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Riforma Giustizia: «Intercettazioni, la misura è colma»

Ultimo Aggiornamento: 23/07/2010 15:12
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10/06/2010 10:50

Re: Si vota al Senato sulle intercettazioni, poi testo blindato alla Camera
pasquale.60, 10/06/2010 10.33:

oggi "la maggioranza dei deputati" scelti da berlusconi e bossi e votati dalla "maggiornanza degli elettori" metterà il bavaglio al Paese. E Fini? Voterà con berlusconi e bossi come ha sempre fatto da quando berlusconi lo ha sdoganato quasi vent'anni fa. Sì è vero, un paio di volte ha alzato la testa, ma poi si è subito riallineato ai padroni del governo ed è tornato a cuccia.




Più che una legge sulle intercettazioni è contro:
hanno cavalcato l'esigenza di evitare che sui giornali finissero illegittimamente troppe notizie o alcune non pertinenti alle indagini,
per finire per abbattere a colpi di mannaia libertà di stampa, diritto all'informazione e persino i margini di manovra degli inquirenti, a tutto vantaggio dei criminali.

Ma era logico attendersi un colpo di coda simile:
a Berlusconi davano troppo fastidio le indagini giornalistiche che hanno messo in discredito lui ed i suoi ministri (di pochi gg. fa le dimissioni del Ministro Scajola per lo scandalo dell'appartamento al Colosseo)

PS chiedo a chi è più vicino al centro destra: ma cosa c'è di buono ed utile (alle persone oneste) in questa nuova legge?

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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10/06/2010 11:11

Perché, dove e come ha senso correggere il ddl intercettazioni. Con senso della misura
Scriveva Cesare Beccarla, che

la giustizia umana, o sia politica, non essendo che una relazione fra l’azione e lo stato vario della società, può variare in misura che diventa necessaria o utile alla società quell’azione, né ben si discerne se non da chi analizzi i complicati e mutabilissimi rapporti delle civili combinazioni.


Una civile combinazione, che risente inevitabilmente dei mutamenti della società, è certamente quella costituita dal binomio libertà/sicurezza, non solo e non tanto perché mutano nel tempo i rapporti di forza tra l’una e l’altra, a seconda di emergenze che via via possono presentarsi, ma anche e soprattutto perché il progresso tecnologico inevitabilmente finisce per erodere ambiti di libertà fino a qualche tempo fa intangibili.Ciò è tipicamente vero in riferimento alla tutela della cosiddetta riservatezza, la quale, per esigenze di sicurezza collettiva, ha dovuto sopportare, nel tempo, ridimensionamenti sempre più estesi, legati, per la massima parte, alla proliferazione di strumenti tecnici di ingerenza e controllo.

Si arriva pertanto ad un punto nel quale è necessario riscrivere le regole della tutela delle libertà fondamentali, in particolare ristabilendo un equilibrio virtuoso, per il quale non si può ritenere giusto sacrificare la libertà alla sicurezza. Tali, ad avviso di chi scrive, devono essere le premesse indispensabili ad una serena disamina della materia delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, che costituiscono un problema politico, proprio a causa della potenziale ed arbitraria invasione della sfera privata dei cittadini, secondo un copione simile a quello de “Le vite degli altri”.

Il disegno di legge di riforma delle intercettazioni è in dirittura di arrivo. Gli aspetti toccati dall’intervento normativo sono plurimi, e vanno dalla limitazione dei tempi delle intercettazioni, alla rideterminazione del perimetro dei reati per i quali è spendibile tale mezzo di ricerca della prova, fino alla previsione di sanzioni per la divulgazione e pubblicazione dei verbali delle intercettazioni. Finalità dichiarata dell’intervento riformatore è la legittima intenzione di porre freni normativi ad usi distorti ed abusi a cui, troppo di frequente, il mezzo investigativo, in primis, e i risultati dell’attività di captazione, poi, finiscono per essere esposti.

Il rischio, invece, è che la compressione dei metodi di invasione della “privatezza” e la punizione di pubblicazione dei dati captati dagli inquirenti possa essere percepita o rappresentata – più o meno demagogicamente – come prova dell’intenzione di ridurre la capacità investigativa degli organi inquirenti e la libertà degli organi di informazione, così ingenerando il sospetto di una scelta opportunistica, di autotutela della classe politica, da ingerenze investigative e mediatiche.

Due premesse, pertanto, si pongono come ineludibili. Le intercettazioni sono una conquista investigativa irrinunciabile: alla politica spetta, però, il compito di evitare che esse possano risultare, come purtroppo a volte accade, principio e conseguenza di una sorta di pigrizia dell’inquirente, che si insinua, per tempo infinito, nella sfera delle conversazioni private dell’indagato, attendendo, per inerzia che – prima o poi – qualcosa accada, senza tuttavia avere chiaro cosa possa accadere e senza avvertire minimamente il senso di disagio che dovrebbe derivare dalla consapevolezza di beneficiare, in via del tutto eccezionale, dello strappo alla regola della inviolabilità della riservatezza, costituzionalmente garantita a tutti i cittadini.

Vanno create le premesse per sradicare questa rilassatezza, individuando norme che ricordino costantemente all’inquirente che l’ingresso nella sfera della privacy non è fatto naturale e scontato, ma è del tutto eccezionale, e come tale è giusto che necessiti di adeguata giustificazione, di costante monitoraggio, di perimetrazione temporale e soggettiva, di sanzione per le ipotesi di ingerenza indebita, non produttiva di risultato o inutilmente pubblicizzata.

Pur tuttavia, concepire la moderna tecnica investigativa senza questo mezzo potente pare pura follia, così come pure è folle, per contro, continuare ad indulgere su prassi deviate, per le quali le intercettazioni si sprecano, non solo e non tanto allargandosi a macchia d’olio, fino a lambire la sfera privata di qualsiasi cittadino, anche non sottoposto ad indagini, ma spesso traducendosi in ore ed ore di ascolto e registrazioni inutili, che non raramente si concludono con la formula “si chiede di sospendere l’ascolto perché non si rinvengono risultati utili alle indagini”. Invero, oltre alla riaffermazione di precisi baluardi costituzionali, si deve tener conto anche degli sprechi di denaro pubblico, indispensabile per sostenere spese a volte elefantiache per intercettazioni che non arrivano a descrivere alcun preciso quadro di responsabilità a carico di chicchessia.

Ben vengano, dunque, interventi correttivi, anche se alcuni aspetti della riforma, attualmente in discussione al Senato, sollevano perplessità tutt’altro che infondate anche in chi condivide l’obiettivo dichiarato di ricondurre la disciplina delle intercettazioni e del loro utilizzo ad un ordine più preciso e razionale.

Non vogliamo qui considerare i punti della riforma che riguardano il divieto di pubblicazione e divulgazione dei risultati delle intercettazioni prima della formale chiusura delle indagini preliminari e della fissazione dell’udienza preliminare, che hanno determinato un’insurrezione della stampa, sentitasi in qualche maniera imbavagliata da tale previsione. Intendiamo invece valutare altri aspetti del testo in discussione al Senato, che riguardano più direttamente le intercettazione come mezzo di indagine.

Pare avviarsi a composizione il conflitto sulla norma relativa alla secretazione delle intercettazioni degli agenti dei servizi di sicurezza e su quella avente ad oggetto l’applicazione retroattiva delle norme in discussione. Il governo ha infatti annunciato di volere, da un lato, non tracciare canali differenziali per i servizi, dall’altro di essere pronto a rinegoziare la normativa transitoria, accogliendo le istanze di chi valuta indispensabile il recupero/mantenimento di piena validità di quanto fatto sotto il vigore della precedente normativa.

Su tale ultimo aspetto, in ossequio al principio processuale “tempus regit actum”, al quale deve improntarsi la successione di leggi processuali, ed in considerazione di un legittimo interesse alla conservazione degli atti, si potrebbe pensare ad una norma transitoria che fissi, in capo agli inquirenti che abbiano già attivato attività di intercettazione e superato, alla data di entrata in vigore della legge, il termine massimo di 75 giorni, di richiedere nuova autorizzazione alla prosecuzione, con lo stesso regime disegnato per richieste di proroga, come modificate dalle norme in discussione.

Il meccanismo di proroga ipotizzato, ad onor del vero, non appare del tutto convincente, in considerazione dello spazio temporale eccessivamente ed inutilmente compresso – 48 ore, rinnovabili di 48 in 48 – di validità della proroga stessa. La ristrettezza di termini di ciascuna proroga comporterà inevitabilmente plurime e reiterate richieste di autorizzazione, con spreco inutile di energie e tempo, sia per il p.m. inquirente che per il giudice chiamato a verificare la sussistenza dei presupposti per la proroga.

La previsione di un termine di 48 ore finirebbe, pertanto, per ridursi ad un inutile formalismo garantista, potendosi, invece, immaginare, in termini più sostanziali, un sistema che preveda, in presenza di una evoluzione della situazione originaria, la possibilità di una proroga di ulteriori 10 giorni, non oltre prorogabili, ammettendosi, per contro, in casi eccezionali, la possibilità di richiedere una riapertura delle intercettazioni, laddove il pubblico ministero fosse in grado di dimostrare, con i risultati di altre attività investigative fino a quel momento compiute, la necessità di una captazione a tempo e specifica, indispensabile a confermare un quadro indiziario già ampiamente delineatosi.

Pure la previsione della necessità di un assenso autorizzativo da parte del Procuratore della Repubblica sulla richiesta di intercettazione avanzata dal sostituto pare pacificamente destinata a tradursi in un inutile formalismo burocratico, che impegnerebbe più le rispettive segreterie, che non i soggetti coinvolti nel passaggio di carte.

Rischia, invece, di avere un deleterio impatto paralizzante la previsione dell’affidamento del potere di controllo ed autorizzazione in capo al tribunale collegiale del distretto, anziché al giudice per le indagini preliminari. Coinvolgere tre giudici nell’autorizzazione delle intercettazioni, anziché uno soltanto come è attualmente, se da un lato si tradurrebbe, indubbiamente, in una maggiore garanzia per l’indagato, dall’altro – se fosse lasciata numericamente inalterato l’organico a disposizione – finirebbe per rendere incompatibile al giudizio un numero spropositato di giudici (almeno triplo rispetto ad oggi) con conseguente paralisi dell’ accertamento processuale. Senza considerare la distonia che si verrebbe a creare nel sistema, ammettendosi che un solo giudice possa decidere nel merito di un omicidio, ma non sia sufficiente per autorizzare intercettazioni.

Giudizio critico si ritiene di dover riservare anche alla modifica tesa alla attualizzazione della perimetrazione dei reati per i quali possono ritenersi ammesse le intercettazioni, che porta alla esclusione dei c.d. “reati satellite”.
Orbene, se la garanzia della libertà delle comunicazioni è cosa sacra, che ha senso comprimere solo in casi ritenuti dal giudice garante assolutamente necessari alla prosecuzione delle indagini, va pure detto che parrebbe schizofrenico e miope il sostanziale disinteresse dello Stato rispetto alla emersione, da un’attività di ascolto specificamente prevista per una determinata ipotesi di reato, di altre fattispecie criminose, commesse da o verso soggetti diversi.

Va, certamente, posto un argine sacro ed invalicabile alla proliferazione voyeuristica delle intercettazioni a catena, ma non si può non ritenere intangibile l’obbligo del p.m., che indirettamente è venuto a conoscenza di una notizia di reato, di iscrivere la notizia e di intraprendere autonoma attività di indagine anche rispetto alle nuove condotte indagabili, emerse dall’ascolto di un determinato soggetto. Sarebbe opportuno, tuttavia, evitare l’autoreferenzialità delle intercettazioni, pur senza rinunciare alla legittima pretesa dello stato di perseguire chi commette illeciti, qualunque sia il canale di veicolazione della notizia di reato, ivi incluso quello delle intercettazioni a carico di altri, o per altri fatti.

Per contemperare le opposte esigenze di libertà e sicurezza, sarebbe sufficiente prevedere, ai fini della richiesta e dell’ammissibilità dell’intercettazione verso altro soggetto o per altro fatto, la non sufficienza dell’emersione dall’ascolto di indizi di reato a carico del neo intercettando, dovendosi, per contro, pretendere da parte dell’inquirente che intendesse richiedere l’ampliamento dell’ascolto ad altre utenze, il supporto di ulteriori elementi investigativi, ottenuti aliunde, da differenti canali di ricerca dei mezzi di prova, sebbene attivati su impulso degli indizi emersi dall’ascolto delle conversazioni del primigenio indagato.

Attraverso la previsione di un obbligo di allegazione di un bagaglio investigativo a sostegno della richiesta di estensione delle intercettazioni ad altri soggetti da un lato si onererebbe la Procura a riscoprire metodi classici di investigazione, forse più complessi delle intercettazioni, ma certamente meno invasivi della privacy di quanto non lo sia il suddetto mezzo di ricerca, ed al tempo stesso si consentirebbe al tribunale di rendere un giudizio maggiormente consapevole ed improntato a canoni di accresciuta garanzia.

Sarebbe, in sostanza, necessario, operare una rivoluzione copernicana dell’ottica inquirente, educando l’investigatore al principio che l’invasione nella spera privata dei soggetti è consentita solo a condizione che sia assolutamente indispensabile e che l’ascolto delle conversazioni dei cittadini, non possa ritenersi un fatto normale, cui accedere ogni qual volta se ne profili più o meno l’opportunità ai fini dell’indagine.

Fonte

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I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac Man avesse influenzato la nostra generazione ora staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva."
(Kristian Wilson, Nintendo Inc., 1989)

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10/06/2010 11:11

Il diritto della maggioranza a governare

L’opposizione può pensare tutto quello che vuole riguardo al ddl sulle intercettazioni. È un suo diritto. Ma questo diritto ha dei limiti: non può impedire alla maggioranza di governare. Impedire alla maggioranza di governare è un vulnus della democrazia. Bisogna dircelo con chiarezza. L’ostruzionismo ad ogni costo è un vulnus della democrazia. L’opposizione ha diritto di motivare le ragioni del suo dissenso; fare proposte alternative. Ma la maggioranza ha un diritto superiore, che è quello di governare. Se la maggioranza non condivide le critiche e le proposte dell’opposizione, ha il diritto di andare avanti, giacché ad essa gli elettori hanno affidato il dovere di farlo.

Un governo ed una maggioranza che si bloccano in un temporeggiare continuo, in balia degli strumenti ostruzionistici messi in campo dall’opposizione, non assolve al proprio dovere, ed inganna il Paese.

Dunque, se la maggioranza risponde all’ostracismo parlamentare ponendo la fiducia, fa ciò che gli è richiesto da coloro che lo hanno eletto.

Sono più che sicuro che la stragrande maggioranza degli elettori del centrodestra approva la decisione di porre la fiducia e addirittura sollecita il governo a non cadere mai più dentro la gabbia dell’opposizione.

Avanti come un ariete. Gli elettori sono dalla parte di chi dimostra di governare. Si può anche sbagliare, ma l’immobilismo è peggiore dell’errore. L’immobilismo è addirittura un errore mortale.

Quando Di Pietro sbraita di dittatura, dimostra di non aver alcuna cognizione della democrazia. La democrazia è governo, azione e risultato. Il resto è il teatrino dei fannulloni, degli irresponsabili, dei sostenitori del tanto peggio tanto meglio. Liberiamoci di questa malefica genìa, dando ad essa il poco peso che ha, avendo ben presenti, invece, i bisogni del Paese e non più le sparate e le rabbie dell’opposizione. Che non sanno più a quali sciocchezze aggrapparsi. Si legga Ezio Mauro, qui.

Non si vuol capire, ossia, che se il ddl si è reso necessario è perché in Italia giornalisti e giudici hanno violato diritti altrui, tutelati dalla Costituzione. Mancando la deontologia professionale, deve intervenire la legge. Lo Stato non può stare a guardare. Sarebbe colpevole di questo percorso in discesa di strafottente e mostruosa inciviltà. La libertà assoluta non esiste. È un’aberrazione di menti malate.

Berlusconi ha anche criticato i lacci e lacciuoli della Costituzione. Ha fatto bene. Perché si parla tanto di modifiche costituzionali, se non a ragione del fatto che la Costituzione è imbracata al passato e non riesce a muoversi nell’oggi e ancor di più per il domani? Modificare la Costituzione è una necessità. Chi non si adopera per farlo è un irresponsabile. Non ama il suo Paese.

Anche questo bisogna dircelo una buona volta con chiarezza. Chi vuole ingessare la Costituzione non ama l’Italia, ma ne favorisce una lenta agonia.

Quando Bersani (che sembra aver ingaggiato una gara con Di Pietro) dice: «Berlusconi deve smetterla di attaccare la Costituzione». «Hai giurato sulla Costituzione: se non ti piace, vai a casa», proclama il suo disamore per l’Italia.

Giurare sulla Costituzione, come fanno i parlamentari e massimamente le alte cariche dello Stato, non significa affatto negarsi la possibilità di migliorarla. Bersani questo non lo capisce e ragiona come l’uomo dell’età della pietra.

Come può l’Italia essere guidata da uomini come lui, rivolti al passato, e totalmente incapaci di preparare il futuro?

Chi fa notare questo passo così diverso tra maggioranza e opposizione, come per esempio l’editorialista Angelo Panebianco, che mette sotto accusa taluni intellettuali, viene subito preso d’assalto. È scomodo e va denigrato. Sono le armi consuete della sinistra, oggi acquisite e esibite da Il Fatto Quotidiano.

Ammodernare lo Stato è difficile. Educare l’intellighenzia all’esercizio di una sana democrazia, che metta al primo posto il valore della persona e il rispetto dei diritti altrui; snellire la farraginosa e confusionaria macchina burocratica; semplificare le leggi; far funzionare secondo le necessità della società civile gli organi dello Stato, richiedono forza e determinazioni non comuni.

Se ha un senso, ancora, il voto che gli italiani hanno dato un anno fa a questo governo, è proprio quello di ritrovarsi finalmente con uno Stato all’altezza dei tempi.

Non tutti hanno il fiato per farlo. Alcuni (l’opposizione) non vogliono nemmeno partire. Altri si fermano per strada. Ma al traguardo si deve arrivare e il compito di giungere a questo traguardo gli elettori lo hanno affidato all’attuale maggioranza.
Chi non è partito, chi si è fermato per strada, non potrà contare su alcuna comprensione.
Saranno messi alla berlina.

Annotazione. La Cisl e Uil, in una situazione di crisi come quella che stiamo attraversando, fanno le loro manifestazioni di protesta scendendo in piazza il sabato, quando i lavoratori non sono sul lavoro. È un senso di responsabilità che deve essere registrato e approvato.

Invece Epifani è in perfetta linea disfattista con l’opposizione. La CGIL, infatti, proclama uno sciopero di quattro ore per il settore privato e di 24 ore per il settore pubblico. Brindando alla crisi.

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I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac Man avesse influenzato la nostra generazione ora staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva."
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11/06/2010 00:23

Intercettazioni, via libera al ddl
il Senato vota la fiducia

L'idv occupa i banchi del governo. Il Pd non partecipa al voto. Finocchiaro: "E' il massacro della libertà".
Di Pietro: "Resistenza". Fuori dal palazzo la protesta del popolo viola. Adesso il testo torna alla Camera


ROMA - Via libera del Senato al ddl sulle intercettazioni. Un passaggio scontato dopo la decisione del governo di mettere la fiducia per far passare il contestatissimo provvedimento. Una votazione alla quale il Pd non ha partecipato, mentre i dipietristi hanno occupato a lungo i banchi del governo (alla fine il presidente Renato Schifani conterà 164 sì, 25 no). Esulta la maggioranza che, per bocca del capogruppo Maurizio Gasparri, si dice "orgogliosa" di questa legge.

Si comincia in mattinata con l'Idv che, dopo aver passato la notte in Aula, sale sulle barricate e occupa, tricolore nel taschino della giacca, i banchi del governo. "Siamo disposti a fare di tutto per impedire questa schifezza" tuona Felice Belisario. Poi tocca a Di Pietro che grida alla "resistenza permanente" e si appella al capo dello Stato "perché difenda la Costituzione": "E' un atto di prevaricazione che neanche ai tempi di Mussolini si sarebbe fatto. C'è una maggioranza appecoronata a questo governo, se ne deve andare a casa". Fuori, invece, cresce la mobilitazione del Popolo Viola.

IL NOSTRO SPECIALE SULLA LEGGE BAVAGLIO

Alle 11 il presidente Renato Schifani prova, per tre volte, a far alzare i senatori dell'Idv dai banchi del governo. Ma gli uomini di Di Pietro non si muovono. Inevitabile, allora, la loro espulsione dall'Aula. Il dibattito, così, può cominciare. Ed è acceso come si immaginava. Intervengono Riccardo Villari per il gruppo misto, Franco Bruno per l'Api di Rutelli, Luigi Li Gotti per l'Idv ("i malfattori cantano "meno male che Silvio c'è"") e la Lega ("la mafia stava meglio quando al governo c'era il centro sinistra"), Gianpiero d'Alia per l'Udc.

Ma è quando tocca al Pd che i toni salgono. Prima, però, i democratici devono incassare l'ennesima staffilata di Di Pietro: "Ancora una volta siamo stati lasciati soli a fermare una maggioranza criminale. Voi dell'opposizione e voi cittadini svegliatevi perchè fare Ponzio Pilato e anche peggio di Erode". E' la volta del presidente dei senatori demoratici Anna Finocchiaro. Un'intervento durissimo il suo. Che provoca, più volte, le proteste della maggioranza. Un'intervento che legge nella giornata odierna "il massacro della liberta'". Ed ancora: "Il Pd non parteciperà al voto. Questa legge non tutela la privacy dei soggetti ma i criminali, uccide la libertà di informazione e limità i mezzi a disposizione degli investigatori per individuare e punire i colpevoli". Chiude tra gli applausi dei suoi, la Finocchiaro. Che, con un cenno della mano, fa uscire tutti i senatori democratici. Insieme incontreranno una delegazione della Fnsi e del popolo viola.

L'abbandondo dell'Aula scatena l'ira del capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri: "Non siete democratici". "La sinistra in italia non cambia mai" rincara il ministro per i beni culturali, Sandro Bondi. Ed è ancora Gasparri a difendere una legge fortemente voluta dal premier: "Siamo orgogliosi di votarla dopo aver applicato al suo interno quella democrazia che voi ignorate e calpestate".

La mattinata finisce con il voto scontato. Il Pd, l'Mpa e i sette senatori a vita non partecipano. Idv e radicali votano contro. Nel frattempo Di Pietro annuncia il referendum abrogativo e Anna Finocchiaro prevede l'intervento della Corte Costituzionale: "Questo testo sulle intercettazioni è pieno di errori, di elementi di irragionevolezza, e ha profili di incostituzionalità molto seri".

Comunque sia il provvedimento prosegue il suo iter e tornerà alla Camera in terza lettura. Dove, come ha imposto Berlusconi, non potrà più essere modificato.

Fonte: Repubblica

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11/06/2010 09:15

Re: Il diritto della maggioranza a governare
Arjuna, 10/06/2010 11.11:


L’opposizione può pensare tutto quello che vuole riguardo al ddl sulle intercettazioni. È un suo diritto. Ma questo diritto ha dei limiti: non può impedire alla maggioranza di governare. Impedire alla maggioranza di governare è un vulnus della democrazia. Bisogna dircelo con chiarezza. L’ostruzionismo ad ogni costo è un vulnus della democrazia. L’opposizione ha diritto di motivare le ragioni del suo dissenso; fare proposte alternative. Ma la maggioranza ha un diritto superiore, che è quello di governare. Se la maggioranza non condivide le critiche e le proposte dell’opposizione, ha il diritto di andare avanti, giacché ad essa gli elettori hanno affidato il dovere di farlo.

Un governo ed una maggioranza che si bloccano in un temporeggiare continuo, in balia degli strumenti ostruzionistici messi in campo dall’opposizione, non assolve al proprio dovere, ed inganna il Paese.

Dunque, se la maggioranza risponde all’ostracismo parlamentare ponendo la fiducia, fa ciò che gli è richiesto da coloro che lo hanno eletto.

Sono più che sicuro che la stragrande maggioranza degli elettori del centrodestra approva la decisione di porre la fiducia e addirittura sollecita il governo a non cadere mai più dentro la gabbia dell’opposizione.

Avanti come un ariete. Gli elettori sono dalla parte di chi dimostra di governare. Si può anche sbagliare, ma l’immobilismo è peggiore dell’errore. L’immobilismo è addirittura un errore mortale.

Quando Di Pietro sbraita di dittatura, dimostra di non aver alcuna cognizione della democrazia. La democrazia è governo, azione e risultato. Il resto è il teatrino dei fannulloni, degli irresponsabili, dei sostenitori del tanto peggio tanto meglio. Liberiamoci di questa malefica genìa, dando ad essa il poco peso che ha, avendo ben presenti, invece, i bisogni del Paese e non più le sparate e le rabbie dell’opposizione. Che non sanno più a quali sciocchezze aggrapparsi. Si legga Ezio Mauro, qui.

Non si vuol capire, ossia, che se il ddl si è reso necessario è perché in Italia giornalisti e giudici hanno violato diritti altrui, tutelati dalla Costituzione. Mancando la deontologia professionale, deve intervenire la legge. Lo Stato non può stare a guardare. Sarebbe colpevole di questo percorso in discesa di strafottente e mostruosa inciviltà. La libertà assoluta non esiste. È un’aberrazione di menti malate.

Berlusconi ha anche criticato i lacci e lacciuoli della Costituzione. Ha fatto bene. Perché si parla tanto di modifiche costituzionali, se non a ragione del fatto che la Costituzione è imbracata al passato e non riesce a muoversi nell’oggi e ancor di più per il domani? Modificare la Costituzione è una necessità. Chi non si adopera per farlo è un irresponsabile. Non ama il suo Paese.

Anche questo bisogna dircelo una buona volta con chiarezza. Chi vuole ingessare la Costituzione non ama l’Italia, ma ne favorisce una lenta agonia.

Quando Bersani (che sembra aver ingaggiato una gara con Di Pietro) dice: «Berlusconi deve smetterla di attaccare la Costituzione». «Hai giurato sulla Costituzione: se non ti piace, vai a casa», proclama il suo disamore per l’Italia.

Giurare sulla Costituzione, come fanno i parlamentari e massimamente le alte cariche dello Stato, non significa affatto negarsi la possibilità di migliorarla. Bersani questo non lo capisce e ragiona come l’uomo dell’età della pietra.

Come può l’Italia essere guidata da uomini come lui, rivolti al passato, e totalmente incapaci di preparare il futuro?

Chi fa notare questo passo così diverso tra maggioranza e opposizione, come per esempio l’editorialista Angelo Panebianco, che mette sotto accusa taluni intellettuali, viene subito preso d’assalto. È scomodo e va denigrato. Sono le armi consuete della sinistra, oggi acquisite e esibite da Il Fatto Quotidiano.

Ammodernare lo Stato è difficile. Educare l’intellighenzia all’esercizio di una sana democrazia, che metta al primo posto il valore della persona e il rispetto dei diritti altrui; snellire la farraginosa e confusionaria macchina burocratica; semplificare le leggi; far funzionare secondo le necessità della società civile gli organi dello Stato, richiedono forza e determinazioni non comuni.

Se ha un senso, ancora, il voto che gli italiani hanno dato un anno fa a questo governo, è proprio quello di ritrovarsi finalmente con uno Stato all’altezza dei tempi.

Non tutti hanno il fiato per farlo. Alcuni (l’opposizione) non vogliono nemmeno partire. Altri si fermano per strada. Ma al traguardo si deve arrivare e il compito di giungere a questo traguardo gli elettori lo hanno affidato all’attuale maggioranza.
Chi non è partito, chi si è fermato per strada, non potrà contare su alcuna comprensione.
Saranno messi alla berlina.

Annotazione. La Cisl e Uil, in una situazione di crisi come quella che stiamo attraversando, fanno le loro manifestazioni di protesta scendendo in piazza il sabato, quando i lavoratori non sono sul lavoro. È un senso di responsabilità che deve essere registrato e approvato.

Invece Epifani è in perfetta linea disfattista con l’opposizione. La CGIL, infatti, proclama uno sciopero di quattro ore per il settore privato e di 24 ore per il settore pubblico. Brindando alla crisi.

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Strano..., al fondo pensavo di trovare la firma di Emilio Fede... [SM=x44473]


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[SM=x44522] IO NON L'HO VOTATO !


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11/06/2010 11:25

Come cambiano cronache e indagini

Con la nuova legge i magistrati e i giornali avranno più difficoltà
A cura di FRANCESCO GRIGNETTI

1- Le intercettazioni telefoniche
Intercettazioni possibili solo per i reati puniti con più di cinque anni di carcere. I telefoni possono essere messi sotto controllo per 75 giorni al massimo. Se c’è necessità, motivata dalpme riconosciuta dal giudice, è possibile un periodo aggiuntivo di tre giorni, prorogabili di volta in volta con provvedimento delpm controfirmato dal giudice fino a che esista la necessità. Per i reati più gravi (mafia, terrorismo, omicidio, ecc.) le intercettazioni sono possibili per 40 giorni, più altri venti prorogabili. Inoltre, le intercettazioni disposte per un reato potranno essere utilizzate anche per provarne un altro, purché il fatto sia lo stesso.

2- Divieti e sanzioni
Gli atti delle indagini in corso possono essere pubblicati solo per riassunto. Gli editori che ne consentono la pubblicazione in maniera testuale rischiano fino a 300mila euro di multa. Le intercettazioni sono off limits per la stampa fino a conclusione delle indagini: per gli editori che violano il divieto, sono previste sanzioni oltre i 300 mila euro, che salgono a 450mila euro se si tratta di intercettazioni di persone estranee alle indagini o che devono essere espunte dal procedimento perché illecite o irrilevanti ai fini processuali. Condanne dure anche per i giornalisti: fino a 30 giorni di carcere o una sanzione fino a 10.000 euro se pubblicano intercettazioni durante le indagini o atti coperti da segreto.

3- Intercettazioni ambientali
Niente più microfoni piazzati in casa o in auto per registrare le conversazioni degli indagati. Le «cimici» saranno consentite per un massimo per tre giorni, prorogabili di tre in tre con provvedimento delpmcontrofirmato dal giudice.

4- Pm in televisione
Se il responsabile dell’inchiesta passa alla stampa atti coperti dal segreto d’ufficio o rilascia dichiarazioni pubbliche su un’inchiesta a lui affidata può essere sostituito dal capo del suo ufficio. La sostituzione non avviene più per automatismo,ma occorre la volontà del capo dell’ufficio.

5- Norma transitoria
Le nuove regole si applicano ai processi in corso. Quindi, anche se erano già state autorizzate intercettazioni con le vecchie regole, dovrà essere applicato il tetto dei 75 giorni. Dal giorno di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, inoltre, saranno necessari 15 giorni di vacatio ordinaria per consentire alle Procure di allestire il registro segreto e un luogo dove conservare le intercettazioni, di cui è responsabile il capo dell’ufficio.

6- Riprese dei processi
Sulle riprese tv per i processi decide il presidente della Corte d’Appello, che può autorizzarle anche se non c’è il consenso delle parti.

7- Registrazione
Le registrazione carpite di nascosto sono permesse solo ai servizi segreti e ai giornalisti professionisti e pubblicisti.

8- Preti e onorevoli
Se nelle intercettazioni finisce un sacerdote bisogna avvertire la diocesi; se l’intercettato è un vescovo il pmdeve avvertire la segreteria di Stato vaticana. Per quanto riguarda i parlamentari, occorre il via libera della Camera di appartenenza. Vietato ascoltare assistenti e familiari degli onorevoli se sono estranei ai fatti per cui è in corso l’indagine.

Ecco alcuni casi clamorosi che non potremmo più sapere

Mafia, nulla su Ciancimino e addio a Gomorra
La vera vita di don Vito Ciancimino, raccontata dal figlio Massimo, i suoi rapporti pericolosi con la mafia, gli incontri dell’ex sindaco di Palermo con Bernardo Provenzano, e poi la misteriosa trattativa con lo Stato. Quindi il Papello mafioso, le richieste di Totò Riina, le intuizioni di Paolo Borsellino, i contatti con gli ufficiali del Ros dei carabinieri, forse la chiave occulta che sottostà alle stragi del ‘92. Tutto questo e molto altro non si sarebbe mai potuto raccontare con la nuova legge perché guai a riferire di un atto giudiziario, come sono gli interrogatori di un testimone quale è Ciancimino jr. Il libro «Don Vito», scritto da Francesco La Licata, non sarebbe mai arrivato in libreria. Ma anche «Gomorra» di Saviano.

La «cricca», tre anni per far emergere gli affari sui grandi appalti
La Cricca è un termine azzeccato per raccontare la consorteria di Balducci & soci che viene fuori, guarda caso, da un’intercettazione. E’ uno degli indagati che ne parla al telefono, e si lamenta perché è rimasto escluso da certi appalti fiorentini, a dire: «Ecco, vedi, questa è la cricca romana...». Sapeva di che cosa parlava. Ma quelle intercettazioni, con la nuova legge, non ci sarebbero mai state. I carabinieri di Firenze, infatti, sotto la guida della procura, hanno intercettato i protagonisti dei Grandi Appalti per quasi tre anni. Sono centinaia di migliaia le conversazioni captate. Una montagna. E mai, in tre anni, una fuga di notizie che abbia messo in forse l’inchiesta. Solo quando sono scattate le manette, nel febbraio scorso, e con le ordinanze dei giudici è iniziata la «discovery» degli atti, i media hanno scoperto l’esistenza stessa di quest’inchiesta. Molti retroscena sarebbero rimasti ignoti. E con la nuova legge anche i resoconti sarebbero stati ben diversi, parziali, minimali. I giornalisti avrebbero potuto raccontare «per riassunto» gli atti, non per esteso. E mai un’intercettazione sarebbe finita sulle pagine di un giornale.

Furbetti del quartierino, le imprese di Ricucci e la caduta di Fazio
Aho, qua stamo a fa’ i furbetti del quartierino...». Indimenticabile Stefano Ricucci. Era l’estate del 2006. L’immobiliarista dall’accento romanesco, partito dal nulla e entrato nel salotto buono della finanza italiana, era stato appena arrestato. E l’Italia scoprì, scorrendo avidamente le pagine dei giornali, le gesta di un nuovo ceto d’imprenditori. Le intercettazioni finirono a pacchi sui giornali, anche quelle francamente ininfluenti, tipo l’sms di Anna Falchi al marito. Di tutto ciò, un domani, nulla si saprà fino al termine delle indagini preliminari. E forse Antonio Fazio, l’ultimo Governatore a vita, che con sé ha trascinato nel fango anche questa prerogativa di Bankitalia, sarebbe ancora al suo posto.

Caso Scajola, addio alle notizie sulla casa con vista sul Colosseo
Era e rimane un testimone, Claudio Scajola. Il suo, è un caso di ministro della Repubblica che si dimette prima ancora di avere ricevuto un avviso di garanzia o di essere iscritto al registro degli indagati. A suo carico insomma non c’è nulla di rilevante dal punto di vista penale a tutt’oggi. Ma politicamente parlando, la questione è diversa. Quando si è scoperto che il costruttore Diego Anemone aveva fatto arrivare novecentomila euro alle due signore che vendevano la celebre casa con vista sul Colosseo, tramite i buoni uffici dell’architetto Zampolini, e che quindi quella compravendita era quantomai misteriosa, i sondaggi ordinati da Berlusconi hanno segnato una scossa tellurica. Ed è caduta una testa. La storia dell’appartamento di Claudio Scajola non ha neanche a che fare con le intercettazioni. C’entrano gli accertamenti bancari, la testimonianza di Zampolini e delle due sorelle Papa, alcuni buoni articoli di cronaca giudiziaria. Gli italiani hanno saputo e si sono formati un’opinione. Di tutto ciò, con la nuova legge in arrivo, non si sarebbe potuto sapere nulla. E il ministro Scajola sarebbe sempre al suo posto.

Protezione civile, le discutibili amicizie di Bertolaso
Macelleria mediatica», dice Guido Bertolaso. L’immagine è forte. Denota l’esasperazione di un sottosegretario al centro della curiosità dei media. Ma in quale paese al mondo, dove ci sia la libertà di stampa, potrebbe passare inosservata la vicenda di un sottosegretario potentissimo, commissario straordinario in un’infinità di situazioni di emergenza reale e non, che è costretto penosamente ad ammettere una volta che conosce sì Diego Anemone e ha con lui rapporti familiari, ma «so come evitare le trappole»; che proprio ad Anemone ha affidato lavori di falegnameria per il suo villino ai Parioli, ma «erano tapparelle»; che sua moglie aveva avuto un incarico professionale da Anemone per 90 mila euro; infine la storia non chiara dell’appartamento di via Giulia che forse lo pagava Anemone e forse no; e che i massaggi della fisioterapista del Salaria Sport Village gli avevano fatto «vedere le stelle perché mi aveva “sconocchiato” la schiena»? La storia dei Grandi Appalti è ancora da scrivere, ma quello che è emerso finora dall’inchiesta, in futuro non più pubblicabile se non per estremo riassunto, racconta di comportamenti forse non censurabili sul piano penale, ma sicuramente sul piano dell’opportunità per chi manovra miliardi di euro a sua discrezione.

La caduta di Prodi, dopo le telefonate di Lady Mastella
L’ ultimo governo Prodi, qualcuno se lo ricorda ancora? Accadeva due anni fa: ministro della Giustizia era Clemente Mastella; sua moglie, la signora Lonardo, presidente del consiglio regionale della Campania. L’Udeur compagno di strada della sinistra, ma in perenne lite con i dipietristi e con la sinistra radicale. In questo instabile equilibrio politico piombarono due inchieste penali. Una partiva dalla Calabria, titolare era Luigi De Magistris. L’altra veniva dalla Campania, procura di Santa Maria Capua Vetere. Furono due mazzate. Fu svelato il sistema-Mastella di nomine e di clientelismo. Indimenticabile quell’intercettazione in cui la signora Mastella diceva di un ex del suo partito, tale Gigi Annunziata, direttore generale della Asl per grazia di partito: «Allora per quanto mi riguarda lui è un uomo morto! E lo è anche per mio marito. Quindi per cortesia tenetevene alla larga: dal punto di vista professionale tu incontri chi vuoi. Ci mancherebbe. Ma dal punto di vista politico le cose passano attraverso di noi». L’intercettazione finiva sui giornali il 17 gennaio 2008. Pochi giorni dopo cadeva il governo Prodi.

Lo scandalo escort, inutilizzabili i nastri della D'Addario
In Parlamento, la norma che vieta in futuro di autoregistrarsi «fraudolentemente» le telefonate, l’hanno chiamata assai maliziosamente Emendamento D’Addario. Inevitabile infatti il riferimento a quelle registrazioni che la escort più famosa d’Italia, la barese Patrizia D’Addario, effettuò in casa Berlusconi la sera che fu ricevuta dal premier e poi, il giorno dopo quando il premier la chiamò al telefono per salutarla e chiacchierare sulla notte bollente trascorsa assieme. Quelle autoregistrazioni finirono agli atti di un’inchiesta penale, l’inchiesta sui maneggi di Giampi Tarantino (ancora in corso) e poi in un libro («Gradisca presidente», Aliberti editore) che l’ha buttata sul felliniano. La novità è davvero rivoluzionaria perché fino ad oggi le autoregistrazioni erano un caposaldo delle difese, un modo considerato più che lecito per tutelarsi, e molti big della politica sono più che abituati a registrare tutti i colloqui che si svolgono nel loro studio. All’Emendamento D’Addario sono seguite alcune specifiche deroghe per gli agenti segreti, per le forze di polizia e per i giornalisti professionisti perché il divieto era parso francamente esagerato. Resta lecito autoregistrarsi anche per i normali cittadini, ma solo per utilizzarle nel corso di controversie davanti a un giudice o per farne oggetto di esposti.

Il caso Minzolini, le pressioni sul Tg1 e l'Authority
Trani, in Puglia, oltre che per lo splendido centro storico, è divenuta famosa per la sua piccola procura da dove qualche mese fa s’intercettava tutto il mondo. A margine di un’inchiesta su certi imbrogli che si consumano con le carte di credito, era finito sotto ascolto il telefono di Augusto Minzolini, il direttore del Tg1, e quello di Giancarlo Innocenzi, membro dell’Authority sulle Comunicazioni. Non indagati, ma intercettati. E s’è finiti per registrare le telefonate di Berlusconi che chiama Minzolini «direttorissimo» oppure che chiede la testa di Michele Santoro. Fuga di notizie, intercettazioni sui giornali, grande scandalo di questi (per il tono usato da Berlusconi) e di quelli (perché le intercettazioni sono già a disposizione del grande pubblico). E intanto si va a votare alle Regionali, che il Cavaliere stravince, a dimostrazione che la via giudiziaria non aiuta granché sul piano elettorale.

La morte di Cucchi, le foto del pestaggio non le avreste viste
U n atto giudiziario può anche essere una fotografia, inserita nel faldone di un’inchiesta. La foto del giovane detenuto Stefano Cucchi, per dire, morto in un ospedale romano dopo un sicuro pestaggio e una lunga agonia. Per scelta della famiglia la foto finì sui giornali e fu chiaro a tutti che erano volate le botte. Nel clima di commozione alcuni testimoni trovarono la voglia di collaborare. Disse la sorella Ilaria: «Con la nuova legge non avremmo potuto far conoscere la verità». Per chi volesse rivivere la vicenda, è appena uscito un libro («Non mi uccise la morte», Castelvecchi editore) con le foto della vergogna. In futuro sarebbe impossibile.

Le dimissioni di Saccà, c'erano una volta le veline raccomandate dal Cavaliere
C’era una volta un potente direttore di Raifiction di nome Agostino Saccà che spesso e volentieri era al telefono con Silvio Berlusconi, amico di lunga data. Anche per lui la buccia di banana furono alcune intercettazioni, ordinate dalla procura di Napoli, effettuate nel dicembre 2007, che portarono alla luce le trattative di Berlusconi con alcuni senatori per arrivare alla «spallata» contro il governo di sinistra. Con l’occasione si scoprì che Saccà si dava un gran daffare per agganciare politici e portarli da Berlusconi, ma che quest’ultimo, a sua volta, implorava Saccà di dare lavoro a qualche attrice a lui cara. Tre anni dopo, le inchieste sono finite nel nulla, ma si cominciarono a conoscere le gesta del Cavaliere sotto le lenzuola.

Rignano Flaminio, nessuno spazio ai dubbi sulle violenze
Non soltanto la grande politica, ma anche la cronaca sarà rivoluzionata dopo questa legge che vieta di entrare nei dettagli di un’inchiesta. Si prenda il caso dei presunti pedofili di Rignano Flaminio. Una vicenda assolutamente controversa: tre maestre, una bidella, un benzinaio di colore, un autore tv, nell’aprile 2007 finiscono in carcere perché accusati di atti di pedofilia; il paese si spacca. Davvero è stata scoperta una banda di perversi o è un caso di suggestione collettiva? Tra continui colpi di scena il processo sta iniziando ora. Nel frattempo l’opinione pubblica è stata informata minuziosamente e le difese hanno potuto spiegare i loro argomenti. Quantomeno il dubbio è stato insinuato: e se fossero innocenti? Non è poco se poi venissero assolti.

Fonte

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11/06/2010 11:51

Re:
[QUOTE:L'abbandondo dell'Aula scatena l'ira del capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri: "Non siete democratici". "La sinistra in italia non cambia mai" rincara il ministro per i beni culturali, Sandro Bondi. Ed è ancora Gasparri a difendere una legge fortemente voluta dal premier: "Siamo orgogliosi di votarla dopo aver applicato al suo interno quella democrazia che voi ignorate e calpestate".


Fonte: Repubblica




Neanche ai tempi di Breznev ho sentito cagate simili [SM=x44472] [SM=x44472] [SM=x44472] [SM=x44474] [SM=x44474] [SM=x44474]
Lavrentij Pavlovic era più democratico
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11/06/2010 15:31

Re:
Capitano Marino, 10/06/2008 11.38:

I crimini della clinica di Milano sono incommentabili.
Destano orrore puro.

Ma vorrei fare una domanda provocatoria : è un caso che questa indagine partita nel gennaio 2007 sia arrivata al suo epilogo giusto ieri, in concomitanza proprio con le dichiarazioni (secondo me clamorosamente sbagliate, ma l'ho già scritto) di Berlusca sulle intercettazioni ?
Io ci intravedo anche un innalzamento del livello di scontro con la magistratura.
Per una volta faccio io un po' di dietrologia.




Ed io faccio, mi faccio questa domanda: non è per caso che l' ossessione di Berlusconi per le intercettazioni da limitare ad ogni costo, addirittura da vanificare con la norma transitoria per i processi e le indagini in corso, non derivi proprio da questi fatti così scandalosi che in questi mesi stanno venendo alla luce ?

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11/06/2010 15:48

La privacy ostaggio del Grande Freddo

Il disegno di legge approvato dal Senato sulle intercettazioni, naturalmente non è la «Morte della libertà» e neppure il «Nuovo fascismo». Le esagerazioni e gli estremismi, sempre fuor di luogo, diventano stavolta ancor più pericolosi: perché rischiano, sparando troppo alto, di celare il vero rischio del testo malamente varato ieri. E cioè che, in nome di valori seri come la privacy e il rispetto dei cittadini, si finisca non solo per rallentare, se non ostacolare, la strada alle indagini contro la malavita, ma soprattutto diffondere un Grande Freddo contro le cronache, i giornalisti e i loro editori.

La stessa minacciosa vaghezza del testo sopravvissuto alle battaglie, che da più parti si son tentate con generosità per fermarlo, è la Spada di Damocle peggiore. Nel dubbio, in un momento di difficoltà per la stampa ovunque nel mondo, tanti potranno essere tentati di fermarsi, con il rischio di un'indagine, perquisizioni, processi. Le pene poi, in un paese su cui fioccano da sempre condoni, scudi, cerotti fiscali e politici di ogni genere, sono assurde nella loro pesantezza, come quelle comminate dalla Regina di Alice nel Paese delle Meraviglie, giù la testa per tutti, sempre. Un mese di galera per i cronisti - e spesso si parla di pochi anni per omicidio! - e centinaia di migliaia di euro in sanzioni per gli editori - mentre mini multe cancellano reati odiosi!
Non va bene. Al governo Berlusconi cui non mancano le priorità, in una drammatica crisi che avviluppa aziende, professionisti e lavoratori e che, come ha spiegato spesso anche Tremonti, non sarà né breve né indolore. Inutile girare intorno alla questione: privacy dei cittadini e responsabilità dell'informazione sono temi cruciali. La prima va tutelata; la seconda praticata sempre con serietà e, se e quando venisse a mancare, chi sbaglia deve pagare.
Ma la coincidenza tra la stretta contro il diritto di cronaca e le inchieste sulle camarille tra affaristi, ministri, politici, galoppini, azzecagarbugli di ogni risma, bionde e brune, qualche don Abbondio che ha fatto carriera, volti noti dei salotti in tv e fuori, fa sorgere forte nell'opinione pubblica il sospetto amaro che privacy e doveri del cronista poco c'entrino. E che conti invece la voglia di rivalsa contro la stampa, un consiglio non troppo sommesso per intimare: state tranquilli. Il che dovrebbe rendere appunto non solo i giornalisti, ma un po' tutti gli italiani, poco tranquilli.

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[Modificato da Etrusco 12/06/2010 08:23]
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"La sindrome di Salieri"

Se è vero che, come dice il Vangelo, “dai frutti conoscerete l’albero”, c’è una normetta nella legge-bavaglio che descrive meglio di qualunque altra l’albero al quale (ci) siamo impiccati da 16 anni. E’ l’articolo 6-ter: “Sono vietate la pubblicazione e la diffusione dei nomi e delle immagini dei magistrati relativamente ai procedimenti e processi penali loro affidati…”. E’ copiato pari pari dal Piano di Rinascita Democratica della loggia P2, scritto da Licio Gelli e dai suoi consulenti a metà degli anni 70 e rinvenuto nel 1982 nel doppiofondo della valigetta della figlia del Venerabile: “Ordinamento giudiziario: le modifiche più urgenti investono: (…) il divieto di nomina sulla stampa i magistrati comunque investiti di procedimenti giudiziari…”. Ora, è fin troppo facile capire perchè questa gentaglia non gradisce che si conoscano atti giudiziari e intercettazioni. Ma che fastidio possono dare il volto o il nome del tale o del talaltro magistrato? Domanda ingenua: oltre che mascalzoni, questi qua sono anche inguaribilmente mediocri. Sanno di non avere una reputazione, una credibilità, una rispettabilità. La loro faccia ha lo stesso prestigio del loro culo. Nessuno crede alla loro parola, continuamente smentita, rettificata, rimangiata, tradita. Possono sopravvivere soltanto se, intorno a loro, sono tutti come o peggio di loro. Se emergono figure autorevoli e popolari, esse diventano immediatamente una minaccia per l’intera banda. Perché poi, quando parlano, la gente dà loro retta. E, se criticano la banda, questa ne esce inevitabilmente con le ossa rotte. Nonostante le minacce, le aggressioni, le calunnie e i cedimenti interni, la magistratura conserva ancora un consenso intorno al 50 per cento, mentre quella della classe politica langue nei pressi del 10. Se un magistrato o un ex, meglio ancora se carico di onori per la lotta al terrorismo e/o alla mafia e/o alla corruzione, tipo Caselli, Colombo, Borrelli, Greco, Davigo, Scarpinato, Ingroia, Spataro, Maddalena, Almerighi, dice che una legge è una porcheria e ne spiega le conseguenze nefaste per la sicurezza dei cittadini, questi credono a lui e non agli Al Fano, Ghedini, Cicchitto, Gasparri, gente che basta guardarla in faccia per farsi una risata.

Vent’anni fa, quando parlavano Falcone e Borsellino, c’era poco da discutere: non perché fossero infallibili, ma perché si erano conquistati il prestigio sul campo. Tra un Falcone e un Carnevale, la gente non aveva dubbi: l’uno era famoso per aver arrestato il Gotha di Cosa Nostra, l’altro per aver annullato centinaia di condanne di mafiosi.

I giudici piduisti, quelli dei porti delle nebbie, invece, erano maestri dell’insabbiamento, e campavano sereni proprio grazie al silenzio complice della stampa di regime. Quando i loro nomi finirono sui giornali, dovettero battere in ritirata. Per questo Gelli, che vedeva lungo, voleva cancellare i nomi degli uni e degli altri dai giornali. Per questo il suo degno allievo, che ha superato il maestro (venerabile), ne vuole cancellare oggi i nomi e i volti: perché confondere tutti i giudici, quelli che indagano e quelli che insabbiano, in un unicum grigio e indistinto. E’ la stessa logica che sta dietro la delegittimazione di giornalisti liberi e popolari come Montanelli e Biagi (“convertiti al comunismo”), di scrittori disorganici e amatissimi come Saviano e Camilleri (“fanno i martiri per i soldi”), di attori e registi anti-regime (“fannulloni pagati dallo Stato”) e dei volti più noti della tv (Santoro, Dandini, Fazio, da sputtanare con i loro compensi nei titoli di coda).

Il potere dei mediocri è sull’orlo di una crisi di nervi e in piena sindrome di Salieri (si fa per dire, quello era un fior di musicista) dinanzi ai Mozart della magistratura, del cinema, dell’arte, della letteratura, del giornalismo. Li avverte come una minaccia, perché sa che, quando il Menzognini di turno non riesce a coprirne la voce, la gente li ascolta. In fondo, è un buon segno: questa gentaglia è alla canna del gas.

di Marco Travaglio 15/06/2010

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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15/06/2010 23:45

Intercettazioni, domani nuovo vertice Pdl
L'Osce: "Italia rinunci a disegno di legge"

La responsabile per la libertà dei media: "Sono preoccupata".
La Farnesina: "Intervento inopportuno".
Bocchino e Granata: "Meglio risolvere i problemi del testo alla Camera".
Berlusconi: "Capitolo chiuso"


ROMA - Ancora fibrillazioni nel centrodestra sul tema delle intercettazioni. "Se non rispettiamo un punto saliente del programma come la legge sulle intercettazioni, facciamo prima ad andare a casa che a proseguire la legislatura", è l'avvertimento che arriva dal ministro per l'Attuazione del programma, Gianfranco Rotondi.
Posizione tutt'altro che solitaria, visto che anche Gaetano Quagliariello osserva che "saremmo di fronte all'atto di nascita di un partito all'interno di un altro partito, se si volesse cambiare la decisione assunta all'unanimità dall'ufficio di presidenza del Pdl". Il vicepresidente dei senatori Pdl teme che "si voglia scaricare su altri la necessità di rivedere il testo: il Parlamento, la Corte costituzionale e perfino il Capo dello Stato".

Berlusconi: "Testo blindato, capitolo chiuso". Per il premier la partita è chiusa, nonostante le resistenze dei finiani. C'è stato un ufficio di presidenza in cui è stato trovato un accordo e dove si è votato all'unanimità. In quella sede si è deciso che il testo sarebbe stato approvato entro l'estate. Il premier, racconta più di qualche dirigente del Pdl, ci tiene infatti a ricordare come il provvedimento approvato a palazzo Madama sia già frutto di una mediazione che è stata sancita dal placet dell'ufficio di presidenza del partito. Non si esclude inoltre che alla Camera possa essere chiesta la fiducia al testo, secondo più di un interlocturore che ha avuto modo di parlare con il Cavaliere, l'ipotesi resta non solo possibile ma probabile anche se la decisione definitiva non è ancora è stata presa perché i tempi non sono ancora maturi.

Il monito dell'Osce. E mentre nel Pdl il clima si fa sempre più teso, l'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), con sede a Vienna, ha chiesto oggi all'Italia di rinunciare al disegno di legge sulle intercettazioni o di modificarlo in sintonia con gli standard internazionali sulla libertà di espressione. "Sono preoccupata che il Senato abbia approvato una legge che potrebbe seriamente ostacolare il giornalismo investigativo in Italia", ha detto in un comunicato oggi Dunja Mijatovic, responsabile dell'Osce per la libertà dei media. "Il progetto di legge approvato dal Senato nella sua formulazione attuale - denuncia la delegata Osce per l'informazione - contraddice le raccomandazioni dell'Osce, specialmente nella misura in cui proibisce l'uso di alcune fonti confiddenziali e materiali che possono essere necessari per indagini giornalistiche significative al servizio della democrazia". Da qui la richiesta al nostro Paese di modificare il testo normativo, adeguandolo a standard e richiami in materia indicati dall'organismo internazionale. "I giornalisti devono essere liberi di riportare le notizie di pubblico interesse e di essere in grado di decidere come portare avanti un'inchiesta in modo responsabile", dice ancora Dunja Mijatovic.

La rappresentante Osce, in particolare, ha ribadito la 'censura' da parte dell'organismo da lei rappresentato delle norme del ddl intercettazioni che prevedono "forti restrizioni - ha denunciato- nella pubblicazione di atti processuali o di indagine anche prima dell'inizio dei processi", così come le "multe salate" e "anche il carcere" per editori e giornalisti che le pubblichino, così come la previsione del carcere per chiunque, senza essere giornalista, registri e diffonda conversazioni senza il consenso dell'altra persona.

Farnesina: "Inopportuno l'intervento dell'Osce". L'intervento dell'Osce non è stato gradito dalla Farnesina: "Da parte italiana, attraverso i canali diplomatici, è stata fatta notare con fermezza l'inopportunità di tale intervento", ha detto il portavoce della Farnesina, Maurizio Massari. "Un intervento su una misura legislativa, il cui iter non è completato, che rischia - prosegue Massari - di interferire e turbare il dibattito democratico in Parlamento".

La posizione dei finiani. Ma i finiani non sembrano disponibili ad approvare il testo blindato uscito dal Senato. "Meglio mantenere il cantiere aperto - dice Carmelo Briguglio -, perché il Pdl ora è a un bivio: trovare alla Camera le soluzioni ai problemi innegabili che il ddl ancora presenta, prevenendo le obiezioni che potrebbero essere manifestate dal Capo dello Stato al momento della firma. Oppure, come sentiamo dire dai grandi strateghi della soluzione finale, prepararsi a uno scontro istituzionale col Quirinale". Uno scenario evocato anche da un altro fedelissimo del presidente della Camera, Italo Bocchino: "Non vorrei che qualche falco berlusconiano volesse lo scontro istituzionale e accarezzasse l'idea di farsi respingere la legge dal Capo dello Stato per riapprovarla nello stesso testo e avviare uno scontro costituzionale".

Dall'opposizione, invece, Pier Ferdinando Casini insiste nel suo no a una legge "sicuramente sbagliata, che rischia di favorire i delinquenti". "La privacy - aggiunge - va tutelata, ma era un'esigenza che anche il governo Prodi aveva intravisto quando Mastella aveva fatto lo stesso provvedimento. Oggi, per tutelare la privacy non possiamo permetterci di compromettere la lotta alla delinquenza". "E' umorismo - conclude il leader Udc - nemmeno politica".

Domani vertice del partito. E il ddl sulle intercettazioni sarà al centro di un nuovo vertice del Pdl in programma domani, all'ora di pranzo, a Palazzo Grazioli. Alla riunione con Silvio Berlusconi saranno presenti i coordinatori nazionali del partito, Sandro Bondi, Ignazio La Russa e Denis Verdini, i capigruppo di Camera e Senato e il deputato Niccolò Ghedini, legale del premier.

Farefuturo e il voto anticipato. La fondazione vicina a Fini non crede alla minaccia, che potrebbe essere il colpo a sorpresa di Berlusconi, di elezioni anticipate. "Vedremo se le minacce diventeranno realtà. Per ora sembra impossibile. Per ora sembrano piuttosto le minacce di chi sa di non poterle mettere in pratica. È per questo che non si può che rispondere come Totò con un sacrosanto: ma mi faccia il piacere...". "Sarebbe difficile spiegare agli italiani, caduto il governo e indette magari nuove elezioni, perchè tanta fretta su una norma che, oltretutto, a detta di molti osservatori, avrebbe messo non pochi bastoni fra le ruote alla lotta alla criminalità. E sarebbe difficile spiegare a Umberto Bossi la morte prematura del federalismo fiscale".

Fonte: Repubblica

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16/06/2010 15:03

Il tormentone del ddl sulle intercettazioni continua, aumenta lo scontro istituzionale, i giornalai italiani - killer della privacy e della democrazia - si imbavagliano anzichè fare autocritica, lo scontro politico è strumentale e non ha risvolti pragmatici, le funzioni parlamentari sono svilite e alla fine di tutto questo le strade d'uscita saranno o avere una brutta legge che dà risposte sbagliate a problemi veri o non avere nulla e continuare la macelleria mediatica odierna e aver perso tanto tempo inutilmente.
In ogni caso non so se essere felice, ma mi rassegno alla politica italiana.

Queste parole risalgono ad una quindicina di anni fa:
In questo clima di asfissiante ricerca dello scoop, della notizia clamorosa da sbattere in prima pagina, ogni indiscrezione, vera o presunta, circa le attività dei magistrati è da anni strumento di lotta politica, di esaltazione o di affossamento di singoli o partiti. Per questa ragione le intercettazioni telefoniche riguardanti numerosi cittadini italiani, che per una ragione o per l’altra erano considerati personaggi di attualità, sono state a più riprese utilizzate dalla stampa e consegnate agli occhi di tutti con lo scopo immediato di ‘informare’ ma anche con un intento, spesso non celato, di delegittimare i propri avversari. In questo modo milioni di persone hanno potuto conoscere le conversazioni private di privati cittadini che nulla avevano a che vedere con le indagini in corso e che comunque si prestano ad equivoci o interpretazioni dettate dalla evidente differenza che esiste tra lo scritto e il parlato, specie telefonico. Ma il problema di cui ci occupiamo ci pare sia solo una conseguenza di un’altra questione ben più grave. A quale scopo le conversazioni telefoniche intercettate devono diventare di pubblico dominio, tutte indistintamente? E’ giusta una legislazione che consente a chiunque di accedere a notizie circa la vita privata del cittadino? Infatti, se la Costituzione prevede, in determinati casi, che sia violata la libertà e la segretezza delle comunicazioni, è anche vero che concede questa facoltà solo a pubblici funzionari per fini di indagine, non certo per mettere in piazza i discorsi privati dei cittadini. Le recenti notizie sui telefonini clonati, sulle valanghe di intercettazioni e sull’uso di microspie rendono sempre più necessario un intervento legislativo che riveda con serietà tutta questa delicata materia
[Modificato da paperino73 16/06/2010 15:04]

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Re:
paperino73, 16/06/2010 15.03:

Il tormentone del ddl sulle intercettazioni continua, aumenta lo scontro istituzionale, i giornalai italiani - killer della privacy e della democrazia - si imbavagliano anzichè fare autocritica, lo scontro politico è strumentale ...
...




Beh, sembrerebbe molto ardita l'associazione di idee Giornalai/Killer della Democrazia...
potresti articolarla meglio? [SM=x44460]

Per il resto dovremmo inserire nella discussione le mancanze e le responsabilità di un altro soggetto: l'Ordine dei Giornalisti che in tutti questi anni avrebbe potuto darsi un codice di autoregolamentazione in materia, evitando di arrivare a questo punto.

PS una domanda da porsi rimane sempre la stessa: perchè siamo arrivati a tanto?
[Modificato da Etrusco 16/06/2010 15:16]

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16/06/2010 16:04

Re:
paperino73, 16/06/2010 15.03:

Il tormentone del ddl sulle intercettazioni continua, aumenta lo scontro istituzionale, i giornalai italiani - killer della privacy e della democrazia - si imbavagliano anzichè fare autocritica, lo scontro politico è strumentale e non ha risvolti pragmatici, le funzioni parlamentari sono svilite e alla fine di tutto questo le strade d'uscita saranno o avere una brutta legge che dà risposte sbagliate a problemi veri o non avere nulla e continuare la macelleria mediatica odierna e aver perso tanto tempo inutilmente.
In ogni caso non so se essere felice, ma mi rassegno alla politica italiana.



A parto sul "killer della democrazia" per il resto condivido. [SM=x44462]

Su questa brutta legge io mi sento di dire che i giornalai italiani se la sono meritata tutta. [SM=x44464]

paperino73, 16/06/2010 15.03:


Queste parole risalgono ad una quindicina di anni fa:
In questo clima di asfissiante ricerca dello scoop, della notizia clamorosa da sbattere in prima pagina, ogni indiscrezione, vera o presunta, circa le attività dei magistrati è da anni strumento di lotta politica, di esaltazione o di affossamento di singoli o partiti. Per questa ragione le intercettazioni telefoniche riguardanti numerosi cittadini italiani, che per una ragione o per l’altra erano considerati personaggi di attualità, sono state a più riprese utilizzate dalla stampa e consegnate agli occhi di tutti con lo scopo immediato di ‘informare’ ma anche con un intento, spesso non celato, di delegittimare i propri avversari. In questo modo milioni di persone hanno potuto conoscere le conversazioni private di privati cittadini che nulla avevano a che vedere con le indagini in corso e che comunque si prestano ad equivoci o interpretazioni dettate dalla evidente differenza che esiste tra lo scritto e il parlato, specie telefonico. Ma il problema di cui ci occupiamo ci pare sia solo una conseguenza di un’altra questione ben più grave. A quale scopo le conversazioni telefoniche intercettate devono diventare di pubblico dominio, tutte indistintamente? E’ giusta una legislazione che consente a chiunque di accedere a notizie circa la vita privata del cittadino? Infatti, se la Costituzione prevede, in determinati casi, che sia violata la libertà e la segretezza delle comunicazioni, è anche vero che concede questa facoltà solo a pubblici funzionari per fini di indagine, non certo per mettere in piazza i discorsi privati dei cittadini. Le recenti notizie sui telefonini clonati, sulle valanghe di intercettazioni e sull’uso di microspie rendono sempre più necessario un intervento legislativo che riveda con serietà tutta questa delicata materia



Profetiche, di chi sono? [SM=x44458]




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16/06/2010 16:26

Re: Re:
Etrusco, 16/06/2010 15.14:


Per il resto dovremmo inserire nella discussione le mancanze e le responsabilità di un altro soggetto: l'Ordine dei Giornalisti che in tutti questi anni avrebbe potuto darsi un codice di autoregolamentazione in materia, evitando di arrivare a questo punto.



Gli ordini, in generale, hanno sempre mostrato molti limiti per quanto riguarda il darsi un codice di autoregolamentazione, e soprattutto il rispettarlo.
L'ordine dei giornalisti è mai intervenuto seriamente di fronte agli eccessi di molti? No, a memoria ne ccito uno, ma ce ne sono molti altri.

Etrusco, 16/06/2010 15.14:


PS una domanda da porsi rimane sempre la stessa: perchè siamo arrivati a tanto?



Oggi al TG c'era l'indispensabile notizia del nuovo processo di Cogne, il mio pensiero è stato: "Ma cosa aspettano ad approvare il DDL intercettazioni?" [SM=x44493]
Nella mia memoria il caso Cogne rimane come lo spartiacque tra TG guardabili e TG insopportabili. [SM=x44464]

Siamo arrivati a tanto perchè ormai non importa più riportare le notizie, l'importante è avere uno scoop da sbattere in prima pagina, vero e falso che sia.
Si fanno processi mediatici al fattaccio del mese, per poi dimenticarsene di fronte al nuovo fattaccio.
E vogliamo parlare delle maledette intercettazioni? Pagine e pagine di puttanate, conversazioni private, sbattute sui giornali, per stimolare il basso istinto voyeuristico dei lettori.

I giornalai non hanno il diritto di lamentarsi, per il semplice fatto che da anni hanno rinunciato ad informare seriamente i lettori, evidentemente è più facile fare un bell'articolo pruriginoso su escort/trans/tradimenti e cazzate simili che non fare un'articolo serio su qualche problema concreto.

Prima di invocare il diritto all'informazione occorre produrre informazione seria.

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Re: Re:
Arjuna, 16/06/2010 16.04:

A parto sul "killer della democrazia" per il resto condivido. [SM=x44462]

Su questa brutta legge io mi sento di dire che i giornalai italiani se la sono meritata tutta. [SM=x44464]




Esattamente quello che volevo dire io: è vergognoso che i giornalai oggi si imbavaglino e chiamino adunate alla difesa della democrazia, quando fino a ieri (e probabilmente nelle loro intenzioni anche domani) hanno fatto un tale cattivo uso della loro professione da aver portato a questa situazione.

[SM=x44458]

La democrazia passa anche dalla difesa della privacy: per questo, distruggendo la seconda, i giornalai distruggono la prima.
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[Modificato da paperino73 16/06/2010 17:21]

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16/06/2010 17:58

paperino73, 16/06/2010 17.19:



La democrazia passa anche dalla difesa della privacy: per questo, distruggendo la seconda, i giornalai distruggono la prima.
Costituzione Italiana alla mano ...




"Anche", ma non solamente:
se vuoi far il costituzionalista della situazione allora, per onestà intellettuale, dovresti fare un ragionamento di più ampio respiro e considerare anche gli altri 2 principi costituzionali che, in questo ambito, devono andare sempre di pari passo con la Privacy:
Diritto all'Informazione e alle Indagini.
Questi 3 principi devono coesistere tra loro in perfetto equilibrio,
senza che nessuno prevalga sugli altri.
[Modificato da Etrusco 18/06/2010 14:18]

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paperino73, 05/05/2010 11.28:


A differenza tua, io ho idee mie e le ho sempre spiegate e ragionate.
...
A differenza tua, non scompaio dalle discussioni appena queste iniziano a parlare seriamente di politca.
"Cambiare la Costituzione sotto la Crisi" 05/05/2010 11.28



Eh si, vedo,
comunque continuiamo ad aspettare i tuoi contributi
circa la questione dell'equilibrio tra i vari principi costituzionali, e non, investiti da questa "Riforma". [SM=g1700002]
[Modificato da Etrusco 02/07/2010 14:02]
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08/07/2010 09:54




Da Segolas [SM=x44457]

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