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Spionaggi e intercettazioni (il sistema "Radar" di Telecom)

Ultimo Aggiornamento: 06/06/2007 19:00
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28/05/2006 21:09

- ITALIASPIA –
COINCIDENZE: NELLE STESSE ORE
TRONCHETTI LIQUIDA L’EX CAPO DELLA SICUREZZA TAVAROLI
E
LETTA MANDA IN VACANZA IL BRACCIO DESTRO DEL CAPO DEL SISMI, MARCO MANCINI


C’ENTRA QUALCOSA IL RAPPORTO SIMBIOTICO CHE MANCINI AVEVA CON TAVAROLI?...



L’indagine della Procura di Milano sull’attività di schedature illegali sull´intera classe dirigente del Paese
(decine di migliaia di file sul conto di manager, uomini politici, imprenditori)
arriva al cuore di Telecom Italia.
E l’uomo che di questi spionaggi è il fulcro, Giuliano Tavaroli, rassegna le proprie irrevocabili dimissioni dal gruppo. Già responsabile della sicurezza aziendale e di quella personale del suo presidente Marco Tronchetti Provera, Giuliano Tavaroli è oggi indagato per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di pubblici ufficiali per l’acquisizione di informazioni coperte dalla privacy. Un reato più grave di quello per il quale, 12 mesi fa, era stato iscritto una prima volta nel registro degli indagati della Procura di Milano (concorso in appropriazione indebita).


(Mr. Telecom, Tronchetti Provera)


L’accusa gli viene contestata in ragione del lavoro che in questi anni ha svolto per la più grande azienda telefonica del Paese.
Dunque, del libero accesso che ha avuto, in qualità di direttore della struttura, al "CNAG", il centro di ascolto Telecom sulle utenze intercettate per ordine dell’autorità giudiziaria. Del suo rapporto diretto con la "Polis d´Istinto" di Emanuele Cipriani, società di investigazioni private cui la Telecom ha appaltato negli ultimi anni attività di indagine e sicurezza per almeno 14 milioni di euro,
cui la Telecom deve ancora del denaro e che, si è scoperto ora,
custodiva in un dvd un archivio clandestino:
decine di migliaia di file per altrettanti dossier raccolti illegalmente.
Un materiale immenso, che la Procura di Milano ha appena cominciato a riversare su carta e che, al momento, somma 35 mila fogli.

Il Presidente di Telecom, Marco Tronchetti Provera, ha voluto Tavaroli al suo fianco fino alla fine.
Lo aveva formalmente parcheggiato da qualche tempo in "Pirelli", in un angolo poco esposto.
A far nulla, ufficialmente. Se non attendere di vedere quale verso avrebbe preso l’inchiesta e, soprattutto, che ne sarebbe stato degli accertamenti sulla "Polis d’Istinto" di Emanuele Cipriani, porta d’accesso a Telecom.

In realtà, Tavaroli conservava il suo ufficio in piazza degli Affari, continuava a intervenire sui temi della security nei corsi di formazione dei dirigenti.
Sapeva di non dovere spiegazioni e di poter dunque ancora rispondere con un’alzata di spalle e più di un’omissione alle domande di qualche ficcanaso.
È storia del marzo scorso.
Sono i giorni dello svelamento dell´attività di spionaggio in danno di Piero Marrazzo, candidato dell’Unione alle elezioni regionali del Lazio, e di Giovanna Melandri (oggi ministro).

Il nome di Emanuele Cipriani e della sua "Polis d’Istinto" fiorisce negli atti di quell’inchiesta e il "Sole 24 Ore" (21 marzo) decide di bussare alla porta dell’amico più importante di Cipriani.
Tavaroli, appunto. «Non mi occupo più di questioni legate alla sicurezza - dice lui - perché purtroppo, da quasi un anno, sono fuori da Telecom e mi occupo di pneumatici in Romania».
«Sono stupito dal modo in cui si fa giornalismo in Italia - ammonisce - E non capisco perché il "Sole 24 ore", che sin qui si è distinto per non essersi occupato della vicenda "Polis d´Istinto", non continui a non occuparsene vista la banalità del soggetto».

Di banale non c’è proprio nulla nella storia e nelle attività della "Polis d’Istinto", nei rapporti della società con Telecom Italia e nel legame tra Emanuele Cipriani e Giuliano Tavaroli.
Perché in quei giorni di marzo, non c´è un solo protagonista di questa storia che non sappia cosa bolle in pentola.
La Procura di Milano ne ha la prova quando sequestra in casa di un collaboratore di Cipriani un dvd protetto da una password, che Cipriani offre volontariamente ai pubblici ministeri che lo interrogano.

Ne salta fuori l’archivio dell’intera attività di intelligence clandestina che Cipriani ha svolto con la sua "Polis d’Istinto"
e con almeno altre due società di investigazione privata con sede all’estero.
Una miniera di nomi e di file di cui si è detto.
Un pozzo senza fondo di informazioni sensibili (personali e patrimoniali) attinte da banche dati che dovrebbero custodire la segretezza della vita privata e di relazione di ciascun cittadino (le persone con cui si parla al telefono, con cui si fanno affari, cui si è legati da rapporti di amicizia o frequentazione).

L’investigatore privato viene interrogato tre volte e per tre volte i suoi verbali vengono secretati.
Quali risposte dia alle contestazioni specifiche dei pubblici ministeri sul contenuto del suo mastodontico archivio non è dunque dato sapere.
Ma se ne conosce la sostanza.
Cipriani indica il committente di quel lavoro: Telecom Italia.
Fa il nome del suo referente in quell’azienda:
Giuliano Tavaroli, responsabile della sicurezza aziendale.
I pubblici ministeri informano l’investigatore che il reato per cui procedono nei suoi confronti si fa più grave:
associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di pubblici ufficiali per l´acquisizione di notizie coperte dalla privacy.

Che l’indagine penale conoscerà un´ulteriore proroga di sei mesi.
E non è una buona notizia né per Cipriani, né per Tavaroli né per gli altri sospettati del reato di associazione a delinquere di cui oggi non si conosce l’identità ma sui cui nomi i due amici potrebbero avere qualche idea.

In Telecom sono giorni terribili.
Ma, forse, non soltanto lì. L’inevitabile e definitivo addio di Giuliano Tavaroli, la disponibilità di Cipriani a rispondere alle domande dei pubblici ministeri di Milano, si incastrano se non altro cronologicamente con il destino di un terzo uomo, che ai primi due è legato da vincoli di antica amicizia e frequentazione.
Il 15 maggio, mentre il governo Berlusconi sta chiudendo gli scatoloni a Palazzo Chigi, il direttore del controspionaggio del Sismi, Marco Mancini, accompagnato dal suo direttore Nicolò Pollari, ha un colloquio con il sottosegretario Gianni Letta.

Quando ne esce, comunica un periodo di congedo di 30 giorni per ragioni di salute.
Raccontano di una discussione difficile. Di una richiesta rivolta a Mancini e da Mancini rifiutata di abbandonare la direzione del controspionaggio. Perché?
C’entra forse qualcosa il precipizio che si è aperto di fronte a Cipriani e Tavaroli?
C’entrano qualcosa le relazioni d’ufficio che l´intelligence politico-militare aveva con Tavaroli in qualità di direttore del "Cnag"?
O, ancora, c’entra qualcosa il rapporto simbiotico che Mancini aveva con Tavaroli
(negli anni ‘80, i due hanno cominciato la loro carriera nel nucleo anticrimine dei carabinieri di Milano, dove venivano chiamati "i gemelli")?


Il tempo aiuterà forse a sciogliere queste domande. Intanto, una circostanza può essere annotata.
Nel luglio del 2005, quando già da due mesi la Procura di Milano indagava sul suo conto,
un ordine di servizio Telecom incaricava Giuliano Tavaroli di «responsabile della gestione e prevenzione delle eventuali crisi collegate ai rischi di terrorismo internazionale».


Carlo Bonini per la Repubblica
Dagospia 26 Maggio 2006

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05/06/2006 18:27

ARRIVA IL TERREMOTO NEL MONDO DEGLI SPIONI
INCURSIONI INFORMATICHE CONTRO RCS
LANCIATE DA UN UFFICIO TELECOM


ESISTONO DEI PROTOCOLLI D'INTESA TRA LE COMPAGNIE TELEFONICHE E I SERVIZI?


Peter Gomez e Vittorio Malagutti per L’espresso

Il 2004 è un anno di grandi novità per la Rizzoli-Corriere della Sera.
A giugno s'insedia il nuovo amministratore delegato Vittorio Colao, proveniente da Vodafone.
A dicembre va in scena il cambio della guardia alla direzione del quotidiano di via Solferino:
Stefano Folli lascia dopo soli 18 mesi e al suo posto arriva Paolo Mieli.
È proprio in quelle settimane che parte un attacco informatico contro l'azienda editoriale. Alcuni computer di top manager e giornalisti finiscono nel mirino di un misterioso hacker.


(Paolo Mieli Foto U.Pizzi)


Sembra un'incursione come tante. Uno di quegli assalti lanciati quasi per gioco da chi si diverte in Rete.
A ogni buon conto, dopo una segnalazione, interviene la polizia postale e a Milano, in Procura, viene aperto un fascicolo. I primi accertamenti collegano l'assalto a un indirizzo di Roma. Basta qualche controllo per rendersi conto che i pirati del Web hanno utilizzato un ufficio della galassia Telecom Italia.
Gli investigatori procedono con prudenza. E alla ricerca di notizie si rivolgono alla compagnia telefonica.
Dopo qualche tempo arriva la risposta:
quei locali sono stati svuotati e anche le apparecchiature informatiche non esistono più, smantellate. L'inchiesta finisce in archivio. Ma non viene dimenticata.

Il dossier è oggi sulle scrivanie dei pm milanesi che stanno indagando sulla rete di agenti segreti, spie vere o presunte, ambigui giornalisti, investigatori privati e dirigenti aziendali che da più di un decennio sembrano ruotare attorno alla figura di Giuliano Tavaroli, 46 anni, il top manager della sicurezza del gruppo Pirelli-Telecom dimissionario da fine maggio.

Da più di un anno Tavaroli è sotto inchiesta per associazione per delinquere finalizzata alla violazione del segreto d'ufficio assieme a Emanuele Cipriani, il fondatore della Polis d'Istinto di Firenze, una delle più importanti agenzie investigative italiane. Nei computer di Cipriani i magistrati hanno scoperto un gigantesco archivio contente file su
politici,
magistrati,
big della finanza
e persino calciatori e arbitri:

chiunque, o quasi, abbia giocato un ruolo di rilievo nelle cronache recenti del Paese.



Per capire come sia potuta finire nelle mani di Cipriani una simile massa di dati, compresi tabulati telefonici, informazioni bancarie italiane ed estere e, in qualche caso, persino trascrizioni d'intercettazioni disposte dalla magistratura, i pm battono due strade.
Da una parte guardano a Telecom, al tipo d'incarichi assegnati alla Polis d'Istinto e al flusso di denaro (almeno 14 milioni di euro regolarmente fatturati e accantonati in Lussemburgo) che dalla multinazionale milanese portano all'agenzia d'investigazioni.
Dall'altra le verifiche si concentrano sui rapporti tra l'attivissimo investigatore privato fiorentino, Tavaroli e Marco Mancini, un super 007 dal luglio 2003 responsabile della prima sezione del Sismi, quella che si occupa di anti-terrorismo e controspionaggio.

"Marco è una figura magnifica, molto più che un amico, ma con il mio lavoro non c'entra", ha protestato Tavaroli in una intervista pubblicata il 30 maggio dal 'Sole 24 Ore'. Fatto sta che, proprio nelle stesse ore in cui il manager della sicurezza lasciava il gruppo Pirelli, anche Mancini ha scelto di farsi da parte prendendo un periodo di ferie. Sulla sua decisione, maturata nel corso di una drammatica riunione negli uffici dell'allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, hanno pesato le notizie provenienti dalla Procura di Milano.

E non solo quelle sull'inchiesta che vede coinvolto il duo Tavaroli-Cipriani, ma anche le novità riguardanti l'indagine sul sequestro di Abu Omar, l'imam rapito a Milano il 17 febbraio del 2003 da un commando di agenti Cia e poi torturato in Egitto. A quel blitz hanno certamente partecipato anche degli italiani. Uno di loro, un maresciallo dei Ros dei Carabinieri, ha già confessato. Gli altri restano per il momento senza volto. Nei giorni del sequestro, Mancini ricopriva gli incarichi di "direttore del raggruppamento Centro-nord" del Servizio segreto militare e di "direttore reggente dei centri di Milano e Bologna". Adesso i magistrati si chiedono che cosa sapesse dell'operazione Abu Omar.
(Marco Tronchetti Provera - Foto U.Pizzi)

Man mano che le indagini si addentrano in questa palude maleodorante popolata da:
007 dall'intercettazione facile,
maghi dell'informatica
e funzionari dello Stato con solidi legami a Washington,
diventa sempre più difficile arginare l'onda lunga dello scandalo.
E alla fine l'intricata trama spionistico-giudiziaria ha finito per scuotere anche le mura di Telecom.
Venerdì 26 maggio il presidente Marco Tronchetti Provera ha sentito il bisogno di rassicurare gli 85 mila dipendenti del gruppo con una lettera aperta in cui si ribadiva la "trasparenza, l'integrità e l'eccellenza professionale" su cui si basa l'attività di Telecom. Assicurando, tra l'altro, che "chi in malafede ha commesso scorrettezze e abusi è sempre stato allontanato".

Da mesi, del resto, si era già messa in moto la macchina delle verifiche interne.
Nel mirino, innanzitutto, ci sono le procedure e le apparecchiature utilizzate per le intercettazioni e la raccolta dei tabulati telefonici disposte dalla magistratura.
Secondo quanto risulta a 'L'espresso', le sorprese non sono davvero mancate.
In sostanza, i tecnici si sono resi conto che il sistema presenta delle falle. La rete dei controlli informatici che dovrebbe difendere queste delicate attività aziendali da interventi non autorizzati, da tempo era di fatto sottoutilizzata.
Non basta.
Gli accertamenti hanno anche stabilito che, almeno in via teorica, si sarebbe potuto intervenire direttamente sulle centraline per spiare le telefonate degli italiani senza lasciare tracce.
In questo modo era quindi possibile evitare il ricorso alle apparecchiature ad hoc (denominate in gergo traslatori)
che servono per portare le conversazioni intercettate sino alle sale ascolto delle procure, come si fa normalmente nelle indagini disposte dalla magistratura.



Un altro aspetto molto delicato preso in esame riguarda la gestione dei tabulati telefonici e degli altri dati di traffico.
Queste informazioni sensibili vengono gestite, sulla base di procedure precise, da alcuni uffici all'interno di Telecom:
il CNAG ( Centro nazionale autorità giudiziaria),
lo STAG (Servizio tecnico autorità giudiziaria),
ma anche dagli operatori addetti,
in caso di contestazioni,
alla verifica dell'effettiva corrispondenza tra il contenuto delle bollette e le chiamate effettuate.
In tutti questi casi il sistema è protetto da badge e password che permettono di risalire immediatamente a chi ha utilizzato i terminali per richiedere informazioni.
Nonostante queste precauzioni, esiste in Italia un vero e proprio mercato dei tabulati telefonici.


Lo ha verificato la Procura di Milano quando in marzo, indagando proprio sulla Polis d'Istinto, si è imbattuta, arrestandoli, in un gruppo di detective privati assoldati, secondo l'ipotesi dell'accusa, dall'ex ministro della Sanità, Francesco Storace, per tentare d'incastrare due avversari politici come il presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo e la candidata di Alternativa Sociale, Alessandra Mussolini.
Questi dati generalmente escono dagli uffici di Telecom (e degli altri gestori telefonici) seguendo due strade:
la corruzione dei semplici operatori o quella di funzionari delle forze dell'ordine che inviano alle compagnie false richieste di produzione di tabulati, mischiandole a quelle autentiche autorizzate dalla magistratura.

Secondo il quotidiano 'Libero' di sabato 27 maggio, le verifiche interne avrebbero però aperto anche un terzo fronte.
La stessa Telecom "avrebbe rilevato" tra le proprie apparecchiature e i propri programmi informatici "la presenza di altri sistemi 'mai dichiarati' in precedenza".
Di che cosa si tratta?
La multinazionale di Tronchetti Provera, interpellata da 'L'espresso', ha negato la circostanza, assicurando di non aver mai inviato alcuna lettera al Garante della privacy per segnalare il problema, come invece sostenuto dal giornale diretto da Vittorio Feltri.


Non di tutto quello che accade in Telecom (e nelle altre compagnie) si può del resto parlare.
Almeno dal 2001, secondo quanto risulta a 'L'espresso', nei nostri servizi segreti è partita la corsa all'acquisto di nuove macchine per le intercettazioni telefoniche.
Il problema è che fino al luglio del 2005, quando il Parlamento ha approvato il cosiddetto pacchetto sicurezza antiterrorismo, agli 007 italiani era formalmente vietato spiare le telecomunicazioni.
Un evidente non senso perché senza intercettare è impossibile tentare di prevenire attacchi e attentati.
Per anni si è così andati avanti ricorrendo a una sorta di compromesso all'italiana.
Nel caso che le barbe finte fossero state scoperte, il governo era pronto a intervenire ricorrendo al segreto di Stato.
Ma questo avveniva al di fuori di qualsiasi controllo.

Dalla scorsa estate invece i direttori di Sismi e Sisde possono chiedere direttamente al Procuratore generale presso la Cassazione di autorizzare le cosiddette intercettazioni preventive.
Cioè gli ascolti che non possono entrare nei processi e che non hanno valore di prova.
Da quel giorno gli investimenti economici delle barbe finte in sofisticate apparecchiature elettroniche sono ulteriormente aumentati.
Un segno evidente che di intercettazioni gli 007 ne fanno ormai moltissime.
Come vengono pagate le compagnie telefoniche che gioco forza devono mettere a disposizione le proprie linee?
Esistono dei protocolli d'intesa tra Telecom, Wind, Vodafone e i servizi?
E se esistono, chi li ha firmati?

Tutti interrogativi destinati a restare senza risposta sui quali, nella confusione delle norme, si allunga l'ombra del segreto di Stato.


Un solo dato è certo. In Telecom l'allontanamento di Tavaroli dai vertici aziendali ha provocato un terremoto tra gli uomini della sicurezza. Dopo trasferimenti, cambi di mansione, creazione di nuove strutture, ben pochi sono rimasti al proprio posto.
Tanto per cominciare la security non è più una funzione autonoma, ma è passata sotto la direzione risorse umane affidata a Gustavo Bracco.
Il coordinamento delle attività di sicurezza risulta invece nelle mani di Adamo Bove, un ex poliziotto con un fratello gemello (Guglielmo) all'ufficio legale del gruppo.
A fianco di Bove, lavora Giovanni Penna, responsabile delle cosiddette operations, che in pratica corrisponde all'attività di tutela fisica delle centrali e delle sedi di Telecom.


Anche il Cnag, cioè il settore più delicato per le intercettazioni e i rapporti con la magistratura, ha cambiato indirizzo.
L'ufficio diretto da Andrea Galletta non dipende più dalla sicurezza, ma è passato sotto la supervisione dell'ufficio legale, com'era fino a tre anni fa.
Prima dell'arrivo di Tavaroli al comando dei security manager del gruppo telefonico.

[SM=x44499]

Fonte: Peter Gomez e Vittorio Malagutti per L’espresso - Dagospia 03 Giugno 2006

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11/08/2006 01:20




“RADAR E I SUOI FRATELLI”
(IL FILM INIZIA CON UNA STORIA DI CORNA)
UN CONGEGNO AVVERTIVA LA SECURITY SE I CELLULARI VENIVANO INTERCETTATI
LE EMAIL DEI DIRIGENTI ERANO SPIATE

- CHI MODIFICAVA I TABULATI DEI MAGISTRATI?



Giacomo Amadori per Panorama, in edicola oggi:

“Radar e i suoi fratelli”: così potrebbe intitolarsi il giallo dell’estate, quello delle intercettazioni non autorizzate sulla rete Telecom.
La scoperta del sistema informatico antifrode, attivo dal 1999, che permetteva di frugare senza lasciare tracce nelle banche dati della compagnia telefonica,
ha stimolato l’attenzione dei magistrati di mezza Italia, del garante per la privacy e dei dipendenti dell’azienda,
che oggi iniziano a denunciare episodi da «grande fratellino».
Un domino che sta scuotendo la Telecom e di cui Panorama può raccontare i dettagli, partendo dai retroscena della caduta del primo tassello. Il Radar, appunto.

La valanga è iniziata per una storia di corna.
Talmente banale da far pensare a una trappola studiata a tavolino.
E anche il nome del protagonista, Bianchi, è così scontato da sembrare inventato. Eppure esiste, vive a Genova. A fine novembre 2005 riceve a casa, in busta anonima, un tabulato che contiene il suo traffico telefonico nei due mesi precedenti e che lo inchioda alle sue scappatelle.
La moglie legge il documento e prepara le valigie. L’uomo si rivolge a un giovane avvocato, Carlo Lodovico Fava, un ventottenne iscritto all’albo da solo un mese.
La toga esordisce puntando alto: prepara un ricorso al garante per la privacy, Francesco Pizzetti, per sapere chi abbia spedito a casa del suo cliente ciò che non aveva mai chiesto. Il garante gira il quesito alla Telecom. I cui tecnici scoprono che nessuno aveva mai domandato ai computer aziendali notizie su quell’utenza. Almeno ufficialmente.

Com’era possibile che non fosse rimasta traccia di quella ricerca? È qui che il pasticciaccio brutto della società telefonica si complica.
Infatti quando il garante chiede di saperne di più, e ottiene un appuntamento nella sede della Telecom, ai suoi uomini vengono aperte soltanto alcune porte, mentre altre sono tenute ben chiuse.
Poco noti sono nomi e cognomi dei protagonisti.

Martedì 23 maggio l’incarico di aprire quelle porte viene affidato a Luigi Cardone, pizzetto curato e accento romano, da molti anni (da prima della nascita del sistema Radar) responsabile della direzione servizi informatici.
Una scelta sorprendente. Infatti in quelle stesse ore il pm di Rovigo Manuela Fasolato chiede il rinvio a giudizio (la decisione è stata rimandata dal gip al 2007) per una decina di dirigenti Telecom e Wind impegnati sul mercato del Nord-Est: tra questi c’è Cardone.
L’accusa per lui è di omesso controllo in una storia di schede telefoniche che, moltiplicate, potevano gonfiare in maniera fittizia il numero degli abbonati dei due gestori (i clienti, ignari, si trovavano intestati decine di contratti).

Cardone, subito dopo la visita degli esperti inviati dal garante, comunica per iscritto i dettagli della sua collaborazione ai propri capi.
Ma quando la sua relazione finisce sulle scrivanie dei piani alti, i dirigenti quasi cadono dalle sedie.
Il motivo? Nella sua nota Cardone elenca i sistemi che ha mostrato al garante e quelli che gli ha tenuto nascosti.
Fra le piattaforme non dichiarate, quella che colpisce di più i manager è il sistema Radar, di cui nei corridoi dell’azienda si parlava da tempo quasi come di una leggenda metropolitana. Ma che ora assume contorni concreti.

Ma nel rapporto di Cardone sono citati con sigla e funzione altri tre sistemi fantasma.
Due programmi vengono utilizzati per archiviare le bollette
dei clienti di cellulari e telefoni fissi con i dettagli del traffico (in pratica l’elenco delle chiamate effettuate e non di quelle ricevute).
Sono accessibili per il servizio clienti e quindi più vulnerabili e appetibili per le agenzie investigative a caccia di informazioni riservate, magari per risolvere storie di tradimenti come quella di Genova.
Un terzo software è il gemello del Radar,
da applicare, però, alla telefonia fissa.

Perché queste tre piattaforme non fossero considerate in regola con le norme che tutelano la privacy
non è ancora chiaro neppure dentro la Telecom,
visto che l’inchiesta interna si è arrestata allo studio del Radar e dei suoi segreti.
Infatti, dopo la visita dei finanzieri inviati da Pizzetti, i dirigenti ordinarono all’internal auditing (l’ispettorato aziendale) di esaminare nei particolari questo oggetto misterioso.
Cardone viene informato di questa decisione e consiglia agli investigatori, tra cui il capo dell’auditing, Armando Focaroli, «accortezza» e «controllo».
In più propone di affidare il penetration test, una tac digitale che permette di entrare nel cuore del programma, dal proprio ufficio.

La dirigenza, da Gustavo Bracco, responsabile della security e del personale, ad Aldo Cappuccio, condirettore del servizio legale,
si stupisce della richiesta e intensifica l’indagine.
Scoprendo che il Radar negli anni ha subito modifiche
e che, dall’estate 2005, può anche lasciare traccia a livello locale di eventuali intrusioni,
ma solo se chi interroga il sistema lo desidera.
È quasi un paradosso: in pratica si chiede al ladro se intenda lasciare le proprie impronte sulla porta della cassaforte.

L’aggiornamento del Radar avviene poche settimane dopo la pubblicazione sui giornali delle prime notizie sulle indagini della procura di Milano riguardanti le falle nei database Telecom.

In quegli stessi giorni spariscono dall’elenco degli accessi abilitati al Radar molti nomi e ne restano solo una quarantina, fra sigle e utenti.
Tra gli accessi che vengono cancellati c’è quello di Adamo Bove, l’ex funzionario della società telefonica morto suicida a Napoli il 21 luglio. Perché?
Il giudizio finale dell’auditing è che l’archivio del Radar è facilmente accessibile e modificabile.
I tabulati estratti dal suo database possono essere manipolati,
ovvero si possono cancellare chiamate in entrata e in uscita.

Una funzione che ha scarso interesse nelle banche dati commerciali, ma può risultare pericolosa nel Sag, il Servizio autorità giudiziaria, l’ufficio che spalanca ai magistrati l’archivio dei tabulati.

Questa possibilità di «ritocco» sembra poter aprire un altro fronte caldo in Telecom.
Secondo quanto risulta a Panorama, la procura di Palermo si sarebbe insospettita incrociando i tabulati di traffico di alcune persone sotto inchiesta.
I magistrati avrebbero notato che, secondo quei documenti, alcuni utenti parlavano al cellulare con altri che, ufficialmente, in quei minuti non erano impegnati in conversazione. [SM=x44492]
Misteri della tecnologia.


E a proposito di Servizio autorità giudiziaria, recentemente alcuni dirigenti avrebbero parlato in azienda di un vecchio trucco anti-intercettazioni pensato e realizzato dall’ufficio sicurezza.
In passato qualche responsabile avrebbe marcato i cellulari utilizzati dai vertici della multinazionale e dagli amici,
come alcuni investigatori privati:
se un magistrato avesse tentato di metterli sotto controllo,
il computer del Sag avrebbe inviato in tempo reale un messaggio a un uomo della security.



Se i telefoni in Telecom piangono, di certo non ride la posta elettronica.
Come testimonia l’intervista pubblicata qui sopra, Umberto Rampa, ex responsabile della rete intranet, parla di intromissioni nelle caselle postali dei dipendenti e in particolare degli ex dirigenti, allo scopo, afferma, di controllare eventuali fughe di notizie.

Le richieste non si limitavano al controspionaggio.
Inoltre i controlli di sicurezza su quelle delicate banche dati per un periodo vennero affidati a una società esterna, la torinese Mediaservice di Raoul Chiesa, arrestato e condannato nel 1995 a un anno e otto mesi con la condizionale per alcuni reati di pirateria informatica. Chiesa successivamente venne accusato da alcuni tecnici dell’azienda di aver «bucato» e messo in internet un gran numero di computer contenenti notizie delicate.
Insomma, in Telecom sino a pochi mesi fa, la protezione dei dati personali era affidata a una persona con una condanna alle spalle.
Con buona pace del garante.




Dagospia 10 Agosto 2006

[Modificato da Etrusco 25/09/2006 14.37]

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UN DEPUTATO RADICALE DENUNCIA:
MI SEMBRA PARADOSSALE CHE LA POLIZIA, ANZICHÉ CONTROLLARE TELECOM,
FIRMASSE CON QUELLAZIENDA ACCORDI SULLA SICUREZZA (INFRASTRUTTURE STRATEGICHE)
CHE LE AVREBBERO RESO PIÙ FACILI LE VIOLAZIONI...






Da tre anni Telecom Italia, grazie a un accordo firmato il 15 settembre 2004 da Gianni De Gennaro e Marco Tronchetti Provera,
è partner della polizia postale per quanto riguarda la protezione delle infrastrutture strategiche di telecomunicazioni.

Recita il testo del comunicato, ancora presente sul sito della polizia, che lintesa mira a migliorare la prevenzione dei crimini informatici a danno delle infrastrutture tecnologiche di telecomunicazione.


(Gianni De Gennaro - Foto U.Pizzi)



Il testo, reso pubblico dal deputato radicale Maurizio Turco attraverso una interrogazione al presidente del Consiglio e al ministro dellInterno, pone più di un problema alla luce delle inchieste degli ultimi mesi sulle attività illegali del cosiddetto Tiger Team, i commandos della sicurezza Telecom accusati, tra laltro, di aver messo sotto controllo la posta della Rcs-Corriere della Sera.

Il governo Prodi e quello Berlusconi dovrebbero chiarire molte cose  sostiene Turco  Bisognerebbe rendere pubblici i dettagli di questo accordo, far sapere allopinione pubblica se è ancora valido e se, visto che è in scadenza, si intende rinnovarlo.

Secondo il parlamentare radicale sarebbe anche il caso che il Viminale spiegasse se è stato accertato un uso fraudolento, da parte di dipendenti o dirigenti di Telecom Italia, di dati sensibili di utenti privati o istituzionali, non impossibile visto quanto riportato dalla stampa e ancora se la Polizia postale abbia preso qualche provvedimento per prevenire, controllare e contrastare eventuali abusi da parte del personale Telecom Italia.

Mi sembra paradossale  aggiunge Turco - che la polizia anziché controllare la società allora guidata da Tronchetti Provera firmasse con quellazienda accordi sulla sicurezza che le avrebbero reso più facili le violazioni. Quella di Telecom è una storia ancora tutta da scrivere.

Alla luce di questa scoperta il deputato della Rnp, in una seconda interrogazione preceduta da un corposo dossier, chiede al governo di spiegare tutte le anomalie registrate nella gestione delle ultime elezioni politiche, in particolare quelle riguardanti la gestione informatica dei risultati
(recentemente rilanciate da Gli imbroglioni, secondo documentario sul tema del direttore de Il diario Enrico Deaglio):
Questo esecutivo e il precedente devono chiarire cosa è accaduto nella notte tra il 9 e il 10 aprile:
il perché delle tre interruzioni nella trasmissione dei dati elettorali;
chi e per quale motivo ha tentato più volte di infiltrarsi nel sistema del Viminale nel corso della giornata come risulta da più fonti.





(Tronchetti con il super-spione Tavaroli - Foto da L'espresso)




Come si ricorderà fu Fabio Ghioni,
capo del Tiger Team di Telecom
che aveva effettuato dei test sulla sicurezza informatica del Viminale, a informare delle molte falle trovate il giornalista de la Repubblica Luca Fazzo, che ne diede conto in un articolo pubblicato il 6 aprile 2006, a pochi giorni dal voto.

Insomma, si chiede Turco,
i dipendenti Telecom che gestirono la vicenda vennero controllati? Da chi e come?
E soprattutto: perché il Viminale per proteggere i dati elettorali non si è rivolta al GAT
, il nucleo speciale frodi telematiche della Guardia di Finanza, e ha preferito un partner privato?
Ho limpressione che anche questa sia una storia tutta da scrivere.


Di sotto il testo dellinterrogazione a risposta scritta presentata dallon. Maurizio Turco:


Versione definitiva presentata giovedì 31 maggio 2007 nella seduta n.162
Al Ministro dell'interno.

Per sapere - premesso che:

è a tutt'oggi presente sul sito della Polizia di Stato il seguente comunicato stampa:

«15 settembre 2004 - Accordo tra Ministero dell'interno - Dipartimento di P.S. e il Gruppo Telecom Italia per la protezione da attacchi informatici dei sistemi informativi che gestiscono l'infrastruttura nazionale di telecomunicazione.
La Polizia Postale e delle Comunicazioni, insieme con Telecom Italia, svilupperà un apposito piano di prevenzione.
Il Capo della Polizia - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza - Prefetto Giovanni De Gennaro e il Presidente del Gruppo Telecom Italia, Marco Tronchetti Provera, hanno sottoscritto oggi, presso il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, un accordo per migliorare la prevenzione dei crimini informatici a danno delle infrastrutture tecnologiche di telecomunicazione.
-
Alla firma erano presenti: il Prefetto Antonio Manganelli, Vice Direttore Generale della P.S. con funzioni Vicarie, il Prefetto Pasquale Piscitelli, Direttore Centrale per la Polizia Stradale, Ferroviaria delle Comunicazioni e per i Reparti Speciali della Polizia di Stato, il Direttore del Servizio Polizia Postale delle Comunicazioni dottor Domenico Vulpiani; per Telecom Italia, il dottor Giuliano Tavaroli, Security - Group Senior Vice President.
L'intesa, di durata triennale, si pone l'obiettivo di sviluppare tutte le forme di collaborazione utili a prevenire attacchi contro i sistemi informatici e telematici delle telecomunicazioni di rete fissa gestiti da Telecom Italia.

- La gestione delle telecomunicazioni di rete fissa operative sul territorio nazionale, infatti, avviene soprattutto mediante il supporto dei sistemi informatici di Telecom Italia, che pertanto sono da ritenersi strategici per la tutela del traffico telematico, sviluppato dalle più importanti aziende nazionali e dalle istituzioni pubbliche attraverso le infrastrutture di telecomunicazioni del Paese.
Per questo motivo è stato deciso di realizzare, attraverso adeguati canali di collaborazione, coordinamento e comunicazione, un sistema di protezione finalizzato all'individuazione delle minacce nei confronti di queste infrastrutture.
L'obiettivo è quello di elevare i livelli di protezione e rendere più facilmente identificabili le cause di eventuali attacchi.

- In questa ottica, il Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni e Telecom Italia hanno anche previsto la possibilità di sviluppare insieme attività di formazione e addestramento sulle nuove tipologie di attacchi e sulle nuove tecnologie a difesa delle infrastrutture informatiche.
L'accordo - che si aggiunge a quelli già sottoscritti con Ferrovie dello Stato S.p.A., con l'ACI (Automobile Club Italia), con GRTN (Gestore Rete Trasmissione Nazionale), con la RAI (Radio Televisione Italiana), con SNAM Rete Gas e con A.B.I. (Associazione Bancaria Italiana) - rappresenta un ulteriore ed importante passo in avanti del Dipartimento di P.S. nella costruzione di un progetto globale di protezione delle infrastrutture informatiche critiche per la sicurezza e la prosperità del Paese. Tale progetto è parte integrante delle strategie del Ministro dell'Interno in difesa della sicurezza nazionale.

- In questo contesto, nuovi analoghi accordi bilaterali saranno presto stipulati tra il Dipartimento della P.S. e gli altri enti istituzionali o aziende che gestiscono infrastrutture critiche.
Presso la Polizia Postale e delle Comunicazioni è ormai in fase avanzata la realizzazione del "Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche", che sarà in collegamento costante con analoghi organismi di altri Paesi, con provider e gestori nazionali ed internazionali di internet. Il centro fungerà, inoltre, da centrale di coordinamento informativo e investigativo per gli operatori delle strutture territoriali della Polizia Postale e delle Comunicazioni addetti alla prevenzione e alla repressione dei crimini informatici» -:

se il testo dell'accordo sia pubblico e dove sia reperibile e, in caso contrario, per quale motivo non lo sia;

se abbia comportato oneri per lo Stato e, in caso affermativo, quale l'ammontare e da quale fondo siano stati impegnati;

se detta intesa sia tuttora valida e cosa intenda fare alla scadenza della stessa prevista per il settembre prossimo;

se abbia rilevato da parte di Telecom Italia SpA, suoi dirigenti o dipendenti, l'utilizzo fraudolento di dati sensibili degli utenti privati e istituzionali, quali il traffico, i testi delle mail, le conversazioni telefoniche;

se e quali iniziative la Polizia di Stato e le altre istituzioni preposte alla difesa dello Stato abbiano messo in atto per prevenire, controllare e contrastare eventuali abusi da parte di Telecom Italia SpA, suoi dirigenti o dipendenti, nell'utilizzare illegalmente o impropriamente dati sensibili degli utenti privati e istituzionali, quali il traffico, i testi delle mail, le conversazioni telefoniche;

chi siano attualmente gli interlocutori della Polizia di Stato al posto dei signori Marco Tronchetti Provera e Giuliano Tavaroli.




Dagospia 06 Giugno 2007

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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