Donne dei "Salotti Romani..." e non solo

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Raffaele Ranucci e Paolo Cuccia con le rispettive signore

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CAFONALINO
– PARTE SECONDA DEL PARTY RANUCCI
– ROMA CALTAGIRONA, MALATTIA SENILE DEL VELTRONISMO AVANZATO
- DUELLO TETTONICO TRA LISA VANZINA E FEDERICA MARCHINI
– VENDITTI MAGNA MA NON CANTA
- BUCHE DA AZZURRA, RUTELLI, BETTINI…




Reportage di Umberto Pizzi da Zagarolo


Bum! Mezzosecolo di Rana Ranucci, fitto fitto di posti, partiti, poltrone:

da Roma 2004 alla presidenza della Sipra, passando per la Regione Lazio.
Tanto fervore e agitazione ha sempre avuto però un punto fermo chiamato Caltagirone.
E la festona alla veltronissima Casa del Jazz (ex residenza del cassiere della Magliana, Enrico Nicoletti) si è risolta in Calta-party con i suoi cari. Roma veltrona al suo massimo. Un mix di assessori, imprenditori, palazzinari, giornalisti e Antonello Venditti (che non ha voluto cantare).



Assenti con causa: Azzurra Caltagirone e il fido Pierfurby: pare che tra la rampolla del “Messaggero” e Anna Maria Malato, diletta sposa del festeggiato, qualcosa si è rotto (la storia con Casini sbocciò proprio sulla barca di Rana Ranucci). E la coppia Rutelli-Palombelli. Nonché sua maestà Goffredo Bettini.




Andra Mondello con la compagna e Luigi Abete



IL FATATO E FATALE MONDO DI CALTA E WALTER
Giornalisti. Tutto il vertice del “Messaggero”, a partire dal direttore Roberto Napoletano, con l’ex Paolo Graldi. La sorpresa: il vice direttore di Repubblica Paolo Garimberti e il direttore delle pagine romana Cerasa. Da Milano si è scapicollato l’ex del Tritone, Pietro Calabrese, con la sposa Barbara Pesce.



Palazzinari. I fratelli Toti, Claudio e Pierluigi. Il clan Cerasa. Onorio Rebecchini.

Politici. Veltroni, of course. Il vice del Campidoglio, Donna Pia Garavaglia. La margheritina Linda Lanzillotta senza il Bassa. E Piero Marrazzo.

Manager – Il banchiere Luigi Abete (dimagritissimo), il bancario Paolo Cuccia, il boiardino Mondello, il caltagirino Massimo Caputi, Giancarlo Leone con la moglie Parodi Delfino e soprattutto troneggiava Fabiano Fabiani che già tutti preconizzavano come prossimo presidente della Rai.

Imprenditori: Nicoletta Fiorucci, la regina del cotechino, che si lancia nelle primarie del Pidì contro Gasbarra.

Musica. Nicky Nicolai, per un compleanno de noantri, ha iniziato il set cantando: “Io lavoro in un albergo a ore…”. Obitoriale.



Le mejo fiche del bigoncio. Il duo formato da Federica Marchini, sorella di Alfio, e da Lisa Vanzina, moglie di Carlo, ha scombussolato il testosterone dei presenti con scolli da battito animale.

Piacioni. Imbattibili Malagò e Renato De Angelis.

Regali. Ranucci ha invitato i gentili ospiti di non fare doni ma opere di bene. A chi? A una società veltroniana (naturalmente) che si prende cura dei bambini africani.

Regalino finale. A tutti i partecipanti è stato regalato un cd con la figlia di Ranucci che canta una canzoncina per il babbo cinquantenne. E la Salerno Editore, alias Anna Maria Malato in Ranucci, ha stampato un libricino dedicato all’anno di grazie 1957, in cui aprì gli occhioni belli Rana. Presente anche una agghiacciante parodia della Divina Commedia e tante pagine dell’anno fatidico tratte dal Messaggero (tanto per far contento il faraone Caltagirone).




Dagospia 26 Settembre 2007



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Francesco Gaetano Caltagirone con Pietro Calabrese e la moglie Barbara
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Rana Ranucci con la moglie Anna Maria
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Rana Ranucci bacia la moglie Anna Maria Malato

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Linda Lanzillotta

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Linda Lanzillotta con Walter Veltroni e Roberta Marrazzo

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I Caltagirone con la padrona di casa Anna Maria Ranucci

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Maria Grazia Cucinotta con Roberta Marrazzo





Maria Grazia Cucinotta bacia il compagno Giulio Violati

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CAFONALINO
– SSSSS, FATE SILENZIO, SUONA IL VIOLINO DI UTO UGHI PER D’ALEMA E IL SUO CAPOGABINETTO MAURO MASI
- SUI TACCHI A SPILLO SVETTANO LE SMORFIOSE CATERINA BALIVO E PAOLA SALUZZI - MON MANCANO I MANAGER: MAURO MORETTI E GIUSEPPE PECORARO…





Salvatore Taverna per “Il Messaggero”
Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo


La politica si scalda, la febbre sale, ma alcuni deputati e senatori, quando scende la sera staccano la spina per nutrire l’anima.
L’occasione?
Uto Ughi per Roma, all’Auditorium Conciliazione.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si complimenta, via lettera, e promette di non mancare al concerto del 5 ottobre.

Il maestro è soddisfatto e in camerino accorda, accarezzandolo dolcemente, il magico Stradivari.



Si sa, i giovani e la musica impegnano l’artista, continuamente: tra un concerto e l’altro, tra una prova e un viaggio professionale. I ragazzi e le ragazze si perdono dietro suoni commerciali, imposti dal mercato? Ma il grande violinista non si arrende. Con il suo prestigio e la sua autorità cerca di attirare, di calamitare, le nuove generazioni verso i suoni con l’anima.



«Ho verificato personalmente che quando i giovani ascoltano la musica classica dal vivo, e per tanti di loro è la prima volta, ne restano completamente estasiati e molti giungono, addirittura, alle lacrime per l’emozione», ha constatato Ughi. «I giovani aspettano solo qualche musicista che sappia spiegare loro la musica...». Attimo emozionante: il maestro, sul palco, viene accolto da un uragano di applausi.



Ughi stringe la mano a Francesco Carducci, amministratore unico dell’Auditorium Conciliazione, al direttore Valerio Toniolo e ad Alessandro Casali, presidente del gruppo Mit eventi. Poi, silenzio. Ughi sfiora tra le dita l’archetto e trasmette la sua grande energia al violino. Con lui si esibisce l’orchestra da camera I filarmonici di Roma.

Al via con Mozart: Sinfonia numero 24 in sib. maggiore K 182, allegro spiritoso, andantino grazioso, allegro. E gli applausi arrivano in Paradiso. Si prosegue con Kreisler e poi Mendelssohn, ancora Mozart, Wieniawski, Saint-Saens, fino al gran finale travolgente, il genio Niccolò Paganini, Concerto numero 2 in si minore (”Campanella“). Il pubblico, in piedi (nelle prime file i giovani) batte le mani all’infinito.



Visti i ministri Massimo D’Alema, Esteri, e Luigi Nicolais, Riforme. Sui tacchi a spillo svettano Caterina Balivo e Paola Saluzzi. Non mancano i manager: Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie, Giuseppe Pecoraro, responsabile dei Vigili del fuoco, Paolo Ferrari e Nicola Maccanico della Warner Bros, Enrico Cisnetto, penna economica di successo e re degli incontri di Cortina, il generale Rolando Mosca Moschini, Antonio Catricalà, il produttore Antonio Ferraro e l’attore Franco Nero.


Linda Giuva e Massimo D'Alema

Dopo i suoni magici, il buffet. Centocinquanta invitati raggiungono la sala del Coro, luogo incantevole, con vista su via della Conciliazione. Tutti si complimentano con il maestro. Che magnifica serata.





Dagospia 27 Settembre 2007
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Uto Ughi con Massimo D'Alema e sua moglie Linda Giuva

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Caterina Balivo ed Alessandro Casali


Nicola Maccanico e Caterina Balivo

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Alessandra Casali e Cristiana Del Melle

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SULLA VIA PER FATIMA, A CACCIA DI BERTONE, SOCCI FERMATO DA GUARDIE SVIZZERE

E POCO CI È MANCATO CHE LO TRASCINASSERO FUORI DAL VATICANO CON LA FORZA.

SOCCI: “CHI COMANDA IN VATICANO?
IL PAPA È FORSE STATO ESAUTORATO DI FATTO?”



Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo


1 - SULLA VIA PER FATIMA, IL CRISTIANO SOCCI È FERMATO DALLE GUARDIE SVIZZERE…
Paolo Rodari per il Riformista


Alla fine lo Straniero (Antonio Socci) è entrato ieri sera in territorio "nemico" (in Vaticano)

e ha gentilmente chiesto, prima che iniziasse l'incontro di presentazione dell'ultimo libro del segretario di Stato, Tarcisio Bertone, dedicato alle apparizioni di Fatima, di poter porgere una sola domanda al porporato alla quale egli avrebbe potuto rispondere anche soltanto con un sì o con un no.



La domanda doveva essere la seguente: «Eminenza, lei è pronto a giurare sul Vangelo che alla famosa frase della Madonna contenuta nel terzo segreto di Fatima reso noto dal Vaticano nel 2000 ("In Portogallo si conserverà sempre il dogma della fede etc", disse la Madonna) non segua nient'altro?».

Se Bertone avesse risposto di no, Socci avrebbe vinto la sua partita tesa a dimostrare che in realtà esiste un prosieguo al terzo segreto così come che tutti lo conoscono.
Se avesse detto di sì, lo Straniero avrebbe giocato un'altra carta e cioè avrebbe fatto ascoltare la registrazione autentica che monsignor Capovilla, ex segretario di Giovanni XXIII, rilasciò a uno studioso di Fatima, Solideo Paolini, nella quale egli dichiarava che sì, «oltre alla quattro paginette, c'era anche qualcos'altro, un allegato, sì». In sostanza la prosecuzione del terzo segreto nella quale si profetizzava l'apostasia della Chiesa.



Ieri sera Capovilla è intervenuto, lui sì, alla presentazione del libro con un'intervista registrata e, oltre a difendere la tesi di Bertone, ha anche ammesso - ed è questa una cosa singolare e mai uscita prima - che papa Giovanni lesse il messaggio due volte, una prima nel '63, una seconda nel '65. Un'ammissione che suona come un autogol per lo stesso Vaticano secondo il quale, invece, il segreto sarebbe stato letto dal papa soltanto nel '65. Una contraddizione inspiegabile e che dimostra che in realtà nel '63 e nel '65 il papa lesse due testi differenti, perché il primo per ammissione dello stesso Capovilla era custodito nella sua stessa stanza, il secondo nell'ex Sant'Uffizio.

E dunque, il terzo segreto, non sarebbe stato scritto su un foglio solo. Insomma un bel casino che, non per colpa di Socci, ieri sera ha vissuto un ulteriore e inatteso episodio. Ecco come sono andate le cose: lo Straniero, visto che non poteva rivolgere a Bertone le sue domande durante la conferenza, ha aspettato l'arrivo del cardinale fuori dalla porta della sala. Bertone, però, è stato fatto entrare da un ingresso secondario e così Socci non lo ha potuto incontrare. Preso atto che «la Chiesa del dialogo - sono parole di Socci - è divenuta Chiesa del monologo», lo Straniero si è fermato fuori alla sala per dire civilmente la sua ai pochi giornalisti presenti. Avvicinato dalla gendarmeria vaticana, però, gli è stato chiesto, senza motivo, di allontanarsi.



Lui ha reagito male e poco ci è mancato che lo trascinassero fuori dal Vaticano con la forza. Un brutto episodio per l'ultimo - ieri anche Vittorio Messori ha detto che non può aderire al delirio dei visionari perché non crede che i vertici della Chiesa arrivino a manipolare i fatti -, solitario difensore della tesi di un segreto sempre più misterioso.

2 - MA CHI COMANDA IN VATICANO?...
Antonio Socci per “Libero”


Ma chi comanda in Vaticano?
Benedetto XVI è forse stato esautorato di fatto?
O è clamorosamente boicottato?
Più di un sospetto viene davanti all’ultimo “giallo”
(ce ne sono altri precedenti) che ha segnalato – trionfalisticamente – sul Corriere della sera di ieri Alberto Melloni, capofila dei cattoprogressisti martiniani.



Parlando del Motu proprio del Papa che restituisce libertà di celebrare la Messa col rito tradizionale,
provvedimento a cui il Papa tiene tantissimo, al punto da averne fatto un pilastro del suo pontificato,

Melloni rivela che, sebbene sia entrato formalmente in vigore il 14 settembre scorso, qualcuno ha preso la “saggia decisione di tenere ancora a bagno maria” il decreto,
non facendolo pubblicare negli “Acta Apostolicae Sedis” ovvero “l’organo che dà vigore ai provvedimenti papali”.


E’ una rivelazione clamorosa:
c’è qualcuno in Vaticano che conta più del Papa e provvede a sabotare nella sostanza ciò che il Papa decide e firma?
In quale altro modo si può spiegare il caso?
Incidenti simili erano già capitati nei mesi scorsi, anche per l’enciclica di Benedetto XVI che infatti uscì con cospicuo ritardo sui tempi annunciati.
Ma questo è il più clamoroso ed ha un grave valore simbolico.
Anche se adesso faranno un qualche rattoppo. Cosa sta accadendo Oltretevere?

Il professor Giuseppe De Rita, che conosce bene gli ambienti di Curia, in un’intervista recente al Corriere della sera, dichiarò che il Papa “scrive libri e dà l’idea di aver deciso di non comandare”, mentre altri hanno “la tentazione di farlo”.
Ora, è vero che il papa teologo mostra qualche difficoltà nel governare la Chiesa e, per esempio, ha fatto nomine pessime.
Ma è impossibile che abbia rinunciato a fare il Papa.


Il fatto è che Benedetto XVI è praticamente solo nel Palazzo apostolico e la barca di Pietro è sballottata qua e là dalle burocrazie clericali (sì, c’è una casta anche nella Chiesa).
Che nelle logge vaticane questa sia la logica lo dimostrano anche le recenti nomine episcopali, quasi tutte di “martiniani”, quando proprio il cardinal Martini, oggi più apertamente che mai, contesta il magistero del Papa. L’ultimo episodio riguarda lo stesso Motu proprio che l’ex arcivescovo di Milano ha clamorosamente bocciato (dando la linea a molti vescovi italiani che si sono apertamente ribellati al Papa).

Mentre le condizioni della Chiesa, anche in Italia, sono tragiche – come mostrano quotidianamente le cronache dei giornali – sembra che in Curia siano affaccendati solo in lotte di potere.
Il Papa invece ha una percezione drammatica delle condizioni della Chiesa.
Lo dimostra il grido che lanciò nella storica Via Crucis del 25 marzo 2005:
“Quanta sporcizia c’è nella Chiesa,
e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!
Quanta superbia!”.


Ma quando, dove e come si è fatta pulizia dopo una così clamorosa denuncia?
Il Papa da solo non può, ma anche lui prima o poi dovrà fare scelte coraggiose.
Per non continuare come si è fatto per lungo tempo, quando si sono perseguitati i santi
– come si è perseguitato Padre Pio, come si è perseguitato don Giussani –
e si sono coperte le sporcizie che non si dovevano coprire.
Ricordo il drammatico grido di don Giussani nella sua ultima intervista:
“La Chiesa si è vergognata di Cristo”.

Intendeva dire: gli uomini di Chiesa, che però non si sono vergognati della tremenda “sporcizia” denunciata da Ratzinger.

Non c’è solo la sporcizia morale, ma anche il mancato rispetto della dignità umana.
Basti vedere in che condizioni è il Vaticano, unico stato europeo dove la dignità e i diritti della persona, che la Chiesa giustamente difende dovunque, sono carta straccia.

La Curia può pure sprofondare, ma la Chiesa no e, grazie al Cielo, non sarà distrutta.
Pio XII
una volta disse a un personaggio, noto anticlericale, che se non erano riusciti i preti a distruggere la Chiesa, non ci sarebbero riusciti neanche loro.
San Vincenzo de’ Paoli fu ancora più duro:
“La Chiesa non ha nemici peggiori dei preti”.

La storia in effetti fa riflettere. Basti considerare cosa hanno dovuto subire molti santi. Pio XII, parlando una volta di Padre Pio, disse: “Non dimenticate quante persone sono state proclamate sante, nonostante che il Santo Offizio le avesse colpite e condannate”.

Facile acclamare queste persone innocenti poi quando la Chiesa le canonizza. Era dovere difenderle prima, quando gli uomini di Chiesa li perseguitavano.
Ma purtroppo nel mondo cattolico domina l’opportunismo, il servilismo e il clericalismo.
Gli intellettuali, perlopiù, o sono succubi di ideologie nemiche o sono interessati solo a baciare la pantofola al prelato potente del momento.

L’unico uomo libero nei palazzi curiali, seppure solo, resta Joseph Ratzinger. L’unico non clericale.

L’ho conosciuto circa venti anni fa, la prima volta che lo invitai a Siena per una conferenza.
E lui – essendo già prefetto della Congregazione per la dottrina della fede – sorprese tutti tenendo una lezione sulla memorabile frase di Newman:
“brindo al Papa, ma prima alla coscienza”.

Ben pochi infatti, fra i cattolici, conoscono l’autentica dottrina cattolica che, peraltro, è sottolineata anche nel Catechismo dove si cita una frase simile di Newman:
“la Coscienza è il primo dei vicari di Cristo”.
Questo significa che i cattolici hanno il dovere di dire la verità,
di riconoscerla anche quando fa male
e di affermarla anche contrapponendosi a uomini di Chiesa.


Quanto avrebbe da guadagnare la Chiesa dall’esistenza nel mondo cattolico di uomini liberi come erano nel Medioevo santa Caterina, Dante o Antonio da Padova, veri figli di Dio i quali sanno che non si serve Dio con la menzogna, con l’omertà e col servile vassallaggio di un certo clericalismo.
Quanti fatti orrendi sarebbero stati evitati, risparmiando alla Chiesa la vergogna e l’onta.

Sentite quest’altra memorabile pagina.
Vi sorprenderà perché è di Joseph Ratzinger:
“Al di sopra del papa,
come espressione della pretesa vincolante dell’autorità ecclesiastica,
resta comunque la coscienza di ciascuno, che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa,
se necessario anche contro le richieste dell’autorità ecclesiastica.

L’enfasi sull’individuo, a cui la coscienza si fa innanzi come supremo e ultimo tribunale, e che in ultima istanza è al di là di ogni pretesa da parte di gruppi sociali, compresa la Chiesa ufficiale, stabilisce inoltre un principio che si oppone al crescente totalitarismo”.




E’ straordinario che sia diventato Papa il teologo che ha scritto questa pagina.
Ed è ovvio che in Curia il partito clericale tenti in ogni modo di isolare e sabotare questo straordinario “anticlericale”,
nel senso in cui era anticlericale Gesù quando fulminava gli apostoli intenti a spartirsi i posti di potere.
Gesù li zittì dicendo:
“Voi sapete che i capi delle nazioni spadroneggiano e i grandi esercitano il potere sopra di esse.
Ma non così dovrà essere tra voi;
anzi chi tra voi vorrà essere il primo si faccia vostro schiavo;
appunto come il Figlio dell'uomo il quale non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita per la redenzione di molti”
(Matt. 20, 25 28).




Infatti la speranza e la forza della Chiesa
non sono quelli che hanno trasformato la Chiesa in un luogo di potere, ma quelli che seguono Gesù sulla croce.

E’ ancora Joseph Ratzinger a sottolinearlo:
“Le vie di Dio sono diverse:
il suo successo è la croce…
non è la Chiesa di chi ha avuto successo ad impressionarci,
la Chiesa dei papi o dei signori del mondo,
ma è la Chiesa dei sofferenti che ci porta e credere, è rimasta durevole, ci dà speranza.
Essa è ancora oggi segno del fatto che Dio esiste e che l’uomo non è solo un fallimento, ma può essere salvato”.



Dagospia 27 Settembre 2007
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Pia e Lilio Sforza Ruspoli

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Domenico Bonifaci con le figlie
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CAFONALINO – TUTTI IN FILA DA FILO (DELLA TORRE) E CLAUDIO BRACHINO – IL MITOLOGICO INVIATO DI “REPUBBLICA” E IL NEO DIRETTORE DI VIDEONEWS DISCETTANO DEL MISTERO SULLA MORTE DI LADY D – ASCOLTANO ESTASIATI SORGI, ROSSELLA, MELOGRANI…




Eleonora Sannibale per “Il Tempo”
Foto di Umberto Pizzi da Zagarolo


Ci sono ancora troppe cose che non tornano nella vicenda della morte di Lady D. Troppe per accontentarsi della verità ufficiale, per credere che sia stato solo un incidente. Il flash che ha fatto sbandare la Mercedes di Diana e Dodi era davvero quello di un paparazzo? C’è stato uno scambio di provette nelle analisi del sangue del loro autista? È vero che qualcuno voleva Diana morta?



Queste e mille altre domande ancora nel libro «Chi ha ucciso Lady D?», scritto a quattro mani dal giornalista di «Repubblica» Paolo Filo Della Torre e dal Vice Direttore di Studio Aperto Claudio Brachino.



Barbara Modesti

L’altra sera, all’Hotel Majestic di via Veneto, Filo Della Torre e Brachino hanno presentato al pubblico romano l’acclamato volume, un giallo sulla morte della principessa più amata del mondo, arrivato già alla terza ristampa. All’evento hanno partecipato numerosi volti noti del mondo giornalistico e dello spettacolo.



Antonia De Mita


Tra gli altri Piero Melograni, Livia Azzariti, Carlo Rossella, Ilaria Filo Della Torre, Marcello Sorgi, Valeria Licastro, Maria Rosaria Omaggio, Antonia De Mita e Giorgio Medail, direttore della Tv della Libertà, che ha intrattenuto gli ospiti a cena raccontando alcuni divertenti aneddoti.



Livia Azzariti


Dagospia 28 Settembre 2007
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