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Crolla Forza Italia (PdL)

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23/10/2009 10:34

Rissosità e spaccature nel CentroDestra
Il Governo - i nodi

Tremonti, telefonata con Berlusconi: "Chiarire o sono pronto a lasciare"

Il ministro dopo le critiche: "No alla linea della spesa pubblica"



Tremonti e Berlusconi

ROMA — È stato un collo­quio tesissimo. Durante il qua­le Giulio Tremonti ha chiesto a Silvio Berlusconi una scelta di campo netta e definitiva.
O la linea europea, quella del rigore e della ragionevolezza sui con­ti pubblici, o quella della spe­sa.
Ben interpretata, secondo il ministro dell’Economia, dai concetti espressi da Gianfran­co Fini ieri sul Corriere della Sera.

È stato quasi superfluo aggiungere che lui, Giulio Tre­monti, non rimarrebbe un mi­nuto di più al suo posto nel go­verno se il premier dovesse scegliere la via facile della spe­sa pubblica.
Doveva essere una telefona­ta distensiva, quella fatta ieri a tarda sera al ministro dell’Eco­nomia dal presidente del Con­siglio, che dalla Russia tornerà solo questa mattina.
Il tentati­vo di rassicurarlo dopo l’an­nuncio improvviso, affidato a Gianni Letta, di una «graduale riduzione dell’Irap fino alla sua soppressione».
Che dire sia sta­to accolto con sorpresa dal tito­lare dell’Economia è forse un eufemismo.

Dopo il ritorno in campo di Fini sulla politica economica e il documento dei dieci punti che chiede un cambio di pas­so
,
smentito da tutti ma segno evidente del clima che si respi­ra nella maggioranza, la sortita sull’Irap è stata la classica goc­cia di troppo nel bicchiere.
Va bene che la riduzione «gradua­le e progressiva» dell’Irap è prevista dal programma eletto­rale del Popolo della Libertà (Ndr. già dal 2001).
Ed è pure vero che lo stesso Tremonti, non più di una setti­mana fa a Milano, parlava del­­l’Irap come di «una delle critici­tà del sistema».
A differenza della Francia, che ha finito con il mettere tre nuove tasse, dice­va il ministro dell’Economia, «se noi eliminiamo l’Irap la eli­miniamo e basta».

Il problema sta in quel «se», pronunciato dal titolare del Tesoro. Perché una discussione sui tempi, la quantità e le modalità tecniche dell’operazione non c’è mai sta­ta all’interno del governo o del­la coalizione di maggioranza.
E abbattere l’Irap non è un’operazione semplice.
Ogni anno quella tassa, per quanto odiata, porta nelle casse dello Stato una quarantina di miliar­di di euro.
Perché il taglio sia sensibile, ed avvertibile dalle imprese che ieri si sono subito lanciate in grandi apprezza­menti al premier, servono ri­sorse che oggi è impossibile trovare nel bilancio. A disposizione ci sarebbe­ro pure il gettito dello scudo fiscale, che potrebbe anche arrivare a oltre 5 miliardi di euro, ed una parte dei fondi per i Tremonti Bond alle ban­che, che avanzano.

Ma nono­stante quel che dice qualche ministro, con le «una tantum» non è proprio possibile finan­ziare una riduzione strutturale delle tasse, come sarebbe in ogni caso il taglio dell’Irap.
Si potrebbe fare in deficit, ma la tenuta del bilancio per Tre­monti è la condizione indi­spensabile per il rilancio del­l’economia, ma anche per con­tinuare a collocare tutti i mesi gli enormi quantitativi di ti­toli di Stato che servono per finanziare il debito pubbli­co.
Non a caso, ieri, le agen­zie di rating hanno soppe­sato la proposta del pre­mier con grande perples­sità, parlando di «un cambio di rotta sorpren­dente ».

«Finora l’Italia non ha preso misure di­screzionali di taglio delle tasse
— sottolineano gli analisti dell’agenzia di ra­ting Fitch —
tenendo un comportamento responsabile dato l’elevato debito pubbli­co».
Per il taglio dell’Irap servi­rebbero altrettanti tagli di spe­sa pubblica.
Una scelta va fatta.

Oggi Berlusconi e Tremonti, at­teso in serata a Lecce per la due giorni a porte chiuse del­l’Aspen, si parleranno.
Gianni Letta, che ieri sera ha vestito di nuovo i panni del mediatore, dopo una giornata di forte ten­sione, fa intendere un certo ot­timismo.
Il colloquio avverrà subito prima del Consiglio dei ministri durante il quale, sem­mai il faccia a faccia tra il pre­mier e il ministro avesse esito positivo, tutto dovrà esser mes­so ben in chiaro sul tavolo.

Fonte: Corriere della Sera - Mario Sensini
23 ottobre 2009


_________________


Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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23/10/2009 13:47

LA SOLITUDINE DI GIULIETTO TRECONTI
- PUGNALATO ALLE SPALLE DA LETTA E FINI
,
ORA TREMONTI VIENE DERISO DAI BANCHIERI: LA BANCA DEL SUD? È SOLO UN BLUFF DEL MINISTRO A CACCIA DI CONSENSI
- I CERVELLONI DELL'ABI SENTENZIANO: “MA QUALE SUPERCONCORRENTE, L'IDEA È SOLO CARTA STRACCIA”…


Francesco De Dominicis per "Libero"



Il livello di guardia resta alto. Ma la Banca del Sud sembra spaventare un po' meno le prime linee dell'industria creditizia del nostro Paese. La creazione di un nuovo istituto per il Mezzogiorno è stata affrontata ieri al comitato esecutivo dell'Abi, a Milano. Il tema, però, era "fuori sacco".

Mario Draghi con il presidente della BCE Jean-Claude Trichet

Durante la riunione, secondo quanto riferito a Libero da alcuni partecipanti, è stata distribuita una fotocopia dello schema di disegno di legge approvato venerdì scorso dal consiglio dei ministri. Un rapido giro di tavolo e poi il verdetto, sostanzialmente unanime: il progetto del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, è «un bluff».

Secondo i banchieri, il responsabile di via Venti Settembre avrebbe puntato sull'effetto-annuncio, senza però credere fino in fondo alla realizzazione concreta. Una tesi, quella che circolava ieri negli uffici milanesi della Confindustria del credito in via della Posta, che si fonda, tra altro, sulla scelta di «optare per un ddl invece che su un provvedimento d'urgenza».

L'aver affidato la banca del Sud al Parlamento, insomma, farebbe venir meno quel «carattere di emergenza» che avrebbe preoccupato, invece, l'Abi. Ma tra «questa non è una banca» e «tanto il governo farà arenare il testo nelle secche dei lavori di Camera e Senato» il gotha della finanza ha ritrovato fiducia: a stretto giro non ci sarà nessun superconcorrente protetto dallo Stato a dare fastidio nel mercato dei finanziamenti alle imprese.


Corrado Passera

Il capo di IntesaSanpaolo, Corrado Passera, martedì ha messo le mani avanti e ha lanciato un messaggio chiaro: la Banca del Sud dovrà seguire «una logica di mercato». Ecco perché l'ipotesi di un doppio esposto alla commissione Ue e all'Antitrust non è tramontata. I legali delle banche valuteranno i due profili del progetto che violerebbero le norme sulla concorrenza: le garanzie pubbliche sulla raccolta e gli sconti fiscali sui nuovi bond Sud. Secondo le prime valutazioni, si tratterebbe di aiuti di Stato illegittimi. Anche Poste continua a essere un osservato speciale.

Non è tutto. I banchieri scommettono sul passaggio del progetto sotto la scure della Banca d'Italia. Il governatore Mario Draghi dovrà firmare la licenza e più di qualcuno, ai piani alti degli istituti, immagina un bel colpo di freno. Draghi, per ora, non parla.

Entrerà in gioco solo dopo che il Comitato promotore disegnato da Tremonti si sarà insediato e avrà inoltrato a via Nazionale la documentazione prevista per l'autorizzazione. Ma nell'agenda degli addetti ai lavori c'è una data segnata con evidenza: il 26 novembre proprio Bankitalia ha organizzato un convegno sul "Mezzogiorno e la politica economica dell'Italia". Lì Draghi non potrà tirarsi indietro.

Francesco De Dominicis per "Libero" [23-10-2009]






CHI LE REGIONALI? A NOI!
– LA STRATEGIA BOSSI-FINI PER LE PROSSIME ELEZIONI: VIA LIBERA DI GIANFRY AL VENETO LEGHISTA (E MAGARI ANCHE IL PIEMONTE), MA IL SENATUR CEDA UN MINISTERO (QUELLO DI TREMONTI?)
– NEL CENTRO-SUD FINI PUNTA SULLA CAMPANIA (BYE BYE COSENTINO) E CEDE IL LAZIO A PAPI
– ACCORDO CON L’UDC?...



1 - PER DARE IL VENETO A BOSSI FINI VUOLE SFILARGLI UN MINISTRO
Gianluca Roselli per "Libero"


Sul Veneto continua il braccio di ferro tra la Lega di Umberto Bossi e il Popolo della Libertà. La questione sembrava risolta con le parole di Silvio Berlusconi, che giorni fa aveva dato il benestare alla candidatura di un leghista. E ieri lo stesso Bossi confermava che «non esiste un caso Veneto, perché la partita è già chiusa e andrà alla Lega». Con buona pace di Giancarlo Galan.


Francesca Zaccariotto e Umberto Bossi

«Sono notizie che non mi rovinano la giornata», fa sapere il governatore dal Veneto. La questione, però, sembra ancora aperta. Perché secondo uno dei coordinatori del PdL, Ignazio La Russa, «non c'è nessun accordo e la decisione finale sulle candidature deve essere presa dall'ufficio di presidenza del partito dopo aver ascoltato i coordinatori regionali». Per il momento, continua La Russa, «ci sono solo delle rose di nomi, ma le scelte definitive saranno prese all'inizio di novembre».

Una posizione che però non sembra del tutto condivisa da Gianfranco Fini. Ieri a Montecitorio il presidente della Camera ha incontrato Bossi, Roberto Cota e Roberto Calderoli. A quanto si apprende, Fini sarebbe disponibile a cedere il Veneto al Carroccio, ma con una serie di condizioni.


La prima è quella di trovare una sistemazione adeguata per Galan perché «non possiamo rischiare che il governatore si candidi contro il centrodestra, col pericolo di perdere una regione già vinta». La seconda è una sponda del partito di Bossi per candidature finiane nel Lazio (con Renata Polverini) e in Campania, così da risolvere anche il problema dell'imbarazzo verso il nome di Nicola Cosentino.

Ma Fini non mette barriere nemmeno a un candidato della Lega in Piemonte. Perché «il presidente della Camera considera Cota l'unico nome che possa portare a casa una vittoria». Però, a quel punto, secondo Fini, il Carroccio dovrà rinunciare al ministero delle Politiche agricole. Che, per far quadrare il mosaico, potrebbe andare proprio a Galan. La questione comunque è stata aggiornata di 48 ore, quando Fini, Bossi e Berlusconi si vedranno per sciogliere definitivamente tutti i nodi delle candidature al Nord e, a cascata, anche quelli di Lazio e Campania.

«Non esiste una ragione per dire no alla Lega in Veneto», ha detto ieri Cota, «Galan ha molto consenso, ma anche Zaia e Tosi sono molto forti sul territorio. Sono sicuro che l'attuale governatore alla fine accetterà le decisioni prese e rispetterà le direttive del suo partito».

La candidatura in Veneto, però, paradossalmente, potrebbe aprire un problema tutto interno al Carroccio. Un governatore veneto forte (Luca Zaia o Flavio Tosi), infatti, rischia di spostare il baricentro dell'azione del movimento verso il Nord-Est, indebolendo così il cuore del potere leghista che da sempre è concentrato nel triangolo Milano-Varese-Bergamo.

Il Senatur, nell'ormai ventennale storia leghista, ha sempre tarpato le ali a chi poteva metterlo in ombra, a cominciare dai leader della Liga Veneta: prima Franco Rocchetta, poi Fabrizio Comencini. Lo stesso è avvenuto in tempi più recenti con Giancarlo Gentilini. La vittoria di un uomo forte in Veneto, dunque, rischia di fare ombra al Senatur e di incrinare il delicato gioco di equilibri interni al Carroccio, con una perdita di potere dell'asse Bergamo-Varese. Con relativo malcontento di colonnelli e fedelissimi.


2- GIANFRANCO PRONTO A SACRIFICARE IL LAZIO PER LA CAMPANIA
Franco Bechis per "Libero"


Nicola Cosentino: presunto camorrista e candidato Governatore della Campania per il PDL

Sulla carta tutti i parlamentari della Campania - salvo Italo Bocchino- difendono a spada tratta il possibile candidato alla guida della Regione, l'ex forzista (ora PdL) Nicola Cosentino. Ha dato fastidio infatti l'utilizzo da parte di un membro dell'opposizione in commissione antimafia di un falso nei confronti di Cosentino, mettendo in bocca a Giovandomenico Lepore, procuratore capo di Napoli, accuse mai fatte in un verbale per altro segretato (Lepore davanti all'antimafia non ha fatto nemmeno un nome di politico legato alla camorra, limitandosi a dire che nei comuni dell'hinterland di Napoli almeno un consigliere comunale su tre è colluso con la camorra).

Sulla carta tutti solidali. Molti di loro pensano però che Cosentino sia stato bruciato dalla campagna stampa avversa e che sia necessario in ogni caso trovare una candidatura alternativa in casa PdL per la guida della Regione Campania. L'argomento è stato oggetto di un lungo colloquio della componente An del PdL campano con il presidente della Camera, Gianfranco Fini.

Al loro leader il gruppo ha lanciato un'idea: quella di sacrificare una candidatura data per certa come quella di Renata Polverini, leader dell'Ugl, alla guida della Regione Lazio, per lanciare dalle proprie fila un nome in grado di farcela senza polemiche in Campania. L'ipotesi è quella di candidare Pasquale Viespoli, sottosegretario al Welfare da lunghi anni e per altrettanti anni sindaco di Benevento apprezzato anche dagli avversari politici.

L'idea in casa di quella che fu Alleanza nazionale è proprio quella di lasciare perdere inutili lacerazioni con alleati al Nord (sarà Silvio Berlusconi a doversela vedere con i Giancarlo Galan) e tornare a caratterizzarsi come l'anima del PdL nel Mezzogiorno attraverso alcune candidature simbolo.

In Campania, Calabria e se spazio ci fosse, anche in Puglia. Il sacrificio della Polverini in Lazio sarebbe pesante e per questo dovrebbe essere ricompensato da Berlusconi con altre candidature pesanti. A vedersela con Piero Marrazzo potrebbe essere quindi quella Luisa Todini con cui il presidente del Consiglio si era mezzo impegnato o una candidatura a sorpresa.

L'idea di Fini è quella di proporre a Berlusconi di provare a preparare in Lazio un accordo largo con il segretario dell'Udc, Lorenzo Cesa. Ventilando la possibilità di una candidatura Udc alla presidenza della Regione, sostenuta da tutto il PdL in cambio di un accordo più largo in regioni considerate in bilico, anche se non in tutta Italia (si pensa a Liguria, Calabria e forse anche Puglia). Per ora è solo una suggestione da lanciare al Cavaliere, ma non è detto che venga scartata in via di principio...

Fonti: Gianluca Roselli per "Libero" - Franco Bechis per "Libero"
[23-10-2009]






LASCIA O RADDOPPIA?
ORE 12: TREMENDINO TREMONTI VA AL CONSIGLIO DEI MINISTRI E CHIEDEREBBE UN "SEGNALE FORTE" DA BERLUSCONI E TIPINI FINI:

NON SOLO LA CARICA DI MINISTRO DELL'ECONOMIA MA ANCHE QUELLA DI VICE PRESIDENTE DEL CONSIGLIO!
- IN CASO DI RIGETTO, GIULIETTO LASCIA
- BOSSI LO HA 'VENDUTO' PER PIEMONTE E VENETO?
- (PRONTI I FESTEGGIAMENTI IN CASA PDL, D.J. GIANNI LETTA, LAP-DANCER STEFANIA PRESTIGIACOMO)


Mario Sensini per il Corriere della Sera







[SM=g1741324]



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06/11/2009 14:47

Sindrome Prodi!
- FINI, BOSSI, TREMONTI, litigano ogni giorno.

IL calvario delle candidature per le regionali.
I tagli di tasse annunciati e ritirati, risse e ripicche, minacce di dimissioni:
il governo di Berlusconi vittima del virus del Professore

- Per questo dal Papi nero, SI TEME UN "colpo d’ala"…



Federico Geremicca per "La Stampa"


Chi conosce Silvio Berlusconi, chi lo frequenta e gli parla, descrive il premier in preda ad un umore pessimo. Ed è pronto a scommettere che si sia davvero alla vigilia di qualcuna delle sue note e improvvise mezze rivoluzioni.


Secondo costoro, infatti, il presidente del Consiglio sarebbe il primo ad esser convinto che l'esecutivo - meglio ancora: la maggioranza che lo sostiene - si stia inesorabilmente impantanando, e che l'alternativa ad un «colpo d'ala» (a un colpo di scena) sia fare la fine della legislatura 2001-2006: un rimpasto dietro l'altro per poi filare comunque dritto alla sconfitta elettorale.

Forte di quel precedente, Berlusconi è deciso a non commettere gli stessi errori che caratterizzarono la sua ultima esperienza di governo, segnata da dimissioni importanti (da Ruggiero a Scajola a Tremonti) e da un finale di legislatura non proprio esaltante. Eppure, avendo chiara la malattia, meno chiaro è - per ora - il rimedio da utilizzare.


Del resto, qualche tentativo di premere sul pedale dell'acceleratore il premier l'ha fatto: ma è andata che peggio non si poteva. Ha provato ad annunciare l'abolizione dell'Irap, ma ha poi dovuto fare marcia indietro, bloccato dal rigore di Tremonti; ha quindi rilanciato l'idea di una Grande Riforma della giustizia, ma Gianfranco Fini l'ha subito rintuzzato; e intorno alle candidature per le prossime elezioni regionali - è storia di queste ore - è montata una tale confusione che quella che era stata annunciata come una marcia trionfale si sta invece trasformando in un'inattesa e dolorosa Via Crucis.


Se il paragone non risulta offensivo per l'attuale premier (e per il suo predecessore) potremmo dire che sono diverse settimane, ormai, che il governo di Silvio Berlusconi sembra il governo di Romano Prodi: una coalizione litigiosa, un caso al giorno, ripicche, minacce e l'attività amministrativa che va a farsi benedire. Inutile dire che si tratti di un pessimo segnale: soprattutto oggi che occorrerebbe provare a pilotare il Paese fuori dalle secche della crisi.

Secondo alcuni non si tratterebbe di tensioni nuove. Il malessere di parte del Pdl nei confronti delle pretese del partito di Umberto Bossi, per esempio, non è affatto recente; e antico è anche il dispetto di molti per la «solitaria» politica economica di Giulio Tremonti.

Un fattore, soprattutto, avrebbe fino a ora evitato l'esplodere dei diversi malumori: la scelta di Berlusconi di concentrare l'attacco delle opposizioni esclusivamente su se stesso, si trattasse di escort, di lodo Alfano e di processi da celebrare. E' stato un modo - efficace - di tener compatta la sua maggioranza.



Ma appena l'opposizione ha smesso di incalzarlo su questo (evitando di replicare colpo su colpo su faccende private e dintorni) e al centro della scena ci sono arrivati i problemi del Paese, la musica ha cominciato a cambiare.

Il quadro, dunque, oggi appare fortemente mutato. Momentaneamente accantonate le polemiche roventi (e spesso sul nulla) tra maggioranza e opposizione, la situazione è riassumibile più o meno così: sul proscenio non più un insopportabile tutti contro tutti, ma un governo che fa i conti con le scelte da fare: e facendo questi conti, litiga.

Niente di eccezionale, in sé: in coalizioni composite, è sempre accaduto. E oltre a non essere necessariamente una tragedia, l'aprirsi di una dialettica all'interno della maggioranza e soprattutto la riduzione del conflitto tra maggioranza e opposizione hanno in sé un'opportunità: che si cominci, civilmente, a discutere di cose serie.

Il Paese ne ha un gran bisogno, ed è perfino superfluo ripeterlo. Si facciano, dunque, le scelte che servono. Sperando, naturalmente, che la pronosticata mezza rivoluzione che avrebbe in testa il premier non riporti le lancette dell'orologio al tempo degli insulti e della rissa.



Federico Geremicca per "La Stampa" [06-11-2009]
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11/11/2009 23:50

Tensione per le frasi del «cofondatore» sul Pdl-caserma
Con Fini il premier evoca la slealtà.
Letta: non ci sono altre soluzioni
Vertice tra i due leader del PdL: colloquio infuocato.
Interviene il sottosegretario alla Presidenza

Fini e Berlusconi
(Lapresse)

ROMA - Era un vertice talmente delicato che Gianni Letta ha dovuto addirittura prepararlo.
Perché lunedì il braccio destro del Cavaliere si è recato in gran segreto a Montecitorio per parlare con il presidente della Camera, e sempre lui è do­vuto intervenire martedì nel passaggio più infuocato del colloquio tra Berlusconi e Fini, quando il pre­mier — infuriato per il veto sulla prescrizione breve — è arrivato a incolpare l’alleato di «man­canza di lealtà», minacciando sfracelli in lungo e largo. E poco importa che Fini respingesse gli ad­debiti, siccome il premier covava ancora un forte risentimento per l’intervista televisiva del «co­fondatore», per le sue battute sul Pdl ridotto a una «caserma» retta da un «monarca», per non aver pronunciato «nemmeno uno dei risultati po­sitivi raggiunti dal governo»: «Di che caserma parla, Fini, se regolarmente ci riuniamo e discu­tiamo? E sarei io un monarca? O lui, piuttosto, che ai tempi di An decideva senza consultare nes­suno, mettendo tutti dinanzi al fatto compiuto? E l’opera di ricostruzione in Abruzzo? E il successo della magnifica cordata di Alitalia?».

Non è dato sapere se martedì abbia rinfacciato tut­to ciò al presidente della Camera, di sicuro è sta­to Letta a indurre Berlusconi al compromesso, «perché non c’è altra soluzione».
Ed è vero che il Cavaliere vede fantasmi dappertutto,
sente i cin­goli della procura di Palermo, «una nuova offen­siva giudiziaria contro di me
e gli uomini del mio governo», con il capo della Protezione civile che a stento era riuscito a trattenere nei mesi scorsi, e che ora ha annunciato di voler andare in pensione.
L’inquilino di Montecitorio ha riconosciuto a Berlusconi di esser «vittima di un accanimento», ma lo ha esortato ad accettare «l’unico accordo possibile», quello sul processo breve, che gli evi­terà l’affronto dei processi Mills e Mediaset: «Co­sì puoi andare avanti, governare. È anche nel mio interesse che tu sia forte».

Berlusconi non gli crede, ritiene che Fini stia logorando la sua immagine con quelle sortite che «ci fanno perde­re consensi».

Epperò «obtorto collo» — espres­sione del presidente della Camera — alla fine ha accettato il patto che verrà oggi presentato come disegno di legge al Senato.
Si vedrà se il premier resterà fedele all’intesa o se darà retta ai «falchi», e durante l’iter parlamentare tenterà la forzatura, provando a introdurre la prescrizione breve con un emendamento. È una mossa che Letta gli sconsiglia, e alla qua­le Fini si opporrebbe: «Non è un problema di di­sponibilità personale, ma di fattibilità». C’è un ostacolo «politico», perché verrebbe messo a re­pentaglio l’equilibrio raggiunto riservatamente anche con il Quirinale sul processo breve, e c’è poi un ostacolo «sociale», l’impatto cioè che una simile norma avrebbe sul sistema.

Fini ha porta­to ad esempio il «processo Parmalat», che «con quella norma salterebbe.
Immagini cosa acca­drebbe se migliaia di risparmiatori, che hanno perso tutto, si vedessero cancellato il diritto alla giustizia?».
«Mi pare che la Bongiorno esageri con questi effetti dirompenti», ha commentato Berlusconi riferendosi alla presidente della com­missione Giustizia della Camera.
«Forse è il tuo Ghedini che non li ha calcolati».
[SM=g51505]
Letta, come un pompiere, ha spento ogni foco­laio d’incendio nelle due ore di colloquio, e ha convenuto quando Fini ha proposto a Berlusconi un’altra strategia:
«Le leggine non ti mettono al riparo dagli attacchi, Silvio. Serve la politica».

E allora se il «processo breve» offrirà intanto uno scudo sui casi Mills e Mediaset, la riforma della giustizia potrebbe portare con sé la reintroduzio­ne dell’immunità parlamentare, su cui Casini è già d’accordo, in attesa che la decisione maturi nel Pd.
Berlusconi ha ricomposto la giacca e la sua rab­bia, e come accade sempre in questi frangenti ha offerto una battuta per stemperare la tensione: «Caro Gianfranco, ho visto che anche per il tuo libro ti sei messo con la concorrenza», ha detto alludendo al fatto che Fini non ha scelto la Mon­dadori per pubblicare il «Futuro della libertà». Si rivedranno al vertice per le Regionali con Bossi. Il rinvio era necessario, siccome c’è da attendere le decisioni dell’Europa, capire se D’Alema diver­rà mister Pesc, prima di chiudere con le candida­ture. Almeno su questo Letta non ha dovuto me­diare.

Francesco Verderami
11 novembre 2009


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12/11/2009 09:45

il tutto finira' come finisce da 15 anni .. [SM=x44522] stacca gli assegni e tutti vissero felici e contenti .. [SM=x44519]
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22/11/2009 11:39


L'Intervista al Corriere della Sera

Brunetta attacca Tremonti
«Basta veti, ci ha commissariati»
«Tutti soffrono per il suo potere di veto.
Ora bisogna cambiare passo»


*
NOTIZIE CORRELATE
*
Lite e parole forti tra Brunetta e Tremonti (13 novembre 2009)


Renato Brunetta

(Eidon)

MILANO - «Il ministro Tremonti esercita un potere di veto sulle iniziative di tutti i ministri. Un blocco cieco, cupo, conservatore, indistinto». Lo afferma il ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta secondo cui finchè c'era la crisi «il rigore conservatore» di Tremonti «ha funzionato» ma ora, sottolinea, «bisogna cambiare passo».

SUL CORRIERE - Intervistato dal Corriere della Sera, Brunetta spiega che tutti i ministri la pensano come lui. «Tutti soffrono per il potere di veto di Tremonti», afferma. «Il Tesoro - aggiunge - esercita un egemonismo leonino, opaco, autoreferenziale. Una iattura. E lo dico convinto di interpretare lo spirito dell'intero governo».
Secondo Brunetta, il titolare dell'Economia «non può sostituirsi al Consiglio e al premier Berlusconi: non è questo che vogliono gli italiani». Il responsabile della Pubblica Amministrazione riconosce tuttavia a Tremonti «il merito di aver tenuto la barra» mentre, da parte sua, respinge l'ipotesi di voler prendere il suo posto. «Non ho ambizioni personali. Io sto bene qui - assicura - dove combatto una battaglia epocale per la modernizzazione dello stato».


Corriere della SEra - 22 novembre 2009

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15/04/2010 19:37

1)
- FINI A BERLUSCONI, SONO PRONTO A MIEI GRUPPI AUTONOMI
(ANSA) -
Toni di rottura nel vertice tra il premier Silvio Berlusconi ed il presidente della Camera Gianfranco Fini.
Quest'ultimo - riferiscono fonti di maggioranza - ha esplicitamente detto che è pronto a costituire suoi gruppi autonomi in Parlamento, accusando governo e PdL di andare a traino della Lega.
Il premier Berlusconi - riferiscono le stesse fonti - avrebbe chiesto 48 ore di riflessione.


[SM=x44466]


2) - DIALOGO «RUBATO» ZACCHEO-POLVERINI «RICORDATI DELLE MIE FIGLIE». E LEI: SCHERZI?...
Dal "Corriere Della Sera"


«Non ti dimenticare delle mie figlie». «No, ma stai scherzando?»: è questo uno degli scambi di battute «rubati» dalle telecamere fra il sindaco di Latina, Vincenzo Zaccheo, a Renata Polverini, neogovernatore del Lazio. Una richiesta di raccomandazione, secondo il tg satirico Striscia la Notizia che ieri sera ha mandato in onda il colloquio intercettato a insaputa dei due esponenti politici a margine di un incontro organizzato per permettere alla Polverini di incontrare alcuni dei propri elettori.

E oltre alla frase sulle figlie del sindaco, c'è uno scambio di battute che - sempre secondo il tg satirico -
testimonierebbe la resa dei conti fra le due anime del PdL, quella di An e quella di Forza Italia. Zaccheo, esponente di spicco nel Lazio di An, infatti, dice alla Polverini: «Ti prego, non appaltare più a Fazzone, ha perso 15 mila voti». E lei: «No, no stai tranquillo». E ancora: «Ah bello... Non è che non ho chiare le cose».

Il riferimento di Zaccheo è a Claudio Fazzone, senatore del PdL ex Forza Italia e uomo forte del centrodestra nella zona di Fondi, legato a esponenti della giunta comunale locale travolta dallo scandalo Camorra e lui stesso indagato per una vicenda di raccomandazioni nella sanità.


3)
- REGIONE LAZIO, POLVERINI SPIAZZA IL PDL DA BERLUSCONI PER DECIDERE LA GIUNTA
Giovanna Vitale per "la Repubblica - Roma"


Renata Polverini spiazza tutti e, a sorpresa, a metà pomeriggio, incontra Silvio Berlusconi per concordare direttamente con lui - senza mediazioni dei big del PdL tenuti all´oscuro del blitz a palazzo Grazioli - gli assessori della nuova giunta del Lazio.

Diversi i nodi affrontati dalla governatrice nella mezz´ora di conversazione con il premier appena tornato dagli States:
innanzitutto il trattamento da riservare all´UDC, invisa al Cavaliere ma con la quale Polverini ha stretto un accordo ad personam che prevede la vicepresidenza della giunta e almeno due deleghe;
l´altro sono i nomi femminili, in particolare quello in quota ex Fi: la superfavorita Veronica Cappellaro, protetta del presidente del Consiglio, potrebbe cedere il posto alla segretaria del ministro Scajola, Fabiana Santini, come risarcimento dopo la sua defenestrazione dal listino.

La prova dello smarcamento che la neo-governatrice (in procinto di essere proclamata, forse già oggi) sta tentando per sottrarsi alla morsa dei boss locali del PdL. I quali hanno però già partorito uno schema di massima difficile da smontare.
Riepilogando: gli ex azzurri dovrebbero ottenere la presidenza del consiglio per il ciociaro Abbruzzese e 6 assessori (Armeni, Cangemi, Maselli, Battistoni di Viterbo e, appunto, Santini, oltre a un esponente di Latina che esprimerà il senatore Fazzone).

Agli ex AN ne spetterebbero 5:
3 blindati per gli esclusi della lista: Lollobrigida, Malcotti e Di Paolo, gli altri ancora incerti tra Cicchetti (Rieti), Fiorito (Frosinone), Prestagiovanni e Terranova.
Con una variabile. Se i post-missini fossero costretti, come pare, a esprimere una donna, si profilerebbe uno scambio alla pari: l´attuale assessore capitolino, Sveva Belviso, augelliana di ferro, potrebbe trasferirsi in Regione e lasciare il suo posto in Campidoglio al collega di corrente Malcotti.

Quanto all´UDC, Casini vedrà oggi la Polverini, pronto a schierare - se avrà la vicepresidenza della giunta - il deputato Ciocchetti che prenderebbe anche l´Urbanistica, mentre per l´altra poltrona correrebbero la Formisano, Forte e Sbardella.
Storace potrebbe accontentarsi della vicepresidenza del consiglio, mentre tra le 5 donne l´unica sicura è Olimpia Tarzia, col derby fra le Polverini girls Zezza e Mandarelli.

Fonti:
Ansa
Corriere Della Sera Link
Giovanna Vitale per "la Repubblica - Roma"
15-04-2010
[Modificato da Etrusco 15/04/2010 22:43]
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PippyZzetta
15/04/2010 20:19

la notte dei lunghi coltelli si avvicina [SM=x44451]
e abbiamo anche scoperto che il generale la russa è stato declassato a soldato semplice

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Tensione Berlusconi-Fini, Schifani: se divisi al voto
Presidente della Camera pronto a creare gruppi autonomi, premier: allora lasci la sua carica
15 aprile, 21:58


ROMA - Rifletti bene su questa decisione di dar vita a gruppi autonomi perche' se lo farai l'inevitabile conseguenza dovrebbe essere quella di dover lasciare la presidenza della Camera. Silvio Berlusconi, a quanto riferiscono fonti della maggioranza, avrebbe replicato cosi' al presidente della Camera, Gianfranco Fini, che nel corso del pranzo a Montecitorio avrebbe ventilato l'ipotesi di dar vita a gruppi autonomi. All'avvertimento del Cavaliere, stando alle stesse fonti, Fini si sarebbe riservato di comunicare una decisione entro la prossima settimana.

Ora Berlusconi ''ha il diritto di esaminare la situazione ed io avverto il dovere di attendere serenamente le sue valutazioni'', afferma Fini in una nota diffusa dopo il suo con Berlusconi.

SCHIFANI: SE MAGGIORANZA SI DIVIDE SI TORNA A VOTO - ''Quando una maggioranza si divide non resta che dare la parola agli elettori''. Lo ha detto il presidente del Senato Renato Schifani.

BOCCHINO: GRUPPI AUTONOMI? SI' SE RISPOSTE NEGATIVE - ''I gruppi autonomi possono esserci nel caso in cui arrivassero risposte negative ai problemi posti''. Lo afferma il vice capogruppo del Pdl, Italo Bocchino, conversando con i cronisti fuori Montecitorio.

COORDINATORI PDL A FINI: COMPORTAMENTO INCOMPRENSIBILE - ''Gli italiani hanno riconfermato la fiducia al governo e premiato il progetto del Pdl''. Per questo, in una nota, i coordinatori del Pdl Denis Verdini, Sandro Bondi ed Ignazio La Russa parlano di ''profonda amarezza per l'atteggiamento dell'On. Gianfranco Fini, che appare sempre piu' incomprensibile rispetto ad un progetto politico comune per il quale abbiamo lavorato concordemente in questi ultimi anni, un progetto di importanza storica che gode di un consenso maggioritario nel popolo italiano''

DI PIETRO: BENE FINI, HA APERTO GLI OCCHI - ''Per il bene del Paese prima ci liberiamo del sistema piduista, che sta portando avanti Berlusconi nel governare non solo il Paese, ma anche nel guidare il Parlamento, meglio . Mi fa piacere che lo abbia capito anche Fini e mi auguro che la prossima volta lo capiscano anche gli italiani'': cosi' il leader di Idv, Antonio di Pietro, alla notizia di una possibile formazione di gruppi autonomi da parte dei deputati finiani.

FINI: BERLUSCONI DEVE GOVERNARE PER INTERA LEGISLATURA - ''Berlusconi deve governare fino al termine della legislatura perche' cosi' hanno voluto gli italiani. Il Pdl, che ho contribuito a fondare, e' lo strumento essenziale perche' cio' avvenga. Pertanto il Pdl va rafforzato, non certo indebolito. Cio' significa scelte organizzative ma soprattutto cio' presuppone che il Pdl abbia piena coscienza di essere un grande partito nazionale, attento alla coesione sociale dell'intero Paese, capace di dare risposte convincenti ai bisogni economici del mondo del lavoro e delle famiglie, garante della legalita' e dei diritti civili, motore di riforme istituzionali equilibrate e quanto piu' possibile condivise. Ho rappresentato tutto cio' al Presidente Berlusconi''. E' quanto afferma Gianfranco Fini dopo il colloquio con Silvio Berlusconi.ù

FINIANI RIUNITI: SI FA LA 'CONTA' DEI FEDELISSIMI - Italo Bocchino, Carmelo Briguglio, Andrea Ronchi, Flavia Perina, Roberto Menia, Giulia Bongiorno, Enzo Raisi, Amedeo Laboccetta, Adolfo Urso, Pasquale Viespoli, Alessandro Ruben. Sono alcuni dei 'finiani' di stretta osservanza che, immediatamente dopo il teso vertice tra Berlusconi e Fini negli appartamenti del presidente della Camera a Montecitorio, si sono riuniti nello studio di Fini. Si e' ad un punto di non ritorno, dopo che il presidente della Camera ha annunciato al premier di essere pronto a costituire gruppi autonomi alla Camera? ''Di fronte a risposte negative ai problemi politici posti da Fini si''', spiega Italo Bocchino. I numeri minimi per costituire gruppo sono di venti deputati alla Camera e dieci senatori a Palazzo Madama. E stando alla 'conta' che in queste ore i finiani vanno svolgendo, si puo' toccare la soglia. Difficile non definire finiani 'icto oculi' esponenti della vecchia Alleanza Nazionale come Donato Lamorte, Francesco Proietti, Angela Napoli, Silvano Moffa, Riccardo Migliori, Mirko Tremaglia, Basilio Catanoso, Giuseppe Scalia, Antonino Lo Presti. O nuovi 'finiani' come Gianfranco Paglia o Fabio Granata. Alla Camera gia' cosi' si supera il numero di venti. Al Senato, per fare gruppo servono dieci senatori. E come 'finiani' possono essere reclutati Pasquale Viespoli, Filippo Berselli, Luigi Ramponi, Pierfrancesco Gamba, Laura Allegrini, Antonino Caruso, Giuseppe Valentino, Mario Baldassarri, Domenico Gramazio, Domenico Benedetti Valentini, Vincenzo Nespoli. Anche al Senato la soglia dei dieci e' superata.


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LA GUERRA INFINITA CHE VEDE CONTRAPPOSTI NEL LAZIO CIARRAPICO E FAZZONE
- UNA LOTTA TUTTA INTERNA AL PDL
- LA POLVERINI HA SCELTO ER CIARRA E IL SUO NETWORK EDITORIALE CHE LA POMPA OGNI GIORNO

- Il rischio di veder diventare un caso nazionale la guerra tra Ciarrapico e Fazzone preoccupa Il PdL...

Pierre de Nolac per ITALIA OGGI


A leggere i suoi giornali l'ex leader dell'Ugl sarebbe oggetto di un autentico ricatto politico.
Il senatore-editore scatena il governatore contro Fazzone


A sentire il senatore Pdl Giuseppe Ciarrapico, e a leggere i suoi giornali, Renata Polverini, presidente della regione Lazio, sarebbe oggetto di un ricatto politico. E non da parte dell'opposizione, ma della sua stessa maggioranza. Per la precisione, della componente forzista che opera nel territorio di Latina. E che fa riferimento al senatore Claudio Fazzone.

Così l'ex sindacalista Ugl ora si trova, suo malgrado, al centro del ring dove da anni combattono Ciarrapico e Fazzone. Una guerra infinita, quella tra i due protagonisti del sud laziale, e senza esclusione di colpi: con la catena di quotidiani del Ciarra pronta a sparare ogni giorno inchiostro contro Fazzone.


Il Sen.Giuseppe Ciarrapico

Come sempre le accuse sono politicamente pesanti:
adesso tocca alla crisi inscenata dalla componente di Forza Italia al comune di Latina, che «sarebbe orchestrata da Fazzone per poter conquistare la certezza di avere un posto all'interno della giunta regionale».

Il titolo, a tutta pagina, è «Ricatto alla Polverini», con una foto che ritrae Renata con un'espressione disperata, poggiando una tempia sulle dita incrociate delle sue mani. Sarà una forzatura giornalistica, comunque è proprio Latina la spina nel fianco della Polverini.

L'altra sera ci si è messa anche «Striscia la notizia» a infierire su Renata e le sue ambizioni di governare il Lazio.

Nella trasmissione di Antonio Ricci, su Canale 5, è stato mandato in onda un filmato che ha permesso di seguire un singolare colloquio tra la Polverini e Vincenzo Zaccheo, il sindaco di Latina che ora ha perso il sostegno dei consiglieri fazzoniani del Pdl.

Con Zaccheo che salutava il nuovo presidente ricordando il suo impegno elettorale per farle vincere le elezioni, andando pure a Ventotene per raccogliere qualche voto, e rammentando di avere delle figlie. In più, commenti su Fazzone, non positivi, sia da parte di Zaccheo che di Renata.


Il Sen.Claudio Fazzone

La diffusione del filmato ha ottenuto un risultato devastante:
quella che era solamente una faida locale ora è diventata un affaire nazionale
, grazie agli straordinari ascolti di un programma come Striscia.

Secondo le testate di Ciarrapico, Fazzone avrebbe già richiesto la vicepresidenza della regione,
ma «il Pdl romano, invece, lo vedrebbe meglio come presidente del consiglio.
Un incarico già ricoperto da Fazzone sotto la giunta Storace.
Difficile che Fazzone accetti di tornare indietro di altri 10 anni. Piuttosto resterebbe a fare il senatore».

Il vertice del Pdl al momento non riesce a trovare una soluzione capace di dividere i duellanti:
«I due galli che cantano nel pollaio sono troppo vivaci»
, scherza un fedelissimo del Cavaliere, senza nascondere le preoccupazioni per un'escalation della lotta tra Ciarrapico e Fazzone.

Il senatore ed editore sa di poter contare, nella lotta contro l'avversario, di un appoggio bipartisan: da Michele Santoro a Walter Veltroni
,
Fazzone ha una lunga serie di nemici, pronti a evocare lo spettro del comune di Fondi e delle accuse che sono state rivolte alla gestione del territorio, da tempo oggetto di infiltrazioni malavitose dalla vicina Campania.

Il rischio di veder diventare un caso nazionale la guerra tra Ciarrapico e Fazzone è la maggiore preoccupazione del Pdl, a via dell'Umiltà:
il problema è che nessuno vuole scegliere di salvare uno dei due contendenti.
L'unica onorevole via di uscita è il logoramento dei protagonisti di questa contesa, ma stavolta c'è di mezzo la vita della giunta della Polverini: «Deve ancora nascere, ma qualcuno è pronto a incendiare la culla», dice fremendo un esponente finiano.

E Renata non può permettersi un fallimento, specie dopo aver miracolosamente vinto le elezioni contro Emma Bonino.
A meno che qualcuno imponga una finta pacificazione, almeno per far passare le vacanze estive con una giunta regionale, per poi tornare in autunno a combattere uno contro l'altro.
Sì, un governo balneare, come quelli di una volta della Democrazia cristiana.


Pierre de Nolac per ITALIA OGGI 16-04-2010
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Re:
Etrusco, 16/04/2010 13.10:

Il senatore ed editore sa di poter contare, nella lotta contro l'avversario, di un appoggio bipartisan: da Michele Santoro a Walter Veltroni




.... [SM=x44463] ....
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22/04/2010 19:18

Minchia questi sono pacifisti come il presidente abbronzato
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...non ci sono piu' i leader di una volta....

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PippyZzetta
22/04/2010 21:27

Re: Minchia questi sono pacifisti come il presidente abbronzato
chandhok, 22/04/2010 19.18:





io devo ancora vederlo. sono un po' restia perchè non vorrei farmi venire il voltastomaco [SM=x44465]

cmq credo che fini si stia facendo prestare il cilicio dalla binetti in pentimento della fusione di AN.

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22/04/2010 23:57

IL SEMINARIO A VALMONTONE
La rottura PdL catalizza la discussione nel PD


MILANO - La tempesta che sta scuotendo il Pdl e lo scontro tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi stappano il vaso di Pandora delle visioni, distinte, che convivono del Pd fin dalla sua nascita. L'occasione è il seminario dei Liberal Pd a Valmontone.
I protagonisti sono Massimo D'Alema, esponente di spicco della maggioranza del partito,
e Dario Franceschini, leader della minoranza.
In platea, ad ascoltare, c'è Pier Luigi Bersani.
Insomma, il 'gotha' dei dirigenti Pd che sabato si ritroveranno in una delicata riunione della Direzione del partito dopo il risultato deludente delle regionali. La domanda di fondo è:
come fa il Pd a vincere e ad andare al governo del paese?

Bersani e D'Alema
(Lapresse)

SCINTILLE - Le risposte di D'alema e Franceschini sono lontane, a volte opposte.
Franceschini rilancia il modello veltroniano di partito, ovvero il recupero dell'appeal innovativo delle origini, la vocazione maggioritaria, un netto schema bipolare.
Per D'Alema quel progetto lì, ha giá mostrato la corda.
Semmai la strada da seguire è tutt'altra: solo superando l'attuale bipolarismo si possono rimescolare le carte, si rompe un sistema cristallizzato attorno al blocco di potere di Berlusconi, si rompono le gabbie che stringono le forze politiche. Solo così si potranno aprire nuove prospettive per il Pd con un dialogo con Casini, innanzitutto, ma anche con Gianfranco Fini. Nell'ipotesi, insomma, che il Pdl venga meno per D'Alema l'attuale presidente della Camera può essere un interlocutore sia sul piano delle riforme che dei contenuti, vedi l'immigrazione o la bioetica.
Gelido Franceschini che ribatte: «Fini è un avversario che cerca di costruire una destra normale e non sotto padrone, ma resta pur sempre un avversario».
Per il leader della minoranza Pd sarebbe ipotizzabile un avvicinamento solo se vi fosse «un'emergenza democratica».
Tolto questo caso, «credo che gli italiani si aspettino dal Pd non discussioni di ingegneria istituzionale, ma che riprenda la sua ragione di nascita, ovvero cambiare il paese».
Ma per D'Alema «l'emergenza democratica c'è già. Franceschini è contraddittorio perchè da una parte non facciamo che dire che la democrazia è a rischio, che si va verso un sistema plebiscitario, che la libertá di informazione è minacciata. Più emergenza democratica di così...».

BERSANI - A Valmontone c'è anche il segretario Bersani, che intervenendo ad un dibattito successivo a quello di Franceschini e D'Alema non si addentra nelle questioni sulle quali i due hanno dibattuto.
Ma arrivando all'iniziativa, il segretario dà sullo scontro dentro il Pdl una risposta, ai cronisti, che sembra vicina a quella di D'Alema:
«Io non faccio il tifo per nessuno -dice Bersani riferendosi a Fini- ma certo noi siamo pronti a confrontarci con tutte quelle forze politiche che sono contrarie ad uno stravolgimento della Costituzione in senso plebiscitario e che criticano la politica economica di Tremonti e della Lega. Noi lo diciamo da tempo. Siamo qua e siamo pronti ad un patto repubblicano con tutti quelli che la pensano così». Per D'Alema un interlocutore possibile in questo senso, per l'eventuale 'patto repubblicano ' di cui parla Bersani, potrebbe essere anche Fini e lo spiega così: «Vorrei dire a Franceschini che Fini non è soltanto un leader che vuole una destra normale. Io sono molto attento a quello che fa Fini e su molti temi credo che i contenuti da lui espressi siano molto interessanti. Ha tenuto posizioni coraggiose e distinte da Berlusconi su temi cruciali come l'immigrazione e la bioetica, che sappiamo quanto siano delicati per la maggioranza di centrodestra. Io non sto parlando di formule o di alchimie, ma sono attento ai contenuti», spiega il presidente di "ItalianiEuropei" ricordando anche i tanti momenti di confronto con Fini tramite i lavori della fondazione "FareFuturo", vicina al presidente della Camera.
Per Franceschini le cose non stanno così: «Io credo che tra Berlusconi e Fini si arriverá ad una rottura. Anche perchè, se Fini questa volta torna indietro perderá di credibilitá.
Lo scontro che è in atto è profondo ed è quello tra una destra normale con una sua dialettica interna o una destra sotto padrone, quella di Berlusconi per cui è un ingombro chiunque osi criticarlo».
Ma detto questo per Franceschini il ruolo di Fini non può spingersi oltre il fatto che il presidente della Camera stia tentando di costruire una destra normale: «Per noi resta un avversario».

LA DISCUSSIONE - La discussione attorno al rapporto con Fini nel corso del dibattito a Valmontone tra D'Alema e Franceschini si è innestata sulla discussione attorno ad alleanze e bipolarismo.
Lo schema bipolare
, secondo D'Alema, va superato e spiega perchè: «Noi abbiamo perso un milione di voti rispetto alle europee, ma il Pdl ne ha persi 2 volte e mezzo in più. Questi dati sono la spia di una crisi anche sistemica.
Siamo alla fine di un ciclo.
Come si esce da questa crisi?

Berlusconi è tentato di uscirne con una spallata di tipo plebiscitario.
Per impedirlo occorre rompere la gabbia del bipolarismo e dare una risposta di rinnovamento sistemico. Bisogna rompere la gabbia e liberare le forze. Ma per farlo occorre che da questa parte ci sia un partito che non butta indietro quelle forze perchè è autoreferenziale o dá risposte simili a quelle di Berlusconi che vuole rafforzare i meccanismi restrittivi».
Quindi per D'Alema vanno cercate sponde «con quelle forze politiche che sono contro un disegno plebiscitario, contro ipotesi di presidenzialismo che indebolirebbe la coesione del paese.
Tutto questo dipende molto dal Pd e da come si pone di fronte a quelle forze che vogliono liberarsi e che magari con noi possono fare un pezzo di strada insieme.
Se riusciremo a fare questo verranno da noi sia Casini che Fini».
Per chiudere D'Alema invita tutti ad uscire «dalla falsa discussione tra chi vuole il progetto e chi privilegia le alleanze. Altrimenti ci portano alla neuro. Sono facce della stessa medaglia».

Non la pensa così Franceschini secondo cui se il Pd non recupera una sua forte identitá allora non ci può essere alleanza che tenga e si tornerebbe ad essere 'sudditi di partiti che contano poco più del 5%.
«Il bipolarismo -osserva Franceschini- è una delle poche conquiste che abbiamo fatto in questi ultimi anni e non dobbiamo tornare indietro da questo sistema per tattica favorendo, magari, una legge elettorale in cui piccoli partiti diventano ago della bilancia.
Non è questa la strada ed è in contrasto con la nostra storia, con la storia dell'Ulivo».

L'argomentazione non convince D'Alema: «Non è affatto così perchè proprio con questo sistema sono le forze minori a condizionare tutti perchè per ottenere il premio di maggioranza occorre fare le coalizioni più larghe possibili.
In questo modo si sono fatti governi che in questi 16 anni non sono riusciti a portare a casa alcuna riforma sostanziale per il paese. Con questo sistema le forze minori hanno un peso che mai hanno avuto prima, di certo non lo hanno mai avuto nella prima Repubblica».
Tutto questo, aggiunge D'Alema, potrebbe essere superato con una legge elettorale che preveda il doppio turno «ma se non ce la danno, inviterei ad una riflessione un pò più approfondita, tecnicamente composta, senza abbandonarsi agli slogan».
(Fonte AdnKronos)

Fonte: Corriere della Sera - 16 aprile 2010
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23/04/2010 00:08

VIDEO IN ITALIA (17/4/2010)
La guerra nel PdL va in diretta tv: Lupi vs Bocchino



Maurizio Lupi vs Italo Bocchino e Adolfo UrsoMaurizio Lupi vs Italo Bocchino e Adolfo UrsoMaurizio Lupi vs Italo Bocchino e Adolfo Urso
Momenti d'isterismo


«Dimettiti», no il tuo è un «atteggiamento fascista e squadrista». Scambi di accuse e toni incandescenti ieri a tarda notte tra Italo Bocchino e Maurizio Lupi alla trasmissione "L'ultima parola" condotta da Gianluigi Paragone su Raidue. A dare il fuoco alle polveri le diverse posizioni sui contrasti interni al Pdl tra il premier Silvio Berlusconi e il presidente della Camera Gianfranco Fini.

«Lupi stasera è stato il primo a dirci per conto di Berlusconi "dimettetevi e andate fuori dal PdL"»,
ha sostenuto Bocchino al quale ha prima risposto Daniela Santanche: «Come si fa a seguire Fini quando su voto agli immigrati, bioetica, cittadinanza, c'è stato un capitombolo?».
«Io amo il PdL - ha insistito Bocchino - ma se la Lega avanza e il PdL arretra cosa bisogna fare?».
«Dimettiti da vicepresidente vicario del PdL - la pronta risposta di Lupi - perchè io non ti riconosco più».
«È un atteggiamento fascista e squadrista
- ha incalzato Bocchino -
Voi di Comunione e Liberazione siete i maestri della divisione dei posti,
vieni a fare la morale a me?».


Continua...

Fonte: La Stampa [17/4/2010]


[SM=g1741324]
[Modificato da Etrusco 23/04/2010 00:42]
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23/04/2010 09:47

Il bipolarismo all'italiana e le liti interne ad un partito

Nonostante il tentativo della maggioranza del PDL (e di alcuni giornali) di attaccare i finiani dicendogli che vogliono solo poltrone e potere - cosa che tra l'altro io reputo assolutamente lecita - dietro a questo psicodramma politico interno al PDL si intravedono due aspetti secondo me importanti che vanno al di là delle singole proposte politiche.

Da una parte ci sono i Finiani, il drappello più liberale e liberista del partito, che appoggia il bipartitismo anglosassone per scelta, che sa come dietro a questo bipartitismo non possano esserci i partiti italiani novecenteschi che rappresentano l'elettore e lo inquadrano totalmente; partiti in cui la dialettica interna è all'ordine del giorno, in cui (generalmente sui temi etici, ma non solo) ci sono posizioni differenti ed esistono meccanismi di partecipazione e scelte democratiche per indicare le linee guida del partito (negli USA ci sono sempre le primarie per scegliere il candidato presidente e le sue linee programmatiche).

Dall'altra c'è la maggioranza berlusconiana che identifica nella ricerca del consenso lo scopo dei partiti, che non ama le correnti ma ne è attraversato in maniera esagerata, che non ama parlare di temi etici ma poi sceglie guardando oltretevere o i sondaggi, che predica la rivoluzione liberale e poi si appiattisce su posizioni statliste e demagogiche. Un partito novecentesco che vuole radicalizzare lo scontro, per cui sei con lui o contro di lui, e se stai di mezzo è sempre meglio lui degli altri.

Da una parte c'è il bipolarismo per quello che è;
Dall'altra un bipolarismo all'italiana, dove a seconda del tipo di elezione (e nella stessa elezione locale, a seconda del luogo in cui ciò avviene) la scheda propone da 2 a 30 simboli alleati tra loro;

A questo punto il dubbio reale è: ci sarà la rottura dei Finiani ? Può darsi, ma io mi domando in caso di rottura che speranze hanno questi ultimi: solo un ritorno al proporzionale o a sistemi che fino ad oggi hanno sempre contestato.

[SM=x44515]

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23/04/2010 11:16

The question is: se si va al voto anticipato (col governo che sarebbe durato poco più di quello della mortazza ahahah) che razza di maggioranza di governo verrebbe fuori?
Stante la attuale impossibilità della sinistra di governare, ci ritroveremmo con il terzo polo al centro e una novella alleanza fini casini, oppure con la sinistra alleata con casini?
L'impressione che ho è che, nel caso si andasse al voto, ci ritroveremmo la lega con percentuali assurde [SM=x44465]
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Re: Il bipolarismo all'italiana e le liti interne ad un partito
paperino73, 23/04/2010 9.47:

che speranze hanno questi ultimi: solo un ritorno al proporzionale o a sistemi che fino ad oggi hanno sempre contestato.



...apparentemente poche...ma guardando all'immediato...guardando un po' oltre (non a caso la famosa fondazione si chiama farefuturo) il quadro puo'cambiare...lo snodo e'sempre quello...il postberlusconi...

per fini ci son certezze di essere il futuro leader dell'attuale partito?...direi di no...quindi tanto vale...smarcarsi subito...crearsi una, non ampia ma comunque piu'che sufficiente per superare gli sbarramenti, base di consenso elettorale..raccogliendo quella parte di voti del pdl che condividono questa linea e recuperandone magari altri dall'ampio bacino del partito astensionista....

a questo punto, una volta ritiratosi dalla politica attiva l'attuale premier...credo sia facile prevedere un brusco calo di consenso per l'attuale pdl...il cui (unico?) punto di forza e'stato sempre la spiccata valenza mediatica dell'immagine del leader-fondatore-factotum...




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