistratura da parte di privati cittadini.In nessuno dei 4 Paesi i giudici hanno
adottato provvedimenti discriminatori.
Ad Amsterdam,il ministero della Pubblica istruzione ha tuttavia dovuto introdurre il concetto di "riconoscibilità" per le allieve che volevano indossare il burqa,rendendosi non identificabili.
In Italia, al contrario, la scuola di Offena attende che una sentenza del Tar stabilisca se un crocifisso debba o no essere rimosso da una delle sue aule, come chiesto dal musulmano Adel Smith [SM=x44491]

IN DIFESA DEL VELO NEL MONDO
Prima le dichiarazioni di Chirac, poi l'avvio del disegno di legge sulla laicità hanno sollevato un coro di polemiche nel mondo islamico, e non solo.
In concomitanza con le dimostrazioni dei musulmani francesi, migliaia di fedeli sfilavano in difesa della libertà di culto da Beirut a al-Kuwait, da Tel Aviv a Berlino,da Londra a Damasco.
A Teheran, il presidente Khatami ha contestato il progetto francese, invocando i valori di "Liberté, Egalité,Fraternité". Il governo britannico ha annunciato che non seguirà i passi di Parigi, poiché "noi conviviamo in armonia con tutte le espressioni religiose"

Mentre il muftì di Siria esprime "sorpresa" per la mossa francese, al Cairo l'imam della moschea al-Azhar ha detto di comprenderla e approvarla, inimicandosi frange del clero sunnita. Numerose le fatwe lanciate contro la Francia.
I vescovi cattolici francesi hanno invitato il governo a rispettare una laicità "vigile ma aperta". Il Papa è però andato oltre, lamentando come "in alcuni Paesi europei sia a rischio l'effettivo rispetto della libertà di culto".
Ad Atene, il capo della chiesa greco-ortodossa ha ammonito: "Nessuno ha il diritto di impedire manifestazioni di religiosità. Ne va dei diritti umani".

CROCI, KIPPA', BARBE E TURBANTI
Il concetto di ostentazione religiosa non si limita, ovviamente, al velo delle donne islamiche, ma si estende anche alle croci cattoliche, le kippà ebraiche, le mani di Fatima e altri simboli.
Il ministro Ferry ha inopinatamente lasciato intendere che persino "le barbe di lunghezza eccessiva" sarebbero state possibile oggetto di discriminazione.
I 15.000 Sikh residenti in Francia si sono uniti alla battaglia anti-laicità:il turbante è un elemento portante della loro fede, e per difenderlo è stata organizzata a Parigi una grande manifestazione con la presenza di correligionari giunti da tutto il mondo

IL CASO DEL PREFETTO DERMOUCHE
Mentre in Francia divampava la polemica, con una mossa a sorpresa il presidente Chirac nominava il primo prefetto musulmano da molti anni a questa parte.
Aissa Dermouche, che ora rappresenta lo Stato nel dipartimento del Giura (Est),incarna la generazione di maghrebini immigrati dopo l'indipendenza. Nato in Algeria, a 18 anni si trasferì in Francia, dove al termine di una brillante carriera divenne direttore della Scuola superiore di Commercio di Nantes.
La sua nomina non è una novità, ma è stata accolta con particolare attenzione, poiché tra i 200 prefetti in carica non ce n'era nemmeno uno musulmano.

Poche ore dopo la nomina, l'automobile di Dermouche veniva distrutta da un' esplosione di natura criminosa. E domenica scorsa, un altro attentato danneggiava la sede del suo istituto.
Il caso è aperto a molte interpretazioni: il prefetto potrebbe essere stato colpito dall'estrema destra, in quanto islamico,o dagli integralisti,in quanto simbolo dello Stato. Scorta e misure di sicurezza sono state rafforzate.
Unanime la condanna delle forze politiche francesi, inquiete perché l'attentato surriscalda gli animi in un contesto già confuso e delicato, a due mesi dalle importanti elezioni regionali.

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ELEZIONI SULLO SFONDO
A marzo il voto per le regionali.
Gran parte delle forze politiche teme che la questione della laicità sia strumentalizzata dalle forze di estrema destra in vista delle elezioni regionali, programmate per fine marzo.
La maggioranza è divisa sulla posta in gioco: il primo ministro Raffarin reputa che il voto ha valenza puramente locale, mentre Alain Juppé, "delfino" di Chirac, ritiene che i problemi nazionali non possono non entrare in gioco. Di quest'ultimo parere anche i socialisti.
Il Front National di Jean-Marie Le Pen potrebbe, secondo i sondaggi, imporsi nella regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra, comprendente Marsiglia e Nizza.

I partiti hanno focalizzato la loro campagna su temi quali laicità, diritti umani e immigrazione per sensibilizzare i cittadini su una tornata elettorale che in sostanza li lascia indifferenti.
Secondo l'ultimo sondaggio Lci-Rtl-Le Monde,il 65% andrà alle urne per esprimere il proprio scontento; il 50% voterà in funzione dei problemi del Paese, mentre il 44% terrà a mente solo le esigenze della comunità in cui vive.
I dati mostrano un progresso delle liste di sinistra: 40% per socialisti e alleati contro 36,5% per la coalizione di centro-destra, 14% per l'estrema destra e 6% per l'estrema sinistra.
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NOTIZIE SUL WEB


Tutti i maggiori quotidiani francesi dedicano un dossier all'argomento:
[URL]www.lemonde.fr [=URL]www.lemonde.fr [URL]www.liberation.fr [=URL]www.liberation.fr
[URL]www.figaro.fr [=URL]www.figaro.fr [URL]www.ouest-france.fr
[=URL]www.ouest-france.fr


Attraverso [URL]www.radiofrance.fr [=URL]www.radiofrance.fr si accede alle principali radio pubbliche. Tutte sono fruibili in diretta online, così come i network privati [URL]www.rtl.fr [=URL]www.rtl.fr [URL]www.europe1.fr [=URL]www.europe1.fr e [URL]www.europe2.fr [=URL]www.europe2.fr

Settimanali: [URL]www.lexpress.fr [=URL]www.lexpress.fr [URL]www.vsd.fr[=URL]www.vsd.fr[URL]www.nouvelobs.com [=URL]www.nouvelobs.com [URL]www.lepoint.fr [=URL]www.lepoint.fr

Giornali settoriali: [URL]www.letudiant.fr [=URL]www.letudiant.fr
[URL]www.lidealiste.com [=URL]www.lidealiste.com [URL]www.regards.fr [=URL]www.regards.fr

Ag.stampa: [URL]www.afp.com [=URL]www.afp.com [URL]www.reuters.fr[=URL]www.reuters.fr
[URL]www.newspress.fr [=URL]www.newspress.fr [URL]www.belga.be [=URL]www.belga.be (Belgio)


Dai siti delle tv si possono scaricare servizi e filmati sul tema: [URL]france2.fr[=URL]france2.fr[URL]france3.fr [=URL]france3.fr [URL]france5.fr [=URL]france5.fr [URL]www.m6.fr [=URL]www.m6.fr
[URL]www.tf1.fr [=URL]www.tf1.fr [URL]www.lci.fr [=URL]www.lci.fr (in diretta)
[URL]www.tv5.org [=URL]www.tv5.org [URL]www4.rtbf.be [=URL]www4.rtbf.be (Belgio) [URL]
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STAFF IPERCAFORUM



08/02/2004 19:21

CIAD


IL CIAD TRA GUERRE E NUOVE SPERANZE
Sporadiche recrudescenze di conflitti etnici mai sopiti si mescolano alle crisi più gravi dei Paesi vicini in una delle nazioni più povere della Terra.
Il Ciad, posto tra deserto e savana, a migliaia di chilometri dal mare, incarna l'eterno conflitto tra il Nord dell'Africa, islamico e arabo, e il Sud, nero, cristiano e animista.
Il governo è riuscito nel tentativo di pacificare la guerriglia interna, ma ora accusa i contraccolpi del conflitto in atto nel Darfur (Sudan). La speranza per il rilancio di un'economia ancora molto legata all'agricoltura ha invece l'odore acre del petrolio.

I RIFLESSI DEL CONFLITTO DEL DARFUR
Risale alla scorsa settimana l'ultimo bombardamento dell'aviazione sudanese in territorio ciadiano.
Il raid, che Khartoum ha condotto per "stanare i terroristi", ha provocato alcune vittime tra i profughi sudanesi accolti nei campi della zona e tra i civili ciadiani. Le bombe hanno colpito diversi villaggi e la città di Tine,posta sullo uadi Howa, che segna il confine tra Ciad e Sudan.
Il governo di N'Djamena non ha inoltrato alcuna protesta ufficiale per l'accaduto. La guerra nel Darfur (Sudan occidentale) vede esercito e paramilitari arabi contro miliziani animisti neri.

[COLORE][=COLORE]PROFUGHI SUDANESI IN DIFFICOLTA'
La crisi nel Darfur ha provocato la fuga di almeno 600.000 persone, di cui 135.000 sono riparate in Ciad. Il flusso di civili sudanesi è inarrestabile: 45.000 gli arrivi negli ultimi due mesi
L'Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Acnur) ha chiesto un finanziamento urgente per provvedere al trasferimento di parte dei profughi sudanesi, non più al sicuro dopo che il conflitto si è esteso sui due versanti del confine.
L'Acnur vuole condurre i rifugiati ad almeno 50 km dalla frontiera. Il trasferimento -viene fatto notare- dovrà avvenire prima che le piogge di maggio rendano le piste impraticabili.

Anche "Medici senza frontiere" denuncia le crescenti difficoltà nel gestire l'emergenza umanitaria nell'Est del Ciad.
"Siamo di fronte a un'escalation della crisi, che si sta consumando su entrambi i fronti del confine. Gran parte dei feriti che assistiamo sono donne e bambini", osserva Sonia Peyrassol, coordinatrice di Msf a Tine.
La stessa zona che oggi ospita i profughi sudanesi è stata teatro di scontri tra il governo del Ciad e la guerriglia etnica dell'Armata Nazionale di Resistenza fino al 2002. L'intesa del 2003 ha amnistiato i miliziani, molti dei quali sono ora nell'esercito regolare.



IL PRESIDENTE ACCUSATO DI CONNIVENZE
Dietro la crisi nel Darfur sudanese potrebbe esserci la mano del presidente ciadiano, Idris Déby.
Ne sono convinti gli esponenti dell'opposizione: il capo dello Stato -sostengono- appartiene all'etnia Zakhawa, la stessa che combatte contro il governo di Khartoum; inoltre nel 1989, dopo essere stato accusato di ordire un golpe,si rifugiò proprio in Sudan, da dove organizzò il movimento che di lì a poco avrebbe deposto il presidente Habré.
Lo scorso dicembre il governo del Ciad ha tentato una mediazione tra le parti,ottenendo due tregue che poi sono state puntualmente violate.
"Il capo dello Stato Déby -ricordano i miliziani del Nuovo Fronte Nazionale del Ciad- ha contribuito a cacciare il presidente Patassé dalla Repubblica Centrafricana, ed è poi riuscito a neutralizzare le mire espansionistiche della Libia di Gheddafi".
Oggi Déby è accusato di fornire armi,uomini e appoggio logistico alla guerriglia del Darfur, allo scopo di indebolire sia il regime di Khartoum sia i gruppi di ribelli ciadiani della zona.
Gli ex alleati dell'Urd hanno chiesto al governo di fornire "chiarimenti sulla confusa situazione che regna tra l'Est del Ciad e l'Ovest sudanese".

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NUOVE ALLEANZE BASATE SUL PETROLIO
Legato da oltre un secolo alla Francia,il Ciad ha da poco voltato pagina e trovato negli Stati Uniti il suo nuovo alleato di ferro. A rinsaldare i legami tra N'Djamena e Washington, il vischioso collante del petrolio, scoperto 27 anni fa e oggi finalmente sfruttato ed esportato tramite un nuovo oleodotto via il Camerun.
L'oleodotto è stato finanziato dalla Banca mondiale e dalla compagnia americana Exxon Mobile, che ha ottenuto la licenza per lo sfruttamento dei pozzi insieme alla malese Petronas. Escluse dalla concessione sono rimaste la francese Total-Fina-Elf e la libica Tamoil.

IL PIL CRESCERA' DEL 58%
Il petrolio darà all'economia del Ciad un impulso senza precedenti in tutto il continente africano.
La Banca mondiale prevede che nel 2004 il Pil subirà un aumento del 58%, e che il reddito medio passerà dagli attuali 220 dollari annui a 550 nel 2005.
Il presidente Déby ha assicurato che gli introiti del petrolio saranno usati solo ed esclusivamente per creare ricchezza e costruire "un Ciad moderno". L'economia del Paese è tra le più svantaggiate del mondo: l'80% della popolazione è addetta a un'agricoltura di pura sussistenza.Da ottimizzare lo sfruttamento di oro, diamanti e uranio.
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IL QUADRO POLITICO
La parabola politica di Idris Déby ricalca quella di molti leader africani:salito al potere con un putsch, ha introdotto il pluralismo ed è stato confermato dal voto popolare.
Le ultime elezioni lo hanno visto trionfare con il 67% dei voti. Le opposizioni hanno denunciato frodi che, secondo gli osservatori internazionali,non ci sono state. Tuttavia, il 25% delle schede è stato annullato, e tutti e 6 gli sfidanti sono stati trattenuti per alcune ore dalla polizia subito dopo la proclamazione.
Le ultime presidenziali si sono avute nel 2001, le prossime saranno nel 2006.

La Costituzione, che assegna ampi poteri al presidente, gli vieta però di ricandidarsi per un terzo mandato.
Ora il partito di Déby, che conta 110 parlamentari su 155 (più 3 degli alleati), preme per superare tale norma.
Le opposizioni contrastano tale ipotesi, ma la mancanza di un progetto comune complessivo e lo scarso peso in Parlamento ostacola la loro azione.
Recentemente, senza dare alcuna spiegazione, Déby ha attuato un rimpasto di governo, cambiando 7 ministri della sua compagine.

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CRONISTORIA


1960 Ciad indipendente dalla Francia,
con presidente Ngarta Tombalbaye, cri-
stiano proveniente dal Sud del Paese.

1963 Tombalbaye vieta i partiti politi-
ci; i musulmani del Nord danno vita al-
le milizie del Frolinat.

1973 L'intervento dell'esercito france-
se riesce a sedare la guerra civile nel
Nord, ma la guerriglia Frolinat rimane
attiva nel resto del Paese.

1975 Una catastrofica siccità devasta
il Paese. Tombalbaye rimane vittima del
colpo di Stato di Felix Malloum, anch'
egli cristiano e meridionale.

1977 La Libia entra nel conflitto cia-
diano e invade un'ampia fascia di ter-
ritorio a Nord del 17^ parallelo.

1979 Un nuovo rovesciamento costringe
il presidente Malloum all'esilio.Al suo
posto, il musulmano Goukouni Oueddei,
che gode dell'appoggio di Tripoli.

1982 Le truppe dell'ex premier Hissène
Habré conquistano N'Djamena. Il nuovo
governo viene riconosciuto dalla comu-
nità internazionale.

1987 Le truppe libiche, espulse dalle
forze ciadiane, francesi e americane,
si ritirano nell'estremo Nord, nella
striscia di Aouzou, ricca di uranio.

1990 Con un golpe, Idris Déby destitui-
sce Hissène Habré,che fugge in Senegal.

1994 La Libia si ritira anche dalla
striscia di Aouzou.

1996 La nuova Costituzione introduce il
multipartitismo. Déby vince le prime
elezioni presidenziali libere.

1998-2001 Frange dell'opposizione for-
mano le guerriglie Mdjt, che dal Nord
puntano a rovesciare Déby.

2002-03 Il governo sigla gli accordi di
pace con l'Mdjt e con le milizie etni-
che del'Anr, attive nell'Est del Paese.


CIAD - NOTIZIE SUL WEB


Quasi tutti i siti relativi al Ciad sono consultabili in lingua francese.
Due i portali di notizie, aggiornati quotidianamente: http://www.tchadien.com ha sede in Canada,http://www.ialtchad.com appare vicino all'opposizione.
Altri siti macro-regionali contengono pagine dedicate al Ciad: http://www.afrik.com http://www.icicemac.com e http://www.africatime.com

L'agenzia stampa http://www.panapress.com dispone di una sezione di notizie in breve e approfondimenti a pagamento.

In inglese: http://allafrica.com


CIAD - CARTA D'IDENTITA'

Capitale: N'Djamena

Superficie: 1.284.000 kmq

Popolazione: 9,3 milioni di abitanti
Aspettativa di vita: 49 anni

Crescita economica: +11,8%
Reddito p.c.: 220 $ (Italia 18.960 $)
Inflazione: +6,0%

Indice di povertà: 80% popolazione.

La precaria pace conquistata negli anni
'90 ha consentito un rilancio dell'eco-
nomia del Paese. Il Ciad resta tuttavia
uno dei Paesi più poveri al mondo.
OFFLINE
Post: 1
Registrato il: 16/02/2004
Sesso: Maschile


16/02/2004 16:05

who will stop amerika
after the cold war the USA are too much hegemonial in the world, the question is - who, which state will give them a stop - gentlemen, there is no way this way!
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