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Travaglio vince contro Schifani

Ultimo Aggiornamento: 13/02/2012 16:16
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16/05/2008 11:37

uhmmmmmmm........
Travaglio ha il c..o scoperto..
Fra un pò, non vedremo più ne lui e ne Santoro.... [SM=x44466]

Si sta delineando un vero e proprio regime( brutta parola ), un regime omeopatico, preso a piccole dosi, un pò per volta.


[Modificato da vassant69 16/05/2008 11:41]

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16/05/2008 13:58

Barbacetto: siamo giornalisti, non giudici. Dovremmo limitarci a ciò che è acclarato
I colleghi di Travaglio: libri «meticolosi», ma parlare in tv porta guai
Abbate: mettiamo in fila fatti, lui li fa arrivare agli italiani. Gomez: colpito anch'io



ROMA - Non esiste un «metodo Travaglio», c'è solo «buon giornalismo investigativo fatto di verifiche rigorose e accesso alle fonti»:
ci sono i libri e le inchieste «ma i guai veri per chi scava nel passato dei politici arrivano quando le informazioni passano in televisione».
Dai blog, alle mail, all'appello lanciato dall'associazione «Senzabavaglio», gli ammiratori del giornalista Marco Travaglio attaccato da un affondo di Giuseppe D'Avanzo, di Repubblica - fanno sentire a centinaia la loro voce. Ma gli argomenti più solidi in sua difesa arrivano dai colleghi Gianni Barbacetto, Peter Gomez e Lirio Abbate che dell'inchiesta giornalistica-investigativa hanno fatto una ragione di vita.

Alla scuola che trae linfa soprattutto dalle carte giudiziarie appartiene Barbacetto, il cronista ex Diario di Enrico Deaglio, autore di «Compagni che sbagliano» e «Mani sporche» scritto insieme a Gomez e a Travaglio: «Non siamo giudici, siamo giornalisti.
Per questo dovremmo limitarci ad estrarre dai documenti giudiziari i fatti accertati e raccontarli.
Poi se questi fatti non hanno valenza penale possono però avere rilevanza politica quando riguardano personaggi pubblici:
raccontarli è un dovere che corrisponde a un diritto dei lettori.
Non si infanga nessuno se i fatti illustrati sono veri».


E la disputa Travaglio-D'Avanzo sull'uso a tutti i costi di spezzoni di inchiesta giudiziaria?
Commenta Barbacetto: «I rapporti tra Schifani e i personaggi che in seguito hanno avuto a che fare con esponenti condannati per mafia sono un fatto vero, l'hotel pagato a Travaglio da un mafioso è un falso».

Anche Gomez, giornalista dell'Espresso, autore di «Se li conosci li eviti» firmato con Travaglio, fa un ragionamento sulle accuse lanciate in tv, a «Che tempo che fa», dal suo collega contro Renato Schifani, al quale Travaglio ha attribuito una relazione pericolosa datata '79 con quel Mandalà che poi verrà condannato per mafia nell'89:
«Il punto non è politico ma riguarda noi giornalisti perché su quei fatti ci sono ancora verifiche nelle aule di giustizia.
Quando io scrivo una biografia del senatore Schifani non devo farci un titolo su questa cosa ma tre righe le devo mettere.
Lo stesso vale per le biografie dei ministri del governo Berlusconi:
almeno due righe dedicate ai quattro che sono sotto inchiesta e ai due condannati.
Magari sono tutti innocenti, ma se omettiamo queste informazioni non facciamo bene il nostro mestiere».


Gomez e Travaglio hanno scavato molto con i loro libri sul passato di alcuni politici. Ma il problema, secondo Gomez, si è posto con la tv:
«Il consiglio di amministrazione della Rai dovrebbe essere composto da membri di "notoria indipendenza".
Ma cinque dei nove membri sono ex parlamentari, tre sono ex direttori di giornali di partito. Nei Paesi normali sono le tv che vigilano sull'attività del Parlamento, non il contrario».

E l'attacco di D'Avanzo? «È un bravo giornalista investigativo, ma stavolta ha preso lucciole per lanterne, attaccando il metodo Travaglio.
Mi sento colpito anch'io perché so quante suole di scarpe consumate, quante notti insonni e quante cose non pubblicate perché non erano verificabili».

All'Ansa di Palermo lavora Lirio Abbate, il giornalista che è cresciuto in mezzo alle intimidazioni e che anche di recente ha rischiato grosso tant'è che è obbligato a girare con la scorta.
Per Abbate molte cose sono cambiate quando è uscito «I complici», scritto con Peter Gomez, in cui emerge la «zona grigia». Politici e professionisti contigui a Cosa nostra: «I primi a leggere il libro sono stati gli avvocati, un po' perché coinvolti un po' perché i loro clienti politici chiedevano se c'erano gli estremi per la querela. Non hanno trovato spiragli perché il nostro è stato un lavoro meticoloso in cui abbiamo messo in fila molti fatti. Anche su Schifani. E ora attaccano Travaglio perché lui è entrato, con la televisione, nelle case degli italiani».


Dino Martirano
16 maggio 2008
Corriere della Sera


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17/05/2008 11:22


IL GIORNALISTA di scena alla stampa estera
Travaglio fa outing: «Sono un liberale-conservatore».
e intanto va sul blog di Grillo
E sulla polemica con D'Avanzo: «Mi detesta anche se mi conosce appena»



ROMA - Il blog di Beppe Grillo ha una nuova voce.
Marco Travaglio parlerà in diretta streaming ogni settimana il lunedì alle ore 14.
...

STAMPA ESTERA - E Marco Travaglio è stato di scena alla stampa estera
per raccontare anche le vicende di cui è stato protagonista proprio in questi giorni,
il caso Schifani e le polemiche cresciute sui giornali:

ma si tratta di una pura casualità, visto che l'incontro, spiegano, era stato fissato già da tempo, circa un paio di mesi fa.

Travaglio è apparso sereno e rilassato davanti ai colleghi stranieri, ha risposto alle loro domande e ha dato un quadro della situazione politica italiana dove «l'opposizione è sparita» e dove ancora mancano le leggi per regolare il conflitto d'interessi e gli assetti radiotelevisivi.
Critico verso quel centrosinistra che, secondo lui, ha spianato la strada alla schiacciante vittoria elettorale del Popolo della Libertà e di Silvio Berlusconi.


L'OUTING - Ma per chi vota Travaglio? «Sono un liberale-conservatore vicino alle posizioni di Barbara Spinelli e di Giovanni Sartori...», risponde. «I giornalisti in sala - ha commentato al termine dell'incontro - erano attenti e interessati ai fatti e soprattutto alla loro veridicità e non alle vicende private di chi li racconta come invece accade da noi». Un riferimento al duro attacco lanciato da Giuseppe D'Avanzo ... «Un falso, cui lui stesso dice di non credere. Evidentemente mi detesta anche se mi conosce appena. Ci siamo incontrati due-tre volte, scambiandoci un semplice saluto.
...


16 maggio 2008
Fonte: Corriere della Sera
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17/05/2008 12:37

Re:
vassant69, 16/05/2008 11.37:

uhmmmmmmm........
Travaglio ha il c..o scoperto..
Fra un pò, non vedremo più ne lui e ne Santoro.... [SM=x44466]

Si sta delineando un vero e proprio regime( brutta parola ), un regime omeopatico, preso a piccole dosi, un pò per volta.






da Repubblica


ROMA - Il colpo di coda del Cda "unionista" - con lo spostamento a mezzanotte di Primo Piano e la sua sostituzione con una striscia satirica affidata a Serena Dandini - agita il centrosinistra e scatena una vera ribellione al Tg3. La redazione, supportata dal direttore Antonio Di Bella, è sul piede di guerra per "lo scippo" dello storico spazio di approfondimento della seconda serata. E affida a un clamoroso videocomunicato sindacale, in onda nell'edizione delle 19.00, la sua protesta: "Tg3 sera: cancellato; Primo Piano: cancellato. Un cda alla fine del suo mandato, come ultimo atto, non esita a ridimensionare drasticamente l'informazione del Tg3. Noi giornalisti del Tg3 non ci stiamo e diciamo no al progetto".




Regime??
..
..
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19/05/2008 22:14

Re: Re:
vassant69, 17/05/2008 12.37:


Regime??
..
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Il sottosegretario alle Comunicazioni, Paolo Romani (Lapresse)

Politica
Replica la Melandri: no a nuovo consiglio eletto con le procedure della Gasparri»
Paolo Romani: Travaglio inammissibile in Rai
«Il suo modo di fare informazione non adatto al servizio pubblico».
La replica: «Più che editto, un edittino...»



ROMA - «Marco Travaglio è inammissibile, a mio avviso, come figura inquadrata in un servizio pubblico.
Contesto il suo modo di fare informazione.
L`intervista in cui attribuiva a Schifani frequentazioni mafiose è stata solo un esempio di come la concepisce».

Paolo Romani non è il presidente del Consiglio, ma «solo» un sottosegretario con delega sulle Comunicazioni.

E la location non è la sede di un vertice internazionale, ma la webcam di KlausCondicio a cui ha concesso una lunga intervista.
Eppure è bastata quell'unica parola, «inammissibile», associata al nome del giornalista più scomodo dell'etere italiano, per richiamare alla mente il famoso «editto bulgaro» emanato da Silvio Berlusconi nel 2003 nel corso di una visita ufficiale a Sofia, in Bulgaria; ovvero, quel richiamo all'«uso criminoso della tv pubblica» che di fatto fu l'anticamera dell'allontanamento dalle trasmissioni di viale Mazzini di Michele Santoro, Enzo Biagi e Daniele Luttazzi (che finì sotto accusa proprio dopo dopo una puntata con Travaglio in qualità di ospite).

EDITTO E EDITTINO - E' stato il leader dell'Italia dei valori, Antonio Di Pietro, a rievocarlo, spiegando che «le dichiarazioni del sottosegretario Romani sono peggio dell'editto bulgaro di Berlusconi» e che «si vuole togliere il diritto di parlare a chi ha il coraggio di raccontare fatti anche quando essi sono scomodi alla politica» perché «è nelle intenzioni di questo governo lasciare la libertà di parola al solo portavoce o a quanti parlano per nome e per conto suo».
Di Pietro ha parlato di «una limitazione grave e inconcepibile della libertà di parola per un Paese democratico»
arrivando a chiedersi: «a quando la chiusura di internet come è stato deciso in Birmania?».

Ma è poi lo stesso Marco Travaglio ad intervenire e a dire la sua: «Dalla tragedia siamo passati alla farsa con questo che più che altro mi sembra un edittino...
Ma, onestamente, prendere sul serio le parole di Romani mi sembra eccessivo».
Anche perché «rischio di montarmi la testa nel vedere quanta importanza viene data ai cinque o sei minuti in cui sono presente in tv...».


«PAGELLE» AI GIORNALISTI - Romani aveva provato ad argomentare la sua posizione:
«Travaglio ha detto che Schifani avrebbe frequentato dei mafiosi. Mentre, come ormai tutti sanno, queste persone furono indicate come mafiose solo diciotto anni dopo l`incontro con Schifani.
Questa precisazione, non proprio secondaria, andava fatta.
Travaglio spesso dà informazioni che sono corrotte dalla pura passione politica. Non va bene per il servizio pubblico.
Diverso è il discorso per Santoro, un grande professionista che ha ecceduto durante la campagna elettorale.
Il suo è giornalismo corrosivo, intelligente, ma che verifica le fonti».
Romani ha dato le sue «pagelle» ad alcuni dei protatonisti dell'informazione Rai.

«Giovanni Floris - ha detto ad esempio - è un bravissimo giornalista: un po' targato, ma non importa, perché riesce a scavare nell`intimo dei propri ospiti molto più di quello che abitualmente si possa fare.
Lucia Annunziata, invece, a volte mi pare un po' prevenuta.
Lo stile giornalistico di Floris - ha aggiunto Romani - mi piace molto. Ricordo, in particolare, la straordinaria puntata di Ballarò con i figli delle vittime del terrorismo. Sono state tre ore di antologia televisiva».

«PRIMO PIANO» E SACCA' - Romani, nel corso dell'intervista, si era poi detto contrario all'eventualità che «Primo Piano», lo spazio di approfondimento del Tg3, venga spostato in tarda serata, come è stato ipotizzato, per far posto a programmi di satira condotti da Serena Dandini e Fabio Fazio: «significherebbe rinunciare a una fascia di pubblico fidelizzata e sostituire un contenitore di informazione con quattro programmi dedicati alla satira politica e con un preciso orientamento, non fa bene al servizio pubblico». E si era pronunciato a favore di un'eventuale abolizione delle regole sulla «par condicio» e di un ripristino di Agostino Saccà nel suo ruolo di presidente di Rai Fictrion.

CDA E PARLAMENTO - «Dico no alla proposta di amministratore unico della Rai - aveva poi aggiunto il sottosegretario -. Il meccanismo di nomina del Cda Rai è stato condiviso dalla sinistra. Il servizio pubblico deve essere sotto il controllo del Parlamento. In Italia è sempre stato cosi. Non è immaginabile che sia una sola persona a decidere tutto». Un riferimento, quello al controllo esercitato dal Parlamento, che ha provocato la reazione dell'Italia dei valori: «Sono affermazioni così sconcertanti - ha detto la deputata dipietrista Silvana Mura - che spero non corrispondano al vero. Le parole di Romani sono gravi e legittimano il controllo della politica sull'informazione pubblica».


«NO A NOMINE CON LA GASPARRI» - All'intervista di Romani a Klaus Davi replica anche Giovanna Melandri, ministro ombra alle Comunicazioni per il Pd.
«Se si procederà alla nomina del nuovo Cda della Rai, alla sua scadenza naturale tra pochi giorni, con la legge Gasparri, sanzionata dall'Europa, che ha parlamentarizzato il cda della Rai e che ha sancito definitivamente il controllo partitocratico sull'azienda - ha detto l'ex diessina ad Affariitaliani -, vuol dire che si sta minando in partenza il terreno del confronto, anche per quella legislatura costituente a cui hanno fatto riferimento sia il presidente della Camera sia quello del Senato.
Confrontiamoci sugli elementi di sistema e il primo è affidare il servizio pubblico a un vertice nominato diversamente e autonomo dalla morsa dei partiti».





19 maggio 2008
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19/05/2008 22:23

Pensare di invitare Travaglio e sperare che non accadono guai, è pura utopia.

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Re:
Fatascalza, 19/05/2008 22.23:

Pensare di invitare Travaglio e sperare che non accadono guai, è pura utopia.




ma si potrebbe anche dire:
lasciare ricoprire la più alta carica del Senato ad uno che ha certi scheletri nell'armadio
e sperare che mai nessuno gliene chieda spiegazione
sarebbe assurdo (almeno in un paese civile).
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20/05/2008 09:09

Re: Re:
Etrusco, 19/05/2008 23.14:




ma si potrebbe anche dire:
lasciare ricoprire la più alta carica del Senato ad uno che ha certi scheletri nell'armadio
e sperare che mai nessuno gliene chieda spiegazione
sarebbe assurdo (almeno in un paese civile).



Assolutamente sì.
E' giusto che almeno qualcuno (in questo caso Travaglio) tiri fuori gli scheletri.
Quello che mi fa specie è che i dirigenti della rai, i conduttori, si meraviglino e facciano inchieste.
Travaglio, lo consociamo molto bene, zitto non ci sta .. dice quello che sa.
Il mi opost quindi voleva essere. siamo in Italia, i nostri politici uno per l'altro la coscienza a posto non ce l'hanno, e c'è Travaglio e pochi altri che tirano fuori i danni fatti!
L'eco che ha detstato Travaglio da Fazio mi sembra "puerile" .. cosa si aspettavano?? Che parlasse di bimbi che bevono la tettarella?



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11/09/2008 11:43

“LA REPUBBLICA” DEI PUGNALI VOLANTI:
NUOVO ROUND TRA TRAVAGLIO E D’AVANZO

E SONO BOTTE DA ORBI E COLPI SOTTO LA CINTURA TRA IL VICE DIR. E IL SUO COLLEGA

“IO, SVACANZO A SPESE DELLA MAFIA? ECCO L’ASSEGNO!”





- CARTA CANTA

Marco Travaglio per www.voglioscendere.it


Il 14 maggio 2008 Giuseppe D’Avanzo, commentando le cose da me dette qualche giorno prima a “Che tempo che fa” sul neopresidente del Senato Renato Schifani e i suoi rapporti con alcuni personaggi poi risultati mafiosi
, mi dava una lezione di giornalismo sulla prima pagina di Repubblica.
Mi spiegava che “non sempre i fatti sono la verità”. Poi rivelava un sensazionale scoop, citando fantomatici “investigatori di Palermo” e la loro “fonte, l’avvocato di Michele Aiello”: “Il legale dice di aver saputo dal suo assistito che, su richiesta di Pippo, Aiello ha pagato l'albergo a Marco.

Forse, dicono gli investigatori, un residence nei dintorni di Trabia. Michele Aiello, ingegnere, fortunato impresario della sanità siciliana, protetto dal governatore Totò Cuffaro (che, per averlo aiutato, beccherà 5 anni in primo grado), è stato condannato a 14 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso. Pippo è Giuseppe Ciuro, sottufficiale di polizia giudiziaria, condannato a 4 anni e 6 mesi per aver favorito Michele Aiello e aver rivelato segreti d'ufficio utili a favorire la latitanza di Bernardo Provenzano”.


Se D’Avanzo avesse letto la sentenza di condanna di Ciuro, saprebbe che Ciuro non è stato condannato per aver favorito la latitanza di Provenzano, ma per aver passato informazioni ad Aiello che all’epoca era un imprenditore incensurato e mai condannato per alcunchè. Questo per dire la cura con cui il noto maestro di giornalismo investigativo verifica le sue fonti. Ma questo riguarda lui, non me. Quel che riguarda me è che gli “investigatori di Palermo” non “dicono” un bel niente a proposito del sottoscritto (dove? in quali atti giudiziari? Mistero). E non dice un bel niente nemmeno l’avvocato di Aiello, Sergio Monaco, che non è “fonte” di un bel nulla, come egli stesso preciserà nei giorni seguenti con una lettera a Repubblica: “… Tengo a precisare di non essere mai stato la ‘fonte’ del Giuseppe D'Avanzo, che non conosco personalmente e col quale non ho avuto mai alcuna interlocuzione, né di altri su tale episodio”.

Eppure qualcuno - D’Avanzo, messo alle strette dalla smentita del legale, si rifugia in imprecisate “fonti vicine all’inchiesta” - ha messo in giro la falsa notizia che, ”su richiesta di Pippo, Aiello ha pagato l'albergo a Marco”: l’hotel Torre Artale di Trabia (Palermo), dove soggiornai con la mia famiglia nell’estate del 2002 (Ciuro non c’era, Aiello non l’ho mai visto né sentito in vita mia). D’Avanzo potrebbe verificarla presso l’hotel. Ma, da buon giornalista investigativo, non lo fa. Potrebbe, visto che siamo colleghi, scriviamo sullo stesso giornale e ha il mio numero di cellulare, telefonarmi per sapere come andò quella vacanza su cui qualcuno ha messo in giro quelle voci avvelenate.

Non lo fa. Scrive, in prima pagina, quella notizia falsa. Che l’indomani viene ripresa da decine di quotidiani e di siti internet. Il Corriere della sera le dedica addirittura due pagine dal titolo: “Travaglio, la talpa dei boss e il giallo della vacanza siciliana”. Ma ha almeno la buona creanza di sentire la mia versione dei fatti. Il Giornale e Il Riformista la sbattono in prima pagina. Il tam-tam prosegue per giorni e giorni sulla stampa, in tv e sulla rete. Ad Annozero il viceministro Roberto Castelli rende noto che frequento “mafiosi”. Luciano Moggi, in una tv privata piemontese, mi trasforma addirittura in un amico “dei peggiori boss mafiosi”.

Totò Cuffaro, appena condannato per favoreggiamento di Aiello e di alcuni mafiosi, dichiara alle agenzie: “… Abbiamo appreso che Travaglio ama fare le sue vacanze sulle nostre coste, specie se a pagare il suo conto sono altri”.
Ancora un paio di mesi dopo Riccardo Arena, sul “Foglio” di Giuliano Ferrara (famiglia Berlusconi), insinua che io sia in affanno, per aver promesso di pubblicare ricevute di pagamento di quella vacanza, ma non sia in grado di farlo. Sottinteso: perché la vacanza me la pagò il “mafioso”, la “talpa dei boss”, cioè Aiello.



Giuliano Ferrara
© Foto U.Pizzi



Bene, sono spiacente di informare lorsignori che, dopo lunghe ricerche, ho finalmente trovato l’assegno e l’estratto conto della carta di credito Diners con cui pagai il conto di quella vacanza all’hotel Torre Artale di Trabia.
L’assegno, emesso il 19 agosto 2002 dal mio conto presso il San Paolo-Imi di Torino e poi negoziato dal Banco di Sicilia (che lo conservava nei suoi archivi di Palermo), ammonta a 2.526,70 euro.
I restanti 2 mila euro li pagai con la carta Diners (versamento datato 18 agosto 2002).

Certo, è curioso che io debba render conto di una mia passata vacanza, soltanto per aver osato raccontare in tv alcuni fatti veri e documentati sul presidente del Senato (il quale naturalmente non ha mai voluto chiarirli, anche perché nessuno gli ha mai chiesto di farlo).
Ma pubblico entrambi i documenti, infischiandomene della privacy, perché non ho nulla da nascondere e mi auguro che chi diffuse e amplificò quella falsa notizia voglia renderli noti ai suoi lettori per riparare, sia pur tardivamente e parzialmente, all’enorme danno fatto alla mia onorabilità personale. So che nessuno mi chiederà scusa per aver messo in circolo quelle menzogne sul mio conto. Ma spero almeno che, in cuor suo, si vergogni.


[SM=x44473]
12/09/2008 09:22

Re:
Etrusco, 11/09/2008 11.43:

“LA REPUBBLICA” DEI PUGNALI VOLANTI:
NUOVO ROUND TRA TRAVAGLIO E D’AVANZO

E SONO BOTTE DA ORBI E COLPI SOTTO LA CINTURA TRA IL VICE DIR. E IL SUO COLLEGA

“IO, SVACANZO A SPESE DELLA MAFIA? ECCO L’ASSEGNO!”





- CARTA CANTA

Marco Travaglio per www.voglioscendere.it


Il 14 maggio 2008 Giuseppe D’Avanzo, commentando le cose da me dette qualche giorno prima a “Che tempo che fa” sul neopresidente del Senato Renato Schifani e i suoi rapporti con alcuni personaggi poi risultati mafiosi
, mi dava una lezione di giornalismo sulla prima pagina di Repubblica.
Mi spiegava che “non sempre i fatti sono la verità”. Poi rivelava un sensazionale scoop, citando fantomatici “investigatori di Palermo” e la loro “fonte, l’avvocato di Michele Aiello”: “Il legale dice di aver saputo dal suo assistito che, su richiesta di Pippo, Aiello ha pagato l'albergo a Marco.

Forse, dicono gli investigatori, un residence nei dintorni di Trabia. Michele Aiello, ingegnere, fortunato impresario della sanità siciliana, protetto dal governatore Totò Cuffaro (che, per averlo aiutato, beccherà 5 anni in primo grado), è stato condannato a 14 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso. Pippo è Giuseppe Ciuro, sottufficiale di polizia giudiziaria, condannato a 4 anni e 6 mesi per aver favorito Michele Aiello e aver rivelato segreti d'ufficio utili a favorire la latitanza di Bernardo Provenzano”.


Se D’Avanzo avesse letto la sentenza di condanna di Ciuro, saprebbe che Ciuro non è stato condannato per aver favorito la latitanza di Provenzano, ma per aver passato informazioni ad Aiello che all’epoca era un imprenditore incensurato e mai condannato per alcunchè. Questo per dire la cura con cui il noto maestro di giornalismo investigativo verifica le sue fonti. Ma questo riguarda lui, non me. Quel che riguarda me è che gli “investigatori di Palermo” non “dicono” un bel niente a proposito del sottoscritto (dove? in quali atti giudiziari? Mistero). E non dice un bel niente nemmeno l’avvocato di Aiello, Sergio Monaco, che non è “fonte” di un bel nulla, come egli stesso preciserà nei giorni seguenti con una lettera a Repubblica: “… Tengo a precisare di non essere mai stato la ‘fonte’ del Giuseppe D'Avanzo, che non conosco personalmente e col quale non ho avuto mai alcuna interlocuzione, né di altri su tale episodio”.

Eppure qualcuno - D’Avanzo, messo alle strette dalla smentita del legale, si rifugia in imprecisate “fonti vicine all’inchiesta” - ha messo in giro la falsa notizia che, ”su richiesta di Pippo, Aiello ha pagato l'albergo a Marco”: l’hotel Torre Artale di Trabia (Palermo), dove soggiornai con la mia famiglia nell’estate del 2002 (Ciuro non c’era, Aiello non l’ho mai visto né sentito in vita mia). D’Avanzo potrebbe verificarla presso l’hotel. Ma, da buon giornalista investigativo, non lo fa. Potrebbe, visto che siamo colleghi, scriviamo sullo stesso giornale e ha il mio numero di cellulare, telefonarmi per sapere come andò quella vacanza su cui qualcuno ha messo in giro quelle voci avvelenate.

Non lo fa. Scrive, in prima pagina, quella notizia falsa. Che l’indomani viene ripresa da decine di quotidiani e di siti internet. Il Corriere della sera le dedica addirittura due pagine dal titolo: “Travaglio, la talpa dei boss e il giallo della vacanza siciliana”. Ma ha almeno la buona creanza di sentire la mia versione dei fatti. Il Giornale e Il Riformista la sbattono in prima pagina. Il tam-tam prosegue per giorni e giorni sulla stampa, in tv e sulla rete. Ad Annozero il viceministro Roberto Castelli rende noto che frequento “mafiosi”. Luciano Moggi, in una tv privata piemontese, mi trasforma addirittura in un amico “dei peggiori boss mafiosi”.

Totò Cuffaro, appena condannato per favoreggiamento di Aiello e di alcuni mafiosi, dichiara alle agenzie: “… Abbiamo appreso che Travaglio ama fare le sue vacanze sulle nostre coste, specie se a pagare il suo conto sono altri”.
Ancora un paio di mesi dopo Riccardo Arena, sul “Foglio” di Giuliano Ferrara (famiglia Berlusconi), insinua che io sia in affanno, per aver promesso di pubblicare ricevute di pagamento di quella vacanza, ma non sia in grado di farlo. Sottinteso: perché la vacanza me la pagò il “mafioso”, la “talpa dei boss”, cioè Aiello.



Giuliano Ferrara
© Foto U.Pizzi



Bene, sono spiacente di informare lorsignori che, dopo lunghe ricerche, ho finalmente trovato l’assegno e l’estratto conto della carta di credito Diners con cui pagai il conto di quella vacanza all’hotel Torre Artale di Trabia.
L’assegno, emesso il 19 agosto 2002 dal mio conto presso il San Paolo-Imi di Torino e poi negoziato dal Banco di Sicilia (che lo conservava nei suoi archivi di Palermo), ammonta a 2.526,70 euro.
I restanti 2 mila euro li pagai con la carta Diners (versamento datato 18 agosto 2002).

Certo, è curioso che io debba render conto di una mia passata vacanza, soltanto per aver osato raccontare in tv alcuni fatti veri e documentati sul presidente del Senato (il quale naturalmente non ha mai voluto chiarirli, anche perché nessuno gli ha mai chiesto di farlo).
Ma pubblico entrambi i documenti, infischiandomene della privacy, perché non ho nulla da nascondere e mi auguro che chi diffuse e amplificò quella falsa notizia voglia renderli noti ai suoi lettori per riparare, sia pur tardivamente e parzialmente, all’enorme danno fatto alla mia onorabilità personale. So che nessuno mi chiederà scusa per aver messo in circolo quelle menzogne sul mio conto. Ma spero almeno che, in cuor suo, si vergogni.


[SM=x44473]




D'Avanzo ha usato lo stesso metodo di Travaglio: ti sei trovato, per vari motivi, a contatto con un mafioso, anche inconsapevolmente? sei mafioso pure tu [SM=x44452] tutto sommato credo non ci sia nulla a carico di Travaglio, probabilmente non era a conoscenza delle attività di queste persone e a volte capita di dare un'impressione diversa... dalle mie parti, soprattutto in certe zone, è facilissimo entrare in contatto con gente di un certo tipo, ma non significa nulla, non puoi proprio farne a meno, se no dovresti andartene o rinchiuderti in un convento [SM=x44464]

12/09/2008 09:44


Travaglio: "Così ho pagato le vacanze"

di MARCO TRAVAGLIO


Caro Direttore, per la quarta volta da quando ho raccontato in tv una serie di fatti veri sul passato del presidente del Senato, Renato Schifani, sono costretto a difendermi dagli attacchi di Giuseppe D'Avanzo (altro che "polemicuzza personale"). Il quale, anziché delle strane amicizie del presidente del Senato, continua a occuparsi delle mie vacanze. Io indico la luna, lui parla del dito. Nel suo articolo del 14 maggio, svelava uno scoop sensazionale: "L'avvocato di Michele Aiello (un costruttore arrestato nel 2003 e poi condannato in primo grado per mafia, ndr)... dice di aver saputo dal suo assistito che, su richiesta di Pippo (Ciuro, un maresciallo della Direzione antimafia di Palermo, arrestato nel 2003 per mafia, poi assolto dalla mafia ma condannato per favoreggiamento di Aiello, ndr), Aiello ha pagato l'albergo a Marco (Travaglio, ndr).

Forse, dicono gli investigatori, un residence nei dintorni di Trabia". Poi citava una clamorosa telefonata dell'"8 agosto del 2002" fra me e il sottufficiale, che mi prestava un cuscino. Siccome nel 2002 passai le vacanze in un hotel di Trabia, il "Torre Artale", segnalatomi da Ciuro, ritenni che quella voce falsa e calunniosa divulgata da D'Avanzo si riferisse alle mie vacanze del 2002 nell'hotel di Trabia. Dissi subito che me le ero pagate io, visto che sono abituato così e che non ho mai visto né sentito questo Aiello. E promisi di dimostrarlo con le carte. Dopo lunghe ricerche, ho rintracciato l'estratto conto della mia carta di credito Diners con cui pagai la metà del conto (2 mila euro) e la fotocopia dell'assegno con cui saldai il resto (2.526,70 euro). Li ho pubblicati sul mio blog, per evitare di annoiare ancora i lettori di Repubblica con questa penosa faccenda.

Speravo che fosse finita, ma mi sbagliavo. Ieri D'Avanzo mi ha dedicato tre quarti di pagina, cambiando le carte in tavola. Dopo aver sempre parlato del 2002 e di Trabia, ora sostiene che "quei documenti provano poco": stavolta devo dimostrare che pagai anche la vacanza del 2003 in un residence di Altavilla Milicia ("è il saldo del soggiorno al Golden Hill a dover essere confermato"). E butta lì un simpatico "anche se quei documenti saltassero fuori...".

Bene, sono felice di comunicargli che il mio soggiorno di dieci giorni in un villino del residence Golden Hill ad Altavilla lo saldai con la proprietaria (il cui nome, se vuole, gli fornirò in privato) in data 21 agosto 2003 con un assegno della mia banca, San Paolo-Imi di Torino: assegno di 1000 euro numero 3031982994.

Per la fotocopia, farò subito richiesta alla banca e spero di averla tra qualche settimana, come l'altra. Casomai D'Avanzo gradisse qualche ragguaglio sulle mie ferie precedenti o successive (le faccio tutti gli anni), posso fornirgli la documentazione completa, onde evitare di dovergliene render conto a rate, per la gioia - immagino - dei lettori. Dopodiché, visto che "per vergognarsi c'è tempo", il collega potrà procedere a piè fermo. E poi, magari, occuparsi anche lui del passato di Schifani. Sarebbe la prima volta.

Due parole, infine, sulla nuova lezione di giornalismo che D'Avanzo ha voluto impartirmi dopo una lunga arringa difensiva pro Schifani, della quale il presidente del Senato gli sarà senz'altro grato (mi ha fatto causa civile chiedendomi un paio di milioni di euro). Egli sostiene di aver tirato in ballo le mie vacanze a proposito (si fa per dire) di Schifani per "applicare il principio 'tu quoque': atti uguali vanno valutati a uguali parametri". Bene, vediamoli questi "atti uguali".

A) Io conosco, come decine di cronisti giudiziari, un sottufficiale della Guardia di Finanza che lavora all'antimafia fin dai tempi di Falcone e che mi suggerisce un albergo a Trabia e un residence ad Altavilla. Io ci vado e, ovviamente, pago il conto (anzi, in albergo pago il doppio del prezzo inizialmente pattuito). Poi il maresciallo viene arrestato e condannato per aver passato notizie riservate a un indagato (Aiello).

B) L'avvocato Renato Schifani, alla fine degli anni 70, entra nella "Sicula Brokers" in società con l'amministratore dei cugini Salvo (arrestati di lì a poco per mafia da Falcone), con Benny D'Agostino (arrestato e condannato per mafia negli anni 90) e con Nino Mandalà (arrestato e condannato come boss di Villabate sullo scorcio degli anni 90). Non li incontra per il lavoro che fa: ci entra in società, ci fa soldi, affari, lucro. Prima di essere arrestato, Mandalà si sposa e Schifani presenzia al suo matrimonio. Poi diventa consulente urbanistico del comune di Villabate, nominato da una giunta considerata dai magistrati "nelle mani" di Bernardo Provenzano e Nino Mandalà. Poco tempo dopo, il comune di Villabate verrà infatti sciolto due volte per mafia.

Dimenticavo. A) Io sono un privato cittadino. B) Schifani, già capogruppo di Forza Italia al Senato, è la seconda carica dello Stato. Qualcuno davvero può pensare che A è uguale B? Qualcuno può davvero sostenere che non si dovessero raccontare, in vari libri e in tv, le frequentazioni del presidente del Senato?

Era poi tanto campata in aria una battuta, quella su lombrichi e muffe, che intendeva semplicemente segnalare lo scadimento della nostra classe politica e rammentare il principio universale secondo cui chi ricopre alti incarichi pubblici non dev'essere nemmeno chiacchierato? Troppo spesso, in Italia, "si guarda al dito anziché alla luna" perché "l'informazione che racconta la malattia del Paese, dei veleni che lo inquinano, dei detriti che ne condizionano le decisioni diventa, in questa interpretazione, addirittura una patologia e non una delle possibili terapie per immunizzare il discorso pubblico".

Ma "pensare che l'informazione sia la malattia del Paese e non una delle necessarie terapie alle patologie della politica può essere una strada senza ritorno alla vigilia di una stagione che, in modo esplicito, vuole attenuare i contrappesi di un potere che non riconosce alcun limite a se stesso. Dove si canta una sola nota, le parole... non conteranno più". Sono parole che condivido in pieno. Le ha scritte Giuseppe D'Avanzo su Repubblica il 1° agosto 2008. Chissà se le condivide anche lui.

Ciuro che tacerò. (G. D. A.)

(12 settembre 2008)

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12/09/2008 10:13

travaglio si ostina a far finta di non capire...d'avanzo non l'ha mai definito mafioso, ha semplicemente dimostrato come un ragionamento come quello abitualmente usato dal travaglio non poggi su basi solide e rischi di travolgere in alcuni casi persone del tutto estranee.
Non vuole capire probabilmente perché ha torto e lo sa, e quindi tenta di sviare l'attenzione su argomenti non pertinenti
12/09/2008 10:17

Re:
FerrariDaytona, 12/09/2008 10.13:

travaglio si ostina a far finta di non capire...d'avanzo non l'ha mai definito mafioso, ha semplicemente dimostrato come un ragionamento come quello abitualmente usato dal travaglio non poggi su basi solide e rischi di travolgere in alcuni casi persone del tutto estranee.
Non vuole capire probabilmente perché ha torto e lo sa, e quindi tenta di sviare l'attenzione su argomenti non pertinenti



Era quello che volevo dire, ma mi stavo incartando [SM=x44452] sì, in effetti il punto è questo: usare il metodo-Travaglio sempre e per chiunque, può portare risultati sorprendenti ma non necessariamente veritieri. fermo restando che D'Avanzo mi sta sulle scatole e parteggio per Travaglio [SM=x44453]


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12/09/2008 10:20

Re: Re:
Nikki72, 12/09/2008 10.17:



Era quello che volevo dire, ma mi stavo incartando [SM=x44452] sì, in effetti il punto è questo: usare il metodo-Travaglio sempre e per chiunque, può portare risultati sorprendenti ma non necessariamente veritieri. fermo restando che D'Avanzo mi sta sulle scatole e parteggio per Travaglio [SM=x44453]






si ma travaglio dimostra di non saper dialogare in questa circostanza, e anzi di scadere in insulti.
d'avanzo ha argomentato, travaglio ha risposto ad un'accusa mai fatta.
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Re: Re: Re:
FerrariDaytona, 12/09/2008 10.20:




si ma travaglio dimostra di non saper dialogare in questa circostanza, e anzi di scadere in insulti.
d'avanzo ha argomentato, travaglio ha risposto ad un'accusa mai fatta.




[SM=x44515]


D'AVANZO: ECCO QUELLO CHE TRAVAGLIO NON DICE
Da “la Repubblica”

Marco Travaglio mette on line ( www.voglioscendere.it ) l'assegno e l'estratto conto della carta di credito con cui pagò la vacanza del 2002 all'Hotel Torre Artale di Trabia (Palermo), dove soggiornò con la sua famiglia nell'estate del 2002. E' la coda di una polemica scoppiata a maggio di quest'anno quando Giuseppe D'Avanzo, su Repubblica, rivelò di aver saputo da fonti investigative siciliane che il costruttore Michele Ajello, poi arrestato e condannato in primo grado per mafia, aveva pagato la vacanza di Travaglio su richiesta. La "notizia falsa" - ricorda il giornalista e scrittore - rimbalzò sui principali media italiani.

"Bene - dice Travaglio - sono spiacente di informare lorsignori che, dopo lunghe ricerche, ho finalmente trovato l'assegno e l'estratto conto della carta di credito Diners con cui pagai il conto di quella vacanza all'hotel Torre Artale di Trabia. L'assegno, emesso il 19 agosto 2002 dal mio conto presso il San Paolo-Imi di Torino e poi negoziato dal Banco di Sicilia (che lo conservava nei suoi archivi di Palermo), ammonta a 2.526,70 euro. I restanti duemila euro li pagai con la carta Diners (versamento datato 18 agosto 2002)".
"So che nessuno mi chiederà scusa per aver messo in circolo quelle menzogne sul mio conto. Ma - conclude Marco Travaglio - spero almeno che, in cuor suo, si vergogni".

Ricapitoliamo, una buona volta questo affare, le questioni che sono in discussione e i benedetti "fatti" che, per Marco Travaglio, dovrebbero farmi vergognare.
Partiamo dai "fatti".

Travaglio non parla mai di Giuseppe Ciuro, come se la presenza di questo signore fosse marginale. Al contrario, è essenziale. E non per sostenere che l'integrità di Travaglio è compromessa dalle vacanze comuni con un infedele poliziotto poi definito da una sentenza "criminale" e condannato a quattro anni e mezzo di galera. Quando vi ho fatto cenno in maggio, volevo dimostrare quanto fragile e pericoloso fosse un metodo di lavoro che - abusando della parola "verità" - declina la conoscenza di Schifani con un tizio, quattro anni dopo indagato per mafia, come prossimità alla mafia. Come mafiosità.

Travaglio sembra non comprendere di che cosa voglio discutere. O forse non ne ha voglia. Gli interessa soltanto difendere se stesso (lo capisco) e insultare e invitare i suoi lettori a farlo (lo capisco meno).

Purtroppo anche la sua difesa, presentata come definitiva, come esaustiva, è alquanto debole, se si deve proprio parlarne. Cincischia un po' sulle mie fonti. Fa confusione. Fa credere che la mia fonte sia l'avvocato di Michele Aiello. Chi lo ha mai detto o scritto?

Ho scritto: "Marco [Travaglio] e Pippo [Ciuro] sono in vacanza insieme, concludono per approssimazione gli investigatori di Palermo. Che, durante le indagini, trovano un'ambigua conferma di quella villeggiatura comune. Prova maligna perché intenzionale e non indipendente. Fonte, l'avvocato di Michele Aiello. Il legale dice di aver saputo dal suo assistito che, su richiesta di Pippo, Aiello ha pagato l'albergo a Marco. Forse, dicono gli investigatori, un residence nei dintorni di Trabia". E' di tutta evidenza che l'avvocato di Aiello non è la mia fonte, nonostante gli sforzi di confondere le acque.

Ma queste, come direbbe Michele Santoro, sono "quisquilie". Travaglio vuole dimostrare, "carta canta", che si è pagato di tasca sue le sue vacanze siciliane.
Travaglio tiene, soprattutto, a smentire una frase del mio articolo.
Questa: "[Dice l'avvocato che] Aiello ha pagato l'albergo a Marco".

Con enfasi, annuncia dal suo sito: "Ho finalmente trovato l'assegno e l'estratto conto della carta di credito Diners con cui pagai il conto di quella vacanza all'hotel Torre Artale di Trabia. L'assegno, emesso il 19 agosto 2002 dal mio conto presso il San Paolo-Imi di Torino e poi negoziato dal Banco di Sicilia (che lo conservava nei suoi archivi di Palermo), ammonta a 2.526,70 euro. I restanti 2 mila euro li pagai con la carta Diners (versamento datato 18 agosto 2002)".


Ora Travaglio sa - e lo ha ammesso - che con il "criminale" Giuseppe Ciuro ha trascorso una vacanza nel 2003.
Racconta al Corriere della Sera (15 maggio 2008): " [L'anno successivo, mese di agosto del 2003] Andai con la famiglia per dieci giorni al residence Golden Hill di Trabìa [si confonde: il Golden è ad Altavilla Milicia] dove di solito alloggiavano Ciuro e Ingroia [è un pubblico ministero del pool di Palermo] e ci fu quella buffa storia dei cuscini poi finita nei brogliacci delle intercettazioni".

"Ma al Golden Hill chi pagò il conto?", chiede il Corriere.
Risponde Travaglio: "Io ho pagato la prima volta il doppio di quanto stabilito e per il residence ho saldato il conto con la proprietaria. Tutto di tasca mia, fino all'ultima lira e forse se cerco bene trovo pure le ricevute".



E' il saldo del soggiorno al Golden Hill, dunque, a dover essere confermato, se proprio si vuole. Perché l'avvocato di Aiello indica, come pagato dal suo assistito a vantaggio di Travaglio, il soggiorno al residence di Altavilla (2003) e non le vacanze all'Hotel Artale di Trabìa (2002).

Dice infatti al Corriere (15 maggio 2008) l'avvocato Sergio Monaco, difensore di Aiello (e naturalmente le sue parole, come quelle di Aiello, non sono oro colato): "Posso solo dire che l'ingegner Aiello conferma che a suo tempo fece la cortesia a Ciuro di pagare un soggiorno per un giornalista in un albergo di Altavilla Milicia. In un secondo momento, l'ingegnere ha poi saputo che si trattava di Travaglio".

Ora sono sicuro che Travaglio, come ha trovato i cedolini del pagamento del 2002, possa agevolmente rintracciare anche quelli dell'anno successivo.
E' quel che mi auguro perché Travaglio dovrebbe sapere, come lo so io, che vivere delle colpe altrui è un po' "come vivere a spese altrui".
Per vergognarsi c'è allora tempo. Più urgente è ragionare. Non di Aiello, ma di Ciuro e di un modello giornalistico.
Vediamo qual è, a mio avviso, il nocciolo della discussione.

Marco Travaglio, in maggio, è ospite a Che tempo che fa.
Questo è l'esordio (il video è su Youtube).
Travaglio: "L'elemento di originalità [della situazione italiana] è che noi non siamo stati sempre così. E' molto istruttivo quando vengono elette le alte cariche dello Stato. Tutti i giornali pubblicano tutti i nomi dei personaggi che hanno ricoperto quella carica. E uno si rende conto che una volta avevamo De Gasperi, Einaudi, De Nicola, Merzagora, Parri, Pertini, Nenni, Fanfani. Possiamo fare una lunga lista, poi uno arriva e vede Schifani. E' la seconda carica dello Stato... Schifani... Mi domando chi sarà quello dopo. In questa parabola a precipizio c'è soltanto la muffa; probabilmente, il lombrico (applausi scoscianti)... dalla muffa si ricava la penicillina: era dunque un esempio sbagliato (nuovi applausi con rumorose risate, ride anche Travaglio)".

Sarà dunque un lombrico, il successore di Schifani. Il lombrico è il nome comune dei vermi della famiglia dei Lombricidi. Le parole di Travaglio significano dunque questo: dopo Schifani, soltanto un verme potrà fare il presidente del Senato.

Temo che quest'affermazione - che marca l'altro come indegno - non possa essere considerata "un fatto" da nessuno - sia che faccia giornalismo o che con il giornalismo non abbia nulla a che fare. Non è neanche un'opinione sostenuta da un argomento, più o meno condivisibile.

Il prossimo presidente del Senato non sarà un uomo magari più screditato e opaco di Schifani. No, Schifani è già ai bordi dell'umanità. Già annuncia l'arrivo dell'inumano, la "parabola a precipizio" nel regno animale.

La logica di valore e disvalore dispiega qui tutta la sua distruttiva consequenzialità. Crea una definitiva svalutazione nel non-umano: è il disvalore assoluto. Io non so se Travaglio se ne renda conto (non credo), ma forse si potrà convenire che in questa logica di guerra "per una justa causa" che non riconosce "un justus hostis" si odono echi - questi, sì - inquietanti. Era Grigorj Pjatakov a gioire della condanna di Zinov'ev e Kamenev dalle pagine della Pravda (21 agosto 1936) con queste parole: "Questa gente ha perduto l'ultima sembianza di umanità. Essi devono essere distrutti come carogne".

Bollare la parte avversa come disumana, anzi come prossima alla non-umanità, consente sempre di scatenare una guerra assoluta, di coltivare un'inimicizia assoluta contro un nemico assoluto. In questo contesto "emozionale" (e chi lo sa perché in studio si rideva e sghignazzava: anche questo meriterebbe "un'analisi a sé"), Travaglio affronta le "amicizie mafiose" di Schifani.

Mi chiedo può essere considerato giornalismo, buon giornalismo, andare in televisione e presentare non il presidente del Senato, ma semplicemente un uomo, come un quasi-verme? Davvero è "giornalismo dei fatti" sostenere, a freddo e fino a quel momento senza alcuna delucidazione (e quale poi poteva essere?) che un tipo è poco più di un verme? Non è neanche un'opinione. E' soltanto un nudo insulto, una consapevole offesa, un rito di degradazione. Davvero avrebbe diritto di cittadinanza in un altro paese occidentale alla voce giornalismo? Io penso che sia soltanto un'operazione vocale sulla psiche altrui, una sofisticazione del "malumore dilagante".


Le spiegazioni infatti, a Che tempo che fa, verranno soltanto dopo qualche domanda, quando Travaglio dirà: "E' chiaro che se il clima politico induce a un rapporto di distensione tra l'opposizione e la nuova maggioranza... Schifani ha avuto delle amicizie con dei mafiosi. Io devo fare il giornalista. Io devo raccontarlo. Lo ha raccontato Lirio Abbate, nel libro che ha scritto con Gomez e viene celebrato, giustamente, come un giornalista eroico minacciato dalla mafia. Ora o si ha il coraggio di dire che Lirio Abbate è un mascalzone e un mentitore o hanno il coraggio di prendere nota di quello che scrive e chiedere semplicemente alla seconda carica dello Stato di spiegare i rapporti con quei signori che sono poi stati condannati per mafia".

Non solo Schifani è poco più che un verme, è anche uno vicino alla mafia. Questa è la "verità" di Schifani che Travaglio ha voluto raccontare.
Si vedono qui gli abissi sopra i quali si svolgono le accorte e sapientissime requisitorie del processo politico: già Schifani era un "quasi verme", volete che non sia anche un criminale, un mafioso? Evocare "la mafia" dopo la non-umanità di quell'uomo non è "pescare nel medium sublogico" (come forse direbbe Franco Cordero): non solo Schifani è poco più che un verme, come vi ho già detto, è anche uno vicino alla mafia. E ora giudicatelo voi!

Questa è la "verità" di Schifani che Travaglio ha voluto raccontare. Ma un decente giornalismo può davvero considerare quelle parole accettabili come "la verità" (di "verità" parla in lettere, interviste, conferenze stampa)? Di che cosa è fatta quella "verità"?

Avere incrociato un mafioso - meglio un tipo che soltanto dopo è stato indagato e condannato per mafia - vuol dire davvero essere, sempre e in ogni caso, necessariamente, complice della mafia?

Molto mi è stato (e mi è ancora) rimproverato il ricordo della vacanza sconsiderata di Travaglio. Le carinerie che mi sono state riservate oscillavano e oscillano tra il "maiale" e il "venduto".

In realtà, ho voluto soltanto applicare (Travaglio sembra non comprendere le mie obiezioni) il cosiddetto principio tu quoque: atti uguali vanno valutati a uguali parametri. Chiedo: aver trascorso una vacanza con un tipo che poi si è rivelato un criminale, e dunque in piena innocenza e senza alcuna consapevolezza, vuol dire davvero essere per riflesso un criminale?
Mi sembrava (e ancora mi sembra) che il tu quoque potesse svelare di quale grana era fatta la perfomance di Travaglio, il suo giornalismo, la sua deprecazione, l'approccio alla realtà che è chiamato a raccontare. A me sembra che Travaglio ne abbia un'immagine artificiale, stretta in un ordine rigido. Tutto il bene da una parte, tutto il male dall'altra. Ne consegue una morale assoluta, incompatibile con il caso, l'imprevisto, il dubbio, l'ambivalenza, l'innocenza (e non dimentico che anche il mio lavoro si è mosso spesso lungo quelle strade).


Questa convinzione di Travaglio - una volta lontana dal rendiconto di un esito processuale - riduce ogni cosa alla coppia amico/nemico, buono/cattivo, bene/male, interno/esterno. Crea le particolari condizioni per cui egli (o chi come lui) "può provare tutto ciò che crede e credere a tutto ciò che può provare" perché, se è lecito citare in un'occasione come questa Hannah Arendt, confonde la logica formale con il "pensiero" e la coerenza con la "verità". Alla fine, per far tornare i conti, è un modello che deve "aggiustare" le carte perché non è sempre vero che il giornalismo di Travaglio sia fatto soltanto di "dati concreti" e di "fatti". A volte, è costruito con disinvoltura e anche con qualche omissione, come questa sua ultima e infelice replica.



- MARCO TRAVAGLIATO
Filippo Facci per “Il Giornale”


Si sta infilando in un ginepraio, Marco Travaglio. Il vicedirettore di Repubblica Giuseppe D’Avanzo, ricorderete, aveva citato un'intercettazione telefonica dalla quale si apprendeva che Travaglio era andato in vacanza con certo Pippo Ciuro, un tizio poi condannato per favoreggiamento del mafioso Michele Aiello. Il residence della vacanza, in Sicilia, era stato consigliato proprio da questo Ciuro a cui Travaglio si era rivolto anche per avere uno sconto. E questo è acclarato. Non lo è per niente, invece, un’altra accusa che continua a sembrarci improbabile: l'intera vacanza di Travaglio, cioè, sarebbe stata pagata dal succitato mafioso Michele Aiello. L’avvocato di quest’ultimo ha confermato l’accusa.

Posto che non ce ne frega più di tanto (Travaglio in ogni caso non conosceva la mafiosità dei suoi interlocutori) resta che Travaglio sporse subito querela e ne fece una malattia, dicendo che avrebbe esibito tutte le ricevute del caso. Ora le ha finalmente esibite, ma sono quelle sbagliate. Come hanno riconosciuto anche tanti ammiratori dei suoi blog, Travaglio ha mostrato le ricevute dell’Hotel Torre Artale di Trabia, anno 2002, e non quelle del residence Golden Hill di Altavilla Milicia, anno 2003, luogo e anno del contendere come Travaglio stesso spiegò a suo tempo. C’è un errore da qualche parte, ma tanti suoi ammiratori ora insistono, vogliono capire, non si accontentano, accusano. Li ha cresciuti proprio bene.


11 Settembre 2008




Alcune lettere:


Riceviamo e pubblichiamo

Lettera 1
a proposito delle vacanze di Travaglio, mi chiedo: se tu andassi in vacanza con Provenzano sarebbe così importante chi ha pagato il conto (formalmente, dato che non credo che un mafioso giri con le carte di credito a suo nome)? Come dicevano gli antichi, dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Chi paga è relativo.
Maurizio da Milano

Lettera 2
La premiata coppia Facci-D'Avanzo è brava, bravissima. Come fanno le pulci loro ai vicini di ombrellone di 6 anni fa di Travaglio, non lo fa nessuno. Ora, speriamo che Marco gli riversi addosso tutti i suoi estratti conto degli ultimi sei anni, con i quali i due giornalisti potranno sollazzarsi a lungo, e magari sparire per un po'. Poi, magari, con calma, potranno esercitare analogo puntiglio sugli assegni di Berlusconi. O cercare di sapere chi affiancava la barca di D'Alema, o consultare gli estratti conto della carta di credito di Veltroni. Evidentemente hanno imparato la lezione: meglio tenersi un Avanzo di Facci che affrontare le querele delle più alte cariche dello Stato. Chiamali scemi.
Alberto A.

Lettera 3
Prendendo spunto dal grave infortunio occorso all'impareggiabile Travaglio, che per dimostrare di non aver scroccato la vacanza ad un mafioso presenta la fotocopia della ricevuta dell'anno sbagliato, alla stessa stregua di un qualsiasi pirlacchione, vorrei attirare l'attenzione su di un particolare non irrilevante ai fini della comprensione di questo ingarbugliato caso. Sperando così di poter contribuire allo svelenamento dei rapporti con il D'Avanzo di Repubblica. Cosa che sta angosciando il Paese come dimostrano anche alcune mail di incauti e disperati tifosi del Marco. E se fosse la personale vendetta del tizio rinchiuso da anni nella sala fotocopie del nostro Lancillotto?
Max





Riceviamo e pubblichiamo:



Al nuovo attacco di Giuseppe D'Avanzo
ho replicato punto per punto in una lettera che ho inviato al direttore di Repubblica.
Mi preme però far subito sapere che chi,
come D'Avanzo su Repubblica e Facci sul Giornale,
ora sposta le insinuazioni dalle mie vacanze del 2002 a quelle del 2003, dovrà inventarsi qualche altra balla. Perchè ho anche l'assegno del 2003.


Estratto conto carta Diners Club



D'Avanzo, nel suo articolo del 14 maggio, sosteneva che l'avvocato di Michele Aiello aveva raccontato come il suo assistito mi avesse pagato le ferie del 2002 in un hotel di Trabia (il "Torre Artale", segnalatomi dal maresciallo Ciuro). Dunque ritenni che quella voce falsa e calunniosa si riferisse alle mie vacanze del 2002 nell'hotel di Trabia. Dissi subito che me le ero pagate io e promisi di dimostrarlo con le carte. Dopo lunghe ricerche, ho rintracciato l'estratto conto della mia carta di credito Diners con cui pagai la metà del conto (2 mila euro) e la fotocopia dell'assegno con cui saldai il resto (2.526,70 euro). Li ho pubblicati sul mio blog.

Speravo che fosse finita, ma mi sbagliavo.
Oggi D'Avanzo mi ha dedicato tre quarti di pagina, cambiando le carte in tavola.
[SM=x44516]
Dopo aver sempre parlato del 2002 e di Trabia, ora sostiene che "quei documenti provano poco":
stavolta devo dimostrare che pagai anche la vacanza del 2003 in un residence di Altavilla Milicia ("è il saldo del soggiorno al Golden Hill a dover essere confermato").
E butta lì un simpatico "anche se quei documenti saltassero fuori.".

Bene, sono felice di comunicargli che il mio soggiorno di dieci giorni in un villino del residence Golden Hill ad Altavilla lo saldai con la proprietaria (il cui nome, se vuole, gli fornirò in privato)
in data 21 agosto 2003 con un assegno della mia banca, San Paolo-Imi di Torino: assegno di 1000 euro numero 3031982994.

Per la fotocopia, farò subito richiesta alla banca e spero di averla tra qualche settimana, come l'altra.
Casomai D'Avanzo gradisse qualche ragguaglio sulle mie ferie precedenti o successive (le faccio tutti gli anni), posso fornirgli la documentazione completa, onde evitare di dovergliene render conto a rate.
[SM=x44456]
Dopodichè il collega potrà, magari, occuparsi anche lui del passato di Schifani.
Sarebbe la prima volta.
[SM=x44499]

Marco Travaglio
11 Settembre 2008

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