Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

2a Guerra Mondiale non fu solo colpa di Hitler

Ultimo Aggiornamento: 06/07/2008 21:42
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 80.001
Registrato il: 28/02/2002
Sesso: Maschile

AMMINISTRATORE
PRINCIPALE



ADMIN
Monsignore
IperF1 2008
IperUTENTE 2010
Briscola IperCafonica 2012
06/07/2008 21:31

Revisionismo storico
È PARTITO IL PROCESSO AI GUERRAFONDAI CHURCHILL & ROOSEVELT
- LA SECONDA GUERRA MONDIALE NON FU COLPA DI HITLER MA FU UN IMMORALE COMPLOTTO ANGLO-AMERICANO…

Ennio Caretto per il Corriere della Sera


Dalla pubblicazione, oltre quarant'anni fa, de ‘Le origini della Seconda guerra mondiale’ del grande storico inglese A. J. P. Taylor, la corrente revisionista del più tragico conflitto dell'umanità, culminato nell'Olocausto, anziché indebolirsi si è venuta rafforzando. Ma l'uscita, a tre mesi di distanza l'uno dall'altro, di due libri particolarmente virulenti, soprattutto nei confronti di Sir Winston Churchill,
‘Human smoke’ del romanziere Nicholson Baker, e The unnecessary war di Pat Buchanan, il repubblicano che per ben due volte ha cercato senza successo la nomination nella corsa verso la Casa Bianca, ha innescato un dibattito rovente.

Su Newsweek, che un paio di settimane fa ha dedicato la copertina a Churchill, Christopher Hitchens ha confutato duramente la tesi di Baker e di Buchanan che la Seconda guerra mondiale sia stata una guerra optionale, in qualche misura, immorale anche per colpa degli alleati, e che Churchill — non Hitler — sia stato il primo a volerla insieme con Franklin Delano Roosevelt.

Altri storici conservatori come gli inglesi Alan Clark e John Charmley, ha scritto Hitchens, hanno accusato Churchill di avere ignorato approcci di pace del nemico e accelerato il crollo dell'impero britannico. Tuttavia il conflitto, ha ribattuto con indignazione, «fu e rimane inevitabile e giusto». «Se esiste un'immagine indelebile d'immoralità politica — ha concluso Hitchens — è quella della danza di Neville Chamberlain, che a Monaco consegnò la Cecoslovacchia a Hitler».

Al dibattito ha contribuito il lancio di un documentario tv in tre puntate realizzato e presentato da Niall Ferguson, l'astro emergente della storiografica inglese, secondo cui la Prima e la Seconda guerra mondiale vanno viste non separatamente, ma come un unico conflitto con un ambiguo armistizio in mezzo. Ferguson non demolisce Churchill, di cui tracciò un ritratto eroico nei suoi libri, ma contesta che quello del 1945 «fu il trionfo del bene sul male».

Così ci è stato sempre insegnato, ammonisce lo storico, ma è un inganno, moralmente noi non fummo molto migliori del nemico. E cita le stragi dei civili tedeschi nei bombardamenti delle città, i milioni di vittime dello stalinismo, le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. I soldati giapponesi si batterono fino allo stremo, protesta Ferguson, perché temevano tutti di venire uccisi se catturati dagli americani come era già successo. Un'atrocità allora denunciata pubblicamente da Charles Lindbergh, il primo trasvolatore dell'Atlantico, peraltro screditato perché isolazionista e sospettato di simpatie naziste.

Human smoke di Baker — sottotitolo: Inizio della Seconda guerra mondiale e fine della civiltà — è un processo a Churchill, che già nella Prima guerra mondiale avrebbe voluto dilaniare Berlino «e il cuore della Germania». Il romanziere imputa al premier inglese ogni sorta di colpe, dall'essere nato come «un guerrafondaio » all'avere riarmato Hitler senza tentare di isolarlo prima e di negoziare con lui poi. Il conflitto fu un complotto angloamericano, tuona Baker, e la storia ufficiale è bugiarda.



‘The unnecessary war’ è sulla stessa linea.
Come rileva Hitchens, fa perno su sei presupposti errati: che la Germania si trovò assediata e discriminata sia nel 1914 sia nel 1939; che in entrambi i casi l'Inghilterra interferì negli affari dell'Europa; che tutte e due le volte Churchill premette per la guerra; che Roosevelt si lasciò coinvolgere contro il proprio interesse; che i principali beneficiari furono Stalin e Mao; che l'Olocausto fu una conseguenza tanto «del conflitto che s'aveva da evitare» quanto dell'antisemitismo nazista.

Questa caduta degli dei — da qualche tempo Roosevelt è criticato persino per il suo nuovo corso economico che salvò gli Stati uniti dalla grande depressione — ha spinto Hitchens a ribattere che la Seconda guerra mondiale «s'aveva da combattere » e «l'orribile prova della soluzione finale del problema ebreo di Hitler deve dissipare ogni dubbio al riguardo ».

Hitchens ricorda che all'inizio del secolo la Germania perseguì una politica espansionista e negli anni Trenta degenerò in una dittatura che costituì un grave pericolo per tutta l'Europa.
E rinfaccia a Buchanan di suggerire che l'Inghilterra e gli Stati Uniti avrebbero fatto meglio ad allearsi a essa contro l'Urss
, il vero nemico dell'Occidente. Come esempio «dei suoi folli pregiudizi» Hitchens porta «l'insistenza con cui Buchanan argomenta che Churchill non capì che Hitler era anglofilo, con cui sottolinea le opportunità di pace offerte dal Führer, con cui proclama che egli invase l'Urss per fare cambiare idea al premier inglese».

Davvero Buchanan crede, si chiede, che Hitler fosse un politico razionale? Dalla demolizione dei «miti» di Churchill e Roosevelt, come li chiamano Baker e Buchanan, il dibattito si è esteso alla moralità delle due parti nella Seconda guerra mondiale oltre che a causa del documentario di Ferguson anche a causa di altri libri come Gandhi and Churchill di Arthur Herman, The last thousand days of the British empire di Peter Clarke, e Blood, toil, tears and sweat di John Lukacs.

Ma mentre è criticato per le sue pecche, Churchill è anche elogiato, «a suo eterno credito» commenta Ferguson, per avere resistito alle menzognere lusinghe di Hitler di spartirsi il mondo. Così da un lato Clarke rimprovera al premier di avere indebitato la Gran Bretagna nel corso del conflitto al punto da costringerla a rinunciare al suo impero, ma dall'altro Lukacs gli attribuisce il merito di avere mobilitato la resistenza al nazismo e protetto le democrazie.

E sulla questione morale l'ultima parola è di Hitchens: «È vero che nel conflitto morirono milioni di persone, spesso in modo orrendo, e che sorsero nuove tirannie in Asia e in Europa. Ma non è miopia? Se Hitler non fosse stato sconfitto, altri milioni di persone sarebbero state massacrate o ridotte in schiavitù. Oggi, invece, dal Portogallo agli Urali, vigono la sovranità popolare e i diritti umani, e il razzismo e il totalitarismo sono sconfessati. L'appeasement con Hitler avrebbe dato un migliore risultato?».


Ennio Caretto per il Corriere della Sera, 06 Luglio 2008

OFFLINE
Post: 1.439
Registrato il: 12/12/2003
Sesso: Maschile

Utente Power



06/07/2008 21:42




Molti storici sono concordi nel ritenere che gli americani ignorarono volutamente le intercettazioni di messaggi giapponesi che facevano riferimento all'attacco a Pearl Harbour per poter avere un motivo apparentemente legittimo di lanciarsi nella guerra.


Pearl Harbor. Quel tragico inganno di Roosevelt


Articolo pubblicato su Il Giornale domenica 10 giugno 2001

di Maurizio Cabona



Esce anche in Italia il libro di Robert B.Stinnet che cancella decenni di letteratura ufficiale su un episodio chiave del secondo conflitto mondiale. Vi si dimostra che il presidente degli Stati Uniti utilizzò la sua flotta come esca per i giapponesi e che l'ammiraglio Kimmel e il generale Short furono ingiustamente disonorati.




Dal 1940 del crollo della Francia, Franklin Delano Roosvelt mente agli americani. L'opposizione repubblicana l'intuisce, ma le mancano le prove. Che ora, grazie al Freedom Information Act, sono nel Giorno dell'inganno. Pearl Harbor: un disastro da non evitare di Robert B. Stinnet (Il Saggiatore, pp.478, L.36000). Questo libro cancella la letteratura ufficiale sull'argomento, mentre esalta l'acume degli storici eretici Barnes, Beard, Crocker, Fisch, Flynn, Morgenstern, Tansill, Toland e Vidal. Non a caso il titolo di Stinnet parafrasa la definizione "giorno dell'infamia" coniata per il 7 dicembre 1941 da Roosvelt. Volgendola contro l'ha ideata. La principale piaga storico-politica del Novecento americano si chiude dunque proprio quando "Pearl Harbor" di Michael Bayl, un film, commuove un pubblico con tre personaggi inventati. Dei quasi tremila veri, e veramente morti, ormai importa a pochi. Ma a Stinnet si, che è di quella generazione falcidiata. E' in loro nome che smantella la verità di stato che ha resistito per sessant'anni. Se non può rendere la vita a chi l'ha perduta, può dare la colpa a chi ce l'ha: Roosvelt. E scagionare chi l'ha presa ingiustamente: l'ammiraglio Husband Kimmel della Marina e il generale Walter Short dell'Esercito degli Stati Uniti.

Una flotta abbandonata al suo destino

La Francia ha avuto per oltre un decennio il caso Dreyfus. Gli Stati Uniti hanno avuto per oltre mezzo secolo il caso di Kimmel e Short, dichiarati "inadempienti in servizio". Messi sotto inchiesta, degradati, collocati a riposo, Kimmel e Short perdono l'onore. In realtà sono stati raggirati. I risultati delle intercettazioni e delle decrittazioni dei codici giapponesi, che arrivano regolarmente sul tavolo del presidente, non vengono loro comunicati.

E se gran parte della flotta del Pacifico è esposta alle bombe dei giapponesi a Pearl Harbor, anziché restare al sicuro a San Diego, non è per loro volontà. E' Roosvelt a volerla lì. La flotta è l'esca.

Prologo. Nel 1921-22, la conferenza navale di Washington stabilisce i rapporti di forza tra le maggiori potenze. Gli stati Uniti e la Gran Bretagna vogliono imporre al Giappone il rapporto 5-5-3: 5 unità di ogni tipo (portaerei, corazzate, incrociatori, ecc..) per Washington e Londra, solo tre per Tokio. I diplomatici giapponesi hanno ordine di resistere, ma senza rompere le trattative. Infine cedono. Nel 1930 esce negli Stati Uniti un libro di Herbert Osborne Yardley che racconta come, allora, decrittava i messaggi fra Tokio e i suoi diplomatici… La superiorità tecnologica americana si sarebbe sommata a quella strategica con la decisione nel 1923 di costruire bombardieri transoceanici: i B.17, i B.24 e i B. 29. Potenza regionale, di recente e incompleta industrializzazione, il Giappone degli anni Trenta ragiona invece ancora in termini di acquisizione di materie prime, guardando alla Cina, all'Indocina francese, alle Indie olandesi. Consapevole di queste mire, dal 1940 Roosvelt cerca di ampliarle a Pearl Harbour. Può farlo perché i codici giapponesi continuano a essere un libro aperto per i decrittitatori americani. Il popolo degli Stati Uniti è ostile a Germania e Italia, alleate del Giappone, ma non abbastanza da mandare i suoi figli a morire per dimostrarlo. Roosvelt ritiene però necessaria la guerra. Perché il Congresso la voti, ha bisogno di un' "aggressione" e la cerca: da parte dei giapponesi, i più ingenui dell'Asse. Nel giro di un anno il presidente rompe - fra l'altro - le relazioni commerciali e taglia i rifornimenti di petrolio. Di conseguenza cade il governo del principe Konoye e nasce quello del generale Tojo. Dopo aver occupato l'Indocina francese nel luglio 1941, i giapponesi potrebbero però limitarsi ad attaccare gli inglesi a Hong Kong e Singapore, e gli olandesi a Sumatra. E il casus belli per gli Stati Uniti, che sono una democrazia e quindi poco inclini a combattere, mancherebbe sempre. Trasferire la flotta a Pearl Harbor, lasciarla indifesa, fare che i giapponesi lo sappiano, serve proprio per attrarre il fulmine. Ma occorre anche tacere a Kimmel e Short l'avvicinarsi della flotta dell'ammiraglio Yamamoto. Se la base fosse in allarme, Yamamoto rinuncerebbe a colpirla. Basta che le portaerei - nell'Atlantico e nel Mediterraneo rivelatesi decisive - escano in mare aperto, lasciando le corazzate, ormai superate, e i loro equipaggi al loro destino…

Verità segretate

Il 7 dicembre 1941 il Giappone attacca, nel maggio 1945 è pronto alla resa. Gli americani lo sanno, perché hanno continuato a decrittarne i messaggi in codice. Il neopresidente Truman, democratico anche lui, ha però bisogno di tempo per mettere a punto la bomba atomica: sganciata in duplice copia sul Giappone, come monito per … l'Unione Sovietica. Per cogliere l'importanza del libro di Stinnet, che è un reduce della seconda guerra mondiale, basta confrontarlo con quello di un altro reduce, Gordon W. Prange, Pearl Harbor.La storia segreta (Rizzoli, pp.987, L.42000). Pubblicato originariamente nel 1986, è un esempio degli "adattamenti" della verità praticati dalla storiografia ufficiale fino al 1999, quando la classificazione "segretissimo" sui documenti è caduta.

Kimmel e Short sono qui presentati come non all'altezza, tacendo però che non avrebbero raggiunto gradi così alti senza il consenso di Roosvelt. Prange si scaglia anche contro i politici, gli storici e i giornalisti che avevano subito colto l'inganno: ancora nel 1995, la commissione di inchiesta del Senato americano - nominata su richiesta delle famiglie di Kimmel e Short e guidata dal senatore repubblicano Strom Thurmond - non aveva ottenuto dai servizi segreti i documenti sullo spionaggio nel periodo precedente il dicembre 1941. Girato nel 2000 col sostegno della Marina, il film di Bay raggiunge un compromesso fra verità e leggenda di Roosvelt ( interpretato da Jon Voigt ). Riferisce delle sue provocazioni e della decrittazione dei codici. E così Kimmel (interpretato da Colm Feare) viene presentato con dignità, senza dire che si oppone a tenere la flotta a Pearl Harbor e che Roosvelt gliela farà pagare nei modi che si è detto. Della ricostruzione dell'attacco, nel film come nei libri, resta solo un dettaglio: bombe e siluri giapponesi contro gli americani ricalcano tecniche inglesi contro gli italiani: bassi fondali, navi ormeggiate vicine, Pearl Harbor 1941 replica Taranto 1940.


_________________

"Chi ha parlato, chi ca..o ha parlato? Chi è quel lurido str...o comunista checca pompinaro, che ha firmato la sua condanna a morte? Ah, non è nessuno, eh? Sarà stata la fatina buona del ca..o..."

Il più acerrimo nemico del Bremaz è Rurro Rurrerini.
(ma anche Ramarro Rurale, con il suo fedele servitore lo gnomo Corri Rorra, non scherza....)




Legionis praefectus more cinaedi communis currum regit.

"Siccome c'ho una certa immagine da difendere....."

Dice il saggio: "Viajare descanta, ma se te parti mona te torni mona."




Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:04. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com

IperCaforum il forum degli ipercafoni e delle ipercafone