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Oggi la presentazione del libro di Benedetto XVI: "Gesù di Nazaret"

Ultimo Aggiornamento: 28/05/2007 18:49
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13/04/2007 11:44

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Viene presentato oggi il libro di Benedetto XVI Gesù di Nazaret, che sarà in vendita nelle librerie da lunedì 16 aprile nelle edizioni italiana (Rizzoli), tedesca (Herder) e polacca (Wydawnictwo M). L’opera verrà presentata, alle ore 16, nell’Aula del Sinodo presso l’Aula Paolo VI. Nella prefazione del libro, già resa nota nei giorni scorsi, il Papa scrive che con questo volume si propone “di presentare il Gesù dei Vangeli come il vero Gesù, come il Gesù storico nel vero senso della espressione”. Il Papa si dice convinto che “questa figura è molto più logica e dal punto di vista storico anche più comprensibile delle ricostruzioni con le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi decenni”. Su questo passaggio, Fabio Colagrande ha raccolto la riflessione del biblista padre Giulio Michelini, docente di Nuovo Testamento presso l’istituto teologico di Assisi:


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R. – Penso che ce ne fosse bisogno e tutti accolgono favorevolmente questa iniziativa. C’è il desiderio di riappropriarsi di un qualcosa che è stato, forse, dimenticato. In questo senso l’iniziativa del Pontefice è buona per far ritornare i credenti alla radice del problema, perché – forse in Italia in particolare – siamo in una situazione in cui il catechismo che è stato insegnato ai bambini non basta più ed è necessario riappropriarci della fede che ci è stata donata, purché lo si faccia senza sconfessare una tradizione bimillenaria che ci è stata consegnata. Cosa che, invece, sta accendo, mi sembra con alcune pubblicazioni.

D. – Padre Michelini, nella prefazione al suo libro, che è stata anticipata, il Papa racconta che alcuni studi critici dagli anni Cinquanta in poi hanno lasciato l’impressione che noi sappiamo ben poco di certo su Gesù e che solo più tardi la fede nella sua divinità ha plasmato questa immagine. Ha parlato di una situazione drammatica per la fede, da questo punto di vista. Come studioso del Nuovo Testamento, cosa pensa di queste parole del Papa?

R. – Io sono d’accordo, anche perché ora siamo sull’onda lunga di questo scetticismo che vedeva un divario invalicabile ed incolmabile tra la figura del Gesù storico e il Cristo della fede, per esempio quello presentato dalle Chiese e in particolare facciamo riferimento alla nostra Chiesa cattolica. Questi studi, che pure sono meritevoli e sono stati forse necessari, hanno però portato alla conclusione che è irraggiungibile la figura di Gesù. C’è ora un’altra onda lunga che credo venga dal Nord America e che ha un’altra impostazione e cioè che noi siamo di fronte ad un mito nuovo delle origini cristiane. Se dagli anni Cinquanta – come scrive il Papa – si diceva che il Gesù della storia fosse diverso dal Cristo della fede presentato dalle Chiese, ora si dice che il Cristo presentato dalle Chiese è un Cristo falso, un Cristo che non corrisponde alla storicità. Questo si legge anche in recenti pubblicazioni, che sono state anche fortemente pubblicizzate nel panorama italiano e in base alle quali noi nelle Chiese sentiremmo parlare di un Gesù totalmente diverso da quello che Lui è realmente stato. Questo non è vero, perché certo la Chiesa ha la fatica di presentare il Volto di Cristo, ma è anche sempre stata attenta che non dicesse delle fandonie, che non inventasse dei miti, ma che pronunciasse proprio quel Vangelo che era il Vangelo ricevuto duemila anni fa.

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Il libro, scrive sempre il Papa, è frutto “di un lungo cammino interiore”. Benedetto XVI avverte nella prefazione che il suo Gesù di Nazaret “non è assolutamente un atto magisteriale, ma è unicamente espressione” della sua “ricerca personale del Volto del Signore”. Sul contributo che questo libro può offrire alla conoscenza della figura di Gesù Cristo, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Michele Piccirillo, archeologo presso lo Studium Biblicum Francescanum di Gerusalemme:

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R. – Credo che il Papa voglia tirare le fila di un discorso che va avanti oramai da una cinquantina d’anni: passato cioè il periodo dell’Ottocento e poi anche la prima metà del Novecento, in cui si parlava un po’ di un Gesù mitico e dell’esegesi che guardava al Vangelo come un fatto semplicemente di fede, si sono fatti degli sforzi in Germania – ed anche fuori della Germania – per superare questa impasse e quindi di cercare di far capire che si può dare un messaggio di fede pur utilizzando fatti storici. Su questa linea già diversi studiosi - anche in Italia - si erano mossi per fare qualcosa di positivo. Linea, questa, che ha seguito anche il Papa con questo libro.

D. – Ecco, un libro come “Gesù di Nazaret” di Benedetto XVI può suscitare interesse e magari in qualcuno semplicemente curiosità, capace però di spingerlo ad avvicinarsi ai Vangeli?

R. – Credo che, al di là dell’autorità del Papa come studioso e al di là dell’autorità del posto che occupa nella Chiesa, sarà un libro di successo. Anche se lui non si aspetta questo, certo non lo ha scritto per questo! Sarà certamente una buona occasione per spingere qualcuno ad andare alle fonti. Abbiamo questi quattro Vangeli ed io, scherzando con i miei amici esegeti, dico: “Scrivete tanti libri sui quei poveri quattro libretti, ma per fortuna che non li cambiate e restano sempre gli stessi!”.


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13/04/2007 12:04

L'OPERA PRIMA DI BENEDETTO XVI: Ecco il Vangelo secondo Ratzinger




Una recente immagine di Papa Ratzinger durante la via Crucis. Il Santo Padre ha avallato l'ipotesi che Gesù abbia celebrato la festività ebraica secondo il rito degli Esseni, una piccola comunità presso i cui insediamenti sono stati ritrovati nel '47 importanti frammenti del Vangelo (ansa)


Riportiamo un interessantissimo editoriale di Martino Cervo su "Libero" a commento del libro del Papa (in uscita la prossima settimana). In un successivo post si parlera' del "duello a distanza" fra Massimo Cacciari e Antonio Socci.
Raffaella


di MARTINO CERVO

Nel giorno del suo ottantesimo compleanno, il Papa regala una novità assoluta. Il 16 aprile uscirà per Rizzoli "Gesù di Nazaret" (pp. 447, 19,50 Euro), in cui per la prima volta nella storia l'autore di un libro "laico" su Cristo è il suo vicario in terra. Libero è in grado di anticipare i contenuti di un'opera attesissima anche per le recenti uscite di Benedetto XVI, che hanno riacceso il dibattito sulla storicità dei Vangeli.
Il Papa "dogmatico", "tradizionalista" e "dottrinario" descrive così il suo lavoro di tre anni (tra l'estate 2003 e il settembre 2006): «Questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale», ma «espressione della mia ricerca personale del "volto del Signore". Perciò ognuno è libero di contraddirmi». Quasi una sfida a farsi contestare, "processare", direbbe Corrado Augias, che avrà modo di confrontare la sua "Inchiesta su Gesù" con quella del Papa.

Ratzinger ha cominciato a lavorare al libro da custode dell'ortodossia all'ex Sant'Uffizio. Il suo auspicio era di dedicarsi esclusivamente ad esso, una volta raggiunta l'età per congedarsi dall'incombenza. Nel frattempo, ne è arrivata un'altra. Vista la gravosità del mandato petrino, il Pontefice ha messo da parte i capitoli sull'infanzia di Gesù mandando alle stampe quelli relativi al periodo che va dall'inizio della sua vita pubblica fino alla Trasfigurazione. Sono le parti più utili, spiega nell'introduzione, alla «crescita di un vivo rapporto con Lui». Dieci capitoli, dal battesimo alle affermazioni di Cristo su se stesso: un testo ponderoso, dotto ma accessibile. Ratzinger espone subito una tesi che farebbe saltare sulla sedia Ermanno Olmi, regista del recente "Centochiodi". Non solo lo strappo tra il "Gesù storico" e il "Gesù della fede" è inesistente, ma l'ipotesi - filologica, storica, e di coscienza - più ragionevole è che Cristo fosse veramente chi diceva di essere. La spiegazione più convincente per la sua corrispondente e imprevedibile umanità sta nell'inimmaginabile pretesa della sua divinità. È una "scommessa" che coinvolge fede e ragione: «L'ermeneutica cristologica», spiega nell'introduzione, «che in Gesù Cristo vede la chiave del tutto, presuppone una scelta di fede e non può derivare dal puro metodo storico. Ma questa scelta di fede ha dalla sua la ragione». Il Gesù della storia.

A colpire è il fatto che questo Papa, dotto teologo, raffinato filologo, colto esegeta, usi tutte queste "armi" per presentare il Gesù dei Vangeli come «reale» e imprescindibile nella sua storicità carnale. Ratzinger cita i suoi punti di riferimento (Guardini, Schnackenburg, de Lubac, Newman). I veri maestri, però, non hanno quasi bisogno di comparire espressamente: da San Tommaso a von Balthasar, le tracce sono così influenti da non avere, in fondo, bisogno di riferimenti espliciti. Il vertice della teologia ratzingeriana, in perfetta armonia con il tono del suo pontificato, coincide con il massimo della semplice nettezza dell'annuncio cristiano, ribadito nella via Crucis di venerdì sera: «Il nostro non è un Dio lontano». Tutta la tradizione ebraica, i salmi, i riferimenti biblici con cui il Papa illumina la narrazione evangelica, sono compiuti da quell'«avvenimento storico precisamente databile» che è la vita terrena di Cristo.

La «fiducia» di Ratzinger nei Vangeli si arricchisce di un passo interpretativo non inedito ma comunque azzardato (Repubblica ieri notava, con tono quasi stupito, un Ratzinger che «riserva sorprese»): riguarda il rapporto tra Gesù e la comunità ebraica degli Esseni. Già nel giovedì Santo Benedetto XVI aveva accennato alla possibilità che il Nazareno avesse celebrato la Pasqua secondo il rito esseno, come spiegato su queste pagine da Caterina Maniaci. Non è una semplice curiosità storica: l'ipotesi salda le apparenti contraddizioni tra i Vangeli sinottici e quello di Giovanni, intrecciandosi con i papiri di Qumran, la cui scoperta - molto dibattuta - ha rivoluzionato gli studi sulla storicità di Gesù. In pratica, la pista essena concilia il racconto sinottico dei riti pasquali celebrati da Cristo e il fatto che la sua morte sia avvenuta (come racconta invece Giovanni) alla vigilia della festività ebraica. Il calendario esseno di Qumran anticipa infatti di un giorno quello tradizionale dell'epoca: la contraddizione cadrebbe. Il libro del Papa parla apertamente di un Gesù legato agli esseni: «sembra che Giovanni Battista, ma forse anche Gesù e la sua famiglia, fossero vicini a questa comunità (...) Non è da escludere che Giovanni il Battista abbia vissuto per qualche tempo in questa comunità e abbia in parte ricevuto da essa la sua formazione religiosa». Più avanti, nel capitolo dedicato al quarto Vangelo, il Papa ne difende l'attendibilità di testimonianza diretta («ricordo personale e realtà storica vanno insieme»), necessario antidoto allo gnosticismo che «lascia alle spalle la carne, l'incarnazione, la vera storia, appunto». La teologia liberale

Fin dalla ricostruzione del battesimo di Cristo Ratzinger vibra colpi alla «teologia liberale» (Bultmann su tutti), tesa a separare storia e fede. Nella perlustrazione della vita di Gesù, il Papa intreccia nuovo e vecchio Testamento, mostrandone la necessaria unità interpretativa. Il continuo paragone tra le parole di Salmi e Profeti e quelle degli evangelisti offre il destro per accenni al presente. La rilettura delle tre tentazioni di Gesù ne è un esempio: esse raffigurano «la pretesa del vero realismo. Il reale è ciò che si constata: potere e pane. A confronto le cose di Dio appaiono irreali, un mondo secondario di cui non c'è veramente bisogno». Per illustrare gli effetti di questa tentazione, il Papa cita due esempi contrapposti: i monasteri benedettini e Chernobyl, «espressione sconvolgente della creazione asservita nell'oscurità di Dio». Nell'episodio di Satana che sfida Gesù a mutare le pietre in pane, Ratzinger vede i bagliori del marxismo, che «ha fatto di questo ideale il cuore della sua promessa di salvezza: avrebbe fatto sì che ogni fame fosse placata e che "il deserto diventasse pane"...».

Ma l'«esito negativo» di questa utopia permette al Papa un'equiparazione con l'atteggiamento dell'Occidente verso i poveri: «Gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, basati su princìpi puramente tecnico-materiali (...) hanno fatto del Terzo Mondo il Terzo Mondo in senso moderno». Sorprendente poi il richiamo a Vladimir Solov'ëv, grande filosofo russo ripreso poche settimane fa da Giacomo Biffi. Il Papa ricorda il "Racconto dell'Anticristo", dove quest'ultimo riceve la laurea in Teologia all'università di Tubinga (città dove lo stesso Papa ha insegnato): «L'interpretazione della Bibbia», annota, «può effettivamente diventare uno strumento dell'Anticristo. I peggiori libri di distruttori della figura di Gesù, smantellatori della fede, sono stati intessuti con presunti risultati dell'esegesi». Più avanti avrà accenti critici anche contro «gli scribi, coloro che si occupano professionalmente di Dio», così facilmente «impigliati nell'intrico delle loro conoscenze». Ha ragione Raz Degan, allora? No: la terza tentazione fa rispondere alla «grande domanda»: «Cosa ha portato Gesù veramente, se non ha portato la pace nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore? La risposta è molto semplice: Dio», non più solo parola ma realtà e, come conseguenza, ethos. Dopo un sofisticato capitolo dedicato al Regno di Dio, Ratzinger dedica 70 pagine a un'entusiasmante rilettura del Discorso della Montagna. Qui il Papa lancia una riflessione che riecheggia i toni del discorso di Ratisbona: «Forse qualcuno diventa beato e verrà riconosciuto come giusto da Dio perché si è impegnato con forza per la e nella "guerra santa"? Perché ha dichiarato norma di coscienza le sue opinioni e i suoi desideri e in questo modo ha elevato se stesso a criterio? No, Dio esige il contrario». Non meno netto il contributo portato dal messaggio delle beatitudini alla laicità: «Gli ordinamenti politici e sociali vengono liberati dall'immediata sacralità, dalla legislazione basata sul diritto divino, e affidati alla libertà dell'uomo». Gesù dunque non è né ribelle né liberale; né, tantomeno, una insipida via di mezzo. Per Ratzinger tutto - filologia, fede, storia - concorre a suggerire come il Nazareno sia effettivamente chi diceva di essere: la Legge diventata Persona, Dio fatto uomo per insegnare a essere uomini. La Chiesa c'è per questo. Questo fatto indica «alla ragione che agisce nella storia lo spazio della sua responsabilità».

Ecco il programma - decisamente poco "conservatore" che ne discende: «Anche la cristianità dovrà continuamente rielaborare e riformulare gli ordinamenti sociali. Di fronte a nuovi sviluppi, correggerà ciò che era stato precedentemente stabilito». Nel capitolo dedicato al "Padre Nostro", la preghiera insegnata da Gesù, Ratzinger scandaglia ogni parola, e giunto all'invocazione «liberaci dal male» scardina la presunzione di indipendenza e autonomia dell'uomo: «Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso; allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione». Affrontando le figure dei discepoli, riprende il tema della razionalità "illuministica" della fede. «Solo la fede nell'unico Dio libera e "razionalizza" veramente il mondo». Le parabole

Ragione e conoscenza tornano nella rilettura delle parabole di Gesù, emblema perfetto dell'educazione, sintesi dell'evidenza secondo cui non si dà comprensione senza partecipazione, senza legami, senza «appartenenza». Addirittura «conoscenza e appartenenza sono sostanzialmente la stessa cosa» (forse niente esemplifica meglio questo come l'insistito utilizzo del verbo «rimanere» nel capitolo 15 di Giovanni, nota il Papa).

La «conoscenza impegnativa» cui introduce Gesù richiede una ragione che non circoscriva il reale a «ciò che è dimostrabile mediante esperimento». A fronte di una simile chiusura della libertà umana non può nulla neppure il miracolo, che anzi - come per i farisei testimoni alla resurrezione di Lazzaro può portare non alla fede ma all'«indurimento». È attraverso questa riduzione che passa lo «spirito della moderna ribellione contro Dio», in ossequio al quale «l'uomo totalmente libero è diventato un misero schiavo». Nell'analisi del vangelo giovanneo, Benedetto XVI riserva parole durissime al cristianesimo che «vuole solo la Parola, ma non la carne e il sangue». Diventando «pura dottrina, puro moralismo e questione di intelletto. Il carattere redentore del sangue di Gesù non viene più accettato. Disturba l'armonia intellettuale.

Chi non vi scorgerebbe qualche minaccia per il nostro cristianesimo attuale?». Nella parte finale, Ratzinger passa in rassegna due episodi della vita di Cristo: la confessione di Pietro («Signore, tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente») e la Trasfigurazione. Sono i due eventi che introducono la missione, il compito generato nella compagnia di chi Lo riconosce e Lo segue nella sua permanenza nella storia: «Nella sequela di Gesù Cristo è in gioco questa nuova umanità che viene da Dio». "Gesù di Nazaret" darà materiale per dibattiti e discussioni per lungo tempo. In fondo, è lo stesso Papa a chiederlo. Ciò che resta più insistente è il tarlo che Benedetto XVI aveva già introdotto sfidando a vivere «come se Dio ci fosse». È dando credito a questa ipotesi che il grande scrittore inglese Clive Staples Lewis ha iniziato la sua conversione. Le parole stupite - ricordate dal Papa - sono un'efficace sintesi di tutto il libro: «Strana faccenda. Tutta la storia del Dio che muore - pare che, una volta, sia accaduta realmente».

IN USCITA L'AUTORE Joseph Ratzinger è nato a Marktl am Inn, in Baveria, il 16 aprile 1927. Nel 1977 diventa in pochi mesi prima arcivescovo e quindi cardinale, creato da Paolo VI. Nell'81 Giovanni Paolo II lo sceglie come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Mantiene questo incarico fino all'elezione al soglio pontificio, maturata il 19 aprile 2005, al secondo giorno del conclave apertosi dopo la scomparsa di Wojtyla (2 aprile).

IL LIBRO "Gesù di Nazaret" (Rizzoli, pp. 447. 19, 50 Euro) uscirà il 16 aprile; è il primo libro "da Papa" di Ratzinger, che può vantare una vasta produzione in campo teologico e culturale. Da quando è Benedetto XVI sono stati pubblicati molti suoi discorsi, interventi, e la sua enciclica "Deus caritas est" (2006). Il nuovo libro è stato scritto in tedesco. Uscirà in contemporanea nella lingua madre di Ratzigner, in italiano e in polacco.

LA PRESENTAZIONE Il testo di Ratzinger sarà presentato venerdì prossimo, 13 aprile, in Vaticano, presso l'Aula del Sinodo. A discutere del testo, moderati da padre Lombardi, portavoce della Santa Sede, saranno il cardinal Christoph Schönborn, il professore valdese Daniele Garrone e il filosofo Massimo Cacciari. La presenza del sindaco di Venezia ha destato le perplessità di Antonio Socci, che su "Libero" ha criticato l'invito. Ieri Cacciari ha risposto con una lunga intervista al "Foglio". Oggi la nuova replica dell'editorialista di Libero.


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13/04/2007 13:54

Basta prediche da Cacciari l'Anticristo
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di Antonio Socci

Follia in Vaticano: Massimo Cacciari presenta il libro del Papa. Il filosofo, che da sempre pretende di insegnare la fede ai cattolici, parlerà del Gesù di Ratzinger.

Da «Libero», 5 aprile 2007

C’è un famoso detto attribuito a un Papa che recita: «Chi sa fa, chi non sa insegna, chi non sa insegnare dirige. Chi non sa neanche dirigere, fa il politico e governa». In effetti Massimo Cacciari non sa cosa sia il cristianesimo, non avendolo praticato e sperimentato, tuttavia da anni lo insegna sui giornali e cerca di dirigere il Papa e la Chiesa, facendo il politico. Ora il sindaco di Venezia ha un’occasione straordinaria per insegnare al Pontefice il suo mestiere: è stato chiamato a presentare il libro di Ratzinger, "Gesù di Nazaret", il 13 aprile prossimo, nell’Aula del Sinodo, in Vaticano, insieme col cardinale di Vienna Schönborn e con il valdese professor Garrone. Il tutto coordinato dal direttore della Sala stampa vaticana, padre Lombardi. Cacciari potrà spiegare per esempio un fondamentale dogma della fede cattolica che Benedetto XVI ignora di sicuro. È vero che Ratzinger è un raffinatissimo teologo, è vero che è stato per venti anni il "custode" dell’ortodossia cattolica (all’ex S. Uffizio) ed è vero che è perfino Papa e quindi nessuno più di lui conosce le verità della dottrina cattolica, eppure il Santo Padre ignora che fra i "dogmi" della sua fede c’è quello della "reincarnazione". A dire il vero lo ignorano tutti da duemila anni. Ma lo scoop si deve appunto a Cacciari che in una memorabile intervista alla Repubblica dell’11 settembre 2006 pare aver dichiarato: «Secondo la teologia islamica l’ateismo è insito nella rivelazione della cristianità. Dipende dal dogma della reincarnazione».

La "reincarnazione"

La reincarnazione? È l’opposto del cristianesimo, ma non è male come battuta di spirito. Sarà stato un lapsus o un errore del giornalista, ma è divertente che sia capitato a uno che si picca di impartire sempre lezioni a tutti. Innanzitutto al Papa. A bacchettare Ratzinger, come fosse uno scolaretto, il sindaco di Venezia cominciò già alla vigilia della sua elezione, quando bocciò l’espressione «dittatura del relativismo». Poi, subito dopo quella stessa elezione, protestò perché i cardinali non avevano seguito le sue tassative indicazioni di eleggere il cardinal Martini che era amico suo e nel quale egli avvertiva il travaglio di essere cattolico, mentre in Ratzinger - lamentava il barbuto pensatore - il dogma è certezza. Dopo il discorso di Ratisbona Cacciari ha di nuovo bacchettato il Pontefice: «Ratzinger è incorso in una gaffe», «è stata un’imprudenza, bene avrebbe fatto ad argomentare meglio le sue idee». Insomma bocciato. E bocciato pure Ruini e bocciata Oriana Fallaci che - a suo dire - avrebbe «parlato a vanvera, senza usare minimamente la ratio». Infatti la "ratio" è una esclusiva del sindaco di Venezia. Che la sfoggia sempre. Come quando insegna che la religione che «si è imposta agli altri con la violenza» è quella cristiana, mentre «l’islam al contrario, non ha mai usato il "modello assimilazionistico"». Fantastico. Questa fa il paio con la trovata della "reincarnazione". Il mese scorso, quando il Papa tornò sul tema delle "radici cristiane" dell’Europa, Cacciari riprese a tuonare dalla Repubblica: «concezione reazionaria». Intimò poi al pontefice di non fare più «predicozze» e bocciò la critica all’intolleranza laicista: «un’accusa priva di fondatezza». Infine, quando Ruini - su indicazione del Papa - annunciò la Nota della Cei sui Dico, scagliò l’ennesimo anatema: «atteggiamento teocratico», «la Chiesa tradisce se stessa».

Lezioni alla Santa Sede

Ora va a discettare in Vaticano. Non sapendo risolvere da sindaco il problema dell’acqua alta, prova a risolvere da filosofo le domande sull’Altissimo. C’è stato un tempo in cui il pensatore della laguna aveva fatto innamorare vescovi e preti per aver scritto "L’Angelo necessario" (Adelphi). Molti, fermandosi al titolo, o leggendolo senza comprenderlo a fondo, lo considerarono un trattato di angelologia cattolica e videro Cacciari quasi come un convertito. Poi la New Age ha cominciato a diffondere una certa moda degli angeli in salsa gnostica, Cacciari è stato letto più attentamente e si è capito che il suo libro è tutt’altro che cattolico. La rivista dei gesuiti, Civiltà Cattolica, l’ha ironicamente definito «filosofo ombrosamente pensoso» e in ambiente cattolico sono cominciate a circolare addirittura "demonizzazioni" di Cacciari. Maurizio Blondet, all’epoca giornalista di Avvenire, iniziava un suo libro sul "potere iniziatico" (titolo: "Gli ’Adelphi’ della dissoluzione") proprio riportando un’inquietante frase che Cacciari gli rivolse durante un’intervista: «Il Papa deve smettere di fare il katéchon!». E poi spiegò la "parolaccia", si tratta di «ciò che trattiene l’Anticristo dal manifestarsi pienamente». Ne parla San Paolo nell’inquietante sua profezia sull’Anticristo. Blondet la prese male: «Come si può chiedere al Papa di non opporsi al Male? Mi domandai anche: perché Cacciari desidera accelerare l’avvento dell’Anticristo?». Chissà, forse non si capirono. Fatto sta che Cacciari ammalia alcuni cattolici e ne fa inorridire altri. Nel sito dell’Azione cattolica un lungo argomentato articolo del 2004 illustra i contenuti pericolosi del pensiero di Cacciari che cirolano acriticamente nelle sacrestie. Torna l’accento sullo "gnosticismo", l’antico nemico della Chiesa, l’origine di tutte le eresie anticristiane, soprattutto per il suo dualismo che finisce per identificare il Bene e il Male, Dio e Satana, in un inaccettabile Uno. L’antropologa Cecilia Gatto Trocchi - studiosa del mondo occulto e magico - nel 1996 dedica "a Massimo" il suo libro "Il risorgimento esoterico", scritto in risposta al volume di Cacciari "Dell’Inizio". La Gatto Trocchi confronta "L’Angelo necessario" di Cacciari con un libro di Giovanni Papini che contiene questo capitolo: "Il Diavolo è necessario?". Papini riprendeva antiche teorie gnostiche, condannate dalla Chiesa, secondo cui Satana svolgerebbe un ruolo affidatogli da Dio e alla fine anche lui sarebbe stato salvato.

Passione per la gnosi

«Massimo Cacciari aderisce appassionatamente alla tesi fondamentale del pensiero gnostico», afferma la studiosa. Secondo la quale infine il filosofo veneziano sarebbe molto vicino ai temi della New Age. Formulati però in modo colto. Egli arriverebbe a identificare «il nuovo Messia con il Filius perditionis...». Letture allarmate che si trovano riprese da un recente volume sui movimenti esoterici di Roberta Grillo, presidente del Gris della diocesi di Milano. Probabilmente è un eccesso di allarmismo e di complottismo. Bisogna capire che Cacciari usa le categorie teologiche e le dottrine antiche, ma se ne infischia dello "spirito", è sempre di storia e di politica che parla: deve spiegare a se stesso com’è possibile che una persona intelligente sia stata comunista e come si "giustifica" l’orrore che è stato il comunismo. Affronta dunque da filosofo il problema del male e lo risolve all’opposto di Ratzinger che in "Fede, verità, tolleranza" demoliva proprio la tesi della "necessità" del Male. Ecco cosa scriveva il cardinale: «Il male non è affatto - come reputava Hegel, e Goethe vuole mostrarci nel Faust una parte del tutto di cui abbiamo bisogno, bensì la distruzione dell’Essere. Non lo si può rappresentare, come fa il Mefistofele del Faust, con le parole: "io sono una parte di quella forza che perennemente vuole il male e perennemente crea il bene". Il bene avrebbe bisogno del male e il male non sarebbe affatto realmente male, bensì proprio una parte necessaria della dialettica del mondo. Con questa filosofia sono state giustificate le stragi del comunismo, che era edificato sulla dialettica di Hegel, vòlta in prassi politica da Marx. No, il male non appartiene alla "dialettica" dell’Essere, ma lo attacca alla radice». In pratica: il comunismo non è stato un «male necessario», ma solo un Male devastante.

www.antoniosocci.it

GRANDE ATTESA
L’USCITA
"Gesù di Nazaret" (Rizzoli, 446 pagine, 19,50 Euro) uscirà in libreria il 16 aprile, giorno dell’80esimo compleanno di Joseph Ratzinger. Il Pontefice è nato a Marktl am Inn, in Baviera, nel 1927.
LA PRESENTAZIONE
Il libro sarà presentato il prossimo 13 aprile dall’arcivescovo di Vienna, cardinale Christoph Schönborn, dal professor Daniele Garrone, decano della facoltà valdese di teologia di Roma e da Massimo Cacciari, filosofo e sindaco di Venezia. A coordinare l’incontro, che si svolgerà alle ore 16 nella città del Vaticano, nell’Aula del Sinodo presso la Sala Paolo VI, sarà padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede.
I LIBRI DEL PAPA
Edito da Rizzoli, come i numerosi libri del predecessore Giovanni Paolo II, "Gesù di Nazaret" sarà disponibile in contemporanea in tedesco (editore Herder) e in polacco (editore Wydawnictwo). Si tratta del primo libro di Benedetto XVI dopo l’ascesa al soglio di Pietro, anche se sono stati pubblicati numerose raccolte di suoi discorsi e interventi dal 19 aprile 2005, data della fumata bianca, oltre all’enciclica "Deus Caritas est" (2006)
TRE ANNI DI LAVORO
Il libro del Papa è un saggio piuttosto corposo, frutto di oltre tre anni di lavoro. Ratzinger ha scritto le prime pagine durante l’estate del 2003, in uno dei brevi periodi di vacanza (allora era prefetto per la Congregazione della Dottrina della fede). Una volta eletto Papa, ha dedicato al testo «tutti i momenti liberi» fino al settembre 2006, data in cui ha completato le bozze. Si tratta di un volume diviso in 10 capitoli dedicati alla figura umana di Gesù, dal battesimo fino alla trasfigurazione. La parte relativa all’infanzia è stata "rimandata" dall’autore alla seconda parte del libro, di cui non è nota la data di uscita. Il Papa ha preferito quindi concentrarsi sull’attività "pubblica" di Cristo.
NELL’AGONE LAICO
È stato lo stesso Benedetto XVI, nell’annunciare l’uscita del libro durante lo scorso autunno, a invitare a un pubblico dibattito culturale e storiografico sul suo testo. Il Pontefice ha chiarito che il volume potrà essere discusso liberamente da chiunque poiché non vincola l’infallibilità pontificia, non trattandosi di un testo inserito nel magistero papale né in atti ufficiali del mandato petrino.


© Libero

- Contro la leggenda nera -





[SM=x44499] Uellàh Socci, lasciami stare Cacciari [SM=x44512] [SM=x44494] [SM=x44498]

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13/04/2007 15:37

Re: Basta prediche da Cacciari l'Anticristo


Scritto da: Bestionn 13/04/2007 13.54


[SM=x44499] Uellàh Socci, lasciami stare Cacciari [SM=x44512] [SM=x44494] [SM=x44498]





Ti quoto!! Cacciari non si tocca!! [SM=x44499] (credo però che Socci se la sia legata al dito dopo una figuraccia tremenda che ha fatto da Vespa in una discussione in cui Cacciari l'ha demolito [SM=x44452] )
13/04/2007 15:43

Re:


Scritto da: Bestionn 13/04/2007 11.44
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- Radio Vaticana -




Però la copertina mi risulta essere questa --> [SM=x44461]
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13/04/2007 16:52

Re: Re:

Scritto da: Nikki72 13/04/2007 15.43




Però la copertina mi risulta essere questa --> [SM=x44461]



Di sicuro, la Casa editrice avrà fatto anche il volumetto tascabile che, magari, costerà meno dei 50€ [SM=x44497] ... [SM=x44461]

[SM=x44451] Uèh Nikkina, hai ragione! Cacciari (tra l'altro mio ammirevole amico! [SM=x44476] ) non si tocca!
Cacciari è persona di una gentilezza squisita e con un notevole bagaglio di cultura, invidiabile ai migliori salotti non solo venessiani ( [SM=x44468] ( [SM=x44461] ) azzz… peccato – e glielo dico tutte le volte che lo vedo - che sia uno dei pochissimi seri “atei”, assieme alla grande scienziata Margherita Hack, italiani).
(l’ho vista la trasmissione con Vespa di cui parli: sproporzionata la solida preparazione di Massimo con quella normale del buon (?) sorc… mmm… Socci!)

[SM=x44499] [SM=x44462]

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13/04/2007 17:24

Come fare a non andare contro a Socci? vabbè ci han già pensato Odifreddi e Augias a loro tempo [SM=x44451]


Cmq, dai miei ampi studi ( [SM=x44515] ) teologici, son venuto a sapere una prelibata chicca.

i nazareni sono una setta cristiana degli albori, sconfessata dalla chiesa di Paolo insieme ad altre correnti.
i nazareni riconoscevano Gesù come Messia ma non come figlio di DIo: per costoro egli era un grande predicatore, e basta [SM=x44464]

Dato che non esistono prove storiche dell'esistenza di una città chiamata Nazareth (anzi, spesso nella bibbia il Messia viene identificato come nativo appunto di Betlemme)
E' quantomai singolare che l'appellativo nazareno derivi appunto da questa setta che rifiutava la morte e resurrezione
Non trovate? [SM=x44473]


P.s. Il cacciari non lo voto più [SM=x44491]
E' troppo impegnato a fare il fisso tra convegni e salotti, mentre la mia povera città è soffocata dai lavori inutili e dalle ztl volute da quel deficiente di suo predecessore
senza parlare dei compari ( [SM=x44474] ) di cui il cacciari si serve [SM=x44463]
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13/04/2007 17:30

Re: Re: Basta prediche da Cacciari l'Anticristo

Scritto da: Nikki72 13/04/2007 15.37





Ti quoto!! Cacciari non si tocca!! [SM=x44499] (credo però che Socci se la sia legata al dito dopo una figuraccia tremenda che ha fatto da Vespa in una discussione in cui Cacciari l'ha demolito [SM=x44452] )



Dai, [SM=x44518] dai, raccontaci nei dettagli [SM=x44518] [SM=x44519]
tutti devono sapere [SM=x44476]

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
14/04/2007 09:35

Re: Re: Re: Basta prediche da Cacciari l'Anticristo


Scritto da: Etrusco 13/04/2007 17.30


Dai, [SM=x44518] dai, raccontaci nei dettagli [SM=x44518] [SM=x44519]
tutti devono sapere [SM=x44476]




E' passato un anno, quindi ti dico quello che ricordo: la puntata era dedicata all'enciclica Deus Caritas Est, Cacciari la commenta molto positivamente dicendo che è un testo che "corregge" la tradizionale impostazione cristiana che vede l'Eros in secondo piano, se non addirittura rifiutato, e apprezza il fatto che il papa neghi la contrapposizione fra Eros e Agape. una contrapposizione che invece Ratzi mette fra la teologia cristiana e le altre filosofie, cosa che invece per Cacciari è sbagliata o comunque non esatta. però la litigata con Socci è nata dalla definizione delle parole "filosofia" e "ideologia": Cacciari dice che sono una la negazione dell'altra, che la filosofia nasce dall'incontro di culture e pensieri diversi e dal confronto e quindi porta all'evoluzione della società, mentre l'ideologia è un pensiero che viene imposto e su cui non si può discutere, quindi decisamente una cosa negativa e che non può portare alcun progresso. Socci lo ha contraddetto più volte ribadendo che i termini "filosofia" e "ideologia" sono invece sinonimi e abbiano lo stesso significato. Cacciari a quel punto si altera e lo prende per matto (o quasi). Socci tenta di ribattere ma vede che è in netta minoranza (anche Vespa sembra non appoggiarlo) e non apre più bocca [SM=x44453]





[Modificato da Nikki72 14/04/2007 9.42]

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14/04/2007 11:06

Basta prediche da Cacciari l'Anticristo

Scritto da: Nikki72 14/04/2007 9.35




E' passato un anno, quindi ti dico quello che ricordo: la puntata era dedicata all'enciclica Deus Caritas Est, Cacciari la commenta molto positivamente dicendo che è un testo che "corregge" la tradizionale impostazione cristiana che vede l'Eros in secondo piano, se non addirittura rifiutato, e apprezza il fatto che il papa neghi la contrapposizione fra Eros e Agape. una contrapposizione che invece Ratzi mette fra la teologia cristiana e le altre filosofie, cosa che invece per Cacciari è sbagliata o comunque non esatta. però la litigata con Socci è nata dalla definizione delle parole "filosofia" e "ideologia": Cacciari dice che sono una la negazione dell'altra, che la filosofia nasce dall'incontro di culture e pensieri diversi e dal confronto e quindi porta all'evoluzione della società, mentre l'ideologia è un pensiero che viene imposto e su cui non si può discutere, quindi decisamente una cosa negativa e che non può portare alcun progresso. Socci lo ha contraddetto più volte ribadendo che i termini "filosofia" e "ideologia" sono invece sinonimi e abbiano lo stesso significato. Cacciari a quel punto si altera e lo prende per matto (o quasi). Socci tenta di ribattere ma vede che è in netta minoranza (anche Vespa sembra non appoggiarlo) e non apre più bocca [SM=x44453]






[SM=x44462] [SM=x44458]

[SM=x44499] Leggiti anche questa intervista a Cacciari (anticipata da una sua biografia):


Intervista con l’Anticristo


Così l’ha definito Antonio Socci. Qui Massimo Cacciari spiega il suo rapporto con il cristianesimo, le sue critiche alla chiesa, il suo interesse per gli angeli, i suoi teologi preferiti, il suo Gesù dell’amore


di Giulio Meotti

Sono diversi anni ormai che Massimo Cacciari predica nelle cattedrali.
Parla tedesco e francese, padroneggia greco antico e latino, forse sanscrito ed ebraico. Padre medico e madre figlia di una famiglia di artisti, Massimo Cacciari al ginnasio era il migliore. Di lui Toni Negri dice: “Incredibile vedere un giovane destreggiarsi così con Walter Benjamin quando gli intellettuali dell’epoca non sapevano nemmeno dove stesse di casa”.
Guai a contraddirlo oggi che spiega a Benedetto XVI che c’è bisogno di più amore. A meno che non si conoscano termini come edi kalòn o kalokagathos.
E’ stato attaccato da un altro magnifico superbo, Antonio Socci, per il quale Cacciari è il laico meno adatto a presentare il libro su Gesù di Joseph Ratzinger. E i toni erano un po’ da scomunica. Anticristo.
Sebbene vanitosissimo, Cacciari non è mai effimero. E’ un uomo eminente, studi con il grande filologo Giorgio Pasquali e l’ellenista Carlo Diano. Se è mai stato comunista lo era in modo religioso, messianico, purista.
Il suo pavé più celebre, “Krisis”, negli anni Settanta spezzò la schiena al pensiero negativo. Riconosce le grandi acquisizioni, universalistiche ma non prescrittive, dell’evangelizzazione e dei suoi destini, ma della dimensione religiosa conserva una visione perlata ma rarefatta, suadente ma una punta torva, fintamente umile, fra la complessità del reale, la fin troppo umana umanità di Cristo e il senso del tragico. Cristianità innamorata di se stessa, pedagogia al posto di catechismo, scuola di modestia tranne che per i suoi portavoce ermetici. Privilegia una chiesa aerea e pneumatica,
“mondo tra i mondi” al passo coi tempi.
Cacciari è intimo di monsignor Gianfranco Ravasi, stile eterno e notorio, esegeta trendy da filippiche contro “la roba”. Non è un illuminista dello scarto modernista, conosce il fondale buio del nichilismo, ma l’ha sepolto sotto tremila pagine adelphiane di sublime apologetica nicciana. E quando il nichilismo si incarna davvero nei segni della storia, lui torna a predicare esperienza e amore.
Massimo Cacciari non è del genere criptico alla Emanuele Severino o luddista alla Gianni Vattimo, è un tramonto freddo con cascami angelizzanti, cristianesimo che si considera originario e turoldiano, reso trasparente dagli afflati di un R. M. Rilke. E’ “intenso e affettuoso” come Mario Luzi, come un’omelia da pieve di montagna.
E’ facile immaginarselo nel Duomo di Milano, nascosto nella penombra, i faretti che gli illuminano il volto, mentre parla di vanità, hével, fumo, rùach, soffio, dal Libro di Giobbe. Il motore del cacciarismo è il casuismo possibilista che faceva fremere Pascal. Più che pensiero debole, è metafisica fragile.
Genere un solo Dio, molti nomi per dirlo. I cristiani non devono rinunciare all’annuncio della salvezza, ma comunicare con il proprio tempo senza arroganza, fedeli alla parola di amore, sempre l’amore, che Cristo ha affermato contro l’intolleranza. Norma di comportamento, non dogma; compassione, non verità rivelata. Come ha detto il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, il cristianesimo è “complesso d’amore”.
Come tutti i filosofi prestati alla religione,
Massimo Cacciari sarebbe un grandissimo docente di omiletica. Concorda con il cardinale Giacomo Biffi quando dice che “la verità è dura”. Infatti per capirlo spesso si fatica.
Bisogna guadagnarsele tutte quelle parole intrappolate tra il palato e la gola e divise da trattini, calembour, allografi e neologismi. Non a caso è amico dell’arcivescovo di Chieti Bruno Forte, quello della fondamentale distinzione fra il limite e la soglia. L’orfico Cacciari è uno di quelli che si inalbera perché “è” è stato ridotto a copula. Si è abbeverato delle liriche di Hölderlin, dei frammenti presocratici e delle vette nulliste di Meister Eckart. E di Pascal, Lutero, sant’Agostino, Bultmann e Lukács. Del quale condivide il puritanesimo gesuitico.
Per Cacciari l’annuncio giudeo-cristiano, l’uomo chiamato alla salvezza nell’unità di materia e di spirito, sangue e carne, è unico nella storia delle religioni.
Non è uno spiritualista. Ma è difficile liberarsi dell’impressione che anche lui faccia parte del postmoderno e postconciliare dominio dello spirito, del significato e del simbolo.
Di coloro che vogliono una chiesa deistituzionalizzata.
Se il cuore della Riforma è che il Verbo non è si è fatto carne ma carta e l’akmé è un libro con il suo tipografo, Cacciari è un geniale esegeta protestante, problematico, flagellante, ispirato. E’ tra i pochi laici a riconoscere che il contrario della fede non è la ragione, ma la superstizione.
Quando quest’uomo eruditissimo parla di alienazione, angoscia e deiezione non fa altro che riproporre una sorta di “felix culpa” cristiana. E’ la mentalità tedesca ossessionata dalle tenebre turbolente dell’iniziazione. Cacciari è un metateologo il cui linguaggio altissimo è imbevuto di pietismo,scolastica e dossologia luterana. Il rischio è assimilare il “Dio è morto” di Nietzsche alla Pasqua cristiana.
Sono anni che coltiva legami con la chiesa. Da sindaco di Venezia, “città ortodossa”, ha tenuto convegni sui cristiani in Iraq, “terra di profeti”.
Con il cardinale Carlo Maria Martini ha discusso di sant’Agostino (“l’uomo per il vescovo di Ippona è chiamato da una Voce che egli sa in qualche modo riconoscere e nominare”). Ha definito Karol Wojtyla “l’unico che dà voce a valori forti”. Pensiero e preghiera in lui coincidono, “così è per Filone, per Plotino, per la patristica, la scolastica, per i mistici. Quando Kant parlava di ‘abisso della ragione’, denunciava il limite entro il quale la filosofia non ha più risposte. Questo limite è la scoperta che la percezione dell’esistenza delle cose è essa stessa un limite alla conoscenza”.
Non sorprende che il nicciologo con la barba moscovita e gli occhi di brace sia chiamato a presentare in Vaticano il libro di Ratzinger assieme all’arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn. Nel libro “Della cosa ultima”, Cacciari scrive che “la legge del Figlio, dei liberi, diviene quella della Libertà. Per obbedire a chi ce ne ha fatto dono non possiamo fare altro che agire liberamente. Cristo ci ha liberati per la libertà”.


§ § § § § * * * § § § § §



“Il mio rapporto con il cristianesimo è di necessità” dice a colloquio con il Foglio. “Non ne posso fare a meno per pensare, non penso più la storia senza il cristianesimo, non penso la logica senza passare dal Deus Trinitas, non penso la critica del presente per liberarmi degli idoli creati dal materialismo marxista”.

Un accenno a parlare di “scandalo” e il filosofo interrompe.
“Dobbiamo usare la parola nella dimensione etimologica di problema. Scandalo come problema per il non credente. Un uomo di fede ha una relazione senza mediazione con il rivelatum, la parola di Dio. Per un credente il cristianesimo costituisce un non problema. Per un non credente la parola biblica è ostacolo sul cammino, cristianesimo è scandalo per la sapienza del non credente, la sofia. E’ così per la tradizione occidentale. Il cristianesimo è la dimensione essenziale dello spirito europeo, parlerei come Novalis di ‘Europa o cristianità’”.

Vietato citare l’identità.
“Nessuna radice identitaria. Il cristianesimo è domanda continua sul proprio significato, è energia rispetto alla ragione.
La fede è fondamentale per la ragione perché la interroga, la stimola. L’uomo è un cuore inquieto non sedato”. Non ha avuto un’educazione cristiana. “I miei genitori erano agnostici, non praticanti, non hanno avuto alcun ruolo.
Ho incontrato il cristianesimo al liceo nei primi studi di filosofia grazie a Sören Kierkegaard”.

Non vola mai basso.
“La mia scuola è stata il genio danese. Solo negli ultimi vent’anni ho approfondito la Scolastica. Prima ci sono stati Pascal e Agostino. Il cristianesimo è scandalo per la ragione costretta a venire ai ferri corti con quest’irriducibilità.
Per l’interrogazione filosofica il cristianesimo presenta tratti peculiari, riconosciuti dal giudaismo e poi dall’islam. Cosa costituisce il cuore di questa parola cristiana?
Qual è la paradossalità della religione cristiana? E’ qualcosa che va oltre il senso comune religioso. Questo paradosso è il rapporto fra unità e molteplicità, uno e molti, sommo bene e differenze. La straordinarietà e la paradossalità del cristianesimo è concepire questa relazione come necessaria ed eterna”.

Prova a essere più concreto.
“In san Giovanni è evidente nel rapporto fra il Figlio e il Padre. La riflessione trinitaria è imposta in modo straordinario in quell’uomo in carne e ossa. Supera ogni dimensione messianica.
Il Figlio si rivolge al Padre come ‘io sono tu’”. Da qui la tradizione mistica. “Cristo è quest’uomo che mangia, dorme e vive come noi, non è un uomo sublime né ascetico, vive e soffre, vuole parlare e parla. Questo è lo scandalo che assilla l’Europa”.

Dice di aver accolto con letizia la richiesta di presentare il libro di Ratzinger.
“Ho sempre scritto sul rapporto fra filosofia e teologia e a Gesù ho dedicato molte pagine. In particolare al Gesù di Nietzsche. Un filosofo su cui corrono leggende molto superficiali, anche nella chiesa. In Nietzsche c’è ammirazione feroce per la figura di Gesù. Come si fa a non vedere la divinità della figura di Gesù? Chi può aver detto il Discorso della montagna se non Dio? Mi pare che Ratzinger nel libro non sia molto lontano dal tratteggiare Gesù come ha fatto il cardinal Martini. Forse Ratzinger sottolinea meno il carattere inaudito del cristianesimo.
Ma è un saggio bellissimo di cui non si capisce l’importanza se lo paragoniamo all’ossessione legalistica della chiesa di questo periodo”.

Per Cacciari in Gesù l’elemento decisivo
“il suo mandatum novum è l’amore, la misericordia, l’assoluto antilegalismo che ha fatto dire a molti che solo impropriamente si può parlare di una religione cristiana. Gesù non è cosmopolitismo disincarnato, ma ciò che lo rende straordinario non è neanche l’obbedienza alla legge, ma alla parola. ‘Seguimi’, abbandona tutto, c’è sempre la parola. Il cristianesimo ha rotto con il giudaismo su questo punto, è l’uomo nobile che non cerca l’affemazione in questo mondo.
L’uomo che non si impone secondo le leggi di questo mondo. Non si ama il nemico come se stessi in questo mondo”.

Nel suo cristianesimo non c’è solo Karl Barth, ma anche Carl Schmitt.
“Non penso come molti miei amici laicisti che la tradizione politica della grande chiesa romana sia un tradimento di questo messaggio evangelico originario. E’ un messaggio che batte sull’incarnazione, il logos si incarna in questo mondo. Ne deriva anche la necessità della grande forma politica della chiesa romana, la fondazione che Gesù forma intorno a sé, e che in modo consapevole sa che lo tradirà. La consapevolezza di doversi organizzare in modo immanente è stata fondamentale e la chiesa politica deriva dal dogma dell’incarnazione”.

A Roma presenterà il libro assieme a Schönborn, che oltre a essere cardinale è anche uno dei più grandi pensatori della chiesa.
“Il tema dell’inizio è stato dimenticato dalla cultura filosofica novecentesca, dominata dallo storicismo. L’origine è il tema di ciò che dà origine, la causa. Da un punto di vista logico che la causa sia ente sommo o Big Bang non cambia niente. Si tratta sempre di qualcosa di determinabile. E’ il grande problema della teologia, Flaubert diceva che la stupidità è il voler concludere.
Nessuno sa se arriveremo mai a una conclusione su questo punto. Il problema è un altro: comprendere se è possibile pensare l’inizio come pura apertura, lasciar essere e non come causa definita. L’inizio come possibilità. Esiste una teologia che vuole liberare lo stallo in cui versa oggi la chiesa. Io tradurrei l’inizio di Giovanni così: ‘Nell’inizio sta Dio e il logos’.
Grandi pensatori come Cusano, Eckhart e Schelling tentarono di procedere in questa direzione”.

Veniamo ai nomi che più gli stanno a cuore nella chiesa.
“La figura che venero di più è Martini con cui avviai la cattedra dei non credenti a Milano.
E poi Piero Coda e Bruno Forte, con il quale discuterò il mese prossimo di Franz Rosenzweig. E poi Enzo Bianchi, priore di Bose, che ho chiamato a insegnare al San Raffaele. E Natalino Valentini che ha immesso Pavel Florenskij nel dialogo e ho una venerazione per il mio patriarca emerito Marco Cè. Sono vicino ai credenti che parlano della paradossalità del cristianesimo.
E poi monsignor Ravasi con il quale ho un legame filologico.
E infine Nino Fasullo di Palermo. E’ vent’anni che parlo con loro. La chiesa cattolica è una grande forma politica culturale. Penso sia del tutto ridicola la pretesa dei laici di ridurre la dimensione religiosa cristiana a un fatto del cuore. E’ una completa insensibilità storica propria di un certo illuminismo razionalistico. Il cristianesimo non è, come l’islam, una pura religione del cuore”.

Parliamo di questi due anni di pontificato di Benedetto XVI.
“Sono stati anni difficilissimi, l’eredità profetica di Karol Wojtyla non poteva essere riscattata da nessuno. Dopo l’esplosione del profetismo del Papa polacco la chiesa ha avvertito la necessità di riflettere.
La chiesa si trova di fronte a un processo di secolarizzazione nei suoi aspetti nichilistici, sottovalutati dalla cultura laica. Il secolo che stiamo vivendo è affrontato male dalla chiesa, che invece di battere l’accento sui veri grandi aspetti del nichilismo, si occupa di aspetti indifendibili.
La mia è una critica partecipe. La chiesa privilegia il rapporto con un moderato razionalismo, quando dovrebbe confrontarsi con il radicalismo novecentesco. E’ una chiesa che sembra cercare di combattere il nichilismo della secolarizzazione attraverso il compromesso. L’importanza del libro di Ratzinger è nel tornare a parlare di Gesù. Il cristiano non si caratterizza per l’opposizione ai Dico, ma per la misericordia, il cuore che si spacca dal dolore e per l’inferno in terra, il rapporto con Cristo. E’ il fariseo che parla di obbedienza”.

La chiesa ha una grande responsabilità nella mancata alfabetizzazione della popolazione.
“Siamo completamente all’oscuro della tradizione religiosa.
Io voglio poter aprire una cattedra in teologia. Ma non è possibile in Italia. Le facoltà teologiche possono essere solo vaticane. Che scandalo.
L’alfabetizzazione dell’Europa alla sua tradizione giudaico-cristiana è un dovere”.

A Ratzinger imputa di aver impostato male il rapporto con l’obbedienza.
“L’obbedienza è positiva se si va alla sua autentica origine, obbedire come decidere di seguire. L’obbedienza del Vangelo è quella dell’uomoche scommette alla maniera di Pascal e che arrischia. Il cristiano non obbedisce come uno schiavo. Per questo il Concilio Vaticano II ha aperto una prospettiva grandiosa e ha richiamato i cristiani all’incarnazione nel mondo. Respirate a pieni polmoni, come miles, come chiesa militans, in questo mondo. In questo messaggio c’è il pericolo di un compromesso con forme di immanentismo e di subordinazione al mondo.
Ma la contraddizione maggiore del Concilio non appartiene al Concilio bensì al mondo che cambia. Oggi il dramma della chiesa è come stabilire un compromesso con il suo tempo.
Max Scheler che divenne cattolico pose il tema in modo decisivo. Così fece Max Weber. La chiesa del Novecento è la chiesa della lotta contro gli anticristi del totalitarismo. Cosa succede alla religione dell’ubi pecunia ibi patria e con l’idea che la religione sia sentimentalismo e poesia?”.

E’ accusato di essere gnosticheggiante.
“Sono l’opposto dello gnosticismo.
Per Marcione il crocifisso è un simulacro, Dio non può morire. Io sono un razionalista, gnostica è la cultura contemporanea per quanto di anticristico porta dentro di sé. Il cristianesimo per la gnosi è pura letteratura.
L’eresia cristiana più grande è la razionalizzazione dello scandalo cristiano. La gnosi è la riduzione della follia cristiana in filosofia”.

Un punto di svolta nelle relazioni fra la chiesa e le altre confessioni fu la dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede “Dominus Iesus” del 2000.
“Quel documento non mi piace. Perché Cristo è uno che domanda e ha il cuore lacerato fino alle lacrime. Gesù si rivolge ai discepoli, chiede e non ottiene risposta su quando tornerà il figlio di Dio. Collocare la morte in Dio, ecco la sfida per la ragione moderna del cristianesimo.
Quando san Francesco dice ‘sorella morte’ parla di questo. Nella ‘Dominus Jesus’ c’è l’apodittica figura di Gesù che ha vinto la morte come Signore. Gesù non è il Signore meraviglioso che seduce tutti e che vediamo nelle absidi bizantine. E’ Signore perché sopporta la contraddizione. ‘Togliere i peccati dal mondo’ va tradotto con tenere sulle spalle, non eliminare in modo rassicurante”.

Nel suo libro Ratzinger riconosce a Marx il merito di aver svelato il volto dell’alienazione.
“L’ubriacatura del marxismo è stata deletaria perché ha oscurato il Marx grandissimo pensatore.
Capire che la forma merce, il denaro che rende tutto equivalente, sia ormai dominante su tutto e che questo sia il destino europeo fu una impresa intellettuale straordinaria. Ratzinger non ha più a che fare con le ideologie marxiste totalitarie, ma con il mondo profetizzato da Marx. E dunque lo riconosce”.

A settembre lei criticò il discorso di Ratisbona.
“Il Papa era ben lungi dall’offendere l’islam. Il dialogo è il riconoscimento delle differenze, non l’annullamento. Il dialogo va promosso nella sua autenticità di ciò che sostiene le differenze, tenendole in alto”.

Nei suoi libri ricorre spesso la figura dell’angelo.
“L’angelo è l’immagine di un mondo mediato, come uomini non viviamo tra l’astratta fantasia e la dura realtà. Vi è un mondo del simbolo rigorosamente costruito, pensiamo all’angelologia islamica e cristiana.
La bellezza cristiana è il simbolo, come l’icona e la liturgia, è luce costruita, non imitazione quanto simbolo della divinità. La gnosi è iconoclastica o, come Plotino, ritiene l’immagine un gioco. L’icona è reale, immagine della luce divina coerente con il mistero dell’incarnazione”.

Il Papa ha parlato di un illuminismo da salvare.
“Il Papa ha ragione quando dice questo, è l’illuminismo che va da Herder a Kant fino a Isaiah Berlin, è la filosofia vichiana della storia. L’illuminismo negativo è quello che tollera la dimensione religiosa pensando di risolverla in sé. L’illuminismo positivo in chiave religiosa fa emergere invece l’inconciliabilità delle tradizioni religiose. Auguste Comte è il prototipo di un illuminismo positivistico e progressista, un illuminismo della ragione viziata”. Alla fine si concede una battuta. “Se mi capita uno all’esame che sa tutto di Hegel ma non sa niente del Vangelo, io lo boccio subito”.


Il Foglio, 7 aprile 2007

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14/04/2007 12:43

Re: Re: Re: Re: Basta prediche da Cacciari l'Anticristo

Scritto da: Nikki72 14/04/2007 9.35




E' passato un anno, quindi ti dico quello che ricordo:
la puntata era dedicata all'enciclica Deus Caritas Est, Cacciari la commenta molto positivamente dicendo che è un testo che "corregge" la tradizionale impostazione cristiana che vede l'Eros in secondo piano, se non addirittura rifiutato, e apprezza il fatto che il papa neghi la contrapposizione fra Eros e Agape.
una contrapposizione che invece Ratzi mette fra la teologia cristiana e le altre filosofie, cosa che invece per Cacciari è sbagliata o comunque non esatta.
però la litigata con Socci è nata dalla definizione delle parole "filosofia" e "ideologia": Cacciari dice che sono una la negazione dell'altra, che la filosofia nasce dall'incontro di culture e pensieri diversi e dal confronto e quindi porta all'evoluzione della società, mentre l'ideologia è un pensiero che viene imposto e su cui non si può discutere, quindi decisamente una cosa negativa e che non può portare alcun progresso.
Socci lo ha contraddetto più volte ribadendo che i termini "filosofia" e "ideologia" sono invece sinonimi e abbiano lo stesso significato.
Cacciari a quel punto si altera e lo prende per matto (o quasi). Socci tenta di ribattere ma vede che è in netta minoranza (anche Vespa sembra non appoggiarlo) e non apre più bocca [SM=x44453]





[Modificato da Nikki72 14/04/2007 9.42]





Grazie Nikki [SM=x44481]
Non sapevo di questa clamorosa figuraccia collezionata da Antonio Socci e mandata in onda da Porta a Porta,
comunque il mio giudizio su di lui rimane inalterato [SM=x44455]

Mi dispiace solo che personaggi della levatura intellettuale e culturale di Cacciari debbano ritrovarsi a confrontare con simili elementi
e non possano trovare interlocutori migliori nel sistema mediatico italiano [SM=x44469]

Ragioni di Audience? [SM=x44472]

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
14/04/2007 14:46

Re: Re: Re: Re: Re: Basta prediche da Cacciari l'Anticristo


Scritto da: Etrusco 14/04/2007 12.43



Grazie Nikki [SM=x44481]
Non sapevo di questa clamorosa figuraccia collezionata da Antonio Socci e mandata in onda da Porta a Porta,
comunque il mio giudizio su di lui rimane inalterato [SM=x44455]

Mi dispiace solo che personaggi della levatura intellettuale e culturale di Cacciari debbano ritrovarsi a confrontare con simili elementi
e non possano trovare interlocutori migliori nel sistema mediatico italiano [SM=x44469]

Ragioni di Audience? [SM=x44472]




Esattamente, le stesse ragioni di audience per cui Vespa in due anni ha dedicato solo mezza puntata a Ratzi (ebbene sì, questa famosa puntata sull'enciclica è stata divisa in due: tutta la prima parte hanno parlato dei miracoli di GP2, argomento più "acchiappa-audience", e solo a notte fonda hanno iniziato a parlare dell'enciclica con Cacciari, Socci ecc.). vedremo se in occasione del libro su Gesù, Vespa si degnerà di fare qualcosa [SM=x44465]

[Modificato da Nikki72 14/04/2007 14.49]

14/04/2007 15:02

Re: Basta prediche da Cacciari l'Anticristo

Scritto da: Bestionn 14/04/2007 11.06



[SM=x44462] [SM=x44458]

[SM=x44499] Leggiti anche questa intervista a Cacciari (anticipata da una sua biografia):


Intervista con l’Anticristo


Così l’ha definito Antonio Socci. Qui Massimo Cacciari spiega il suo rapporto con il cristianesimo, le sue critiche alla chiesa, il suo interesse per gli angeli, i suoi teologi preferiti, il suo Gesù dell’amore


di Giulio Meotti

Sono diversi anni ormai che Massimo Cacciari predica nelle cattedrali.
Parla tedesco e francese, padroneggia greco antico e latino, forse sanscrito ed ebraico. Padre medico e madre figlia di una famiglia di artisti, Massimo Cacciari al ginnasio era il migliore. Di lui Toni Negri dice: “Incredibile vedere un giovane destreggiarsi così con Walter Benjamin quando gli intellettuali dell’epoca non sapevano nemmeno dove stesse di casa”.
Guai a contraddirlo oggi che spiega a Benedetto XVI che c’è bisogno di più amore. A meno che non si conoscano termini come edi kalòn o kalokagathos.
E’ stato attaccato da un altro magnifico superbo, Antonio Socci, per il quale Cacciari è il laico meno adatto a presentare il libro su Gesù di Joseph Ratzinger. E i toni erano un po’ da scomunica. Anticristo.
Sebbene vanitosissimo, Cacciari non è mai effimero. E’ un uomo eminente, studi con il grande filologo Giorgio Pasquali e l’ellenista Carlo Diano. Se è mai stato comunista lo era in modo religioso, messianico, purista.
Il suo pavé più celebre, “Krisis”, negli anni Settanta spezzò la schiena al pensiero negativo. Riconosce le grandi acquisizioni, universalistiche ma non prescrittive, dell’evangelizzazione e dei suoi destini, ma della dimensione religiosa conserva una visione perlata ma rarefatta, suadente ma una punta torva, fintamente umile, fra la complessità del reale, la fin troppo umana umanità di Cristo e il senso del tragico. Cristianità innamorata di se stessa, pedagogia al posto di catechismo, scuola di modestia tranne che per i suoi portavoce ermetici. Privilegia una chiesa aerea e pneumatica,
“mondo tra i mondi” al passo coi tempi.
Cacciari è intimo di monsignor Gianfranco Ravasi, stile eterno e notorio, esegeta trendy da filippiche contro “la roba”. Non è un illuminista dello scarto modernista, conosce il fondale buio del nichilismo, ma l’ha sepolto sotto tremila pagine adelphiane di sublime apologetica nicciana. E quando il nichilismo si incarna davvero nei segni della storia, lui torna a predicare esperienza e amore.
Massimo Cacciari non è del genere criptico alla Emanuele Severino o luddista alla Gianni Vattimo, è un tramonto freddo con cascami angelizzanti, cristianesimo che si considera originario e turoldiano, reso trasparente dagli afflati di un R. M. Rilke. E’ “intenso e affettuoso” come Mario Luzi, come un’omelia da pieve di montagna.
E’ facile immaginarselo nel Duomo di Milano, nascosto nella penombra, i faretti che gli illuminano il volto, mentre parla di vanità, hével, fumo, rùach, soffio, dal Libro di Giobbe. Il motore del cacciarismo è il casuismo possibilista che faceva fremere Pascal. Più che pensiero debole, è metafisica fragile.
Genere un solo Dio, molti nomi per dirlo. I cristiani non devono rinunciare all’annuncio della salvezza, ma comunicare con il proprio tempo senza arroganza, fedeli alla parola di amore, sempre l’amore, che Cristo ha affermato contro l’intolleranza. Norma di comportamento, non dogma; compassione, non verità rivelata. Come ha detto il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, il cristianesimo è “complesso d’amore”.
Come tutti i filosofi prestati alla religione,
Massimo Cacciari sarebbe un grandissimo docente di omiletica. Concorda con il cardinale Giacomo Biffi quando dice che “la verità è dura”. Infatti per capirlo spesso si fatica.
Bisogna guadagnarsele tutte quelle parole intrappolate tra il palato e la gola e divise da trattini, calembour, allografi e neologismi. Non a caso è amico dell’arcivescovo di Chieti Bruno Forte, quello della fondamentale distinzione fra il limite e la soglia. L’orfico Cacciari è uno di quelli che si inalbera perché “è” è stato ridotto a copula. Si è abbeverato delle liriche di Hölderlin, dei frammenti presocratici e delle vette nulliste di Meister Eckart. E di Pascal, Lutero, sant’Agostino, Bultmann e Lukács. Del quale condivide il puritanesimo gesuitico.
Per Cacciari l’annuncio giudeo-cristiano, l’uomo chiamato alla salvezza nell’unità di materia e di spirito, sangue e carne, è unico nella storia delle religioni.
Non è uno spiritualista. Ma è difficile liberarsi dell’impressione che anche lui faccia parte del postmoderno e postconciliare dominio dello spirito, del significato e del simbolo.
Di coloro che vogliono una chiesa deistituzionalizzata.
Se il cuore della Riforma è che il Verbo non è si è fatto carne ma carta e l’akmé è un libro con il suo tipografo, Cacciari è un geniale esegeta protestante, problematico, flagellante, ispirato. E’ tra i pochi laici a riconoscere che il contrario della fede non è la ragione, ma la superstizione.
Quando quest’uomo eruditissimo parla di alienazione, angoscia e deiezione non fa altro che riproporre una sorta di “felix culpa” cristiana. E’ la mentalità tedesca ossessionata dalle tenebre turbolente dell’iniziazione. Cacciari è un metateologo il cui linguaggio altissimo è imbevuto di pietismo,scolastica e dossologia luterana. Il rischio è assimilare il “Dio è morto” di Nietzsche alla Pasqua cristiana.
Sono anni che coltiva legami con la chiesa. Da sindaco di Venezia, “città ortodossa”, ha tenuto convegni sui cristiani in Iraq, “terra di profeti”.
Con il cardinale Carlo Maria Martini ha discusso di sant’Agostino (“l’uomo per il vescovo di Ippona è chiamato da una Voce che egli sa in qualche modo riconoscere e nominare”). Ha definito Karol Wojtyla “l’unico che dà voce a valori forti”. Pensiero e preghiera in lui coincidono, “così è per Filone, per Plotino, per la patristica, la scolastica, per i mistici. Quando Kant parlava di ‘abisso della ragione’, denunciava il limite entro il quale la filosofia non ha più risposte. Questo limite è la scoperta che la percezione dell’esistenza delle cose è essa stessa un limite alla conoscenza”.
Non sorprende che il nicciologo con la barba moscovita e gli occhi di brace sia chiamato a presentare in Vaticano il libro di Ratzinger assieme all’arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn. Nel libro “Della cosa ultima”, Cacciari scrive che “la legge del Figlio, dei liberi, diviene quella della Libertà. Per obbedire a chi ce ne ha fatto dono non possiamo fare altro che agire liberamente. Cristo ci ha liberati per la libertà”.


§ § § § § * * * § § § § §



Il mio rapporto con il cristianesimo è di necessità” dice a colloquio con il Foglio. “Non ne posso fare a meno per pensare, non penso più la storia senza il cristianesimo, non penso la logica senza passare dal Deus Trinitas, non penso la critica del presente per liberarmi degli idoli creati dal materialismo marxista”.

Un accenno a parlare di “scandalo” e il filosofo interrompe.
“Dobbiamo usare la parola nella dimensione etimologica di problema. Scandalo come problema per il non credente. Un uomo di fede ha una relazione senza mediazione con il rivelatum, la parola di Dio. Per un credente il cristianesimo costituisce un non problema. Per un non credente la parola biblica è ostacolo sul cammino, cristianesimo è scandalo per la sapienza del non credente, la sofia. E’ così per la tradizione occidentale. Il cristianesimo è la dimensione essenziale dello spirito europeo, parlerei come Novalis di ‘Europa o cristianità’”.

Vietato citare l’identità.
Nessuna radice identitaria. Il cristianesimo è domanda continua sul proprio significato, è energia rispetto alla ragione.
La fede è fondamentale per la ragione perché la interroga, la stimola. L’uomo è un cuore inquieto non sedato
”. Non ha avuto un’educazione cristiana. “I miei genitori erano agnostici, non praticanti, non hanno avuto alcun ruolo.
Ho incontrato il cristianesimo al liceo nei primi studi di filosofia grazie a Sören Kierkegaard”.

Non vola mai basso.
“La mia scuola è stata il genio danese. Solo negli ultimi vent’anni ho approfondito la Scolastica. Prima ci sono stati Pascal e Agostino. Il cristianesimo è scandalo per la ragione costretta a venire ai ferri corti con quest’irriducibilità.Per l’interrogazione filosofica il cristianesimo presenta tratti peculiari, riconosciuti dal giudaismo e poi dall’islam. Cosa costituisce il cuore di questa parola cristiana?
Qual è la paradossalità della religione cristiana? E’ qualcosa che va oltre il senso comune religioso. Questo paradosso è il rapporto fra unità e molteplicità, uno e molti, sommo bene e differenze. La straordinarietà e la paradossalità del cristianesimo è concepire questa relazione come necessaria ed eterna”.

Prova a essere più concreto.
“In san Giovanni è evidente nel rapporto fra il Figlio e il Padre. La riflessione trinitaria è imposta in modo straordinario in quell’uomo in carne e ossa. Supera ogni dimensione messianica.
Il Figlio si rivolge al Padre come ‘io sono tu’”. Da qui la tradizione mistica. “Cristo è quest’uomo che mangia, dorme e vive come noi, non è un uomo sublime né ascetico, vive e soffre, vuole parlare e parla. Questo è lo scandalo che assilla l’Europa”.

Dice di aver accolto con letizia la richiesta di presentare il libro di Ratzinger.
“Ho sempre scritto sul rapporto fra filosofia e teologia e a Gesù ho dedicato molte pagine. In particolare al Gesù di Nietzsche. Un filosofo su cui corrono leggende molto superficiali, anche nella chiesa. In Nietzsche c’è ammirazione feroce per la figura di Gesù. Come si fa a non vedere la divinità della figura di Gesù? Chi può aver detto il Discorso della montagna se non Dio? Mi pare che Ratzinger nel libro non sia molto lontano dal tratteggiare Gesù come ha fatto il cardinal Martini. Forse Ratzinger sottolinea meno il carattere inaudito del cristianesimo.
Ma è un saggio bellissimo di cui non si capisce l’importanza se lo paragoniamo all’ossessione legalistica della chiesa di questo periodo”.

Per Cacciari in Gesù l’elemento decisivo
“il suo mandatum novum è l’amore, la misericordia, l’assoluto antilegalismo che ha fatto dire a molti che solo impropriamente si può parlare di una religione cristiana. Gesù non è cosmopolitismo disincarnato, ma ciò che lo rende straordinario non è neanche l’obbedienza alla legge, ma alla parola. ‘Seguimi’, abbandona tutto, c’è sempre la parola. Il cristianesimo ha rotto con il giudaismo su questo punto, è l’uomo nobile che non cerca l’affemazione in questo mondo.
L’uomo che non si impone secondo le leggi di questo mondo. Non si ama il nemico come se stessi in questo mondo”.

Nel suo cristianesimo non c’è solo Karl Barth, ma anche Carl Schmitt.
“Non penso come molti miei amici laicisti che la tradizione politica della grande chiesa romana sia un tradimento di questo messaggio evangelico originario. E’ un messaggio che batte sull’incarnazione, il logos si incarna in questo mondo. Ne deriva anche la necessità della grande forma politica della chiesa romana, la fondazione che Gesù forma intorno a sé, e che in modo consapevole sa che lo tradirà. La consapevolezza di doversi organizzare in modo immanente è stata fondamentale e la chiesa politica deriva dal dogma dell’incarnazione”.

A Roma presenterà il libro assieme a Schönborn, che oltre a essere cardinale è anche uno dei più grandi pensatori della chiesa.
“Il tema dell’inizio è stato dimenticato dalla cultura filosofica novecentesca, dominata dallo storicismo. L’origine è il tema di ciò che dà origine, la causa. Da un punto di vista logico che la causa sia ente sommo o Big Bang non cambia niente. Si tratta sempre di qualcosa di determinabile. E’ il grande problema della teologia, Flaubert diceva che la stupidità è il voler concludere.
Nessuno sa se arriveremo mai a una conclusione su questo punto. Il problema è un altro: comprendere se è possibile pensare l’inizio come pura apertura, lasciar essere e non come causa definita. L’inizio come possibilità. Esiste una teologia che vuole liberare lo stallo in cui versa oggi la chiesa. Io tradurrei l’inizio di Giovanni così: ‘Nell’inizio sta Dio e il logos’.
Grandi pensatori come Cusano, Eckhart e Schelling tentarono di procedere in questa direzione”.

Veniamo ai nomi che più gli stanno a cuore nella chiesa.
“La figura che venero di più è Martini con cui avviai la cattedra dei non credenti a Milano.
E poi Piero Coda e Bruno Forte, con il quale discuterò il mese prossimo di Franz Rosenzweig. E poi Enzo Bianchi, priore di Bose, che ho chiamato a insegnare al San Raffaele. E Natalino Valentini che ha immesso Pavel Florenskij nel dialogo e ho una venerazione per il mio patriarca emerito Marco Cè. Sono vicino ai credenti che parlano della paradossalità del cristianesimo.
E poi monsignor Ravasi con il quale ho un legame filologico.
E infine Nino Fasullo di Palermo. E’ vent’anni che parlo con loro. La chiesa cattolica è una grande forma politica culturale. Penso sia del tutto ridicola la pretesa dei laici di ridurre la dimensione religiosa cristiana a un fatto del cuore. E’ una completa insensibilità storica propria di un certo illuminismo razionalistico. Il cristianesimo non è, come l’islam, una pura religione del cuore”.

Parliamo di questi due anni di pontificato di Benedetto XVI.
“Sono stati anni difficilissimi, l’eredità profetica di Karol Wojtyla non poteva essere riscattata da nessuno. Dopo l’esplosione del profetismo del Papa polacco la chiesa ha avvertito la necessità di riflettere.
La chiesa si trova di fronte a un processo di secolarizzazione nei suoi aspetti nichilistici, sottovalutati dalla cultura laica. Il secolo che stiamo vivendo è affrontato male dalla chiesa, che invece di battere l’accento sui veri grandi aspetti del nichilismo, si occupa di aspetti indifendibili.
La mia è una critica partecipe. La chiesa privilegia il rapporto con un moderato razionalismo, quando dovrebbe confrontarsi con il radicalismo novecentesco. E’ una chiesa che sembra cercare di combattere il nichilismo della secolarizzazione attraverso il compromesso. L’importanza del libro di Ratzinger è nel tornare a parlare di Gesù. Il cristiano non si caratterizza per l’opposizione ai Dico, ma per la misericordia, il cuore che si spacca dal dolore e per l’inferno in terra, il rapporto con Cristo. E’ il fariseo che parla di obbedienza”.

La chiesa ha una grande responsabilità nella mancata alfabetizzazione della popolazione.
“Siamo completamente all’oscuro della tradizione religiosa.
Io voglio poter aprire una cattedra in teologia. Ma non è possibile in Italia. Le facoltà teologiche possono essere solo vaticane. Che scandalo.
L’alfabetizzazione dell’Europa alla sua tradizione giudaico-cristiana è un dovere”.

A Ratzinger imputa di aver impostato male il rapporto con l’obbedienza.
“L’obbedienza è positiva se si va alla sua autentica origine, obbedire come decidere di seguire. L’obbedienza del Vangelo è quella dell’uomoche scommette alla maniera di Pascal e che arrischia. Il cristiano non obbedisce come uno schiavo. Per questo il Concilio Vaticano II ha aperto una prospettiva grandiosa e ha richiamato i cristiani all’incarnazione nel mondo. Respirate a pieni polmoni, come miles, come chiesa militans, in questo mondo. In questo messaggio c’è il pericolo di un compromesso con forme di immanentismo e di subordinazione al mondo.
Ma la contraddizione maggiore del Concilio non appartiene al Concilio bensì al mondo che cambia. Oggi il dramma della chiesa è come stabilire un compromesso con il suo tempo.
Max Scheler che divenne cattolico pose il tema in modo decisivo. Così fece Max Weber. La chiesa del Novecento è la chiesa della lotta contro gli anticristi del totalitarismo. Cosa succede alla religione dell’ubi pecunia ibi patria e con l’idea che la religione sia sentimentalismo e poesia?”.

E’ accusato di essere gnosticheggiante.
“Sono l’opposto dello gnosticismo.
Per Marcione il crocifisso è un simulacro, Dio non può morire. Io sono un razionalista, gnostica è la cultura contemporanea per quanto di anticristico porta dentro di sé. Il cristianesimo per la gnosi è pura letteratura.
L’eresia cristiana più grande è la razionalizzazione dello scandalo cristiano. La gnosi è la riduzione della follia cristiana in filosofia”.

Un punto di svolta nelle relazioni fra la chiesa e le altre confessioni fu la dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede “Dominus Iesus” del 2000.
“Quel documento non mi piace. Perché Cristo è uno che domanda e ha il cuore lacerato fino alle lacrime. Gesù si rivolge ai discepoli, chiede e non ottiene risposta su quando tornerà il figlio di Dio. Collocare la morte in Dio, ecco la sfida per la ragione moderna del cristianesimo.
Quando san Francesco dice ‘sorella morte’ parla di questo. Nella ‘Dominus Jesus’ c’è l’apodittica figura di Gesù che ha vinto la morte come Signore. Gesù non è il Signore meraviglioso che seduce tutti e che vediamo nelle absidi bizantine. E’ Signore perché sopporta la contraddizione. ‘Togliere i peccati dal mondo’ va tradotto con tenere sulle spalle, non eliminare in modo rassicurante”.

Nel suo libro Ratzinger riconosce a Marx il merito di aver svelato il volto dell’alienazione.
L’ubriacatura del marxismo è stata deletaria perché ha oscurato il Marx grandissimo pensatore.
Capire che la forma merce, il denaro che rende tutto equivalente, sia ormai dominante su tutto e che questo sia il destino europeo fu una impresa intellettuale straordinaria. Ratzinger non ha più a che fare con le ideologie marxiste totalitarie, ma con il mondo profetizzato da Marx. E dunque lo riconosce”.

A settembre lei criticò il discorso di Ratisbona.
Il Papa era ben lungi dall’offendere l’islam. Il dialogo è il riconoscimento delle differenze, non l’annullamento. Il dialogo va promosso nella sua autenticità di ciò che sostiene le differenze, tenendole in alto”.

Nei suoi libri ricorre spesso la figura dell’angelo.
“L’angelo è l’immagine di un mondo mediato, come uomini non viviamo tra l’astratta fantasia e la dura realtà. Vi è un mondo del simbolo rigorosamente costruito, pensiamo all’angelologia islamica e cristiana.
La bellezza cristiana è il simbolo, come l’icona e la liturgia, è luce costruita, non imitazione quanto simbolo della divinità. La gnosi è iconoclastica o, come Plotino, ritiene l’immagine un gioco. L’icona è reale, immagine della luce divina coerente con il mistero dell’incarnazione”.

Il Papa ha parlato di un illuminismo da salvare.
“Il Papa ha ragione quando dice questo, è l’illuminismo che va da Herder a Kant fino a Isaiah Berlin, è la filosofia vichiana della storia. L’illuminismo negativo è quello che tollera la dimensione religiosa pensando di risolverla in sé. L’illuminismo positivo in chiave religiosa fa emergere invece l’inconciliabilità delle tradizioni religiose. Auguste Comte è il prototipo di un illuminismo positivistico e progressista, un illuminismo della ragione viziata”. Alla fine si concede una battuta. “Se mi capita uno all’esame che sa tutto di Hegel ma non sa niente del Vangelo, io lo boccio subito”.


Il Foglio, 7 aprile 2007



Bellissimo articolo!!! [SM=x44481] l'ultima frase poi è da sottoscrivere al 100% [SM=x44459] [SM=x44459]

[Modificato da Etrusco 14/04/2007 18.43]

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14/04/2007 16:00

Re: Re: Basta prediche da Cacciari l'Anticristo

Scritto da: Nikki72 14/04/2007 15.02


Bellissimo articolo!!! [SM=x44481] l'ultima frase poi è da sottoscrivere al 100% [SM=x44459] [SM=x44459]



Fa piacere che hai apprezzato! [SM=x44519]
Davvero tutte le volte che ti ci metti... sei un sogno, Nikkina! [SM=x44462] [SM=x44481]
(e credimi, non ti sto broccolando [SM=x44473] ... anche se, vedendo la tua foto, è riscontrato che ... tu es une belle et très tendre femme [SM=x44482] )

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16/04/2007 11:50

"Gesù di Nazaret": intervista al cardinale arcivescovo di Vienna, Cristoph Schönborn
Da oggi nelle librerie il volume del Papa "Gesù di Nazaret"


(cardinale Cristoph Schönborn)



L'80.mo compleanno di Benedetto XVI ha avuto, per così dire, un anticipo di celebrazioni venerdì scorso, quando davanti a qualche centinaio di giornalisti e di ospiti di spicco, è stato presentato nell'Aula Nuova del Sinodo, in Vaticano, il libro "Gesù di Nazaret", che il Papa, nella sua veste di teologo, aveva iniziato a scrivere prima dell'elezione pontificia. A spiegare le parti salienti del volume - che in Italia è in vendita da oggi ma che già si preannuncia un evento mondiale per l'alto numero di traduzioni e di copie stampate - è stato il cardinale arcivescovo di Vienna, Cristoph Schönborn. Uno dei nostri inviati alla presentazione, Fabio Colagrande, lo ha intervistato:

**********


R.- E’ certo che non siamo abituati a libri di tipo personale di un Papa. Giovanni Paolo II ci aveva abituati in qualche modo a un qualcosa di simile: memorie, ricordi. Ma questo libro è una lunga meditazione teologica, spirituale, personale su Gesù di Nazareth, e questo tipologia è piuttosto inconsueta per un Papa. Ma lui si prende la libertà, e la prende con grande convinzione, di dire che non solo sia giusto ma sia anche suo dovere, parlare di Gesù.

D. - Eminenza, quale dibattito si attende, dopo questo libro?

R. - Non so ancora, vedremo. Vi saranno molte letture, molte prese di posizione su questo libro. In che senso andrà il dibattito? Io sono molto interessato a sapere cosa ne diranno, ad esempio, i lettori ebrei, dopo tutto ciò che il Papa “deve” al rabbino Neusner in questo libro. O ciò che diranno anche i cristiani delle altre Chiese… In ogni caso, sarà un dibattito - per una volta - essenziale, che ruoterà intorno a ciò che veramente è importante.

D. - E in particolare, nel dialogo con i nostri fratelli ebrei, quale può essere l’importanza di quanto scrive il Papa?

R. - Penso sia importante leggerlo, per esempio, su ciò che dice circa l’interpretazione del rabbino Neusner sul Discorso della Montagna e come Neusner affermi che, con tutto il rispetto, questo Gesù, questo cammino di Gesù, sia in definitiva distruttivo per la società, o se non altro, non sia utile, non sia buono, non ragionevole per la società. Invece, il Papa, riprendendo tutto questo discorso, cerca di dimostrare che il Sermone della Montagna ci ha dato veramente fondamenti per una società giusta e umana. Allora, tutta questa argomentazione, tra una ragionevolezza nella prospettiva ebrea e nella prospettiva cristiana, è una materia molto importante per il dialogo del futuro.

D. - Come spiega, cardinale Schönborn, l’attuale presenza costante della figura di Gesù nel mondo del cinema e della letteratura?

R. -
Perché penso che la sua domanda “Chi pensate che io sia?” sia una domanda che attraversi i secoli e che in ogni secolo, in modo nuovo si ponga all’uomo: come nel Rinascimento, nel Medio Evo, come nella letteratura di Shakespeare. Cosa significa la figura di Gesù per Shakespeare, per i grandi pittori? E’ sempre, di nuovo, il fascino di Gesù. Che oggi, diventa film, cinema.

D. - Eppure, sembra che le rappresentazioni di Gesù in qualche modo tradiscano il suo messaggio…

R. -
La figura di Gesù non rimane in un quadro definito: è più grande più certamente è esposta ad interpretazioni sbagliate o unilaterali. Io prendo sempre l’immagine di Gesù a Nazareth, quando torna al suo villaggio: dopo un primo applauso della sua gente, nasce un'opposizione radicale a Gesù al punto che volevano gettarlo dalla roccia per ammazzarlo. E il Vangelo dice: “Ma Gesù, passandoattraverso la folla, se ne andò”.

**********


Tra i relatori alla presentazione del libro del Papa figurava anche filosofo, e sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, che si è fatto interprete dell'approccio laico alle sollecitazioni culturali e intellettuali presenti nel libro di Benedetto XVI. Fabio Colagrande gli ha chiesto quale sia la sua valutazione sull'opera:


R. - Il libro del Papa è sicuramente un libro di identificazione, un libro di fede. Non avanza alcuna pretesa di riflessione propriamente teologica. E’ una teologia narrativa, non v’è alcun dubbio. Tuttavia, emergono delle domande nel libro che riguardano e la teologia propriamente detta, e la riflessione anche filosofica e, come dire, il destino della cultura europea. In estrema sintesi, il Papa avanza questa domanda: se sia possibile una salvezza - usiamo pure questo termine molto impegnativo - rispetto ai processi di secolarizzazione, al nichilismo europeo. Una salvezza che possa configurarsi in modo diverso che non alla dimensione della fede in Cristo, in Gesù in quanto Cristo. E questa è una domanda con la quale certamente anche la filosofia, la riflessione razionale deve interrogarsi se non vuole essere semplicemente - per così dire - una apologia del presente, una apologia del fatto. Se ci si ribella, in qualche modo, alla equivalenza tra verità e fatto - “tutto ciò che è reale, è razionale, tutto ciò che è razionale, è reale” - se non si è convinti di questa affermazione, è necessario chiedersi se rispetto a certi processi che riguardano il mondo contemporaneo sia possibile altra salvezza che non sia quella della fede in Gesù in quanto il Cristo.

D. - Quindi, è un libro rivolto anche ai non credenti?

R. - Senza dubbio. Come è rivolta ai non credenti anche la figura di Gesù. Uno dei caratteri più problematici ed inquietanti della figura di Gesù è proprio il suo voler parlare a coloro che sono “fuori”, agli stranieri, agli “altri” rispetto alla propria tradizione e alle proprie radici…

D. - Ottant'anni, secondo anno di Pontificato: per questi due anniversari, che augurio farebbe al Papa?

R. -
Quello di riuscire a combinare il “Dio è amore”, la grande affermazione evangelica, il “mandatum novum”, con la necessità da parte della Chiesa anche di resistere rispetto a determinati processi propri della secolarizzazione. L’equilibrio tra queste due dimensioni finora, secondo me, non è stato raggiunto.

D. - Un libro che farà discutere?

R. -
Io mi auguro di sì, perché è un libro molto, molto comprensibile, molto accessibile e allo stesso tempo molto denso, molto complesso, che non nasconde nulla della problematicità e anche della scandalosità del messaggio cristiano. E nello stesso tempo, molto accessibile. Quindi, penso che possa essere letto ampiamente, discusso, criticato - perché no? - ma che sarà un libro certamente importante e non soltanto per la Chiesa e non soltanto per i credenti.


- Radio Vaticana -

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16/04/2007 11:56

come se Emilio Fede scrivesse un libro su Berlusconi, che deve dì ?

un libro inutile...personalemnte credo che per capire Dio bisogna leggere libri di filosofia non di teologia.
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16/04/2007 12:06

Re:

Scritto da: !!Carletto!! 16/04/2007 11.56
come se Emilio Fede scrivesse un libro su Berlusconi, che deve dì ?

un libro inutile...personalemnte credo che per capire Dio bisogna leggere libri di filosofia non di teologia.




Eh Carletto, Carletto!! [SM=x44497]
forse per te è inutile pure il Vangelo [SM=x44461]

[SM=x44498] Attento però, rischi la "bocciatura" dal mio amico Massimo C. [SM=x44451]


[SM=x44499] [SM=x44461] [SM=x44462]

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16/04/2007 12:10

Re: Re:

Scritto da: Bestionn 16/04/2007 12.06



Eh Carletto, Carletto!! [SM=x44497]
forse per te è inutile pure il Vangelo [SM=x44461]

[SM=x44498] Attento però, rischi la "bocciatura" dal mio amico Massimo C. [SM=x44451]


[SM=x44499] [SM=x44461] [SM=x44462]





"L'uomo ha dovuto illudersi per dare un senso all'esistenza, in quanto ha avuto paura della verità, non essendo stato capace di accettare l'idea che "la vita non ha alcun senso". Se il mondo avesse un senso e se fosse costruito secondo criteri di razionalità, di giustizia e di bellezza, l'uomo non avrebbe bisogno di auto-illudersi per sopravvivere, costruendo metafisiche religioni morali. " [SM=x44458]

personalmente preferisco la figura di Nietzsche a quella di Gesù. [SM=x44464]
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16/04/2007 12:32

Re: Re: Re:

Scritto da: !!Carletto!! 16/04/2007 12.10


"L'uomo ha dovuto illudersi per dare un senso all'esistenza, in quanto ha avuto paura della verità, non essendo stato capace di accettare l'idea che "la vita non ha alcun senso". Se il mondo avesse un senso e se fosse costruito secondo criteri di razionalità, di giustizia e di bellezza, l'uomo non avrebbe bisogno di auto-illudersi per sopravvivere, costruendo metafisiche religioni morali. " [SM=x44458]

personalmente preferisco la figura di Nietzsche a quella di Gesù. [SM=x44464]



[SM=x44499] mmm...personalmente - e scusami la mia impietosa "impertinenza" - credo che questo assioma del grande Nice sia strettamente legato alla sua fase finale d'esistenza terrena: il Superuomo zarathustriano in manicomio! [SM=x44458]

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16/04/2007 12:40

Re: Re: Re: Re:

Scritto da: Bestionn 16/04/2007 12.32


[SM=x44499] mmm...personalmente - e scusami la mia impietosa "impertinenza" - credo che questo assioma del grande Nice sia strettamente legato alla sua fase finale d'esistenza terrena: il Superuomo zarathustriano in manicomio! [SM=x44458]




non mi pare che Gesù abbia fatto una fine migliore, venendo crocefisso insieme ai ladri.
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