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Fratelli Sgarbi: soprusi contro Massimiliano Parente

Ultimo Aggiornamento: 16/09/2008 19:33
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15/09/2008 10:37

marchette intellettuali
STORIA PRIVATA, MAFIA PUBBLICA:
MASSIMILIANO PARENTE CONTRO I FRATELLI SGARBI


“RIFIUTO UNA MARCHETTA DI VITTORIO SGARBI E VENGO ESTROMESSO DALLA BOMPIANI,
CASA EDITRICE DIRETTA DALLA SORELLA DI VITTORIO, ELISABETTA SGARBI. È NORMALE?”



Elisabetta e Vittorio Sgarbi




Lettera dello scrittore Massimiliano Parente a Roberto D'Agostino

Questo è un atto di denuncia pubblica contro il mio editore, contro un sopruso, contro un’umiliazione e una corruzione a cui non voglio e non posso sottostare.

Questo è un atto d’avanguardia, un avvenimento nella palude di bon ton e finte scaramucce dei letterati italiani. Questo è un atto postumo, senza precedenti per uno scrittore vivo. Perché la mafia è molto più vicina di quella di cui parla qualche autore da classifica di vendita. Perché è troppo facile, come fanno molti scrittori oggi, ritenersi indipendenti parlando male di Berlusconi o di Veltroni, lo può fare chiunque e si è sempre al sicuro, quando hanno accettato una prigione ben più meschina.

Io sono uno scrittore, e ci sono cose che “non si fanno” neppure per uno scrittore, questo diranno di me nel paese delle marchette politiche, televisive, salottiere, burocratiche e sì, anche editoriali. Ma uno scrittore è colui che scrive e dice ciò che non si può dire e scrivere, questo è l’impegno, non certo la ribellione politica che si appaia sempre bene con la gastronomia e le buone frequentazioni.

Lo scrittore Massimiliano Parente

Molti mi daranno del pazzo, ma forse qualcuno, almeno uno, capirà cosa c’è dietro quello che sto per dire, perché è tutto davanti. Chi non capirà avrà altre ragioni, perché la cultura non conta niente, perché è inutile mandare i propri figli a scuola, perché se un chirurgo contasse quanto uno scrittore vi ribellereste ritenendo in pericolo la vostra vita, mentre leggere libri di merda, pensare pensieri di merda, avere idee di merda non fa male a nessuno, almeno così credete. Come se nell’arte non esistesse un’oggettività disarmante. Per cui vi racconto una storia. Una storia privata ma anche pubblica, privata per diventare pubblica perché nessuno scrittore può avere una vita privata.

L’editoria che conta funziona per cooptazione di autori accondiscendenti, è una mafia di salotterie che ammettono soltanto il simile e l’innocuo. Non bisogna temere di usare le parole. È una mafia di mediocrità e di carriere. Lo scrittore è ormai una figura impiegatizia e trattata come tale, costretto al margine di ogni potere, soprattutto del potere della parola. Il nemico non è politico, è editoriale, è la solidarietà del conformismo. Vale per qualsiasi campo, ormai, ma per uno scrittore è peggio.

Mi ribello a questa corruzione, a questa condizione di irrilevanza.
Mi ribello al fatto che se non accetto un tentativo di corruzione intellettuale di Vittorio Sgarbi io debba essere estromesso gelidamente da Bompiani, diretta dalla sorella di Vittorio Sgarbi.
“Hai presente il tuo libro su Proust che dovevamo fare insieme? Non si fa più”,
fine della discussione,
e a fronte di un contratto con un’opzione di dieci anni su tutte le mie opere future. E dovrei abbassare la testa, e dire signorsì, perché così è se vi pare. Invece un cazzo, a me non pare.

Non mi è mai capitato di essere trattato con tanto disprezzo, con tanta supponenza, da quando ho fatto il mio ingresso in Bompiani, da quando la Bompiani ha deciso di pubblicare uno dei miei romanzi più importanti ritenendomi forse addomesticabile, corrompibile, salottizzabile. Elisabetta Sgarbi, in seguito alle proteste di Antonio Scurati, piccolo autore incapace di difendersi da solo ma capace di andare dalla mamma per lamentarsi dei miei interventi, mi ha imposto fin da subito di tacere perché non ero più un “battitore libero” ma un suo autore. Facciamo un “patto fra gentiluomini”, mi disse. Cosa? “Altrimenti sei fuori”.

Eppure ho acconsentito perché la mia opera conta più di me e immensamente più di una mia opinione su Scurati e gli altri oscurati dalla storia futura, che amministrano un potere e il salto nel buio del talento e di una missione letteraria. Così per un anno ho taciuto, non sono intervenuto, ho rifiutato articoli e interventi e recensioni su questo autore che ricorre alla mamma, ma tutto ha un limite. Paradossalmente c’è più democrazia nei giornali che nell’editoria. Lo scrittore ormai è senza alcuna dignità, o fa il servo oppure è ridotto all’emarginazione. Sono scorrettezze che accadono normalmente ma stanno tutti zitti perché hanno paura o perché chissenefrega. Quindi non servirà a niente quello che sto per scrivere, ma resti agli atti, che sia anche questo effrazione alle regole, opera, avanguardia.

Mi hanno messo in un angolo fin da subito, fin da quando Edmondo Berselli, su L’Espresso, scrisse di sua spontanea volontà una recensione di Contronatura per dire che si trovava “finalmente di fronte a un’opera d’arte fondamentale”. Ne rimasi sorpreso anche io perché non conoscevo Berselli e non mi aspettavo niente dalla critica italiana, e anche Wlodek Goldkorn, capocultura dell’Espresso, mi dichiarò la sua sincera stima, al di sopra di ogni sospetto, tenuto conto che collaboro stabilmente su un giornale di altra sponda politica.

Da parte dell’editore è scattato invece un odio in più, un’emarginazione ulteriore,

con buona pace di Berselli e altri che erano anzi sorpresi che uscisse un romanzo indiscutibilmente eversivo, fuori dal coro, per mole strutturale, filosofica, per imponenza stilistica e forza artistica.
Contronatura è uscito a maggio,
ma sono stato tenuto lontano dal salone del libro di Torino,
mi sono state fatte saltare deliberatamente molte partecipazioni a trasmissioni televisive da me organizzate,
non sono stato chiamato alla Milanesiana della stessa Bompiani,
niente mi è stato chiesto per Panta, la rivista letteraria della Bompiani, contesti dove però erano incastonati, tra i Nobel, discorsini sul film della medesima Sgarbi “regista” con scritti di Scurati e di Sgarbi,
e non è stato organizzato niente a Mantova,
si è fatto finta che non esistessi, né è stato speso un euro di promozione, anzi sono stato esplicitamente, deliberatamente insabbiato, nascosto.

Contesti dentro cui sarei stato intollerabile perché la letteratura è intollerabile, perché avrei detto cose intollerabili.
Ne sono rimasti sorpresi in molti, della mia esclusione, critici, giornalisti e lettori, perfino un giovane autore Bompiani, che mi ha chiamato per dirmi “ma hanno capito chi sei?”.
Delizioso e ingenuo.

Non sono l’unico, ce ne sono mille altri, ma nessuno protesta perché ognuno si sottopone alle regole del salotto buono, e perché quelli che hanno un’opera da difendere sono molto meno di quelli che puntano a una carriera. È sempre stato così, quindi poco conta. Invece è sempre stato così, quindi conta molto lanciare un sasso contro l’ipocrisia, l’ignoranza e l’abuso.
Io sono la mia opera, non posso scindermi, non posso distinguermi, e anche questo fa parte della mia opera, della mia responsabilità civile. Perché su queste logiche e modi di fare si reggono le terze pagine, i premi letterari, le conventicole, i dibattiti culturali.

In Italia l’intellettuale scomodo è quello che ha accettato al massimo di sedersi sul bracciolo del salotto buono
, di accamparsi con la tenda nel giardino di corte.
A Aldo Busi piacerebbe essere l’Innominabile del suo racconto contro il potere appena uscito sempre da Bompiani,
ma il potere non sono Berlusconi o Veltroni, e lui, di cui reputo capolavori molti romanzi, è fin troppo nominato e introdotto per parlare da innominato, i nemici, Aldo, sono quelli che ti invitano a cena, il vicino di poltrona, non c’è bisogno di andare così lontano.



Il culmine, nel mio caso, è stato toccato quando Vittorio Sgarbi, fratello di Elisabetta, mi ha chiesto di firmargli un articolo,
scritto da se stesso, dove avrei dovuto sponsorizzarlo per fargli dare un posto al Ministero, da Sandro Bondi.
[SM=x44457]
Ritenendomi un suo sottoposto perché sua sorella è il mio editore,
adombrando un ricatto se avessi rifiutato.
Gli ho detto di no, e sono stato insultato e minacciato
,
e avrei dovuto tacere, perché certe cose non si dicono, non si fanno.

Invece ho pubblicato i suoi sms di insulti,
né più né meno che se fossi stato un imprenditore a cui si chiedesse una tangente,

perché sottostare a simili proposte e ricatti per uno scrittore è l’analogo della corruzione in politica. Come risposta indiretta Bompiani ha chiuso i ponti con me, rendendosi prima irreperibile per due mesi, e poi comunicandomi burocraticamente, infidamente, lapidariamente, che il mio saggio su Proust, fino al giorno prima tra i libri da pubblicare, consegnato in casa editrice a dicembre dell’anno scorso, “non avrà spazio presso Bompiani”.

Bene. Ma nessuno della Bompiani disse niente quando un mese prima uscì un’anticipazione su Libero dove se ne annunciava l’uscita, e un’altra, due settimane dopo, sulla rivista Primo Amore di Antonio Moresco. Ancora non avevo rifiutato la marchetta al fratello dell’editore, pur sempre nell’angolo c’era spazio per Proust, subito dopo no.

Io sono l’innominabile di cui parla Busi, che invece è fin troppo nominato. Per esempio sfido chiunque a mettere a confronto, proprio sul piano dell’arte, della rilevanza artistica, un libro di Pulsatilla, un libro di Scurati, un libro di Lucrezia Lerro, su cui l’editore investe in presentazioni, premi e pubblicità, con Contronatura, che per una logica inversa diventa immediatamente un problema per il suo stesso editore, insieme al suo stesso autore.

Sfido chiunque di voi che mandate i vostri figli a scuola a studiare l’importanza della letteratura a negare l’evidenza, perché l’arte è evidente e è la buccia di banana storica su cui scivoleranno i tacchi a spillo della signora Sgarbi e i mocassini tirati a lucido di suo fratello ricattatore.

Sfido chiunque a dire “avresti dovuto soggiacere al ricatto”, e allora se vale per la letteratura vale per tutto il resto, nella pubblica amministrazione, in politica, nella vita. Dovrei essere umile? Dovrei tacere perché così va il mondo? Un cazzo. Confrontare la mia opera con Scurati o Pulsatilla è come confrontare la Recherche con Guido da Verona o Liala. Ma oggi la parola è molle, equivalente. Basti confrontare anche le lettere, non sempre idilliache, che si scambiavano Proust e Céline con Gallimard.

Mai una volta l’editore ha mancato di rispetto ai suoi scrittori non certo facili da gestire, perché ne capiva la grandezza. Qui invece se Berselli scrive “ci troviamo di fronte a un’opera d’arte fondamentale” l’editore si preoccupa di non oscurare gli altri, gli Scurati e gli oscurabili, i vendibili perché venduti. Le lettere ricevute da Elisabetta Sgarbi, a fronte del mio rifiuto di corruzione nei confronti del fratello, ma anche in fase di editing, quando mi sono opposto a qualsiasi intervento normalizzante sul libro, sono sprezzanti e agghiaccianti, e meriterebbero di essere pubblicate, le mie e le sue. Se fossi stato un impiegato qualsiasi avrei ricevuto più delicatezza nel mettermi alla porta, ma essendo ogni scrittore il sindacato di se stesso ho tenuto duro mentre le chiacchiere sul mio “carattere” attraversavano i corridoi di via Mecenate.

È una commistione penosa di scambi di favori e umiliazioni date per scontate, accettate comunemente. Nessuno si accorge, tanto per dirne una, che Antonio Scurati, autore mediocre di cavallo di punta della scuderia Bompiani, riceve ottantamila euro dall’assessore alla cultura di Milano Vittorio Sgarbi, e appena il Comune di Milano licenzia Sgarbi la Bompiani annuncia la pubblicazione di un pamphlet contro la Moratti.

Così anche per me, come per un imprenditore a cui si presenti un deputato per chiedere il suo obolo di tangente, venne il medesimo Sgarbi, il fratello dell’editore e non più assessore, ora ansioso di un posto al Ministero. L’episodio è risibile, nella sua portata, perché io non ho alcun potere politico, e di certo Sandro Bondi non avrebbe dato un posto a Sgarbi perché lo chiedevo io. Il mio rifiuto è stato netto e violento per evidenti ragioni, e dopo due mesi, certo, sono fuori da Bompiani.

Se al mio posto ci fosse stato Céline avrebbe sfondato il portone della Rcs in Via Mecenate con un caterpillar, cosa che minacciava di fare con Gallimard per molto meno.
Ricordo che Elisabetta Sgarbi mi ha intimato, insieme al suo compagno Eugenio Lio, prima dell’uscita del libro, che se avessi “sgarrato” sarebbe stata “implacabile”, deve essere un vizio di famiglia. Cosa mi farà mai adesso? Non so, aspetto i bravi di Don Rodrigo sotto il portone di casa. Perché scrivo questo? Tanto Bompiani troverà mille scuse, le scuse del potere.

Lo dico lo stesso perché il mio compito è dire l’indicibile e scrivere quello che non si deve scrivere. Ho fatto della mia opera il mio corpo, e farò del mio corpo la mia opera contro l’ipocrisia e i patti scellerati dell’editoria.

È una partita impari, me ne rendo conto, e non come sembra adesso:
io ho davanti i millenni,
lei, Elisabetta Sgarbi, e suo fratello Vittorio, e gli altri amministratori privati dei salotti pubblici, solo qualche decina d’anni,
finché durano gli incarichi e le poltrone su cui siedono la loro arroganza e ignoranza.


14 Settembre 2008

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Sportivo ipercafone
15/09/2008 11:10

Conosco indirettamente il mondo dell'editoria, e tutto quello che c'è scritto nell'articolo non mi sorprende.

Lui è stato forte a non sottostare ai ricatti; altri lo faranno.
Ma in fin dei conti non succede in moltissimi aspetti della nostra vita ?
Non credo che si debba essere scrittori per trovarsi di fronti a scelte in cui si contrappongono le proprie idee e la pagnotta.
Ad ognuno la sua risposta.

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15/09/2008 20:25

E SGARBI REPLICA (TENERAMENTE) A PARENTE:
“LE LETTERE APERTE SE LE METTA NEL BUCO DEL C.
- VOLGARE MILLANTATORE E DIFFAMATORE, COGLIONE E GAY, ROTTO IN C. CHE FA INSINUAZIONI DI CARATTERE MAFIOSO”…




Nicole Cavazzuti
per www.affaritaliani.it

Lo scrittore Massimiliano Parente contro i fratelli Sgarbi.
In una lettera aperta pubblicata su Dagospia, l'autore di "Contronatura" e "Mamma" accusa senza mezzi termini la Bompiani, casa editrice (gruppo Rcs) diretta da Elisabetta Sgarbi.
Questa avrebbe deciso di cancellare la prevista pubblicazione di un saggio su Proust dello stesso Parente, come "vendetta" perché lo scrittore avrebbe - secondo quanto scrive lui stesso - rifiutato di firmare un articolo, scritto da Vittorio Sgarbi per sponsorizzare propria candidatura per un posto al ministero dei Beni Culturali di Sandro Bondi.

Al rifiuto, scrive ancora Parente, sarebbero seguiti sms di insulti e minacce da parte dell'ex assessore alla Cultura di Milano:
messaggi che lo scrittore ha reso pubblici sul Riformista, con il risultato - spiega - che "Bompiani ha chiuso i ponti con me, rendendosi prima irreperibile per due mesi, e poi comunicandomi burocraticamente, infidamente, lapidariamente, che il mio saggio su Proust, fino al giorno prima tra i libri da pubblicare, consegnato in casa editrice a dicembre dell’anno scorso, 'non avrà spazio presso Bompiani'."

“Le lettere aperte se le deve mettere nel buco del c., quel rotto in c. che è Parente”, sbotta Vittorio Sgarbi al telefono, raggiunto da Affaritaliani.it per commentare le accuse.
Se né Elisabetta Sgarbi né la Bompiani, contattate, ribattono alle affermazioni dello scrittore, il sindaco di Salemi è un vero fiume in piena.

E’ vero che hai chiesto a Parente di firmare una lettera in cui ti proponevi al ministro Sandro Bondi per ricevere un incarico al Ministero?
“Certo, mi sembrava meglio avere un appoggio esterno.
Le sue posizioni sull’arte sono simili alle mie e provavo una sorta di pudore a firmare quell’articolo che comunque poi ho pubblicato e firmato”.




La Bompiani avrebbe dovuto pubblicare un suo nuovo saggio su Proust, ma improvvisamente ha bloccato tutto. Parente dice che è una conseguenza del rifiuto a farti quel favore, tu cosa rispondi?
“Il suo rifiuto è stato del tutto ininfluente su questa vicenda. Sono insinuazioni di carattere mafioso. Parente è una persona spregevole che per mesi, in passato, mi ha chiesto di aiutarlo e che invece di ringraziare per quello che ha avuto ora pretende di avere altro. In questo senso è una puttana infelice, insaziabile. Come scrittore ha iniziato l’attività con me, che l’ho sostenuto e raccomandato a Castelvecchi, in seguito però l’ho perso di vista. Ha poi proseguito per conto suo la carriera in Bompiani con mia sorella, alla quale non l’ho mai raccomandato”.

Quindi Parente è approdato alla Bompiani senza il tuo aiuto?
“Assolutamente. E come Elisabetta lo ha pubblicato senza avere alcuno stimolo da me, così se non lo pubblica lo fa esclusivamente per sua scelta. So che è rimasta turbata dal suo comportamento, mi riferisco agli sms mandati al Riformista, ma non è comunque questo il motivo per cui non edita Proust. Mia sorella non risponde mai a me e lo ha dimostrato in passato più volte, quindi lui vada a fare in c., ‘sta faccia di m.”.

Secondo te perché la Bompiani ha bloccato la pubblicazione del suo saggio su Proust, allora?
“Perché non vende abbastanza. Semplice legge del mercato. Se scrivi per un piccolo editore può andarti anche bene vendere mille copie, ma se vai da Bompiani e il tuo libro non decolla avrai più difficoltà a pubblicare il secondo. Parente si deve rassegnare che se vuole vendere non deve essere il coglione che è ma dedicarsi a scrivere buoni libri. La deve smettete di spettegolare come una puttana e ragionare sui suoi obiettivi. Quante copie potrebbe sperare di vendere di un saggio su Proust? Cinquecento?! Forse Parente non ha capito che l’editore non fa beneficenza, pubblica per vendere”.
Saluto Vittorio Sgarbi, mi metto a scrivere l’intervista, quando mi richiama.

Vittorio?
Vittorio Sgarbi: “Ciao, sono qui con mia sorella”.
Elisabetta Sgarbi: “Non rilascio interviste”.
Vittorio Sgarbi: “Sì, ma dimmi solo: ti ho mai raccomandato Parente?"
Elisabetta Sgarbi: “No”.
Vittorio Sgarbi: “Ecco, appunto. Non le ho mai parlato di Parente, ma lo faccio adesso, per concludere questo capitolo. E sai che le dico? Le chiedo pubblicamente di editare il libro di Parente. Lei ovviamente deciderà secondo le sue logiche, ma se lo pubblica io le compro un po’ di copie come Comune di Salemi per regalarle alla comunità gay piagnucolosa di cui fa parte: insomma, per fare dell’elemosina verso questo volgare millantatore e diffamatore”.



Nicole Cavazzuti per www.affaritaliani.it - 15 Settembre 2008
15/09/2008 22:31

Re:
paperino73, 9/15/2008 11:10 AM:

Conosco indirettamente il mondo dell'editoria, e tutto quello che c'è scritto nell'articolo non mi sorprende.

Lui è stato forte a non sottostare ai ricatti; altri lo faranno.
Ma in fin dei conti non succede in moltissimi aspetti della nostra vita ?
Non credo che si debba essere scrittori per trovarsi di fronti a scelte in cui si contrappongono le proprie idee e la pagnotta.
Ad ognuno la sua risposta.




Come in tutte le cose della vita ci sono sfumature e colori...
se il mio capo dice che devo finire delle cose di domenica, so che lo faccio per la pagnotta.

Se mi umilia e offende la mia professionalità allora siamo un altro livello.

Dire che corti toni fa parte della vita è un discorso... dire che è tollerabile a tutti i livelli è un'altra storia... che non condivido affatto. [SM=x44450]
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Re: Re:
KuntaKinte77, 15/09/2008 22.31:




Come in tutte le cose della vita ci sono sfumature e colori...
se il mio capo dice che devo finire delle cose di domenica, so che lo faccio per la pagnotta.

Se mi umilia e offende la mia professionalità allora siamo un altro livello.

Dire che corti toni fa parte della vita è un discorso... dire che è tollerabile a tutti i livelli è un'altra storia... che non condivido affatto. [SM=x44450]




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KuntaKinte77, 15/09/2008 22.31:




Come in tutte le cose della vita ci sono sfumature e colori...
se il mio capo dice che devo finire delle cose di domenica, so che lo faccio per la pagnotta.

Se mi umilia e offende la mia professionalità allora siamo un altro livello.

Dire che corti toni fa parte della vita è un discorso... dire che è tollerabile a tutti i livelli è un'altra storia... che non condivido affatto. [SM=x44450]




Sai quanta gente conosco umiliata e offesa nella propria professionalità che ha deciso di stare zitta e andare avanti ?
Perchè lo fanno ? Non lo so. Non li capisco, ma non per questo li voglio giudicare.

Più in generale io non esprimevo un giudizio etico su quello che è successo, è ovvio che vorrei un mondo in cui non ci fossero gli Sgarbi, mi limitavo ad osservare che Parente è stato forte a ribattere, ma per uno come lui che ribatte ce ne sono migliaia che stanno zitti.
Anche tra gli scrittori.

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16/09/2008 12:39

Re:
paperino73, 9/16/2008 8:11 AM:




Sai quanta gente conosco umiliata e offesa nella propria professionalità che ha deciso di stare zitta e andare avanti ?
Perchè lo fanno ? Non lo so. Non li capisco, ma non per questo li voglio giudicare.

Più in generale io non esprimevo un giudizio etico su quello che è successo, è ovvio che vorrei un mondo in cui non ci fossero gli Sgarbi, mi limitavo ad osservare che Parente è stato forte a ribattere, ma per uno come lui che ribatte ce ne sono migliaia che stanno zitti.
Anche tra gli scrittori.




si, ok... mica si parla solo di una questione di giudizio etico.
E poi era anche scritto dallo stesso Parente che ve ne sono tanti che invece sottostanno a certe situazioni.
Detto da lui aveva il sapore della cronaca, ribadirlo sembrava essere condiscendente con la situazione. Altrimenti, perchè ribadirlo?

Poi mi rendo conto di esser fortunato, in un settore in continua crescita per cui - se ti trattano male - li mandi affa [SM=x44452] e vai in un'altra società. Ergo, stanno molto attenti a trattarti bene e ad essere in ascolto delle esigenze dei dipendenti.

Capisco che vi sono professionalità meno privilegiate e che non hanno la forza nel loro lavoro - o a volte non sanno di averla - di poter rovesciare le situazioni.

Nemmeno io do dei giudizi di natura etica (ognuno vive situazioni e mondi differenti), dico solo che ci sono delle cose che sono e restano intollerabili. [SM=x44458]
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PARENTE RISPONDE (“DA ROTTO IN CULO QUALE SONO”)
– PER SGARBI È “NORMALE” CHIEDERE A UN ALTRO DI FIRMARE UN PROPRIO ARTICOLO –NON VENDO QUINDI NON VALGO? VALE ANCHE PER KAFKA, FAULKNER, PROUST…



Riceviamo e pubblichiamo:


Massimiliano Parente
Caro Dago,
mi fa piacere vedere riportata su Dagospia l’intervista dell’affiatata coppia comica Sgarbi&Associati
, da cui si evincono cose interessanti, che mi permetto di mettere in evidenza da “rotto in culo” quale sono affinché sia evidente
come funzionano le mafie e i ricatti politico-editoriali:

1) È ritenuto “normale” chiedere a uno scrittore di firmare un proprio articolo in cui si elemosina un posto al Ministero della Cultura e, come conseguenza del naturale rifiuto, essere estromessi dall’editore
, che è sua sorella e ne è rimasta “molto turbata”.

2) Io avrei chiesto, “negli ultimi mesi”, “favori” a Vittorio Sgarbi.
Peccato che fosse il contrario
, viste le continue richieste da parte del suddetto di essere difeso per un episodio o per l’altro.
In compenso sì, l’ho fatto due volte,
scrivendo due articoli contro Letizia Moratti (su “Libero”)
e contro una posizione che, nella fattispecie, ritenevo bigotta, omofoba o oscurantista.
Non sono documentabili invece favori o raccomandazioni ricevute da Vittorio Sgarbi, inclusa la “raccomandazione” presso Castelvecchi per la pubblicazione del mio libro “Mamma”, smentibile dallo stesso Castelvecchi, visto che, all’epoca, lavoravo per lui e lui Sgarbi neppure lo conosceva.

3) Sillogismo curioso:
Vittorio Sgarbi non mi ha mai raccomandato a Elisabetta Sgarbi, quindi non posso essere stato estromesso a causa sua.
Se ne evince che solo chi raccomanda può controraccomandare.

4) Sono un “coglione” perché “non vendo”.
Erano coglioni Kafka, Faulkner, Proust, Musil, Joyce, Leopardi, Van Gogh, Egon Schiele e quasi ogni genio dell’arte occidentale.
Questo detto non da Totò Riina o da Er Pecora, ma da un critico, un intellettuale, un aspirante e smaniante Ministro della Cultura, fratello dell’editore Elisabetta Bompiani.

5) Un libro su Marcel Proust, e quindi anche Marcel Proust, interessa solo “la comunità gay”.
Questo detto non da Totò Riina o da Er Pecora ma da un critico, un intellettuale, un aspirante e smaniante Ministro della Cultura, fratello dell’editore Elisabetta Bompiani.

6) Rimando chi si è sintonizzato solo ora alla mia precedente lettera a Dagospia, alla quale non ho altro da aggiungere, ma cito in chiusura della presente un passaggio fondamentale di un libro fondamentale, Sodomie in corpo 11 di Aldo Busi, pagina 200, che si presta bene a essere la spiegazione e la pietra tombale di questa squallida vicenda:
“Il romanziere non ubbidisce a alcun potere prestabilito e è privo di autocensura nel censurare indiscriminatamente ogni potere che venga a limitare i diritti fondamentali della vita,
cioè alcune convenzioni sulla vivibilità sociale sotto ogni bandiera e sistema.
Ogni romanziere che accetta, anche indirettamente, di farsi carico di un potere, scade nel letterato”.

Con affetto,

Massimiliano Parente


Dagospia 16 Settembre 2008
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