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Referendum: i 3 quesiti

Ultimo Aggiornamento: 23/06/2009 17:25
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21/06/2009 11:20

Bella figa.

MA il video di cosa tratta? [SM=x44455]

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Grazie all'umorismo si può sdrammatizzare ogni cosa.
Voi direte che non è vero, su certe cose non si può ridere... per esempio lo stupro.
Ah no? Allora sentite qua: immaginate Stanlio che stupra Ollio! (Daniele Luttazzi)

Qui non si fanno distinzioni razziali.
Qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani o messicani!
(Full Metal Jacket-Sergente Hartman)

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21/06/2009 12:03

Re:
il tobas, 21/06/2009 11.20:

Bella figa.

MA il video di cosa tratta? [SM=x44455]




penso che sia incentrato su quel paio di argomenti su cui il Capo è più sensibile:
potrebbe essere una scorciatoia efficace per mettersi in mostra e far carriera [SM=x44451]
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22/06/2009 10:04

Referendum, miraggio quorum Per le comunali affluenza al 44,9%

ITALIA ALLE URNE / ALLE 22

Test politico per le amministrative, fra le quali Province di Milano e Torino e i Comuni di Bologna, Firenze e Bari. Dati in tempo reale sul nostro speciale

Roma, 21 giugno 2009 - Secondo week end elettorale per gli italiani, che dovranno scegliere tra i due candidati più votati al primo turno per il rinnovo di 22 amministrazioni provinciali e 99 comunali, 16 delle quali di capoluoghi, con oltre 13 milioni e mezzo di elettori chiamati al voto. Si vota inoltre per il referendum sull'abrogazione del porcellum, cioè l'attuale legge elettorale: con le tre schede di oggi, gli italiani possono decidere se eliminare il premio di maggioranza alla Camera e al Senato (primi due quesiti) e abolire la possibilità per un candidato di presentarsi in più di una circoscrizione elettorale.

REFERENDUM

Affluenza ancora in calo per i referendum. Alle 22, infatti, ha votato l’16,4% degli aventi diritto. Una percentuale leggermente maggiore per il terzo quesito, segno che alcuni elettori hanno ritirato al seggio solo la terza scheda, quella verde. In particolare, per il primo quesito ha votato l’16,4%, per il secondo l’16,4% e per il terzo l’16,8%.


Il presidente del comitato referendario, Giovanni Guzzetta, preferisce non commentare in dati ‘in corsa’, ma punta il dito contro il comportamento a suo giudizio “discutibile” del ministro dell’Interno Roberto Maroni che avrebbe intimorito molti presidenti di seggio. Guzzetta, infatti, parla di diversi casi in cui “non è stata rispettata la legge” e che i referendari sono pronti a denunciare a urne chiuse.


Tra gli italiani che hanno votato, il capo dello Stato Giorgio Napolitano e la signora Clio si sono recati nel seggio di via Panisperna, nel rione Monti di Roma, nel pomeriggio. Come annunciato, ha votato anche il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che intorno alle 12.30 è arrivato nel seggio della scuola Dante Alighieri di via Scrosati a Milano. Il premier ha ritirato quattro schede, tre per il referendum e una per il ballottaggio delle provinciali a Milano, dove Podestà (Pdl) sfida Penati (Pd).

D’altra parte il Cavaliere aveva già spiegato che si sarebbe espresso a favore dei referendum, sebbene con il leader della Lega Umberto Bossi abbia siglato un patto di non appoggio “esplicito” alla consultazione. Nel capoluogo lombardo ha votato anche il ministro della Difesa, Ignazio La Russa che ha riferito di essersi espresso a favore di due quesiti e contro il terzo. Si è recato in serata alle urne a Palermo il presidente del Senato, Renato Schifani, che ha ritirato tutte le schede.


Alle urne si sono ovviamente presentati i due leader referendari: il presidente del Comitato promotore Giovanni Guzzetta ha votato stamattina alle 11.30 al seggio di via Boezio a Roma, mentre il coordinatore del Comitato, Mario Segni ha votato di buon mattino, alle 8.30, nella sua Sassari.


BALLOTTAGGI

Scarsa anche l'affluenza per le amministrative. Alle 22, secondo i dati diffusi dal Viminale, per le comunali ha votato solo il 44,9% degli aventi diritto, contro il 63,9% della volta scorsa.

È stata invece del 32,2 per cento, sempre alle 22, l’affluenza alle urne per i ballottaggi nelle elezioni provinciali: in netto calo rispetto al primo turno, quando era stata del 55,4 per cento.


Le sfide clou sono quelle per le Province di Milano e Torino e per i Comuni di Bologna, Firenze e Bari. I seggi resteranno aperti dalle 7 alle 15. Subito dopo inizieranno le operazioni di scrutinio.

I ballottaggi dai quali usciranno i nuovi presidenti di Provincia e sindaci rappresentano ancora un test politico. Due settimane fa, al primo turno, c’è stata una sostanziale affermazione del centrodestra con Pdl e Lega che hanno vinto in 26 Province contro le 14 del centrosinistra, e in nove Comuni capoluogo, contro i cinque degli avversari. Ora, le sfide chiave sono quelle alle provinciali di Milano e Torino e alle comunali di Bologna, Firenze, Padova e Bari.


Per i comuni, i ‘big match’ sono quelli di Bologna, dove il candidato sindaco del Pd, Flavio Delbono, è accreditato al 49,4% contro il 29,15% di Alfredo Cazzola; e Firenze, dove Matteo Renzi del Pd (47,5) corre contro Giovanni Galli del Pdl (32%).

Fonte



Quindi è facile prevedere che i lquorum non sarà raggiunto. [SM=x44464]

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22/06/2009 21:38

E alla fine i votanti sono stati meno del 25%

Grande festa tra i partiti minori, ma tra tutti - a mio avviso - l'unico che può cantare vittoria è la Lega, che ha ancora una volta dimostrato di avere il governo per le p [SM=x44474] e, prima imponendo la data per il referendum a suo piacimenento, poi cavalcando la facilmente prevedibile astensione.

Bossi ha già detto che questa legge va bene così com'è. Ci sono ottimi motivi per credere che non verrà cambiata.
A meno di un accordo in conclusione di legislatura, ma di questo ne riparliamo tra 4 anni ...

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[SM=x44499]

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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23/06/2009 17:21

Re:
Etrusco, 23/06/2009 8.12:



[SM=x44499]




In pratica sono andati a votare solo quelli favorevoli. [SM=x44452]

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23/06/2009 17:25

Cinque toppe da cucire

MICHELE AINIS

Alla fine della giostra, il referendum abrogativo ha abrogato il referendum. Quando 8 elettori su 10 disertano le urne, quando i 3 quesiti elaborati da Guzzetta vanno a ramengo come i 21 che li hanno preceduti, quando insomma da 14 anni nessun referendum riesce a scavalcare il quorum, tanto vale fargli un bel funerale.

Il referendum è morto, ne parleranno semmai i libri di storia, né più né meno dei plebisciti che a metà ’800 scandirono l’unità d’Italia. O almeno è morta la creatura che negli Anni 70 ci consegnò divorzio e aborto, che negli Anni 80 ci tolse il nucleare, che negli Anni 90 - con altri due referendum sulle leggi elettorali - chiuse la prima Repubblica, inaugurando la seconda. Sicché, prima di ogni riflessione sul (non) voto, c’è subito un appello da rivolgere ai partiti: tirate fuori dalla tomba questo strumento di democrazia diretta, riscrivetene le regole, restituiteci la seconda scheda che nel 1947 i costituenti donarono al popolo italiano.

Appello temerario, perché proprio i partiti hanno fin qui indossato i panni del carnefice. In primo luogo tenendolo per 22 anni in quarantena (la legge istitutiva è del 1970): chi nasce malaticcio, difficilmente diventerà un atleta. [S]In secondo luogo frodando a più riprese i risultati, come accadde nel 1993 per il referendum sul finanziamento pubblico ai partiti: abrogato dal 90% dei votanti, ma immediatamente riesumato sotto falso nome («rimborso elettorale»). In terzo luogo - e questa è storia più recente - organizzando l’astensione: siccome c’è un 20% d’italiani che non va mai a votare, basta convincerne un altro 30% e il gioco è fatto. Ma davvero in questo gioco vince a mani basse il sistema dei partiti? No, nessuna democrazia - nemmeno la più partitocratica - può stare in piedi senza un popolo. E il popolo italiano di questi tempi non rifiuta solo i referendum, rifiuta per esempio le elezioni provinciali (55% d’astenuti ai ballottaggi), rifiuta governo e Parlamento (con un tasso di sfiducia 4 punti più alto rispetto alla media europea: Eurostat 2007), rifiuta in blocco anche i partiti (se ne sente rappresentato il 14,1% appena: Eurispes 2008).

Ecco perché è diventato urgente ricucire il dialogo fra la politica e la società civile. Con la riforma del bicameralismo, con il federalismo, con tutti gli ismi che vi pare, ma altresì con un’iniezione di democrazia diretta. E non ci venite a raccontare che stavolta i quesiti erano troppo tecnici, troppo sofisticati. Nel 1993 lo era altrettanto il referendum Segni sulla legge elettorale del Senato, ma ottenne l’82% dei consensi. Non diteci che le iniziative referendarie hanno successo solo se incrociano un tema che scalda le coscienze, quando nel 1995 il 57% degli elettori votò sulle rappresentanze sindacali e sul soggiorno cautelare. Trovate piuttosto gli strumenti per sconfiggere il clima di disillusione, se non di frustrazione, che segna la nostra vita collettiva. E tra questi strumenti non dimenticate il referendum, «gemma della Costituzione» (la definizione è di Norberto Bobbio). Ha bisogno d’un vestito nuovo, o almeno di qualche rattoppo. Anzi: le toppe necessarie sono cinque, come le dita d’una mano.

Primo: via la possibilità d’abrogare singole parole, spezzoni di frasi, segni di punteggiatura. Ne vengono fuori quesiti incomprensibili, non era questa l’intenzione dei costituenti. Torniamo al modello del referendum oppositivo, e perciò abrogativo di un’intera legge, o quantomeno dei suoi singoli articoli. Secondo: affianchiamogli il referendum propositivo, dato che l’iniziativa legislativa popolare è carta straccia, destinata ai cestini delle Camere. È per questa lacuna che ha preso piede la moda dei referendum fatti con le forbici, per incanalare un’energia di cambiamento che altrimenti non ha sfogo. Terzo: anticipiamo il giudizio della Consulta prima che si raccolgano le firme, ma anticipiamo pure il calendario dei referendum, perché in caso contrario voteremo proposte fabbricate nella notte dei tempi, com’è appena accaduto. Quarto: blindiamo il risultato per una legislatura almeno, basta con i raggiri e le furbate. Quinto: teniamoci pure il quorum, ma ridimensionato, collegandolo al numero effettivo dei votanti nelle ultime elezioni. Sempre che, ovviamente, ci sia ancora qualcuno che ha voglia di votare.

Fonte la stampa

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