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O come...ORECCHIO DI DIONISIO

Ultimo Aggiornamento: 22/10/2006 13:43
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17/11/2005 12:12




E' così chiamato un famosissimo caso di corrispondenze incrociate che si protrasse dal 1910 al 1915 dando luogo a varie discussioni e polemiche.
Il 26 agosto 1910 la signora Verrall,moglie del grecista A.W.Verrall e insegnante lei stessa di lettere classiche nonchè sensitiva e spiritista formatasi alla scuola del Myers,durante una seduta di scrittura automatica e automatismo parlante tenuta con la sua amica signora Willett,medium non professionista,ricevette dall'entità comunicante una frase che non aveva nulla a che fare con le altre: "Il lobo dell'orecchio di Dionisio".
Sebbene la Verrall avesse una notevole cultura di lettere greche e latine,lì per lì non riuscì a capire a cosa potessero alludere queste parole e più tardi ne parlò col marito,il quale si mise a ridere."A che vale una cultura classica" disse canzonandola,"se poi si ignorano cose tanto semplici?".E le ricordò che,nell'antichità,era così chiamata una caverna nelle cave di siracusa dove erano stati radunati i prigionieri ateniesi dopo la sconfitta del 413 a.C. e che più tardi erano state nuovamente usate come prigioni da Dionisio il Vecchio,tiranno della città.
Si diceva che quella caverna avesse proprietà acustiche che permettevano al tiranno di udire i discorsi dei prigionieri.

Fine prima parte.

[Modificato da Peppinox 17/11/2005 15.57]

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17/11/2005 15:44

Le latomie...

Le Latomie (litos=pietra e temnos=taglio), antiche cave di pietra da cui i Greci estraevano il materiale necessario alla costruzione di templi, strade e opere di difesa (moderni calcoli stimano che furono estratti 4.700.000 mc di pietra), costituiscono sicuramente a Siracusa una delle massime attrazioni del suo patrimonio archeologico.

Il complesso delle latomie siracusane, 12 in tutto, si estende per circa 1.5 km, secondo una linea curva che segue, grosso modo, il bordo della terrazza calcarea che domina la pianura costiera verso Ortigia, da Ovest, partendo dalle immediate vicinanze del Teatro Greco, verso Est fino al mare, nei pressi del Convento dei Cappuccini.

Le latomie, inoltre, si prestavano egregiamente a contenere prigionieri, condannati a scavare massi tra gli stenti e le intemperie. In particolare gli storici ricordano dei Cartaginesi, catturati da Gelone nel 480 a.c. ad Imera, e dei 7.000 Ataniesi, scampati al massacro nel 413 a.c. all'Asinaro. Quest'uso di prigione è ricordato anche da Cicerone che le definisce come luogo sicuro contro ogni tentativo di evasione.

Oltre che da prigione, esse sono anche servite come abitazione da parte dei ceti più umili della città e come sede di corporazioni funerarie, testimoniate dalla presenza di molti quadretti votivi dedicati a morti eroizzati. Rappresentavano inoltre un efficace apparato difensivo di Siracusa per la zona della Neapolis.

Originariamente le latomie erano meno ampie di come ci appaiono ora; i crolli delle volte e di alcuni pilastri, provocati dai numerosi terremoti che hanno interessato la zona di Siracusa in ogni tempo, hanno ampliato gli spazi permettendo al sole di trasformare questi luoghi tetri e tristemente noti, in rigogliosi giardini.

Delle 12 latomie individuate, le più note sono, partendo dalle immediate vicinanze del Teatro Greco, quella del Paradiso, dell'Intagliatella e di Santa Venera. Ad una certa distanza verso Est, al di fuori del complesso monumentale della Neapolis, seguono le latomie dette Broggi e del Casale, che sono ancora di proprietà privata e non aperte al pubblico. Chiude l'arco la latomia "più grandiosa e sorprendente" detta dei Cappuccini. Quasi tutte le altre sono sparite sotto i palazzi della città moderna.

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17/11/2005 15:48

Orecchio di Dionisio


Ventitre metri di altezza per sessantacinque di lunghezza ed una larghezza che va restringendosi gradatamente dagli undici metri iniziali ai sei finali incidono profondamente la parete a strapiombo che si para di fronte ai nostri occhi.
Il nostro sguardo s'innalza per potere ammirare per intero questa fantastica visione, che assume le sembianze di una ferita nel tessuto verticale della tenera roccia sedimentaria.
Di colpo si è come proiettati indietro nel tempo con la sensazione precisa, se non fosse per il continuo via vai dei turisti, di vedere apparire da un momento all'altro sulla soglia il gigante Polifemo alle prese con l'astuto Ulisse.
Tutto si presta a questa omerica illusione, soprattutto il breve respiro del luogo, chiuso da alte pareti che lo rendono cristallizzato nel tempo e che hanno impedito la sua profanazione da parte dei profondi cambiamenti che hanno interessato, invece, le zone prospicienti il sito archeologico.
Nella sua arcaica e naturale bellezza questo luogo risplende, perciò, di un forte valore evocativo.
La nostra stessa ammirazione dovette colpire Caravaggio che nel 1608, nel corso della sua breve vita e durante il suo tormentato vagabondare, si trovò a visitare questo luogo, definendolo per l'evidente somiglianza antropomorfica l' "Orecchio di Dionisio", dando fiato così alla leggenda del famoso tiranno.
Si tratta, infatti, di una fenditura apparentemente naturale, tanto sembra armoniosamente inserita nel contesto ambientale, adornata all'esterno da piante di capperi e capelveneri. Le pareti che già si intravedono dalla radura antistante sono lisce, come levigate dalle mani di un gigante. Esse si snodano sempre lisce e sinuose, dando origine ad un movimento plastico di notevole e piacevole effetto estetico, conferendo a questo luogo fascino e mistero.
Questo "tempio" dove la Storia sembra richiudersi per celebrare i suoi miti e le sue leggende, può essere considerato a pieno titolo un monumento perché (e sveliamo un piccolo segreto) esso rappresenta in effetti l'aspetto finale di una cava dalla quale i Siracusani, in tempi successivi, hanno tratto il materiale servito loro per la costruzione di templi ed edifici pubblici e privati, la maggior parte dei quali splendono ancora di storia nei numerosi angoli della città.
Man mano che il lavoro di scavo ha proceduto e i materiali ottenuti sono stati portati via il piano inferiore della cava si è sempre di più abbassato, fino al livello attuale.
Chiunque lo ammira non può che condividere la definizione del pittore lombardo. L'aspetto esterno è di un enorme padiglione auricolare e il percorso interno assomiglia, per analogia, al tratto tortuoso che conduce al nostro timpano.
Ciò che ha sempre stupito e affascinato, oltre la forma, è stato l'effetto acustico che si produce all'interno della grotta, nata per azione dell'Uomo. Grazie alla disposizione curvilinea delle sue pareti (che si fondono alla sommità), all'altezza, alla profondità e alla natura delle rocce si ottiene un effetto acustico di notevole suggestione che amplifica ogni piccolo rumore. Perfino un brusio, un piccolo mormorio diventa chiaramente udibile a distanza.

Secondo la leggenda il tiranno Dionisio faceva rinchiudere qui i prigionieri politici. Approfittando della particolare acustica s'era fatto costruire una casetta il cui pavimento era in comunicazione con la volta superiore della grotta. Ciò per ascoltare i loro discorsi e sventare eventuali complotti.

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17/11/2005 22:19

Re: Orecchio di Dionisio

Scritto da: Peppinox 17/11/2005 15.48


Ventitre metri di altezza per sessantacinque di lunghezza ed una larghezza che va restringendosi gradatamente dagli undici metri iniziali ai sei finali incidono profondamente la parete a strapiombo che si para di fronte ai nostri occhi.
Il nostro sguardo s'innalza per potere ammirare per intero questa fantastica visione, che assume le sembianze di una ferita nel tessuto verticale della tenera roccia sedimentaria.
Di colpo si è come proiettati indietro nel tempo con la sensazione precisa, se non fosse per il continuo via vai dei turisti, di vedere apparire da un momento all'altro sulla soglia il gigante Polifemo alle prese con l'astuto Ulisse.
Tutto si presta a questa omerica illusione, soprattutto il breve respiro del luogo, chiuso da alte pareti che lo rendono cristallizzato nel tempo e che hanno impedito la sua profanazione da parte dei profondi cambiamenti che hanno interessato, invece, le zone prospicienti il sito archeologico.
Nella sua arcaica e naturale bellezza questo luogo risplende, perciò, di un forte valore evocativo.
La nostra stessa ammirazione dovette colpire Caravaggio che nel 1608, nel corso della sua breve vita e durante il suo tormentato vagabondare, si trovò a visitare questo luogo, definendolo per l'evidente somiglianza antropomorfica l' "Orecchio di Dionisio", dando fiato così alla leggenda del famoso tiranno.
Si tratta, infatti, di una fenditura apparentemente naturale, tanto sembra armoniosamente inserita nel contesto ambientale, adornata all'esterno da piante di capperi e capelveneri. Le pareti che già si intravedono dalla radura antistante sono lisce, come levigate dalle mani di un gigante. Esse si snodano sempre lisce e sinuose, dando origine ad un movimento plastico di notevole e piacevole effetto estetico, conferendo a questo luogo fascino e mistero.
Questo "tempio" dove la Storia sembra richiudersi per celebrare i suoi miti e le sue leggende, può essere considerato a pieno titolo un monumento perché (e sveliamo un piccolo segreto) esso rappresenta in effetti l'aspetto finale di una cava dalla quale i Siracusani, in tempi successivi, hanno tratto il materiale servito loro per la costruzione di templi ed edifici pubblici e privati, la maggior parte dei quali splendono ancora di storia nei numerosi angoli della città.
Man mano che il lavoro di scavo ha proceduto e i materiali ottenuti sono stati portati via il piano inferiore della cava si è sempre di più abbassato, fino al livello attuale.
Chiunque lo ammira non può che condividere la definizione del pittore lombardo. L'aspetto esterno è di un enorme padiglione auricolare e il percorso interno assomiglia, per analogia, al tratto tortuoso che conduce al nostro timpano.
Ciò che ha sempre stupito e affascinato, oltre la forma, è stato l'effetto acustico che si produce all'interno della grotta, nata per azione dell'Uomo. Grazie alla disposizione curvilinea delle sue pareti (che si fondono alla sommità), all'altezza, alla profondità e alla natura delle rocce si ottiene un effetto acustico di notevole suggestione che amplifica ogni piccolo rumore. Perfino un brusio, un piccolo mormorio diventa chiaramente udibile a distanza.

Secondo la leggenda il tiranno Dionisio faceva rinchiudere qui i prigionieri politici. Approfittando della particolare acustica s'era fatto costruire una casetta il cui pavimento era in comunicazione con la volta superiore della grotta. Ciò per ascoltare i loro discorsi e sventare eventuali complotti.



leggendo i tuoi post qui,mi pare di immaginarti con le fattezze di Valerio Massimo Manfredi in un puntata di Stargate
[SM=x44452] [SM=x44462]
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19/11/2005 11:53

Re: Re: Orecchio di Dionisio

Scritto da: texdionis 17/11/2005 22.19


leggendo i tuoi post qui,mi pare di immaginarti con le fattezze di Valerio Massimo Manfredi in un puntata di Stargate
[SM=x44452] [SM=x44462]



Grazie, mi piacerebbe in effetti essere capace di scrivere come scrive lui.
Ho letto i suoi libri e, a parte un paio decisamente troppo fantasy per i miei gusti devo dire che il resto l'ho apprezzato notevolmente. [SM=x44462]

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21/04/2006 12:35

Per circa tre anni negli scritti medianici della Willett non apparve più alcuna allusione all'Orecchio di Dionisio;frattanto il prof. Verrall era morto nel 1912.
Il 10 gennaio 1914,mentre la Willett sedeva per la scrittura automatica con Sir Oliver Lodge,nel corso di una lunga comunicazione si inserì un passaggio che sembrava provenire dallo stesso Verrall e rivolgersi alla moglie di lui,che però non era presente.Il passo ricordava "un luogo con un orecchio" dove c'era "audizione acustica",degli schiavi,un tiranno,la frase scherzosa da lui detta,i "campi di Enna" in Sicilia,e altre allusioni meno chiare,ma sempre con riferimento alle cave siracusane e all'Orecchio di Dionisio.
Il 28 febbraio di quello stesso anno giunse un nuovo messaggio,sempre alla Willett,che questa volta era assistita da Lord Balfour,lo stesso che avrebbe poi riferito e commentato tutto l'episodio nel XXIX volume dei "Proceedings" della Società per la Ricerca Psichica (1918).Anche questo messaggio era molto sibillino,ma portava nuovi elementi.Vi si faceva tra l'altro allusione a "un orecchio più un occhio",al "regno del monocolo",a "dodici negretti che non pensavano allo Stige" e dei quali sei vennero divorati;ad Aristotele e alla sua POETICA;alla parola TIRANUS pronunciata da uno che uccise un presidente;a "una specie di Stefano mutato in fontana";alla necessità di "un pò di tempo per portare a termine tutti i necessari riferimenti" e a un "aristotelico amico" del comunicante,il quale stava operando con lui.

Il Balfour notò che l'orecchio era evidentemente l'Orecchio di Dionisio;l'occhio e il monocolo si riferivano al ciclope Polifemo,che dimorava in Sicilia;i dodici negretti erano i dodici compagni di Ulisse,che entrarono con lui nella caverna del ciclope e sei dei quali vennero divorati dal mostro;la parola TIRANUS equivaleva a Tyrannus,gridata dall'uccisore del presidente Lincoln;la "specie di Stefano" mutato in fontana si riferiva evidentemente alla leggenda di Acis e Galatea,in cui il pastore Acis,innamorato della ninfa Galatea,viene ucciso a colpi di pietra,come Stefano protomartire,dal geloso ciclope e mutato in fonte dalla bella ninfa;e infine l'aristotelico amico doveva essere il Butcher,un altro grecista amico del Verrall,morto nel 1911 e autore di un saggio sulla POETICA di Aristotele.
Si poteva dunque venire all'ipotesi che,nell'aldilà,il Verrall e il Butcher si fossero proposti di presentare ai loro amici ancora viventi un indovinello di cultura classica dando loro alcuni elementi da cui essi dovevano trarre una conclusione.

Fine seconda parte.
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03/08/2006 12:44

Il 2 marzo 1914 si ebbe,alla presenza del Balfour,un nuovo messaggio nel quale "l'amico aristotelico" - il Butcher - e "l'amico razionalista" - il Verrall,così chiamato per allusione a una sua opera,EURIPIDE RAZIONALISTA - salutavano anzitutto "l'amico hegeliano" - il Balfour stesso,grande ammiratore di Hegel - e facevano poi altri accenni ad Aristotele,alla sua POETICA dove è scritto qualche cosa su qualcuno,alla musica,alla satira,alla gelosia.
Si giunge così,dopo un anno e mezzo di silenzio,al messaggio del 2 agosto 1915,ottenuto in presenza della signora Verrall sempre per mezzo della Willett.Il comunicante chiede alla signora Verrall se è stato capito il precedente accenno alla satira,alla fonte Aretusa,alla POETICA:sembra essersi dimenticato che,nei messaggi precedenti,il Balfour era stato avvertito do non comunicare alla Verrall queste allusioni,ed essa,di conseguenza,non sa nulla.A questo punto appare uan vera e propria frase-chiave:
"Philox.Faticò nelle cave di pietra e attinse a uno scrittore più antico il materiale per la sua satira sulla gelsoia.E' una storia molto chiara per me e penso che dovrebbe essere identificata."

Fine terza parte.
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13/09/2006 14:44

Su questa base cominciano le ricerche.
Seguendo la pista "Philox", si trova il nome di un poeta greco secondario, Philoxenos, scrittore di ditirambi, una forma poetica in cui i versi si combinavano con la musica.Filosseno era stato accolto alla corte di Dionisio e, secondo una tradizione, era incorso nell'ira del tiranno essendosi innamorato della sua favorita, Galatea.Dionisio lo aveva fatto chiudere nelle cave di pietra e qui il poeta aveva scritto una satira intitolata il CICLOPE, o GALATEA, in cui derideva il tiranno, parzialmente o totalmente cieco da un occhio, rappresentandolo come il ciclope innamorato della bella ninfa.Venivano così raccolti intorno al nome di Filosseno gli accenni a Dionisio, all'orecchio di Dionisio, al ciclope, ad Acis e Galatea, alla gelosia, alla satira, alla musica.Infine nella POETICA di Aristotele fu trovato un riferimento al CICLOPE di Filosseno, ricordato come esempio di poema satirico, e un passo sul carattere essenzialmente musicale del ditirambo, nel quale, si dice, Filosseno eccelse come compositore e come poeta.Il mosaico era finalmente ricostruito.
Il Balfour considerò questo caso come particolarmente importante quale prova di sopravvivenza.La Willett aveva una certa cultura ma non di carattere classico.La Verrall sapeva dell'Orecchio di Dionisio quello che le aveva detto il marito, ma nulla sapeva di Filosseno nè dei passi della POETICA che si riferivano a lui, e altrettanto si poteva dire degli altri che in qualche modo si erano interessati alla vicenda.Si aggiunga che un'altra medium, la signora King, in alcune sedute tenute nel 1914, aveva scritto frasi che alludevano ad ACIS E GALATEA, a Dionisio e ad Aretusa.

I comunicanti non potevano essere dunque che i due grecisti, il Butcher e il Verrall, e la prima comunicazione del 1910, fatta quando i due amici erano ancora in vita, era forse da attribuirsi al Myers, morto nove anni prima, anche lui grecista, amico dei due e inventore, per così dire, delle corrispondenze incrociate.

Fine quarta parte.
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22/10/2006 13:43

Contro questa conclusione si volse per prima la signorina F.Melian Stawell, secondo la quale tutti i dati dell'indovinello erano in qualche modo nel subconscio dei protagonisti, e questi, in buonafede, spinti dal desiderio di ottenere una prova di sopravvivenza, avrebbero costruito senza rendersene conto l'intero episodio.
Il Balfour ribattè con buoni argomenti pur riconoscendo che l'ipotesi della Stawell non poteva essere dimostrata falsa,così come la Stawell dovette riconoscere di non poter dimostrarne la verità.Oggi, a oltre ottant'anni di distanza, non siamo in grado di risolvere il problema più che non lo fossero gli studiosi di allora.Alcuni parapsicologi sono giunti a considerare le facoltà telepatico-chiaroveggenti-telecinetiche come dotate di un raggio d'azione vastissimo e praticamente infinito: per risolvere i problemi del paranormale non vi sarebbe dunque alcun bisogno di ricorrere alla presenza di entità disincarnate perchè tutta la realtà vivente basterebbe da sola a spiegarsi in tutte le sue espressioni.
Rimane tuttavia il fatto che, se la psiche individuale sopravvivesse alla morte fisica, dovrebbe essere considerata anch'essa nella realtà vivente, e che non possiamo escludere che la realtà "vita" si estenda fino a comprendere anche la realtà "morte".

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