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Paradisi Fiscali sotto attacco

Ultimo Aggiornamento: 30/04/2016 21:09
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10/03/2009 17:45

Caccia a 5.600 miliardi euro di euro.
Nascosto, secondo l’Ocse, nei forzieri delle banche dei paradisi fiscali
- LO STATO FISCALMENTE IMPENETRABILE?
IL Vaticano:
Bilancio e investimenti dellO IOR noti solo al Papa (MAI CONCESSE ROGATORIE)..
.


Nicola Borzi per il Sole 24 Ore



Stato del Vaticano


Caccia a 5.600 miliardi euro di euro (al cambio attuale). Nascosto, secondo le ultime stime dell'Ocse, nei forzieri delle banche dei paradisi fiscali. È questa l'enorme dimensione della posta in palio nel rimpiattino tra le autorità internazionali che cercano di arginare i flussi di capitali "sommersi".

L'obiettivo della Ue e del G-20 è quello di far emergere flussi di denaro anonimi. Un'offensiva che ha messo in allarme paesi come Svizzera, Austria e gli altri tradizionali "rifugi". Secondo l'Organizzazione per lo sviluppo economico, che dal 1998 si occupa del dumping fiscale tra Paesi e aggiorna la "lista nera" degli Stati che non recepiscono le norme internazionali antiriciclaggio, il segreto bancario va regolato e non può evitare l'obbligo di rispondere a rogatorie internazionali, specie quando si sospetta che i capitali protetti dalla riservatezza siano frutto di attività criminali, illeciti o evasione fiscale.

La situazione in Europa
In Europa lo stato del segreto bancario, quanto alla regolamentazione e alla sua opponibilità alla magistratura, è quello indicato nella tabella. Dal 2000 sono sono stati 35 i Paesi che hanno adeguato la loro legislazione alle "norme di comportamento" internazionali. Restano però almeno tre casi (Andorra, Liechtenstein e Principato di Monaco) di Stati individuati come "paradisi fiscali che non cooperano" a far cadere le barriere all'informativa.

Anche se l'acqua nella quale nuotano gli evasori fiscali si va progressivamente asciugando, il rimpiattino tra guardie e ladri però non ha fine. Dal 1989 il riciclaggio di denaro è nel mirino della Task force internazionale sui problemi finanziari (Fatf-Gafi), istituita dal G7. Ma quando finalmente un Paese cede alle pressioni internazionali (come accaduto di recente per le Bermuda su pressione degli Usa e, in parte, per il Liechtenstein da parte della Germania e per la Svizzera sempre da parte di Washington) i capitali sono già emigrati in un altro paradiso fiscale.

Il caso del Vaticano
Un caso a parte è quello della Città del Vaticano
dove l'unica banca attiva è l'Istituto Opere di Religione.
Lo Ior, che non ha altre filiali, tra i clienti conta dipendenti e membri della Santa Sede, ordini religiosi e benefattori. Rapporti selezionati e non "a rischio" identificati solo attraverso un codice: alle operazioni non si rilasciano ricevute, non esistono assegni intestati allo Ior, depositi e movimenti avvengono tramite bonifici. Bilancio e investimenti dell'Istituto sono noti solo al Papa, al collegio dei Cardinali, al Prelato, al Consiglio di sovrintendenza, alla direzione e ai revisori dei conti dell'istituto.

Poiché ha sede in uno Stato sovrano, ogni richiesta di rogatoria allo Ior deve partire dal ministero degli Esteri del Paese richiedente. Finora nessuna rogatoria è stata concessa dal Vaticano, che non risulta aderire a organismi internazionali di controllo antriciclaggio ma partecipa - indirettamente - ai sistemi di pagamento dell'eurozona tramite banche tedesche e italiane. Che il Vaticano non si sia dotato di norme non significa però che la Santa Sede sia "meno virtuosa" di Paesi che le hanno: Stati con norme antiriciclaggio sono di certo meno attenti della Santa Sede nel combattere il fenomeno.



2 - Il segreto bancario? Proteggerà meno
Paolo Zucca per il Sole 24 Ore


Matura la voglia di regolamentazioni forti sulle attività di finanza.
E anche parte del segreto bancario
(non la doverosa riservatezza di banca quanto la disponibilità alla collaborazione fra amministrazioni di Paesi diversi sui conti di non residenti) viene messo in discussione. Soprattutto quando l'anonimato copre cifre rilevanti e il sospetto di evasione fiscale è forte. Il velo bancario è stato invece tolto, con il via libera di tutti i Paesi evoluti, in caso di illeciti penali. L'ostruzionismo rimane quando bisogna definire esattamente cosa è reato.

Per chi non ha grandi patrimoni il problema non esiste. E probabilmente c'è simpatia per la caduta delle barriere protettive. Sarà uno dei temi toccati dal G-20 il 2 aprile a Londra. Ne possono derivare riflessi sui flussi di denaro, immobiliari, valutari che toccano il risparmiatore-investitore. Molti Paesi vivono di finanza. Alcuni sono al nostro confine come il Principato di Monaco, la Svizzera, l'Austria. O la piccolissima Repubblica di San Marino che è parte dello Stivale. Altri sono facilmente raggiungibili in poche ore.

Mai come in questo momento i conti dei non residenti sono oggetto di attenzione. Quei soldi depositati e legittimamente posseduti dai proprietari fanno gola per recuperare flussi, perchè possano essere investiti nelle imprese o perchè rientrino come oggetto di imposizione fiscale. Non ci sarà da stupirsi se emergeranno proposte di nuovi "scudi fiscali".

«C'è un po' di confusione - spiega Guglielmo Maisto, professore di diritto tributario presso l'Università Cattolica, socio fondatore di Maisto e Associati - fra paradisi fiscali, dove i regimi tributari favorevoli puntano ad attirare imprese, e i paradisi finanziari, che per richiamare le imprese puntano su norme che non garantiscono la trasparenza societaria, su minori controlli, e su un più marcato anonimato. Nel prossimo G-20 è prevedibile una più accentuata pressione verso Paesi che utilizzano normative e prassi ritenute non collaborative.

Forse prima di affrontare il caso svizzero in sede di G-20, l'Unione Europea dovrà ripensare alla posizione dei tre Stati comunitari (Belgio, Lussemburgo e Austria) che hanno ottenuto di derogare al principio dello scambio di informazioni affermato come regola generale dalla Direttiva sul risparmio del 2003. Anche in sede Gafi (lotta al riciclaggio) l'asticella dovrà essere alzata se è vero che tanti Paesi sono riusciti a rientrare fra quelli virtuosi». Il duro contenzioso fra gli Usa e Ubs (vedi in pagina) segnala che l'aria è cambiata.

C'è una proposta della Commissione Ue per combattere l'evasione fiscale: in sostanza, uno Stato non potrebbe più rifiutare informazioni sui non residenti se queste sono a disposizione di una banca o di un'altra istituzione finanziaria. Ora dovranno dire la loro Consiglio e Parlamento europeo. L'argomento è delicato, con rischi di scelte controproducenti. «Per i paradisi fiscali - aggiunge Maisto -, nell'immediato futuro prevedo che si possa sviluppare una competizione fra gli Stati per attrarre aziende che abbiano una reale operatività.

L'Italia, al pari di tutti gli Stati aventi economie avanzate, dispone da tempo di norme volte a contrastare l'utilizzo indebito dei paradisi fiscali. Però, in linea con la tendenza dell'Ocse, non demonizza i paradisi fiscali. Una demonizzazione indiscriminata renderebbe meno competitive le imprese italiane rispetto a quelle di altri Stati industrializzati che adottano un approccio meno repressivo».

I Paesi sotto pressione stanno reagendo e si faranno vivi in tutti gli appuntamenti internazionali, cercando una difesa comune ed evitando che un concorrente vicino o lontano ne tragga vantaggio. Per Lussemburgo, Austria e tanti altri il segreto bancario regge parte delle economie.


[09-03-2009]


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