«Mandiamo i bamboccioni fuori di casa».

Ultimo Aggiornamento: 16/10/2013 11:45
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06/10/2007 01:39

Re:
bremaz, 05/10/2007 16.12:

io ricordo che prima delle elezioni Prodi and company si riempivano la bocca di paroloni sull'aiuto ai giovani etc. etc.

io in due anni vedo ancora lì la legge 30,
e per di più quest'anno mi hanno aumentato le tasse universitarie di 200 euro [SM=x44453]

per due anni ha vissuto a mestre dividendo con due studenti di infermieristica a mestre una casa affittata a 600 euro.... 200 a testa, fattibile.

quest'anno si è ritrovato senza compagni di casa e ha dovuto cercare una casa affittata a venezia....

ha trovato solo monolocali, prezzo medio: 900 euro. [SM=x44520]




Insomma questo Myskin daà, a chi riuscirà a prenderseli, 42€ circa di sgravi fiscali,
come parziale compensazione degli aumenti dei costi degli affitti, aumento delle tasse universitarie e di tutto il resto?

PS peccato che non abbia anche pensato a "resuscitare" il Diritto allo Studio universitario,
magari aumentando i posti lett nelle case degli studenti.



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08/10/2007 09:02

Padoa-Schioppa: «Le tasse? Bellissime»

ROMA - Prima di tutto chiarisce che «è finito lo spazio per destinare il recupero dell'evasione fiscale a nuove spese». E se i conti continueranno a essere in ordine, afferma che «è naturale chiedere una diminuzione dell'Irpef». Il ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa, parlando su Rai 3 nel programma "In mezz'ora" di Lucia Annunziata, precisa però che in merito «non c'è ancora una decisione, ma sarebbe naturale perché l’Irpef riguarda tutte le persone». Insomma, «il recupero deve continuare, solo che deve essere ormai in via pressoché esclusiva destinato a restituire ai contribuenti quello che viene recuperato». Padoa-Schioppa allarga poi il discorso: «La polemica anti tasse è irresponsabile. Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima e civilissima, un modo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili come la salute, la sicurezza, l'istruzione e l'ambiente».

L'OPPOSIZIONE - Un'affermazione che apre una nuova polemica. «È una frase rivelatrice della cultura e della mentalità di questo governo, che vede nell'imposizione fiscale una sorta di misura salvifica rispetto al peccato commesso da chi guadagna con il suo lavoro o la sua impresa», commenta Fabrizio Cicchitto. Il vicecoordinatore di FI accusa il ministro dell'Economia di «una visione penitenziale e punitiva della vita che si combina con il paternalismo altezzoso e arrogante di chi ha appellato i giovani come dei 'bamboccioni'. È un governo i cui ministri ci riservano ogni giorno delle sorprese e delle gaffe straordinarie, delle quali, come opposizione, li ringraziamo». Poi arriva la nota di Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi: «Padoa-Schioppa sta facendo le scarpe a Prodi nella classifica dell’impopolarità. Dopo aver rovesciato una gragnuola di tasse sugli italiani definisce 'bellissime' le sue imposte».

CAPEZZONE - Anche dalla maggioranza arrivano strali per il ministro dell'Economia. Daniele Capezzone, promotore di Decidere.net e presidente della commissione Attività produttive della Camera, osserva che «dopo aver insultato qualche milione di giovani italiani trattati, grosso modo, come un branco di ragazzini che faticano a staccarsi dalla mamma, il ministro Padoa-Schioppa afferma che le tasse sono 'una cosa bellissima'. Non si sa cosa pensare: forse una gaffe, l'ennesima, forse una beffa crudele ai danni dei contribuenti, forse molto semplicemente il fatto che Tommaso Padoa-Schioppa ha perduto il contatto con la realtà del Paese che dovrebbe governare. Un ministro o un marziano a Via XX Settembre?».



continuna il TPS SHOW: quest'uomo è sempre peggio ...

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08/10/2007 10:31

paperino73, 08/10/2007 9.02:


«La polemica anti tasse è irresponsabile. Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima e civilissima, un modo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili come la salute, la sicurezza, l'istruzione e l'ambiente».



Caro Ministro Padoa-Schioppa,

visto che lei parla di coraggio, posso invitarla ad avere coraggio e dire agli italiani come stanno le cose ?
Vorrei invitarla a dare delle risposte alle polemiche attuali sui costi della politica, spiegando come mai i parlamentari italiani sono così tanti e così tanto pagati; come mai i dipendenti di Camera, Senato & Ministeri vari sono così tanti e così tanto pagati; come mai ci sono regioni che usano l'assunzione pubblica come strumento di controllo del voto e sono governate dagli stessi individui da anni; come mai lo Stato detiene quote di società che il mercato avrebbe già decretato fallite da anni (Alitalia, Poste, Ferrovie, etc ...) e continua a sperperare soldi soprattutto in stipendi e soprattutti a dirigenti e funzionari; come mai esistono migliaia di enti a partecipazione statale/regionale/comunale che costano alla collettività in maniera spropositata rispetto al loro effettivo valore; come mai esistono ancora le Province; come mai uno studente della scuola pubblica costa il doppio di uno studente di una scuola privata; come mai lo Stato deve pagare gli errori dei magistrati; come mai i magistrati sono così tanto pagati se non hanno responsabilità nel loro operato; come mai si danno soldi alle aziende; come mai si danno soldi ai giornali.
Queste, caro ministro, sono solo le prime domande che mi sono venute in mente, ma se faccio una analisi approfondita troverò certamente altri casi in cui lo Stato spreca soldi.
Mi domando allora, visto lo stato di degrado istituzionale e morale dell'Italia, come è possibile dire che le tasse sono una bella cosa perchè aiutano la collettività ?

Senza più alcuna stima
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08/10/2007 11:16

Propongo un sillogismo di aristotelica memoria:
Visto che il Presidente del Consiglio in conclusione di campagna elettorale ha promesso "...più felicità per tutti...",
e visto che il Ministro dell'Economia ha sentenziato ieri che pagare le tasse dovrebbe rendere felici, se ne deduce che... [SM=x44469]
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08/10/2007 11:26


Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima e civilissima, un modo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili come la salute, la sicurezza, l'istruzione e l'ambiente.



In teoria il concetto è valido.
In una democrazia serie e matura i cittadini pagano le tasse e ricevono in cambio i servizi dello Stato.

Peccato che la teoria non funziona quando entra in contatto con la realtà.

Il buon TPS (ma non solo lui) dovrebbe forse chiedersi perchè i contribuenti italiani sono così sfiduciati nei confronti dello Stato.

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Pochi anni dopo nacquero le feste rave, la musica techno e l'ecstasy...

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08/10/2007 11:34

Re:
Arjuna, 08/10/2007 11.26:


Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima e civilissima, un modo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili come la salute, la sicurezza, l'istruzione e l'ambiente.



In teoria il concetto è valido.
In una democrazia serie e matura i cittadini pagano le tasse e ricevono in cambio i servizi dello Stato.

Peccato che la teoria non funziona quando entra in contatto con la realtà.

Il buon TPS (ma non solo lui) dovrebbe forse chiedersi perchè i contribuenti italiani sono così sfiduciati nei confronti dello Stato.



Concordo in pieno col tuo pensiero [SM=x44462]

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18/06/2008 11:42

L'Istat: un terzo dei giovani vive con mamma e papà
A Milano boom dei trentenni single
Web, cellulare e mille euro al mese. Precari, ma amano spendere.
«Non ci sposiamo, costa troppo».
In calo l'impegno politico



MILANO - Forse non ha tutti i torti Francesco Aufieri quando dice che nella vita ha scelto di fare due cose ad alto rischio (d'insulti): l'arbitro e il sindacalista.
Ha 30 anni, vive con i genitori, guadagna 1450 euro al mese e fa il funzionario nella Cgil. «Sei nel sindacato? In un'organizzazione di massa? Ma dai, mi dicono. Quasi fossi un diverso». In effetti, solo il 10% degli iscritti Cgil ha meno di 35 anni. Aufieri rivendica però di far parte del trasversale popolo degli aperitivi. E confessa: «Vestirei pure Gucci, se solo costasse di meno».

I trentenni milanesi, lo dicono gli studiosi, sono individualisti, non fanno generazione e, soprattutto, politicamente non contano granché.
Il motivo, secondo Alessandro Rosina, demografo della Cattolica, è semplice: sono pochissimi. A Milano i 30-35enni non arrivano a 115.000. Mentre gli under 35 sono soltanto il 22% dell'elettorato (dunque: 1 su 5). Michele Mariani è un direttore creativo della Armando Testa. Quasi rimpiange gli anni '80. C'erano gli spot per i ventenni, quelli per i trentenni e così via. E c'erano le tribù: i punk e i paninari.
Ora, nelle analisi di mercato, i trentenni sono considerati come i ventenni. E sono difficili da individuare: «Si muovono sul web e sui cellulari. I canali mediatici sono la palestra e gli aperitivi». In realtà, per rintracciarli basterebbe bussare alle case dei genitori. Ventotto giovani su cento vivono con mamma e papà. Forse anche per questo hanno pochissima voglia di sposarsi. Milano ha il record di «bamboccioni» celibi o nubili (a 40 anni senza fede nuziale ci arriva il 60% dei maschi). E di single.

Pietro Camonchia ha 31 anni e di professione fa il manager musicale (segue i Negramaro e i Casino Royale).
Comunica attraverso il blog, ha l'iPod, tutti i tipi di messaggerie (software per chattare online) ed è iscritto a un social network. Un tipico trentenne hi-tech, che dà lavoro a 17 persone. Il più vecchio ha 32 anni. «Mi confronto ogni giorno con loro». Se c'è una cosa che li accomuna, dice, è la mancanza di punti fissi. Fa l'esempio della musica. «Ora va di moda l'elettro-pop. Ma i trentenni ascoltano tutto e niente. Si lasciano trasportare dai trend. Non hanno filtri». Chi non va a bere l'aperitivo al modaiolo Radetzky, lo fa perché costa tre euro in più che nei locali dell'Isola o del Ticinese. Non perché ci vanno i fighetti, come sarebbe successo un tempo. Non sono sparite le differenze economiche.

I trentenni benestanti al giovedì affollano l'Armani Caffè o il Just Cavalli.
Marco ha 33 anni, lavora in un'agenzia di modelle, non è ricco (1900 euro mensili) ma i benestanti li frequenta.

L'ultima tendenza, racconta, è il matrimonio chic fuori Milano: «Chi si sposa in città è considerato un poveraccio». Ma, a parte qualche snobberia da ricchi, «i trentenni non vivono conflitti ideologici», dice il sociologo Mauro Ferraresi (Iulm). «Non cercano la differenziazione ». Dieci anni fa c'erano i «precisi ». Giovani che compravano da Tincati e indossavano una sorta di divisa: scarpa inglese sotto il jeans e camicia Ralph Lauren. Il preciso smanettava su moto giapponesi: il top era la Honda Gp. Una scheggia.

Il trentenne del 2008, al contrario, è globalizzato: veste casual e va in scooter. Persino in Vespa.
Da ex preciso, Marco non sarebbe mai andato in un locale Arci troppo di sinistra. «Di recente ho fatto una tessera a 10 euro per tre serate. Con pochi soldi ho scoperto un mondo nuovo e underground ». Clementina è una trentenne «creativa», terrorizzata dall'idea di sposarsi. Vive in una casa di proprietà, ha l'auto, Sky, il computer sempre acceso e due cellulari. Guadagna mille euro al mese. «Come faccio? Tutto pagato dai miei. Mi vergogno a dirlo, ma senza il loro aiuto a Milano non si vive». Ecco cosa differenzia un trentenne dall'altro: mamma e papà.

«Chi è finanziato dalla famiglia può fare carriera e uscire di casa.
Chi non ha questo vantaggio soffre la flessibilità del lavoro
, gli stipendi bassi e gli affitti alti», sentenzia Rosina. «La spesa media europea per politiche giovanili è del 2,6% del pil. In Italia è dello 0,6%». Eppure non sono diminuite le opportunità di divertimento. «I locali e le discoteche milanesi non denunciano cali di presenza», dice Ferraresi. Forse per questo paragona i trentenni agli orchestrali del Titanic. «Continuano a suonare, ma la nave sta affondando».

Agostino Gramigna
18 giugno 2008
Corriere della Sera

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
18/06/2008 11:46

Re:
Etrusco, 18/06/2008 11.42:

L'Istat: un terzo dei giovani vive con mamma e papà
A Milano boom dei trentenni single
Web, cellulare e mille euro al mese. Precari, ma amano spendere.
«Non ci sposiamo, costa troppo».
In calo l'impegno politico



MILANO - Forse non ha tutti i torti Francesco Aufieri quando dice che nella vita ha scelto di fare due cose ad alto rischio (d'insulti): l'arbitro e il sindacalista.
Ha 30 anni, vive con i genitori, guadagna 1450 euro al mese e fa il funzionario nella Cgil. «Sei nel sindacato? In un'organizzazione di massa? Ma dai, mi dicono. Quasi fossi un diverso». In effetti, solo il 10% degli iscritti Cgil ha meno di 35 anni. Aufieri rivendica però di far parte del trasversale popolo degli aperitivi. E confessa: «Vestirei pure Gucci, se solo costasse di meno».

I trentenni milanesi, lo dicono gli studiosi, sono individualisti, non fanno generazione e, soprattutto, politicamente non contano granché.
Il motivo, secondo Alessandro Rosina, demografo della Cattolica, è semplice: sono pochissimi. A Milano i 30-35enni non arrivano a 115.000. Mentre gli under 35 sono soltanto il 22% dell'elettorato (dunque: 1 su 5). Michele Mariani è un direttore creativo della Armando Testa. Quasi rimpiange gli anni '80. C'erano gli spot per i ventenni, quelli per i trentenni e così via. E c'erano le tribù: i punk e i paninari.
Ora, nelle analisi di mercato, i trentenni sono considerati come i ventenni. E sono difficili da individuare: «Si muovono sul web e sui cellulari. I canali mediatici sono la palestra e gli aperitivi». In realtà, per rintracciarli basterebbe bussare alle case dei genitori. Ventotto giovani su cento vivono con mamma e papà. Forse anche per questo hanno pochissima voglia di sposarsi. Milano ha il record di «bamboccioni» celibi o nubili (a 40 anni senza fede nuziale ci arriva il 60% dei maschi). E di single.

Pietro Camonchia ha 31 anni e di professione fa il manager musicale (segue i Negramaro e i Casino Royale).
Comunica attraverso il blog, ha l'iPod, tutti i tipi di messaggerie (software per chattare online) ed è iscritto a un social network. Un tipico trentenne hi-tech, che dà lavoro a 17 persone. Il più vecchio ha 32 anni. «Mi confronto ogni giorno con loro». Se c'è una cosa che li accomuna, dice, è la mancanza di punti fissi. Fa l'esempio della musica. «Ora va di moda l'elettro-pop. Ma i trentenni ascoltano tutto e niente. Si lasciano trasportare dai trend. Non hanno filtri». Chi non va a bere l'aperitivo al modaiolo Radetzky, lo fa perché costa tre euro in più che nei locali dell'Isola o del Ticinese. Non perché ci vanno i fighetti, come sarebbe successo un tempo. Non sono sparite le differenze economiche.

I trentenni benestanti al giovedì affollano l'Armani Caffè o il Just Cavalli.
Marco ha 33 anni, lavora in un'agenzia di modelle, non è ricco (1900 euro mensili) ma i benestanti li frequenta.

L'ultima tendenza, racconta, è il matrimonio chic fuori Milano: «Chi si sposa in città è considerato un poveraccio». Ma, a parte qualche snobberia da ricchi, «i trentenni non vivono conflitti ideologici», dice il sociologo Mauro Ferraresi (Iulm). «Non cercano la differenziazione ». Dieci anni fa c'erano i «precisi ». Giovani che compravano da Tincati e indossavano una sorta di divisa: scarpa inglese sotto il jeans e camicia Ralph Lauren. Il preciso smanettava su moto giapponesi: il top era la Honda Gp. Una scheggia.

Il trentenne del 2008, al contrario, è globalizzato: veste casual e va in scooter. Persino in Vespa.
Da ex preciso, Marco non sarebbe mai andato in un locale Arci troppo di sinistra. «Di recente ho fatto una tessera a 10 euro per tre serate. Con pochi soldi ho scoperto un mondo nuovo e underground ». Clementina è una trentenne «creativa», terrorizzata dall'idea di sposarsi. Vive in una casa di proprietà, ha l'auto, Sky, il computer sempre acceso e due cellulari. Guadagna mille euro al mese. «Come faccio? Tutto pagato dai miei. Mi vergogno a dirlo, ma senza il loro aiuto a Milano non si vive». Ecco cosa differenzia un trentenne dall'altro: mamma e papà.

«Chi è finanziato dalla famiglia può fare carriera e uscire di casa.
Chi non ha questo vantaggio soffre la flessibilità del lavoro
, gli stipendi bassi e gli affitti alti», sentenzia Rosina. «La spesa media europea per politiche giovanili è del 2,6% del pil. In Italia è dello 0,6%». Eppure non sono diminuite le opportunità di divertimento. «I locali e le discoteche milanesi non denunciano cali di presenza», dice Ferraresi. Forse per questo paragona i trentenni agli orchestrali del Titanic. «Continuano a suonare, ma la nave sta affondando».

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18 giugno 2008
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Che in italia ,sia pieno di bambocci attaccati alla gonna della mamma è vero.
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18/06/2008 11:57

Re: Re:
DRUGO1979, 18/06/2008 11.46:




Che in italia ,sia pieno di bambocci attaccati alla gonna della mamma è vero.




Sbagliatissimo... [SM=x44472]
Gli affitti e le case costano troppo rispetto a stipendi da fame che vengono offerti. Anche con una buona qualifica professionale, si riesce a stento a lavorare, figuriamoci ad avere uno stipendio degno di questo nome.
I nuovi dandi, versione milanese-padana, non fanno statistica: in Italia la realtà è sempre diversa da come la dipingono i giornalisti... [SM=x44463]


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18/06/2008 12:09

Re: Re: Re:
vassant69, 18/06/2008 11.57:




Sbagliatissimo... [SM=x44472]
Gli affitti e le case costano troppo rispetto a stipendi da fame che vengono offerti. Anche con una buona qualifica professionale, si riesce a stento a lavorare, figuriamoci ad avere uno stipendio degno di questo nome.
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18/06/2008 12:19

Re: Re: Re: Re:
Arjuna, 18/06/2008 12.09:





Basterebbe prendere a calci metà dei dipendenti di Montecitorio, e l'altra metà dargli uno stipendio adatto alle loro mansioni e si troverebbero i soldi per pagare il giusto i ricercatori.

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Re: Re: Re:
vassant69, 18/06/2008 11.57:




Sbagliatissimo... [SM=x44472]
Gli affitti e le case costano troppo rispetto a stipendi da fame che vengono offerti. Anche con una buona qualifica professionale, si riesce a stento a lavorare, figuriamoci ad avere uno stipendio degno di questo nome.
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20/01/2010 10:51

Brunetta contro i «bamboccioni»: "Fuori di casa a 18 anni per legge"

Il ministro: «Una norma che obblighi i nostri figli a diventare indipendenti».
Calderoli: «L'ha fatta fuori dal vaso...»
ROMA

I bamboccioni ancora al centro delle polemiche. Questa volta è il ministro Renato Brunetta a dare il via a una nuova battaglia contro uno dei malcostumi degli italiani, lanciando l’idea di fare «una legge per far uscire di casa i ragazzi a 18 anni». Ma la provocazione del titolare della Pubblica amministrazione non passa inosservata. Il ministro Roberto Calderoli rimprovera «all’amico Brunetta di averla fatta fuori dal vaso»; mentre il presidente del deputati dell’Idv, Massimo Donadi, boccia «l’ennesima proposta senza senso di Brunette» e sottolinea che per andare via di casa ai «ragazzi italiani serve il lavoro e non norme inutili».

Brunetta, intervistato in radio (Rtl), prende spunto dalla sentenza del tribunale di Bergamo che condanna un artigiano di 60 anni a pagare gli alimenti alla figlia di 32 anni ma da otto anni fuori corso all’università. Il titolare della Pubblica amministrazione confessa «di vergognarsi ancora» perchè «fino a quando non sono andato a vivere da solo era mia madre che la mattina mi rifaceva il letto».

Il ministro dà, però, le colpe ai padri che «hanno costruito questa società». I bamboccioni, infatti, «sono le vittime di un sistema e organizzazione sociale di cui devono fare il "mea culpa" i genitori». Brunetta non dimentica di citare colui che per primo ha coniato e non senza polemiche la definizione "bamboccioni": il ministro dell’economia Tommaso Padoa-Schioppa con l’ultimo governo Prodi: «Ho condiviso Padoa-Schioppa quando ha stigmatizzato la figura dei bamboccioni - spiega Brunetta - anche se quella sua invettiva mancava di un’analisi più complessa».

Secondo il ministro, «i bamboccioni non lo sono in sè ma sono vittime del sistema italiano di organizzazione sociale». Brunetta è convinto che «ci sono i bamboccioni perchè le università funzionano male, perchè il welfare funziona male e perchè si dà più ai padri che ai figli».

Fonte

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20/01/2010 10:52

Bamboccioni, le soluzioni degli altri

IRENE TINAGLI
Un fatto di cronaca nuovo ha riportato in auge un dibattito vecchio: il tema dei bamboccioni, con tutti i luoghi comuni che si porta appresso. La nostra cultura familistica, i nostri figli viziati, le mamme che non mollano. Ma la questione non è meramente socio-culturale. La percentuale di ultratrentenni (30-34 anni) che vivono con i genitori è quasi triplicata in venticinque anni: per gli uomini si va dal 15.5 del 1981 al 41 dei giorni nostri, per le donne, più indipendenti, si passa dall'8.7 al 20.8 per cento.

Una società non cambia «cultura» così in fretta: questo fenomeno ha importanti radici economiche. Ciò non significa, attenzione, che questi «bamboccioni» siano davvero tutte vittime, costretti a stare a casa da una totale mancanza di lavoro. Significa però che, per come sono strutturati il mercato del lavoro e il mercato della casa, è economicamente più conveniente stare con i genitori piuttosto che fare tanta fatica per veder solo peggiorare il proprio stile di vita. E' pura razionalità economica.

Possiamo dare la colpa ai nostri ragazzi, che oggi sono più pigri, più viziati, più ignoranti e arroganti di un tempo, possiamo lamentarci perché non ci sono più i bravi giovani volenterosi di una volta e così via. Ma, a parte i casi estremi portati alla luce da certe sentenze (che non possono essere additati come rappresentativi di milioni di ragazzi), questi giovani non sono né pigri né presuntuosi: semplicemente fanno quello che possono, si arrangiano, si fanno due conti in tasca e si comportano di conseguenza. Il ragionamento è molto semplice: se sei un tirocinante che prende 5-600 euro al mese, o anche un operatore di call center che ne prende 800 (e i call center pullulano di laureati), difficilmente ti puoi permettere di spenderne altrettanti per l'affitto di un appartamento. O vai a vivere in condivisione con estranei (come fanno molti immigrati e anche molti dei nostri che emigrano in altre città), oppure, se hai una famiglia alle spalle, decidi di restare con i tuoi. E almeno su questo i nostri ragazzi sono bravi e capaci di fare i conti tanto quanto i loro colleghi stranieri.

Infatti, questo problema non affligge solo i giovani italiani. Basta alzare lo sguardo oltreconfine, per renderci conto che la questione dell’indipendenza dei giovani non è solo nostra. Proprio nel mese di Dicembre in Inghilterra ha fatto scalpore un report dell'Ufficio di Statistica Nazionale che ha rivelato come il numero di giovani che vivono con i genitori ha toccato un picco mai visto in venti anni. Negli Stati Uniti invece già da alcuni anni si parla del fenomeno dei "figli boomerang", ovvero quelli che se ne vanno da casa per andare all'università, ma che poi vi rientrano subito dopo la laurea perché incapaci di mantenersi da soli lavorando. Un fenomeno in forte aumento anche in Canada, dove il censimento del 2006 ha mostrato che il 43.5 per cento dei giovani sotto i 30 anni vive ancora con i genitori, contro il 32 per cento di venti anni prima. In Spagna l'età media in cui un giovane va a vivere da solo è costantemente aumentata fino a raggiungere, lo scorso anno, la drammatica soglia dei 30 anni.

Persino in Svezia, uno dei Paesi in cui tradizionalmente i figli se ne vanno a 18 anni, l'estate scorsa è scattato il primo l'allarme. Nuovi dati hanno mostrato che il 21 per cento dei giovani sotto i 27 vive ancora con i genitori, in netto aumento nel giro di pochi anni. E giusto un paio di settimane fa un sondaggio ha mostrato che il 70 per cento dei giovani svedesi tra i 20 e 25 anni vorrebbe andare a vivere da solo, ma non ce la fa economicamente. Non è un caso se i genitori svedesi sono già in agitazione e iniziano ad iscrivere i propri figli alle liste per accedere alle case «popolari» sin dall'adolescenza.

Insomma, si tratta di un fenomeno serio e di portata internazionale, legato principalmente a due fattori. L'andamento del mercato immobiliare da un lato - con la bolla speculativa degli ultimi dieci anni che ha portato costi e affitti alle stelle. E la progressiva frammentazione e flessibilizzazione del mercato del lavoro dall'altro, che ha colpito soprattutto i più giovani, in Italia come altrove. Gli altri Paesi stanno iniziando a pensarci e a muoversi. La Spagna ha istituito gli affitti di emancipazione, un contributo all'affitto per i giovani lavoratori che escono da casa. A Parigi si stanno progettando case per la condivisione, ovvero appartamenti pensati per accogliere in modo decente più di un inquilino, in modo che ciascuno abbia il proprio bagno e i propri spazi vitali, senza mortificare la dignità. In Svezia si sta parlando di una sorta di «piano casa» che porti a costruire nuovi alloggi specificatamente per i giovani, con affitti controllati. Sono misure recenti, ne valuteremo gli effetti, ma intanto in questi Paesi c'è la consapevolezza di un problema serio da affrontare con misure concrete di politica economica, edilizia e di Welfare. Da noi nulla, ci si focalizza sulla pigrizia, ma non stupiamoci poi se tra altri venti anni anziché averne il quaranta per cento a casa ne avremo il sessanta.

Fonte

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20/01/2010 13:57

Mandare i figli fuori di casa a 18 anni per legge è una frase che penso possa essere catalogata solo come una provocazione o in alternativa una cazzata.

Che dietro a questo fenomeno italiano ci siano condizioni sociali ed economiche complesse, e che lo Stato potrebbe, ben lavorando, intervenire su queste ultime, è un dato di fatto. Ma credo che "aiutare i giovani" a trovarsi un lavoro è un bene in sè che nulla ha a che vedere con la scelta che poi questo giovane fa di starsene a casa o andare a vivere da solo.

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Re:
paperino73, 20/01/2010 13.57:

Mandare i figli fuori di casa a 18 anni per legge ... una cazzata.

... "aiutare i giovani" a trovarsi un lavoro è un bene in sè che nulla ha a che vedere con la scelta che poi questo giovane fa di starsene a casa o andare a vivere da solo.




Nell'attuale contesto è più facile mandare i giovani "fuori casa"
anzichè trovargli un lavoro dignitoso e che possa garantirgli reale indipendenza economica.

A sentir parlare questi ministri del PdL sembra che il problema più grande dell'Italia
sia diventato ora i 18enni che vivono ancora con mammà.

[SM=x44463]

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20/01/2010 14:49

Re:
paperino73, 20/01/2010 13.57:

Mandare i figli fuori di casa a 18 anni per legge è una frase che penso possa essere catalogata solo come una provocazione o in alternativa una cazzata.



Voto per la seconda. [SM=x44452]

paperino73, 20/01/2010 13.57:


Che dietro a questo fenomeno italiano ci siano condizioni sociali ed economiche complesse, e che lo Stato potrebbe, ben lavorando, intervenire su queste ultime, è un dato di fatto.



Il concetto di ben lavorando associato allo Stato Italiano è un ossimoro...

paperino73, 20/01/2010 13.57:


Ma credo che "aiutare i giovani" a trovarsi un lavoro è un bene in sè che nulla ha a che vedere con la scelta che poi questo giovane fa di starsene a casa o andare a vivere da solo.



Infatti. [SM=x44462]

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20/01/2010 14:54

Re: Re:
Etrusco, 20/01/2010 14.12:



A sentir parlare questi ministri del PdL sembra che il problema più grande dell'Italia sia diventato ora i 18enni che vivono ancora con mammà.

[SM=x44463]



Quello non è IL problema, è una conseguenza DEL problema.

Ma dato che siamo in Italia si affronta il problema proponendo soluzioni serie? Concrete? NO! Si fanno le piazzate che sono già ridicole in partenza, ed io spero che Brunetta volesse fare una provocazione e non stesse parlando seriamente. [SM=x44464]

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Re: Re: Re:
Arjuna, 20/01/2010 14.54:


... spero che Brunetta volesse fare una provocazione e non stesse parlando seriamente. [SM=x44464]




un Ministro deve agire e amministrare l'intero paese,
non può permettersi il lusso di fare provocazioni e piazzate per gettare un po' di fumo negli occhi, almeno non sempre!

Ok, è in aperta rivalità col Ministro dell'Economia Tremonti,
ma non è così che dimostra la sua intelligenza superiore "da Premio Nobel" (come lui stesso si è già autocelebrato). [SM=x44452]
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20/01/2010 22:30

Il ministro Brunetta
dovrebbe collegare il cervello alla lingua prima di parlare

non lo fa

come cazzo puo' pretendere che un ragazzo di 18 anni possa pagarsi un affitto di un appartamente se nenache il padre riesce a trovare lavoro o ha un lavoro precario?

come puo' avere un lavoro che fino a 18 anni va a scuola per ottenere un misero diploma?

e chi lo paga l'affitto?
i genitori?

allora stia a casa che costa di meno al bilancio familiare

la sua non è una piazzata
è una presa per il culo per tutte le famiglie italiane che si trovano in difficoltà o che vivono e non muoiono.

ma giustamente per non far vedere i veri problemi del nostro paese si dicono stronzate per sviare l'attenzione

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