LA CAMORRA PAGA I ROM: "BRUCIATE TUTTO"
- NON PIACCIONO ALLE COSCHE GLI IMPIANTI CHE POTREBBERO METTERE FINE AL CAOS MUNNEZZA – BASSOLINO REPLICA A SCALFARI: “NON MI DIMETTO”…
1 - LA CAMORRA PAGA I ROM: "BRUCIATE TUTTO"
Fulvio Milone per la Stampa
Rifiuti davanti alle scuole
Rifiuti speciali in fondo al mare, o nascosti nei container stoccati nel porto in attesa di salpare per la Cina,
o sotterrati là dove pascolano le bufale che danno latte (e quindi mozzarelle) avvelenato.
Rifiuti urbani e tossici impastati con chissà quante altre schifezze e rivenduti ai contadini come fertilizzante, o riversati nelle discariche abusive: 100 mila metri quadri sequestrati in un anno dalla sola Guardia di Finanza.
E poi,
immondizia trasformata in oro grazie a patti inconfessabili fra ditte di copertura e imprese «legali» specializzate nel trasporto sugli autocompattatori, e accordi sottobanco che non hanno risparmiato neanche le amministrazioni pubbliche e quella gigantesca macchina mangiasoldi che è il Commissariato di governo.
In tutto il mondo i rifiuti sono considerati una fonte di ricchezza:
basta saperli trattare e trasformarli in energia e il gioco è fatto.
Ma in Campania solo un’azienda ha capito, naturalmente a modo suo, quanto il business possa rendere: la camorra.
Che da tutto quello che succede nella regione dell’eterna emergenza ha pochissimo da perdere e tantissimo da guadagnare.
«Alla camorra non piacciono i Cdr e i termovalorizzatori, cioè gli impianti ad alta tecnologia e controllabili che, se funzionassero, metterebbero fine al caos.
La camorra vuole le discariche perchè lì può nascondere qualsiasi tipo di scarto e da lì trae profitti enormi»,
spiega un investigatore che indaga sugli affari che ruotano attorno all’
«oro sporco» di Napoli.
Le inchieste su «camorra e monnezza» a Napoli vanno avanti da anni e mettono a nudo intrecci da brividi fra pubbliche amministrazioni e strutture statali messe su apposta, almeno sulla carta, per risolvere la madre di tutte le emergenze in Campania.
Lo dimostra l’indagine svolta otto mesi fa dalla Finanza sulle
infiltrazioni del clan dei Casalesi nella società mista Eco4, che si occupava della raccolta dei rifiuti in 18 Comuni del Casertano.
Grazie ai buoni uffici di tre imprenditori, uno dei quali legato alla
famiglia camorrista dei La Torre, e a un sistema di società fittizie e false fatturazioni, la società pilotata dai boss ha guadagnato 1 milione di euro in un anno, controllando la raccolta della spazzatura e, probabilmente,
aggiungendo ai carichi di rifiuti urbani quelli tossici provenienti dalle industrie del Centro-Nord.
Altri 2 milioni e mezzo furono sequestrati a uno dei tre imprenditori arrestati. Il guaio è che
nell’inchiesta finì anche un funzionario del Commissariato straordinario di governo: messo lì, secondo l’accusa, «grazie a pressioni esercitate dagli altri indagati». Fu uno scandalo che indusse il procuratore aggiunto di Napoli Franco Roberti a parlare di
«commistione inquietante fra controllori e controllati».
Ha rapporti con tutti, la camorra, e attraverso le sue società entra nei consorzi di imprese e fa affari sia con le industrie che hanno bisogno di smaltire gli scarti sia con le amministrazioni pubbliche.
Conosce una sola regola:
con il privato lavora a prezzi dimezzati per battere la concorrenza,
con quello pubblico applica tariffe astronomiche, perchè usa le armi dell’intimidazione e della corruzione. Ed è dappertutto.
Nel 2006 il numero dei reati ambientali in Campania ha raggiunto il 13,5% del totale nazionale.
Basta citare un dato di Legambiente: negli ultimi due anni, secondo il responsabile dell’associazione in Campania Michele Buonomo, sarebbero stati
buttati nella più grande pattumiera illegale d’Europa 10 milioni di tonnellate di scarti industriali, con un giro d’affari annuo di 600 milioni. E basta raccontare di quando un elicottero della Guardia di Finanza passò a volo radente sull’hinterland napoletano.
Le discariche abusive erano ovunque, 100 mila metri quadri in cui la camorra aveva nascosto di tutto: scarti provenienti da industrie della plastica, migliaia di fusti colmi di olio per auto usato, frigoriferi arrugginiti, cataste di copertoni pronte per essere incendiate
accanto ai campi coltivati dai contadini che poi vendono gli ortaggi avvelenati.
Già, i copertoni. Vanno carbonizzati perchè quello è il sistema più veloce per sbarazzarsene.
Il fatto che la gomma bruciata sia quanto di più tossico esista non è un problema. Ad appiccare il fuoco ci pensano i bambini rom accampati nelle baraccopoli dell’hinterland.
Li paga la camorra: 50 euro per ogni catasta che va in fumo.
Il Bassolino tra le donne
© Foto U.Pizzi
2 - BLOCCATO DA VESCOVI E ECO-FONDAMENTALISTI
Lettera di Antonio Bassolino a “la Repubblica”
Caro direttore,
è giusto e doveroso chiarire il quadro delle responsabilità della drammatica situazione campana. È vitale, infatti, per la nostra democrazia che vengano alla luce scelte errate, inadeguatezze, inefficienze e le collusioni tra politica, imprenditoria e criminalità organizzata.
Tale assoluta chiarezza è nell'interesse di tutti i cittadini e di tutti gli uomini impegnati nelle istituzioni. Voglio quindi dare il mio contributo a chiarire le vicende di questi anni. Nell'articolo di ieri, Eugenio Scalfari, scrive che in Campania "solo adesso, con dieci anni di ritardo, si è deciso di costruire un termovalorizzatore". In realtà, il piano rifiuti per la nostra regione, definito alla fine degli anni '90 dall'allora presidente della Regione e commissario governativo Antonio Rastrelli con il ministro Ronchi, prevedeva un ciclo industriale di trattamento dei rifiuti con 7 impianti per il trattamento e la trasformazione in combustibile (Cdr) e due termovalorizzatori.
La decisione di costruire i termovalorizzatori risale quindi a 9 anni fa. Quando diventai presidente e commissario a mia volta, nel 2000, la gara d'appalto per la gestione dei rifiuti era stata già definita e aggiudicata all'Impregilo, che, in base al contratto, aveva la facoltà di decidere la localizzazione degli impianti. Nei tre anni e mezzo in cui ho fatto il commissario (fino al febbraio 2004, ben quattro anni fa) ho firmato per l'avvio dei lavori e ho fatto tutto quanto potevo per dotare la mia regione di un moderno ciclo di trattamento dei rifiuti, dalla raccolta differenziata ai termovalorizzatori. In una corsa contro il tempo innescata dalla chiusura di tutte le discariche disposta dal prefetto e da una legge dello Stato.
Sono riuscito a far costruire, tra mille opposizioni e proteste, i 7 impianti per produrre il Cdr (Combustibile derivato dai rifiuti). Per aprire il cantiere di Acerra ho dovuto fare i conti con ostacoli di ogni tipo e violente contestazioni. C'erano comitati civici, ambientalisti fondamentalisti, vescovi che predicavano contro i rifiuti-demonio, disoccupati organizzati, esponenti del centrodestra e del centrosinistra che si mettevano a capo dei cortei a caccia di consenso. Mentre delinquenti comuni e manovalanza della camorra facevano la loro parte, provando in ogni modo a intimidire e tenere in scacco le istituzioni locali ogni volta che si faceva un passo avanti verso quella chiusura del ciclo che avrebbe fatto terra bruciata intorno al business delle ecomafie.
In questi anni, nella nostra regione, sull'opposizione ai termovalorizzatori e alle discariche, si sono costruite carriere politiche e fortune elettorali.
Io sono stato sempre al mio posto. A favore della costruzione dei termovalorizzatori. Pronto al dialogo con i cittadini e alle giuste compensazioni per le comunità locali, ma indisponibile ai ricatti. Nei tre anni e mezzo in cui sono stato commissario non sono riuscito a costruire il termovalorizzatore.
Dopo di me non ci sono riusciti gli altri tre commissari del governo: il prefetto Catenacci, il capo della protezione civile Bertolaso, il prefetto Pansa.
Tutti con poteri ben superiori ai miei. Da presidente della Regione - non più commissario - ho garantito a loro la massima collaborazione, sostenendone l'impegno con tutte le risorse e l'appoggio istituzionale possibile.
Maria Pia Garavaglia e Guido Bertolaso
© Foto U.Pizzi
Come si vede non esito a riconoscere le mie responsabilità. Anche nel silenzio dei tanti che hanno ricoperto, prima e dopo di me, ruoli importanti in questa partita. La priorità oggi è dare soluzioni durature al problema. Se le mie dimissioni potessero servire a questo, non avrei la minima esitazione.
Ma in questo momento sento il dovere di portare avanti con fermezza la battaglia di civiltà condivisa da tutti gli italiani onesti.
Dagospia 07 Gennaio 2008
[Modificato da Etrusco 08/01/2008 11:33]
Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.