Naturalmente le cose non erano così semplici.
La morte di fratel Pietro era solo
un pretesto.
L'eresia era fiorita per oltre un secolo nella bellissima Linguadoca, tra il Rodano e le montagne, e Innocenzo sapeva benissimo che l'eresia dei Catari e degli Albigesi aveva come unica origine la spaventosa corruzione del clero. Egli scrisse persino di sua propria mano :" In tutta questa regione i prelati sono fonte di irrisione e riso per i laici. Ma l'origine del Male risiede nell'arcivescovo di Narbonne. L'uomo non conosce altro dio che il denaro ed ha un portafogli (borsa) al posto del cuore. Nei dieci anni in cui ha retto la carica (di arcivescovo) non ha visitato una sola volta la sua diocesi...dove tutti possono osservare preti e monaci che hanno gettato alle ortiche i loro abiti, hanno preso mogli ed amanti e vivono di usura".
Fonti dell'epoca confermano che in Linguadoca, come in molti altri luoghi, preti e vescovi vivevano come puttanieri. Giocavano d'azzardo, andavano a donne, scomunicavano a piacimento chi li guardava storto, non dicevano messa, chiedevano un prezzo per tutto, dalle ordinazioni sacerdotali alle dispense matrimoniali e cancellavano a piacere le disposizioni testamentarie, appropriandosi dei beni del defunto.
I perfecti Albigesi erano invece uomini e donne casti e morigerati che evitavano i piaceri terreni ed ai quali era attribuita una grande autorità morale.
Essi negavano i dogmi ed i sacramenti della Santa Chiesa, disprezzavano il clero e
chiamavano Roma "La Puttana di Babilonia" ed i suoi vescovi "Gli Anticristi" .
Sembra che predicassero una forma di dualismo nel quale il Dio del Vecchio Testamento era responsabile del male e della terrena corruzione mentre Gesù era il Dio del mondo dello spirito.
Questa era una delle ragioni per cui disprezzavano icone ed immagini sacre, reliquie e la stessa croce, immagine della morte terrena. Corpo e sesso erano fonte di male e persino l'avere figli non era giusto in quanto avrebbe prodotto altri "terreni" esseri viventi.
Non sembra però che vi fossero atteggiamenti costrittivi nei confronti di chi non riusciva ad adeguarsi ai loro standard morali ed erano ospitali e comprensivi verso i presunti "peccatori".
Non risulta facilissimo interpretare correttamente le loro dottrine in quanto non è rimasta documentazione se non in misura ridotta e casuale.
Innocenzo III ordinò di esibire l'abito di fratel Pietro in ogni chiesa della Linguadoca al fine di promuovere
una nuova crociata.
E questa volta non contro i Turchi ma contro altri cristiani che si limitavano a negare la Sua autorità.
Vero è che
Innocenzo aveva già provato a liberarsi degli Albigesi con sistemi meno cruenti.
Aveva spedito in Linguadoca Domenico, che avrebbe poi fondato
l'ordine domenicano (fantastico serial killer nel corso di tutto il periodo dell'Inquisizione), ma il frate era tornato dicendo:
"Li ho pregati piangendo, Santità, ma dove la preghiera ha fallito un grosso bastone potrebbe ottenere risultati".
Innocenzo aveva poi inviato Pietro e fratel Raoul.
Pietro aveva accusato
Raimondo, Conte di Tolosa, di nascondere e proteggere gli eretici,
e, dopo averlo scomunicato, era stato ammazzato da un suo cavaliere.
La crociata di Innocenzo III costituisce una terribile macchia per la Chiesa.
Il Pontefice diresse od organizzò scientificamente una guerra contro cristiani
in una terra cristiana,
dove era virtualmente impossibile separare gli ortodossi dagli eretici.
Per questo, in assoluto contrasto con le parabole di Gesù, si decise di bruciare insieme il grano e le erbacce.
Continua . . .
Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.