Gli impieghi dell’Otto per Mille
ATTENZIONE! ATTENZIONE!!! MOLTO IMPORTANTE! LEGGERE TUTTO E DIFFONDERE.
Se ci si prende la briga di
verificare come la Chiesa Cattolica abbia effettivamente impiegato i fondi ricevuti dall’otto per mille,
ci si accorge che le cose, in realtà, sono ben diverse da come appaiono:
non hanno nulla a che fare con gli spot pubblicitari di questi mesi, dove si vedono immagini di bambini e anziani felici, case e scuole nel terzo mondo.
All’indirizzo internet 8xmille.it
è possibile consultare il rendiconto di spesa dei fondi assegnati con l’otto per mille, così come pubblicato dalla C.E.I.
In particolare, prendendo come riferimento i fondi assegnati nell’anno 2005, si può evincere quanto segue:
Impiego dei fondi assegnati:
Sacerdoti € 315.000.000
Culto e pastorale € 271.000.000
Edilizia di culto € 130.000.000
Carità € 115.000.000
Terzo Mondo € 80.000.000
Beni culturali € 70.000.000
Fondo di riserva € 3.000.000
Totale dei fondi assegnati € 984.000.000
Esaminando le voci appena elencate, ci si accorge che la più significativa (circa il 32% del totale) è quella relativa al
sostentamento dei sacerdoti: il 57% dei fondi necessari al sostentamento del clero deriva dall’otto per mille dell’IRPEF, dallo Stato italiano.(...)
La seconda voce di spesa (circa il 28% del totale), è denominata “Culto e Pastorale”:
Fondo catechesi per l’educazione cristiana (60 milioni di euro);
Tribunali ecclesiastici regionali (7 milioni di euro);
Fondi attribuiti alle diocesi (cioè ai vescovi) per il finanziamento di varie attività quali esercizio della cura delle anime, formazione del clero, di nuovo catechesi e formazione cristiana, facoltà teologiche e istituti religiosi (155 milioni di euro). (..)
Circa il 13% del finanziamento totale viene poi destinato alla cosiddetta
“Edilizia di culto”, cioè agli interventi edilizi in favore delle parrocchie, delle case canoniche, delle aule per il catechismo (ma non dei parcheggi, delle palestre, degli impianti sportivi, delle aule scolastiche).
(…) Fatti i conti risulta che, per ogni dieci euro di IRPEF che l’ignaro contribuente decide di versare nelle casse della Chiesa Cattolica,
solo 3 € vengono effettivamente destinate alle finalità che probabilmente l’hanno spinto a operare la sua scelta come il volontariato e l’assistenza ai poveri e ai bisognosi. (…)
Che dire poi di tutti i fondi che pervengono alla Chiesa da coloro che NON hanno deciso di destinarglieli, che costituiscono il 60% del totale?
Il meccanismo dell’otto per mille è apparentemente trasparente:
ogni cittadino che presenta la dichiarazione dei redditi sceglie se destinare l’8‰ della propria IRPEF allo Stato, alla Chiesa Cattolica, agli Avventisti, alle Assemblee di Dio, ai Valdesi, ai Luterani, agli Ebrei, ovvero se non operare alcuna tra queste scelte.
È proprio in quest’ultima eventualità, tuttavia, che si annida la parte “non trasparente” della questione;
perché
tutte le quote dell’8 per mille per le quali non è stata esercitata alcuna scelta (che costituiscono decisamente la maggioranza) non rimangono acquisite al normale gettito fiscale (come sarebbe lecito attendersi),
ma vengono comunque ridistribuite tra i sette beneficiari, nella proporzione corrispondente alle scelte effettuate da chi ha inteso esercitare l’opzione.
Per chiarire il meccanismo è opportuno avvalersi di un esempio pratico, utilizzando i dati relativi ai redditi dell’anno 2000, dichiarati nel 2001.
Importo complessivo dell’8 per mille € 897.077.477
Contribuenti che hanno espresso la scelta 39,62%
Contribuenti che non hanno espresso la scelta 60,38%
Gettito IRPEF corrispondente alle scelte espresse € 355.422.084
Gettito IRPEF corrispondente alle scelte non espresse € 541.655.363
Ci si aspetterebbe, si diceva, che questi ultimi cinquecento e passa milioni di euro non siano stati destinati ad alcuno, poiché i contribuenti non hanno espressamente richiesto che tale destinazione avesse luogo; invece tali fondi, come previsto dalla legge, sono stati ridistribuiti tra i sette beneficiarî; in base alle percentuali espresse da coloro che hanno assegnato il loro otto per mille.
L’8 per mille non optato (pari a a cinquecento milioni di euro abbondanti) e lo si ripartisce tra i sette beneficiarî, nelle stesse percentuali risultanti dalle scelte di chi ha esercitato l’opzione: alla Chiesa Cattolica, quindi, andrà l’87,25% di quell’importo, allo Stato il 10,28%, e così via, con le sole eccezioni dei Valdesi e delle Assemblee di Dio, le quali non partecipano a questa seconda distribuzione, poiché devolvono la loro quota allo Stato.
L’effetto paradossale di questo meccanismo, effetto che balza immediatamente agli occhi, sta nel fatto che i beneficiarî dell’8 per mille (e in primo luogo la Chiesa Cattolica) si vedono distribuire non solo i fondi di coloro che hanno scelto a chi erogarli, ma anche il denaro di coloro che non hanno voluto esprimere alcuna scelta.
Per dirla con semplicità, non c’è scampo:
l’8 per mille dell’IRPEF di ciascun contribuente deve per forza essere destinato a uno o più di questi sette soggetti,
che lo si voglia o no.
Il che produce, dati alla mano, ulteriori effetti ancora più paradossali.(…)
Beneficiario Fondi derivanti da scelte espresse Fondi derivanti
da scelte non espresse
Chiesa Cattolica 310.105.768 472.594.304
Stato 36.537.390 63.644.505
Valdesi 4.513.860 0
Comunità Ebraiche 1.492.773 2.274.953
Luterani 1.101.808 1.679.132
Avventisti 959.640 1.462.469
Assemblee di Dio 710.844 0
TOTALE 355.422.084 541.655.363
Com’era ovvio aspettarsi (il numero di contribuenti che non esercitano l’opzione è di gran lunga superiore al numero di coloro che optano), ciascuno dei sette beneficiarî (con le due eccezioni di cui si è detto) percepisce la maggior parte dei fondi non da chi ha voluto destinarglieli, ma da coloro che non hanno espresso alcuna intenzione in tal senso.
Ecco quindi i cittadini, credenti o meno, finanziano l’attività della CEI e pagano stipendi ai sacerdoti. Per questo motivo è nato l’appello di Micromega, volto al sostegno della Chiesa Valdese: quest’ultima utilizza SOLO la quota espressa dell’otto per mille rifiutando la seconda ripartizione per soli scopi di beneficenza e opere di carità. Nel sito ufficiale si legge lo slogan “UN POZZO PER L’ACQUA, UN PROFILATTICO CONTRO L’AIDS UN SORRISO ALLA VITA”; e il regolamento sull’uso dei fondi: “ il sinodo ha fissato però criterio guida: la somma ottenuta non è per fini di culto, ma unicamente per progetti di natura assistenziale, sociale e culturale e che una quota corrispondente al 30% dell'importo totale è riservata a progetti nei Paesi in via di sviluppo, in collaborazione con organismi internazionali religiosi e laici. Asili, case di riposo, risparmio energetico, giovani, infanzia, case di quartiere, ricerca sulla staminali, questi sono alcuni dei progetti finanziati dalla chiesa valdese con l’otto per mille.
I progetti etici da cui si fa coinvolgere la Chiesa Cattolica, invece sono a volte discutibili,
come ad esempio la
CARTA SERVIZI PER ECCLESIASTICI:
I primi a riceverla sono stati i cardinali, i vescovi e i superiori delle congregazioni religiose, che così potranno pagare di meno le bollette della luce, del gas e del riscaldamento, avere sconti sull'acquisto di generi alimentari e di biglietti aerei, fare benzina alla Api-Ip con numerose agevolazioni e vedere aumentati gli interessi e diminuite le spese sui loro conti in banca.
Sono alcuni dei vantaggi garantiti dalla
Re-card, una particolare "carta servizi riservata esclusivamente – spiega l'opuscolo informativo che promuove l'iniziativa – al mondo religioso ed ecclesiastico per dare una risposta concreta alle specifiche esigenze del mondo della Chiesa, assicurando notevoli risparmi nell'acquisto di beni e servizi, appositamente selezionati, grazie a vantaggiose convenzioni stipulate con primarie aziende".
L'iniziativa è del gruppo Re, una Società per azioni fondata nel 1984 da Vincenzo Pugliesi e Francesco Alemani Molteni che offre consulenza e servizi immobiliari, finanziari e gestionali soprattutto agli organismi della Chiesa italiana (diocesi, parrocchie, scuole, ospedali e istituti religiosi). (…).
In totale 60mila card, inviate gratuitamente, che raggiungeranno ogni angolo del mondo ecclesiastico e religioso italiano.
La proposta è allettante. Il gruppo Re, infatti, ha stipulato delle convenzioni con sette aziende che propongono sconti ed agevolazioni a tutti i sacerdoti, i religiosi e le religiose che faranno acquisti da loro:
l'
Enel garantirà 15 giorni all'anno di elettricità gratis e tariffe bloccate per 2 anni;
Air One uno sconto dell'8% sui biglietti aerei;
Savarent (gruppo Fiat) ed Europcar prezzi agevolati per il noleggio di autoveicoli a breve e a lungo termine;
San Pellegrino acqua e bibite a prezzi scontati;
Metro (grande distribuzione) una serie di generi alimentari e beni di consumo in offerta speciali;
Api-Ip il raddoppio dei punti-premio ad ogni rifornimento carburante.
E per chi vorrà, la Re card potrà essere usata anche come bancomat o carta di credito ricaricabile, grazie alla convenzione bancaria che il gruppo Re ha sottoscritto con alcuni dei principali istituti di credito italiani.
Inoltre, tutti i possessori della card, se sceglieranno una delle banche convenzionate con il gruppo, potranno godere di "un trattamento economico di assoluto vantaggio" (maggiori tassi di interesse e minori spese) grazie ad una serie di "banche sensibili al mondo della Chiesa ed alle sue necessità specifiche".
È proprio la convenzione bancaria, però, a far emergere diverse contraddizioni.
Il gruppo, infatti, dichiara di operare "nel rispetto dell'etica interpretata secondo la morale cattolica", tanto che sostiene di essere stato "antesignano e promotore della finanza etica in Italia.
Ma Gli istituti di credito con cui però il gruppo ha stipulato la convenzione – e che ora propone ai sacerdoti e ai religiosi italiani – non sembrano brillare per comportamenti etici:
la maggior parte di essi, infatti – come documenta la Campagna di pressione alle
‘banche armate' promossa dalle riviste "Missione Oggi", "Mosaico di Pace" e "Nigrizia" – ,
da anni sono coinvolti nel commercio delle armi.
Si tratta cioè di istituti di credito che svolgono operazioni di riscossione di pagamenti per conto delle
industrie produttrici di armi, incassando poi compensi che vanno dal 3 al 10 per cento della commessa:
Unicredit, che nell'anno 2005 ha effettuato 61 operazioni in appoggio all'export di armi per 101 milioni di euro;
il gruppo
San Paolo Imi (che dal 1 gennaio 2007 si è ‘fuso' con Banca Intesa), 109 operazioni per quasi 165 milioni di euro;
Banca popolare di Milano, 26 operazioni per quasi 35 milioni di euro (e già 15 operazione per oltre 20 milioni di euro nel 2006, v. Adista n. 3/07);
Banco di Sicilia, 6 operazioni per 27 milioni di euro.
E poi c'è la
Banca Agricola popolare di Ragusa, che non è implicata nel commercio delle armi, ma che è stata recentemente
condannata, sia in sede penale che civile, per illeciti di varia natura.
Da un articolo di Alessandro Capriccioli
Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.