Il caso Eutelia
Novembre 17, 2009
Mentre comincio a scrivere, i lavoratori dell’ex Eutelia sono a poche centinaia di metri da qui.
Stanno protestando, da stamattina, contro una situazione insostenibile: l’ultimo stipendio lo hanno ricevuto a luglio, ma la loro azienda (che un mese prima era stata ceduta al gruppo Agile-Omega) continua regolarmente a rispettare le commesse, perché da allora non hanno mai smesso di lavorare.
Grazie ai
loro prodotti informatici, tanto per fare qualche esempio, funzionano sia
il turn over delle volanti della Polizia di Stato che la
gestione informatica di parecchi supermercati ed ipermercati Coop: tutti clienti che, proprio grazie al senso di responsabilità dei lavoratori, non si sarebbero accorti della crisi dell’Eutelia se non ne avessero sentito parlare dal pericoloso
Gabibbo e, naturalmente, dall’informazione comunista del
Tg3 o di
Repubblica.
Da un punto di vista teorico, quei lavoratori sono ancora sotto contratto, rispettano gli orari e producono normalmente quello che le commesse chiedono loro; non c’è nessuno stato di crisi aperto dall’azienda, e dunque nessuna procedura avviata dal governo in tema di ammortizzatori sociali.
Per le banche, insomma, devono continuare a pagare i mutui:
il fatto che
non ricevano lo stipendio è un dettaglio, perché formalmente l’azienda è in ottima salute.
E forse non solo formalmente, mi dicevano stamattina i lavoratori, che ho incontrato all’inizio della manifestazione in piazza dell’Esquilino:
le commesse, in effetti, vengono pagate, ma nessuno sa dove quei soldi vadano a finire.
Né si riesce a capire con esattezza chi sia l’attuale proprietario, perché l’assetto della nuova società è un sistema di scatole cinesi che passa per finanziarie lussemburghesi ed arriva chissà dove.
Se questi lavoratori avessero sfasciato l’azienda, probabilmente avrebbero fatto notizia;
invece, l’hanno solo occupata, dormendoci pure, e durante l’occupazione
hanno pure ricevuto la visita di 15 vigilantes privati che, spacciandosi per poliziotti, hanno tentato di spaventarli.
La rabbia, però, comincia a salire, e c’è sempre qualcuno pronto a cavalcarla: durante il corteo, stamattina, ha preso il megafono Antonio Di Pietro ed ha invitato alla ribellione, con frasi che non ricordo alla lettera ma che, in sostanza, dicevano che prima o poi la pazienza finisce e bisogna usare le maniere forti.
Noi del Pd – che pure eravamo piuttosto numerosi, con Pierluigi Bersani e parecchi parlamentari mischiati fra i lavoratori, in mezzo alle bandiere di Cisl e Cgil – stiamo invece premendo per la strada politica, facendo pressioni sul governo perché dia quelle garanzie che finora non ha dato.
Un primo risultato – ottenuto grazie ad un incontro del nostro Cesare Damiano con Gianni Letta, un’ora fa - è il vertice con le parti sociali che Palazzo Chigi ha annunciato fra una decina di giorni, il 27 novembre: la notizia è fresca fresca e ve la sto dando praticamente in diretta, mentre i lavoratori abbandonano via del Corso (che avevano paralizzato con un sit in) e si avviano verso casa, con una speranza in più.
Fonte: Andrea Sarubbi, Wordpress 17-11-2009
Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.