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The God Delusion

Ultimo Aggiornamento: 17/09/2007 19:56
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Haeresiarca
17/09/2007 19:56

In occasione del nuovo libro di Dawkins s'è scatenato di nuovo il dibattito sull'esistenza di (un) Dio.
Qui di seguito il dibattito tra il punto di vista di Dawkins e quello del fisico Krauss (più possibilista). Inutile dire con chi sono d'accordo io. [SM=x44451]



Scienza e fede

Le Scienze, settembre 2007, n.469
È possibile il dialogo tra scienza e religione? Due illustri paladini del pensiero scientifico, discutono su come e se gli scienziati dovrebbero rivolgersi ai credenti.
Sono scienziati, ma non per questo i due interlocutori di questo dibattito concordano sul modo migliore per rispondere alle minacce alla ricerca scientifica o all'istruzione che si basano sulle convinzioni religiose.

Krauss, fisico di prestigio, si è più volte espresso pubblicamente perché la teoria dell'evoluzione continui a essere insegnata nelle scuole e ne siano invece escluse le varianti pseudoscientifiche del creazionismo. Nel 2005, una sua lettera aperta a Benedetto XVI, in cui esortava il Pontefice a non alzare nuovi muri tra scienza e fede, ha spinto il Vaticano a riaffermare che la Chiesa cattolica accetta la selezione naturale come teoria scientifica valida.

Anche Dawkins, biologo evoluzionista e autore e conferenziere prolifico, è un critico eloquente di ogni tentativo di minare il ragionamento scientifico, ma si è generalmente mostrato meno interessato di Krauss a una coesistenza pacifica tra la scienza e la fede. Forse il titolo del suo ultimo libro, The God Delusion (L'illusione di Dio, sarà pubblicato in settembre da Mondadori) sintetizza nel modo migliore meglio la sua opinione delle convinzioni religiose.

L'anno scorso, i due si sono confrontati durante una conferenza al Salk Institute for Biological Studies di San Diego dedicata proprio allo scontro tra scienza e religione. Nel dialogo qui ricreato, Krauss e Dawkins illustrano le loro rispettive strategie per affrontare il nemico, discutendo alcuni degli interrogativi con cui devono confrontarsi gli scienziati quando decidono se e come parlare di scienza ai credenti: l'obiettivo è insegnare la scienza, o screditare la religione? Queste due concezioni del mondo potranno mai arricchirsi a vicenda? La fede religiosa è intrinsecamente negativa?

Ecco la prima parte del dibattito tra i due. La seconda è pubblicata sul numero di «Le Scienze» in edicola a settembre.

Krauss: Nel tuo libro L'illusione di Dio, hai validamente sostenuto che la religione è cattiva scienza. Secondo me, però, questa affermazione è impropria e cade di fatto nella stessa trappola in cui cade chi vuole che si insegni il disegno intelligente nei corsi di scienze, di chi finanzia le borse di studio della Templeton Foundation destinate ai tentativi di dimostrare scientificamente l'esistenza di Dio. Ho inquadrato questo problema con parole che rimandano a Carl Sagan, il quale ha detto che l'inesistenza delle prove non equivale alla prova dell'inesistenza. Un mondo senza Dio apparirebbe necessariamente diverso dal mondo in cui viviamo? La maggior parte degli scienziati risponderebbe di no, implicando così che non serve l'ipotesi di Dio per spiegare qualcosa concernente la natura. D'altro canto, ci si potrebbe anche chiedere: un mondo con un Dio apparirebbe necessariamente diverso dal mondo in cui viviamo? I credenti risponderebbero di no, sentendosi così confermati nella loro fede. Il problema è che i due gruppi hanno entrambi ragione ed è improbabile che quello che ciascuno dei due afferma poi influisca sull'altro.

Dawkins: Ho ripetuto più volte che un universo con un Dio differirebbe molto da un universo senza Dio. Tu lo hai tradotto in termini operativi, arrivando di conseguenza a porti una domanda legittima: i due tipi di universo apparirebbero diversi? «Apparirebbero», non «sarebbero» (i miei termini della questione), con cui presumibilmente intendi qualsiasi differenza riscontrabile in qualche modo da uno dei nostri organi di senso o dei nostri strumenti scientifici. Concordo con te che si tratta di una questione importante e che sarà incredibilmente difficile riuscire a scoprire - con l'osservazione, o con esperimenti - se viviamo in un universo privo di Dio o con un Dio. Tuttavia, ribadisco che uno scienziato può discutere di questo in modo valido. Possiamo avere una discussione scientifica interessante e illuminante sul problema, anche se non siamo in grado di dimostrare, con l'osservazione o con esperimenti, l'una o l'altra delle due tesi. Come posso affermare questo e sostenere al tempo stesso che sto facendo della scienza?
In L'illusione di Dio ho distinto due tipi di agnosticismo. L'agnosticismo permanente in linea di principio (PAP) è esemplificato dal vecchio ritornello filosofico: «Tu vedi il rosso come lo vedo io, oppure il tuo rosso potrebbe essere il mio verde, o un colore completamente diverso (rosa-azzurro cielo), che non riesco neppure a immaginare?». L'agnosticismo temporaneo nella prassi (TAP) si riferisce a cose che non possiamo conoscere nella prassi (o non ancora), ma che tuttavia hanno una loro realtà scientifica che l'indovinello del cielo «rosa-azzurro cielo» non ha. L'ipotetica teiera orbitante di Bertrand Russell potrebbe essere un esempio. Alcune persone ritengono la questione dell'esistenza di Dio equivalente al «rosa-azzurro cielo» (PAP) e ne deducono erroneamente che la sua esistenza e la sua non-esistenza siano alternative con la stessa probabilità. Io credo, invece, che nei confronti di Dio dovremmo essere agnostici TAP e certamente non penso che le probabilità siano 50/50.
Affermazioni come «Ci sono (non ci sono) alieni intelligenti in qualche parte dell'universo» sono chiaramente affermazioni TAP, nella misura in cui parliamo dell'universo osservabile da questa parte del nostro orizzonte dell'evento. In qualsiasi momento, un disco volante o una trasmissione radio potrebbero far pendere la bilancia da una parte (niente potrà mai farla inclinare dall'altra). Ma che dire delle affermazioni relative all'esistenza di alieni intelligenti nelle parti di universo al di là del nostro orizzonte dell'evento, dove le galassie si allontanano da noi tanto rapidamente che le informazioni provenienti da quelle galassie in linea di principio non potranno mai raggiungerci, perché la velocità della luce è un valore finito? In questo caso, almeno secondo gli studi di fisica che ho letto, gli alieni non potranno mai essere scoperti, con nessun mezzo. Riguardo la loro esistenza, dunque, dovremmo essere agnostici PAP, non soltanto agnostici TAP.
Eppure, io mi risento in quanto scienziato, non solo come persona, quando qualcuno tenta di bandire ogni discussione scientifica sugli alieni al di là del nostro orizzonte dell'evento, perché l'argomento è al di fuori della portata di verifiche sperimentali (PAP). Supponiamo di prendere l'equazione di Drake per calcolare le probabilità dell'esistenza di intelligenze aliene e di applicarla all'intero universo, non soltanto alla nostra galassia. I risultati, ovviamente, sarebbero molto diversi a seconda del modello di universo scelto, se finito o infinito. Questi due modelli di universo sono distinguibili sulla base dell'evidenza empirica che, dunque, eserciterebbe un qualche influsso sulla probabilità dell'esistenza di vita aliena in qualche parte dell'universo. La probabilità di vita aliena, quindi, è una questione di agnosticismo TAP più che di agnosticismo PAP, anche se l'esperienza empirica diretta degli alieni può essere impossibile. Per me non è ovvio che gli dei - più ancora degli alieni - siano al di là di queste stime probabilistiche. E una stima probabilistica è il massimo a cui io aspiri.

Krauss: Non ho niente contro i tentativi di riflettere su fenomeni che potrebbero non essere mai direttamente misurabili. In cosmologia, il mio lavoro, lo faccio in continuazione quando considero la possibilità di altri universi causalmente separati. Lo faccio per vedere se posso risolvere gli enigmi ancora insoluti nella fisica del nostro universo. Se l'approccio si rivela infruttuoso, trovo la questione meno interessante. Concordo con te anche sull'importanza delle probabilità e penso che l'esempio dell'equazione di Drake sia rilevante a questo proposito, ma non nel senso che intendi tu. Prima di tutto, l'equazione di Drake è applicabile localmente, all'interno della nostra galassia. Se la probabilità che ci sia più di una forma di vita intelligente nella nostra galassia è piccola, dubito che la maggioranza degli astrofisici vorrà preoccuparsi di civiltà che potrebbero esistere in altre galassie, ma che saranno per sempre lontane da noi. E ancora più importante è il fatto che le probabilità associate all'equazione di Drake sono quasi tutte così poco conosciute che l'equazione non ha prodotto molta ricerca utile. Variando ciascuna delle probabilità condizionate nelle equazioni di un ordine di grandezza circa, si possono ottenere risultati che sostengono sia l'ipotesi di intelligenze extraterrestri, sia l'ipotesi opposta. Le prove dovrebbero venire dalla ricerca empirica. Direi, purtroppo, che le cose andrebbero anche peggio se cercassimo di quantificare le probabilità dell'esistenza di un'intelligenza divina, o dell'esistenza di una finalità nell'universo.
Ho sempre sostenuto che le questioni finalistiche in linea di massima non fanno parte della scienza. Il miglior esempio che conosco in proposito è quello di Georges Lemaitre, il sacerdote e fisico belga che per primo capì che la relatività generale di Einstein implicava un big bang all'origine del nostro universo (idea che Einstein trovò in un primo tempo risibile). In seguito a questo, papa Pio XII affermò che la scienza aveva dimostrato la Genesi. Lemaitre reagì in modo appropriato, scrivendo al pontefice una lettera in cui lo esortava a non dirlo più. La teoria in questione è una teoria scientifica, le cui predizioni possono essere verificate. Le implicazioni religiose della teoria dipendono dalle inclinazioni metafisiche di ciascuno. Si poteva prendere la teoria come conferma della Genesi per l'implicazione che l'universo ha avuto un inizio, affermazione scientifica rivoluzionaria per quei tempi; ma si poteva altrettanto bene prenderla a conferma del fatto che non c'è bisogno di un Dio, che le leggi della fisica sono sufficienti a comprendere l'universo già dal suo inizio. Il punto è che la scienza è accurata nel descrivere come funziona l'universo, indipendentemente dalle implicazioni metafisiche che ciascuno ne deriva. Lo stesso vale, naturalmente, per l'evoluzione, che è avvenuta e avviene, indipendentemente dalla personale scelta di credere in Dio.

Dawkins: Lemaitre era certo molto saggio (anche se devo ammettere che continuo a chiedermi perché sia rimasto prete). Ma perché il fatto che la sua fisica si possa o meno prendere a sostegno della Genesi è una questione interessante? Non c'è mai stato motivo di aspettarsi che gli scritti di un ignoto scriba, forse meno di mille anni fa, potessero mostrare una particolare comprensione dell'origine dell'universo. Se è capitato che la Genesi avesse ragione in qualcosa, perché non dovrebbe trattarsi di un caso fortuito?

Krauss: Beh, il punto cruciale di cui non tieni conto è che c'è una ragione per credere che la Genesi possa contenere qualche verità sull'universo, ma solo se si crede in Dio. Lemaitre, presumibilmente, ci credeva. Ma tornando alla questione sollevata in precedenza, io non sto dicendo che la scienza non potrebbe mai fornire le prove di un disegno, o di una finalità. Se, per esempio, questa notte le stelle improvvisamente si allineassero nel cielo a formare la frase «Sono qui», la maggior parte degli astronomi sarebbe incline a considerare una causa soprannaturale. Ma l'assenza di queste prove - e le prove mancano, nonostante quello che dicono gli artisti della truffa e gli pseudoscienziati fuorviati sostenendo che sono fornite dai i sistemi viventi - non esclude logicamente la possibilità che il nostro universo e la vita abbiano un qualche fine.

Dawkins: Mi sconcerta sempre che qualcuno ritenga molto importante il fatto che non si possa escludere logicamente qualche possibilità. Sono infinite le possibilità che non possiamo escludere logicamente e che tuttavia non prendiamo sul serio, perché non abbiamo ragioni per farlo. Era proprio questo il punto all'origine della teiera orbitante di Russell.

Krauss: Per come la vedo io, se non si è in grado di escludere certe possibilità, è meglio non soffermarcisi e limitarsi a dire che sono improbabili. Hai sostenuto, e su questo sono d'accordo, che la completa assenza di prove empiriche dirette suggerisce che l'esistenza di un'intelligenza divina sia improbabile. Penso che non ci si possa spingere oltre.

Dawkins: E quanto oltre si vorrebbe andare? Improbabile é improbabile è improbabile. Non è lo stesso di impossibile, ma la scienza abbonda di stime di improbabilità che non sono impossibilità dimostrate. È altamente probabile che si stia verificando un riscaldamento globale causato dalle attività umane, ma le alternative non possono essere del tutto escluse. È molto probabile che i dinosauri si siano estinti perché un oggetto di grandi dimensioni è entrato in collisione con la Terra, ma non è sicuro. È quasi - ma non completamente - certo che gli esseri umani sono parenti più stretti degli scimpanzé che dei gorilla. Quasi tutto quello che sappiamo di biologia è sostenuto da prove statistiche e non è totalmente certo. Se concordi con me sul fatto che l'esistenza di un'intelligenza divina è statisticamente improbabile, non chiedo altro. Ma affermo che questa bassa probabilità sulla quale siamo d'accordo è una stima scientifica, non qualcosa che per principio è immune dalla discussione scientifica.

Krauss: Sì, ma io non credo che la probabilità dell'esistenza di Dio possa essere quantificata negli stessi modi usati per i dinosauri, o per il riscaldamento globale, e penso dunque che non abbia senso passare molto tempo a provarci. Perché faticare tanto su un soggetto inevitabilmente troppo sfuggente, e da lungo tempo? Sostenere che le dettagliate argomentazioni probabilistiche usate per suggerire che la vita è un fenomeno raro implichino al tempo stesso un sostegno matematico alla non-esistenza di Dio è qualcosa che non mi convince, perché non vedo come si possano usare ragionamenti propri della fisica per porre limiti all'esistenza di qualcosa che, per definizione, trascende le leggi della fisica.

Dawkins: I teologi ricorrono a questa argomentazione centrata sulla definizione come unica difesa contro le argomentazioni statistiche che noi accettiamo. Ma perché dovremmo lasciare che si servano di questa scappatoia così conveniente? Perché accettare che siano i teologi a decidere i termini della discussione e permettere che rendano Dio immune dallo scrutinio scientifico vaccinandolo come profilassi con una sorta di iniezione di definizione? Supponiamo di dire che il bolide che uccise i dinosauri 65 milioni di anni fa fu lanciato da Zeus. I dati a nostra disposizione (strato di iridio nelle rocce, cratere nello Yucatan, ecc.) sono compatibili sia con la teoria di Zeus, sia con quella del meteorite. I teologi della scuola dell'Olimpo sono liberi di interpretare i dati scientifici in termini di Zeus (e i teologi della scuola del Walhalla di interpretarli come manifestazione del martello di Thor). Queste preoccupazioni teologiche sono per definizione al di là della portata della scienza. Ma tu non ci credi, Lawrence. Perché, allora, permettere ai teologi ebraico-cristiani di evadere la questione statistica dicendo che il loro Dio è, per definizione, al di là delle leggi della fisica?

Krauss: È un'osservazione valida, però credo che i teologi più ragionevoli sostengano che «le intenzioni» di Dio sono al di là delle leggi della fisica. Se si potesse determinare nei particolari l'origine del bolide che uccise i dinosauri e si dimostrare che furono le perturbazioni gravitazionali del pianeta Giove a farlo uscire dalla sua orbita attorno al Sole, questo dimostrerebbe forse che non c'era un Dio, Zeus o chi per lui? No, perché potrebbe essere stata intenzione divina che la vita si evolvesse proprio in un ambiente caratterizzato da catastrofi sporadiche, che contribuissero a portare avanti l'evoluzione.

Dawkins: In senso stretto è vero, ma proprio in senso stretto. Perché fai i salti mortali per trattare con riguardo queste appendici alla scienza, del tutto superflue, che respingeresti con sdegno se non fossero protette dall'etichetta «Religione. Usare i guanti di velluto per non arrecare offesa»?

Krauss: Per me si tratta più di ignorarle che di trattarle con riguardo, perché vedo l'inutilità di una discussione. In generale, sostenere che la religione è cattiva scienza ha come unico effetto quello di indurre chi vuole introdurre la religione nei corsi di scienze a perseverare con maggior risolutezza nei suoi tentativi. Credo che sia essenziale separare razionalmente la scienza e la religione. Può darsi sia vero che la fede non si basa sulla ragione, ma questo la renderebbe cattiva scienza solo se le asserzioni della fede fossero in generale dimostrabili come false. Finché i principi della fede vanno al di là della ragione, vale a dire al di là di questioni che possono essere risolte da prove o dall'assenza di prove, la fede resta in un ambito dell'attività umana che ha poco a che fare con la ragione. Se questo ambito fosse limitato alla sola religione, si potrebbe forse anche pensare di provare a eliminarla. Ma questo ambito, che ci piaccia o meno, è invece un aspetto centrale della nostra natura umana. Tutti noi abbiamo qualcosa in comune con la Regina di Lewis Carrol, che ogni giorno credeva a sei cose impossibili prima di fare colazione. Per molte persone, la religione è un modo per dare senso a un mondo irrazionale, un mondo che non è giusto.

Dawkins: Se è un aspetto centrale della natura umana, allora tanto peggio per l'umanità. Il mondo non è irrazionale. Il mondo può essere ingiusto, ma non è irrazionale. La risposta razionale a un mondo ingiusto è riconoscere che non abbiamo alcun diritto di aspettarci che sia giusto. Se questo suona cinico, mi dispiace, ma compito della scienza è capire com'è il mondo, non cercare di trarne conforto. Noi possiamo soltanto intraprendere azioni politiche e di altro genere per rendere più giusta la piccola parte di mondo sulla quale possiamo esercitare un qualche controllo. E a dire il vero io credo che nella scienza si possa persino trovare una sorta di consolazione poetica, che ho cercato di esprimere in L'arcobaleno della vita.

Krauss: Non molto tempo fa sono stato a Washington, dove in qualità di membro del Comitato degli sponsor del Bulletin of Atomic Scientists ho inaugurato il nuovo Orologio dell'apocalisse, che segna cinque minuti a mezzanotte. Posso dire, dopo aver studiato per un certo tempo le politiche di sicurezza nazionale delle maggiori potenze mondiali nei confronti degli armamenti nucleari, che mi riesce davvero difficile attribuire il termine «razionale» anche a una piccola parte soltanto di queste politiche. L'universo può essere ingiusto, ma certo sono molti gli esempi sulla scorta dei quali si può pensare che neppure l'attuale società umana sia governata dalla razionalità.
In ogni caso, la prossima questione che mi piacerebbe discutere con te riguarda gli obiettivi principali che uno scienziato dovrebbe porsi quando parla o scrive di religione.

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Io seguo sempre il gregge.

Sono il lupo.

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