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La lingua madre.

Ultimo Aggiornamento: 22/08/2005 14:06
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19/08/2005 13:31


Che lingua parlava l'Homo Sapiens quando partì dall'Africa? E con quali parole tentatrici il serpente si rivolse a Eva nel Paradiso terrestre? L'origine del linguaggio e l'esistenza di una "lingua madre" dalla quale deriverebbero le altre sono argomenti che appassionano da centinaia di anni: oggi si scopre che molte delle risposte sono in un gene, l'Foxp2, la cui evoluzione ha dato all'uomo la parola. Finora si sono rintracciate parole usate già 8mila anni fa.

In che lingua il serpente disse ad Eva che la mela era buonissima, e che lei, la prima donna, era davvero una sciocca a non assaggiarla? E con quali parole il capo del gruppo di Homini Sapiens che centomila anni fa si incamminò fuori dall'Africa comunicò ai suoi la decisione di partire? Suoni in qualche affini a quelli con cui comunichiamo oggi? Antenati linguistici in qualche modo tracciabili o destinati a rimanere per sempre mistero? Domande che da duecento anni dividono i linguisti e gli antropologi e che tornano d'attualità in questi giorni grazie a un'inchiesta di Le Monde, che in tre puntate si propone di indagare uno dei più affascinanti misteri della storia dell'uomo, quello della lingua e della scrittura, appunto.

L'inchiesta dei giornalisti francesi si sviluppa "sulle tracce di un'ipotetica lingua madre", ovvero dei suoni e delle parole che pronunciò l'Homo Sapiens quando iniziò l'espansione che lo portò a trionfare sull'europeo uomo di Neandertal e sull'asiatico Erectus: rintracciarne anche una minima traccia è il sogno di ogni antropologo e linguista, ma l'impresa è impossibile. "I metodi della linguistica storica non permettono di spingersi oltre i 7000-8000 anni - ha spiegato ai cronisti Bernard Victorri, direttore delle ricerche linguistiche al Centre national de la recherche scientifique - ma se noi discendiamo da qualche migliaia di Homo Sapiens partiti dall'Africa, e se questo gruppo aveva una sua lingua viene naturale pensare che tutte le lingue che parliamo oggi derivino, in un modo o nell'altro da questa lingua".

Insomma, sognare di trovare la lingua madre non è proibito, così come fare ipotesi in maniera: una delle ultime in ordine di tempo è quella dei ricercatori dell'università di Standford che nelle loro ricerche sulle tribù africane rimaste isolate hanno concluso che i sapiens probabilmente si esprimevano con un linguaggio "a clic", fatto più di schiocchi che di suoni simili ai nostri.

Conclusioni scientifiche contestabili, che segnano comunque un punto avanti nella ricerca: per secoli infatti le discussioni sulla prima lingua furono più appannaggio di religiosi e filosofi più che di scienziati: per Sant'Agostino, come per molti dopo di lui, l'unica lingua originale possibile era l'aramaico, la lingua di Cristo, progenitrice di quell'ebraico antico da cui, secondo gli studiosi, derivano le lingue semitiche ma anche l'arabo. Per tutto l'800 questa corrente, a lungo prevalente in Europa, si scontrò con quella che individuava in un primordiale idioma indoeuropeo, antenato del sanscrito, come del latino e del greco, la madre di tutte le lingue: la polemica era così ardente che, ricorda Le Monde, nel suo statuto la Società linguistica di Parigi, ente di riferimento per queste ricerche, specificava che l'istituto non avrebbe ammesso da parte dei suoi membri "alcuna comunicazione sull'origine del linguaggio, ovvero sull'esistenza di una lingua universale".

Era il 1866 e di acqua sotto i ponti doveva ancora scorrerne molta: oggi le polemiche restano ma i campi di ricerca si sono allargati in modo allora inimmaginabile. Così, le ultime discussioni sulla lingua dell'uomo e sul passo che portò i nostri antenati a comunicare con la parola, antenata di quella scrittura che segna la nascita della Storia, si svolgono nel campo della genetica. A differenziare l'uomo dalla scimmia, hanno scoperto nel 2001 un gruppo di scienziati britannici e tedeschi è un gene, l'Foxp2: non è tipico dell'uomo - si trova in molti animali, fra cui uccelli, topi e scimmie - ma solo nell'uomo ha subito, in un periodo compreso fra 120 e 200mila anni fa, una mutazione che oggi gli consente di controllare l'articolazione del linguaggio, la sua comprensione e il movimento di alcuni muscoli del viso. Dei 715 aminoacidi che lo compongono, solo sette sono diversi fra l'uomo e il topo, due fra l'uomo e la scimmia. A loro, sembrano concordare oggi gli scienziati, dobbiamo le parole che il serpente disse ad Eva nel Paradiso terrestre e i secoli di poesia, letteratura, musica, discorsi, insulti e dibattiti che ne sono seguiti.

L'idea della possibilità di parlare legata ad una mutazione genetica non mi piace molto, anzi, proprio per nulla.[SM=x44467]

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Utente Power



22/08/2005 14:06

Purtroppo è sempre una questione di come si interpretano i risultati delle ricerche.
Dedurre che la capacità di parlare sia dovuta solo ad una mutazione genetica è oltremodo riduttivo, perchè non tiene conto delle spinta data a tale capacità dal bisogno di comunicazioni efficienti all'interno di un gruppo.
Riguardo poi alla possibilità di un linguaggio comune, al di la dei miti, la ritengo poco probabile perchè presupporrebbe che in un determinato periodo ci fosse un'unico gruppo umano con stretti rapporti interpersonali, rapporti che avrebbero minimizzato la possibilità di evoluzione di linguaggi locali.

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"Chi ha parlato, chi ca..o ha parlato? Chi è quel lurido str...o comunista checca pompinaro, che ha firmato la sua condanna a morte? Ah, non è nessuno, eh? Sarà stata la fatina buona del ca..o..."

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