Ventitre metri di altezza per sessantacinque di lunghezza ed una larghezza che va restringendosi gradatamente dagli undici metri iniziali ai sei finali incidono profondamente la parete a strapiombo che si para di fronte ai nostri occhi.
Il nostro sguardo s'innalza per potere ammirare per intero questa fantastica visione, che assume le sembianze di una ferita nel tessuto verticale della tenera roccia sedimentaria.
Di colpo si è come proiettati indietro nel tempo con la sensazione precisa, se non fosse per il continuo via vai dei turisti, di vedere apparire da un momento all'altro sulla soglia il gigante Polifemo alle prese con l'astuto Ulisse.
Tutto si presta a questa omerica illusione, soprattutto il breve respiro del luogo, chiuso da alte pareti che lo rendono cristallizzato nel tempo e che hanno impedito la sua profanazione da parte dei profondi cambiamenti che hanno interessato, invece, le zone prospicienti il sito archeologico.
Nella sua arcaica e naturale bellezza questo luogo risplende, perciò, di un forte valore evocativo.
La nostra stessa ammirazione dovette colpire Caravaggio che nel 1608, nel corso della sua breve vita e durante il suo tormentato vagabondare, si trovò a visitare questo luogo, definendolo per l'evidente somiglianza antropomorfica l' "Orecchio di Dionisio", dando fiato così alla leggenda del famoso tiranno.
Si tratta, infatti, di una fenditura apparentemente naturale, tanto sembra armoniosamente inserita nel contesto ambientale, adornata all'esterno da piante di capperi e capelveneri. Le pareti che già si intravedono dalla radura antistante sono lisce, come levigate dalle mani di un gigante. Esse si snodano sempre lisce e sinuose, dando origine ad un movimento plastico di notevole e piacevole effetto estetico, conferendo a questo luogo fascino e mistero.
Questo "tempio" dove la Storia sembra richiudersi per celebrare i suoi miti e le sue leggende, può essere considerato a pieno titolo un monumento perché (e sveliamo un piccolo segreto) esso rappresenta in effetti l'aspetto finale di una cava dalla quale i Siracusani, in tempi successivi, hanno tratto il materiale servito loro per la costruzione di templi ed edifici pubblici e privati, la maggior parte dei quali splendono ancora di storia nei numerosi angoli della città.
Man mano che il lavoro di scavo ha proceduto e i materiali ottenuti sono stati portati via il piano inferiore della cava si è sempre di più abbassato, fino al livello attuale.
Chiunque lo ammira non può che condividere la definizione del pittore lombardo. L'aspetto esterno è di un enorme padiglione auricolare e il percorso interno assomiglia, per analogia, al tratto tortuoso che conduce al nostro timpano.
Ciò che ha sempre stupito e affascinato, oltre la forma, è stato l'effetto acustico che si produce all'interno della grotta, nata per azione dell'Uomo. Grazie alla disposizione curvilinea delle sue pareti (che si fondono alla sommità), all'altezza, alla profondità e alla natura delle rocce si ottiene un effetto acustico di notevole suggestione che amplifica ogni piccolo rumore. Perfino un brusio, un piccolo mormorio diventa chiaramente udibile a distanza.
Secondo la leggenda il tiranno Dionisio faceva rinchiudere qui i prigionieri politici. Approfittando della particolare acustica s'era fatto costruire una casetta il cui pavimento era in comunicazione con la volta superiore della grotta. Ciò per ascoltare i loro discorsi e sventare eventuali complotti.