IL SEMINARIO A VALMONTONE
La rottura PdL catalizza la discussione nel PD
MILANO - La tempesta che sta scuotendo il Pdl e lo scontro tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi stappano il vaso di Pandora delle visioni, distinte, che convivono del Pd fin dalla sua nascita. L'occasione è il seminario dei Liberal Pd a Valmontone.
I protagonisti sono Massimo D'Alema, esponente di spicco della maggioranza del partito,
e Dario Franceschini, leader della minoranza.
In platea, ad ascoltare, c'è Pier Luigi Bersani. Insomma, il 'gotha' dei dirigenti Pd che sabato si ritroveranno in una delicata riunione della Direzione del partito dopo il risultato deludente delle regionali. La domanda di fondo è:
come fa il Pd a vincere e ad andare al governo del paese?
Bersani e D'Alema (Lapresse)
SCINTILLE - Le risposte di D'alema e Franceschini sono lontane, a volte opposte.
Franceschini rilancia il modello veltroniano di partito, ovvero il recupero dell'appeal innovativo delle origini, la vocazione maggioritaria, un netto schema bipolare.
Per D'Alema quel progetto lì, ha giá mostrato la corda. Semmai la strada da seguire è tutt'altra:
solo superando l'attuale bipolarismo si possono rimescolare le carte, si rompe un sistema cristallizzato attorno al blocco di potere di Berlusconi, si rompono le gabbie che stringono le forze politiche. Solo così si potranno aprire nuove prospettive per il Pd con un dialogo con Casini, innanzitutto, ma anche con Gianfranco Fini. Nell'ipotesi, insomma, che il Pdl venga meno per D'Alema l'attuale presidente della Camera può essere un
interlocutore sia sul piano delle riforme che dei contenuti, vedi l'immigrazione o la bioetica.
Gelido Franceschini che ribatte:
«Fini è un avversario che cerca di costruire una destra normale e non sotto padrone, ma resta pur sempre un avversario».
Per il leader della minoranza Pd sarebbe
ipotizzabile un avvicinamento solo se vi fosse «un'emergenza democratica».
Tolto questo caso, «credo che gli italiani si aspettino dal Pd non discussioni di ingegneria istituzionale, ma che riprenda la sua ragione di nascita, ovvero cambiare il paese».
Ma
per D'Alema «l'emergenza democratica c'è già. Franceschini è contraddittorio perchè da una parte non facciamo che dire che
la democrazia è a rischio, che si va verso un sistema plebiscitario, che la libertá di informazione è minacciata. Più emergenza democratica di così...».
BERSANI - A Valmontone c'è anche il segretario Bersani, che intervenendo ad un dibattito successivo a quello di Franceschini e D'Alema non si addentra nelle questioni sulle quali i due hanno dibattuto.
Ma arrivando all'iniziativa, il segretario dà sullo scontro dentro il Pdl una risposta, ai cronisti, che sembra vicina a quella di D'Alema:
«Io non faccio il tifo per nessuno -dice Bersani riferendosi a Fini- ma certo noi
siamo pronti a confrontarci con tutte quelle forze politiche che sono contrarie ad uno stravolgimento della Costituzione in senso plebiscitario e che criticano la politica economica di Tremonti e della Lega. Noi lo diciamo da tempo. Siamo qua e siamo
pronti ad un patto repubblicano con tutti quelli che la pensano così». Per D'Alema un interlocutore possibile in questo senso, per l'eventuale 'patto repubblicano ' di cui parla Bersani, potrebbe essere anche Fini e lo spiega così: «Vorrei dire a Franceschini che
Fini non è soltanto un leader che vuole una destra normale. Io sono molto attento a quello che fa Fini e
su molti temi credo che i contenuti da lui espressi siano molto interessanti. Ha tenuto posizioni coraggiose e distinte da Berlusconi su temi cruciali come l'immigrazione e la bioetica, che sappiamo quanto siano delicati per la maggioranza di centrodestra. Io non sto parlando di formule o di alchimie, ma sono attento ai contenuti», spiega il presidente di "ItalianiEuropei" ricordando anche i tanti momenti di confronto con Fini tramite i lavori della fondazione "FareFuturo", vicina al presidente della Camera.
Per Franceschini le cose non stanno così: «Io credo che tra Berlusconi e Fini si arriverá ad una rottura. Anche perchè, se Fini questa volta torna indietro perderá di credibilitá.
Lo scontro che è in atto è profondo ed è quello tra una destra normale con una sua dialettica interna o una destra sotto padrone, quella di Berlusconi per cui è un ingombro chiunque osi criticarlo».
Ma detto questo per Franceschini il ruolo di Fini non può spingersi oltre il fatto che il presidente della Camera stia tentando di costruire una destra normale: «Per noi resta un avversario».
LA DISCUSSIONE - La discussione attorno al rapporto con Fini nel corso del dibattito a Valmontone tra D'Alema e Franceschini si è innestata sulla
discussione attorno ad alleanze e bipolarismo.
Lo schema bipolare, secondo D'Alema,
va superato e spiega perchè: «Noi abbiamo perso un milione di voti rispetto alle europee, ma il Pdl ne ha persi 2 volte e mezzo in più. Questi dati sono la spia di
una crisi anche sistemica.
Siamo alla fine di un ciclo.
Come si esce da questa crisi?
Berlusconi è tentato di uscirne con una spallata di tipo plebiscitario.
Per impedirlo occorre rompere la gabbia del bipolarismo e dare una risposta di rinnovamento sistemico. Bisogna rompere la gabbia e liberare le forze. Ma per farlo
occorre che da questa parte ci sia un partito che non butta indietro quelle forze perchè è autoreferenziale o dá risposte simili a quelle di Berlusconi che vuole rafforzare i meccanismi restrittivi».
Quindi per D'Alema vanno cercate sponde «con quelle forze politiche che sono contro un disegno plebiscitario, contro ipotesi di
presidenzialismo che indebolirebbe la coesione del paese.
Tutto questo dipende molto dal Pd e da come si pone di fronte a
quelle forze che vogliono liberarsi e che magari con noi possono fare un pezzo di strada insieme.
Se riusciremo a fare questo verranno da noi
sia Casini che Fini».
Per chiudere D'Alema invita tutti ad uscire «dalla falsa discussione tra chi vuole il progetto e chi privilegia le alleanze. Altrimenti ci portano alla neuro. Sono facce della stessa medaglia».
Non la pensa così Franceschini secondo cui se il Pd non recupera una sua
forte identitá allora non ci può essere alleanza che tenga e si tornerebbe ad essere 'sudditi di partiti che contano poco più del 5%.
«Il bipolarismo -osserva Franceschini- è una delle poche conquiste che abbiamo fatto in questi ultimi anni e non dobbiamo tornare indietro da questo sistema per tattica favorendo, magari, una legge elettorale in cui
piccoli partiti diventano ago della bilancia.
Non è questa la strada ed è in contrasto con la nostra storia, con la storia dell'Ulivo».
L'argomentazione non convince D'Alema: «Non è affatto così perchè
proprio con questo sistema sono le forze minori a condizionare tutti perchè per ottenere il premio di maggioranza occorre fare le coalizioni più larghe possibili.
In questo modo si sono fatti
governi che in questi 16 anni non sono riusciti a portare a casa alcuna riforma sostanziale per il paese.
Con questo sistema le forze minori hanno un peso che mai hanno avuto prima, di certo non lo hanno mai avuto nella prima Repubblica».
Tutto questo, aggiunge D'Alema, potrebbe essere
superato con una legge elettorale che preveda il doppio turno «ma se non ce la danno, inviterei ad una riflessione un pò più approfondita, tecnicamente composta, senza abbandonarsi agli slogan».
(Fonte AdnKronos)
Fonte: Corriere della Sera - 16 aprile 2010