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Fondi FAS dirottati come bancomat per ogni evenienza

Ultimo Aggiornamento: 04/08/2009 13:05
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04/08/2009 13:05

dovevano alimentare lo sviluppo del Sud
L’inchiesta

L’assalto delle aziende municipali
Fas usati per i buchi a Palermo, Roma e Catania.
E per i battelli sui laghi al Nord


A Palermo, Catania e Ro­ma li utilizzano per tappare i buchi delle aziende muni­cipalizzate.
A Parma per fi­nanziare l’Autorità euro­pea per la sicurezza alimen­tare.
Un po’ più a nord «per la realizzazione degli inter­venti concernenti la flotta aziendale della Gestione go­vernativa di navigazione che fornisce il servizio nei laghi di Como, Maggiore e Garda».

Si tratta di soldi presi dal Fas, il Fondo per le aree sottoutilizzate, che dovrebbe alimentare lo svi­luppo del Sud.
Invece è di­ventato una specie di ban­comat per ogni evenienza.



ROMA — La pillola avvelenata è na­scosta in un paio di commi del decre­to anticrisi convertito in legge dal Par­lamento.

Dove si prevede che entro 6 mesi consiglieri e sindaci attual­mente in carica delle aziende di servizi locali possono essere revocati in antici­po se il Comune, la Provincia o la Re­gione azionista decideranno di ridur­ne il numero o anche soltanto le inden­nità.
Una specie di spoils system che investirà soltanto le società partecipa­te da un unico ente locale, ed è per giunta a costo zero, essendo esplicita­mente escluso per legge «il diritto dei componenti revocati al risarcimento».
Circa il bersaglio di questa norma «bastone» ci si potrebbe esercitare a lungo.
È forse qualche società control­lata da un Comune o da una Provincia che alle ultime ammini­­strative ha cambiato segno, magari passan­do dalla sinistra alla destra?
Chissà.

Perfet­tamente identificato, invece, è il beneficia­rio della «carota» con­tenuta nella delibera Cipe di venerdì 31 lu­glio. Si chiama Diego Cammarata ed è il sin­daco (Popolo della li­bertà) di Palermo.
I 150 milioni di euro che il Comitato, di cui è segretario il sicilia­nissimo Gianfranco Miccichè, ha destina­to al suo Comune «per investimenti di miglioramento del tessuto urbano, an­che nel settore dell’igiene ambientale» serviranno anche per tappare il buco dell’Amia, la municipalizzata per lo smaltimento dei rifiuti urbani che per­deva a rotta di collo mentre i suoi ex vertici si recavano in missione a Dubai (pare senza troppo badare a spese) nel tentativo di vendere i preziosi servizi della loro azienda agli arabi. Altri 150 milioni, che si aggiungono agli 80 che il governo aveva già dato a Palermo, in piena emergenza immon­dizia, mesi fa.
E che si sommeranno agli eventuali maggiori introiti provo­cati dall’aumento delle tasse: il 26 giu­gno, con una propria ordinanza, il pre­mier Silvio Berlusconi ha autorizzato il solo Comune di Palermo, in deroga al blocco deciso un anno fa, a innalza­re l’addizionale comunale Irpef.

Si par­la di raddoppiarla dallo 0,4% allo 0,8%. Ben 230 milioni, quindi, sono stati inghiottiti da Palermo.
Si tratta di sol­di presi in larga misura dal famoso Fas, il Fondo per le aree sottoutilizza­te, che dovrebbe alimentare lo svilup­po del Sud ed è invece una specie di bancomat per ogni evenienza. Dal Fas, per esempio, sono stati prelevati 220 (duecentoventi) milioni che sempre il 31 luglio il Cipe ha destinato alla Fon­dazione Ri.Med. Di che cosa si tratta? È un ambizioso progetto avviato nel 2005 a Carini, vicino a Palermo, trami­te una fondazione costituita dal gover­no italiano (allora c’era sempre Berlu­sconi) insieme alla Regione siciliana, all’Università americana di Pittsburgh e altri soggetti. Quando partì ne nac­que una polemica sollevata da parte della sinistra che la bollò come opera­zione elettorale e durante il governo di Romano Prodi accusò l’ex presiden­te della Regione Salvatore Cuffaro, og­gi componente del consiglio di ammi­nistrazione della Fondazione, e tagliò i finanziamenti. Il governo Berlusconi aveva inizialmente stanziato una som­ma enorme: 330 milioni in quattro an­ni. Arrivato Prodi, lo stanziamento fu ridotto a 110 milioni (poi addirittura a 40). La Fondazione fece ricorso al Tar, che un anno fa le ha dato ragione. E ora i 220 milioni mancanti per arriva­re a 330 sono improvvisamente riap­parsi, tutti sull’unghia, e con sorpren­dente tempismo nel bel mezzo delle
proteste siciliane.

Ma almeno qui, anche se qualcuno continua a giudicarlo almeno eccessi­vo, se non discutibile, si parla di inizia­tive scientifiche.
Molto diverso è il ca­so in cui i soldi per lo sviluppo del Sud vengono impiegati per sanare i bilanci scassati delle municipalizzate.
L’econo­mista Gianfranco Viesti sostiene, per esempio, che quei soldi sono serviti anche a coprire i buchi di Catania e Ro­ma. Fra i mugugni leghisti il sindaco del Comune etneo Raffaele Stancanel­li, senatore in carica, ha avuto 140 mi­lioni dal Cipe ben prima del suo colle­ga palermitano Cammarata. E ha subi­to fatto presente che soltanto le azien­de municipalizzate avevano presenta­to un conto da 119 milioni.

Il primo cittadino di Roma Gianni Alemanno ha ottenuto invece molto di più:
500 milioni.

Soldi benedetti, a guardare i conti di alcune aziende co­munali. Nel biennio 2007-2008 il bilan­cio consolidato dell’Atac ha presenta­to perdite per 132 milioni. È di ieri la notizia, riportata da Repubblica , che il nuovo presidente, Massimo Tabac­chiera, ha avuto l’incarico di coordina­re la fusione delle aziende pubbliche del settore. Compenso previsto: 224 mila euro. Naturalmente, oltre all’in­dennità da presidente (87 mila euro). E l’Ama, azienda comunale dei rifiuti, ha chiuso il 2007 con un disavanzo di 36 milioni. Ma il sindaco non si è per­so d’animo e dopo aver cambiato i ver­tici aziendali ha disposto (anche qui fra le polemiche) un concorso per as­sumere 544 netturbini.

In una delle ultime riunioni del Ci­pe si è deciso di destinare anche 14 mi­lioni dei denari Fas, che erano stati a suo tempo riversati nel Fondo infra­strutture, per finanziare l’Autorità eu­ropea per la sicurezza alimentare di Parma. Mentre altri 12 milioni dello stesso pacchetto saranno impiegati «per la realizzazione degli interventi concernenti la flotta aziendale della Gestione governativa di navigazione che fornisce il servizio nei laghi di Co­mo, Maggiore e Garda». Ossia, i servi­zi pubblici di trasporto lacustre nei grandi specchi d’acqua a ridosso del­l’arco alpino.

Per non parlare delle tante sorpresi­ne del decreto anticrisi
,
provvedimen­to che ha sostituito di fatto la Finanzia­ria.
Come un piccolo contributo di 8 milioni per consentire alle «imprese esercenti il servizio di trasporto pub­blico interregionale di competenza sta­tale », tipo la Sita del gruppo Ferrovie dello Stato, l’acquisto di nuovi auto­bus «categoria euro 4 ed euro 5». Op­pure 49 milioni per sovvenzionare la Tirrenia di navigazione, società statale male in arnese che dovrebbe essere privatizzata (ma l’operazione non si presenta semplice). Questi almeno non vengono dai fondi Fas. Ma sono pur sempre soldi di tutti.


Fonte: Corriere della Sera - Sergio Rizzo
04 agosto 2009


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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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