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Altro che Ponte sullo Stretto, la Sicilia non ha più strade:
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Quando accadrà, perché purtroppo accadrà che qualcuno ritiri fuori il Ponte sullo Stretto,
la grande opera che dovrebbe proiettare la Sicilia verso l’Europa, teniamo a mente questa lista.
È un elenco – nemmeno completo – dei piloni ardenti e cadenti, delle frane avanzanti, dei giunti allentati,
delle voragini che hanno inghiottito le arterie principali dell’isola. Le principali, perché tenere il conto della viabilità generale
significherebbe condannare il lettore a interruzioni senza fine, pagine intere di calamità avvenute e consegnate al ricordo.
Seconda avvertenza: nessuno dei blocchi stradali qui citati sono mai stati recuperati strutturalmente. Ripristini parziali, nella migliore delle ipotesi. Guardiamo la cartina della Sicilia da Enna, questa città piccola e dileggiata, martoriata dai cedimenti. Nel 2009, sei anni fa, cede, nel senso che frana, la strada panoramica: teneva unite le due porzioni di città. “Era un’opera inaugurata nel 1962 e considerata un capolavoro italiano dell’ingegneria stradale in muratura”, spiega Giuseppe Amato di Legambiente. Nell’attesa della gara per affidare i lavori ha ceduto, il 1° novembre del 2015, anche il secondo troncone della panoramica. Adesso è tutto fermo, chiuso, morto.
Venti cantieri in 200 chilometri
Meglio partire e andare altrove dunque? Decidere di proseguire per Palermo significa ingaggiare una lotta con le deviazioni. Ci sono almeno venti cantieri nei duecento chilometri della A19, l’autostrada che congiungendo il capoluogo a Catania, attraversa la pancia della Sicilia. Quella frana spaventosa che l’anno scorso portò via il viadotto in località Scillato, facendolo adagiare sul costone opposto, è lì che si muove. Prima la cosiddetta trazzera dei grillini – strada d’emergenza finanziata con i fondi che il gruppo del M5S riceve dall’Assemblea regionale – e poi una bretella più strutturata e sicura hanno almeno creato un bypass che non impone l’arresto della marcia. Stessa fortuna, diciamo così, non ha avuto la superstrada veloce che collega Gela a Caltanissetta. Era il 21 maggio del 2009, ed erano appena stati ripresi i lavori di ammodernamento bloccati per 15 anni a causa delle indagini su possibili infiltrazioni mafiose. Quel giorno cede un giunto del viadotto lungo ben 1.480 metri e che corre a circa 90 metri di altezza. Non ci sono morti per fortuna. Ma da allora non c’è nemmeno più la strada.
Sempre a maggio, ma del 2011, crolla una campata di un ponte ferroviario sulla linea Caltagirone-Gela. Da allora niente più treno, si prende il bus. Quel tratto allunga la lista dei binari morti, cessati per cause naturali oppure destinati all’oblio per assenza di manutenzione. E tre anni fa, era il 2 febbraio del 2013, crolla – ricordate? – il viadotto Verdura lungo la statale che da Agrigento conduce a Sciacca. Non ci sono morti neanche in quel caso: un automobilista si accorge per tempo, mette di traverso la sua auto e chiama i soccorsi. Anche lì, come ovunque, un cimitero di iniziative.
Adesso si cammina a corsia unica, il viadotto è stato incerottato in attesa che progetto e finanziamento si trovino, si incontrino e soprattutto vengano affidati a mani esperte e possibilmente pulite.
Stringere la carreggiata
A Calascibetta, che è un luogo meraviglioso, un paese magico, e dovrebbe divenire una destinazione obbligata per chi abbia voglia di conoscere i siciliani, smotta un enorme costone di roccia sulla strada che la collega ad Alimena, in provincia di Palermo. È una statale trafficata, essenziale per chi lì abita. È il 2013. Sapete cos’è accaduto da allora? Uno studio di fattibilità e due diverse ipotesi in campo: realizzare il nuovo tratto nelle immediate vicinanze di una necropoli preistorica oppure farlo passare in un campo di grano? Indovinate un po’ cosa è successo? Ci aiuta sempre Giuseppe Amato, dirigente di Legambiente e studioso della mappatura di passi e sottopassi bucati o franati: “Le attività di esproprio del campo di grano si sono inspiegabilmente bloccate. Quindi resta la necropoli, ah ah”.
7 luglio 2014, statale 626 in contrada Putrella di Licata, provincia di Agrigento. Crolla all’improvviso, infartuato e morente, un viadotto per cedimento strutturale. Crac del cemento (alleggerito?). Da allora tutto come prima. Si è semplicemente provveduto a chiudere il viadotto.
Le vergogne non sono finite e la via della riabilitazione dell’Anas, che adesso è guidato da un presidente – bisogna dirlo – intenzionato a ripulire gli ambienti e rinnovare la dirigenza, è ancora lunga. Sprofonda – all’altezza di Mezzojuso – la strada che congiunge Agrigento a Palermo. Metà della carreggiata, inaugurata pochi giorni prima, scompare alla vista. È il 4 gennaio dell’anno scorso. Da allora solo cerotti. Il buco è lì, un by-pass consente la circolazione a passo di lumaca. Nell’età delle frane, e nell’isola che più soffre di incuria, gli smottamenti sono come il cappuccino al bar: un appuntamento quotidiano.
Il 27 maggio del 2015 gli automobilisti si accorgono che il viadotto Cinque Archi, tra i comuni di Santa Caterina Villermosa (Catania) e Villarosa (Enna) si sostiene su pilastri che appaiono paurosamente in balia della corrente del fiume dove sono immersi. Filmano ogni cosa, la notizia corre sui social e arriva in procura. Sopralluogo dell’Anas che spiega che i plinti fanno presa su palificazioni sotterranee. E quindi? E quindi carreggiata ristretta, così il peso si alleggerisce e il pericolo si riduce.
Resta da riferire due ultime frane, ricordando sempre che qui abbiamo sommariamente registrato gli accadimenti occorsi alle arterie principali, avvenute poche settimane fa. A ottobre si interrompe al chilometro 222 la Palermo Agrigento. In tilt la circolazione della Sicilia centro occidentale. Il 29 novembre i carabinieri chiudono un viadotto sulla Palermo-Sciacca. Un pilone paurosamente sbanda e s’inclina. Prontamente l’Anas interviene e rassicura: tutto a posto. Provvede al cerotto, cioè riduce la carreggiata e amen.
Dove eravamo rimasti? Ah sì, al Ponte sullo Stretto…
Da: Il Fatto Quotidiano, 14 febbraio 2016
Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.