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Michael, il bambino che non può volare

Ultimo Aggiornamento: 15/01/2010 10:30
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15/01/2010 10:30

Ha lo stesso nome di un sospetto terrorista ma ha appena otto anni

PIERANGELO SAPEGNO

La prima volta che non lo lasciarono salire sull’aereo, Michael Hicks aveva appena due anni e stava imbarcandosi su un volo per le Bahamas. Sua mamma, Naijlah Feanny Hicks, voltò gli occhi da una all’altra delle guardie che gli giravano attorno nei lucidi corridoi di sicurezza color beige del Newark International Airport di New York: «Che cooosa?».

Dovevano perquisire suo figlio. Dicevano che era nella lista dei sospetti terroristi rilasciata dalla Tsa, la Transportation Security Administration. Stesso nome, stesso cognome: Michael Hicks. Lei si mise a ridere: «Ma l’avete visto? Ha due anni, il mio Mikey. Due anni!». L’agente restò impassibile, indicandole una stanza con la moquette blu e i disegni a rombo, mentre il bimbo cominciava a piangere disperato: «È lui Michael Hicks?». Da allora sono passati sei anni, Mikey è un po’ cresciuto e oggi è diventato un boyscout del New Jersey. Però, è tutto come allora. Dopo l’ultimo fallito attentato, le liste della Transportation Security Administration sono ancora più severe. Dicono che devono farlo per rassicurare i passeggeri. E Mike? «È un caso incredibile», dice James Fotenos, della Tsa. «Ma lo risolveremo presto». Solo che sono passati sei anni, e come in un film dei fratelli Cohen sospeso fra tragedia e ironia, Michael Hicks è diventato una leggenda di questi Anni americani: il bambino che non può volare.

Lizette Alvarez del «New York Times» è andata a casa sua a intervistarlo. E lui s’è voltato verso la mamma: «Ma perché pensano che un bambino sia un terrorista?». Lei ha raccontato questo calvario: «All’inizio ci divertivamo ancora. Ma ora non ne possiamo più. Abbiamo deciso di chiedere i danni». L’ultima volta stavano per imbarcarsi per la Florida e Mike è stato fermato e perquisito per la strada, e poi dentro, in maniera ancora più aggressiva: «Alza le mani, giù le braccia, apri le gambe! C’era persino chi lo tastava sotto il cavallo dei pantaloni, senza pudore. Ispezionavano il mio bambino come se fosse un criminale». La signora Hicks si chiede come sia possibile che un terrorista possa passare i controlli con dell’esplosivo nascosto nelle mutande, mentre il suo bambino non possa neanche avvicinarsi a un aeroporto che già l’hanno bloccato e perquisito. Ma il problema oggi, negli States, non è solo suo. Mike non è neppure nella principale lista del governo sui terroristi più pericolosi, che sono 2.500. Lui è stato infilato in un secondo elenco più allargato, di 13.500 nomi. Il fatto è che molti di questi ricercati sono citati senza la data di nascita. «Fra un po’ - promette James Fotenos - la lacuna verrà colmata». Quando sarà scritta anche l’età del terrorista, Mike potrà viaggiare tranquillamente. Ma fino adesso non è così.

La cosa pazzesca è che se uno fa una ricerca veloce sull’elenco telefonico, solo di sospetti terroristi che si chiamano Michael Hicks ne trova 1600 in un colpo. Non è un caso che, negli ultimi tre anni, 81.793 viaggiatori frustrati abbiano chiesto di essere cancellati da quelle liste. Nessuno di loro è così piccolo come Mike. Tutti loro, però, non ne possono più. Il dirigente d’azienda canadese Mario Labbé ha raccontato che i suoi problemi cominciarono dopo l’11 settembre. Tutte le volte che si avvicinava a un aeroporto lo bloccavano e gli facevano strane domande sul Giappone. Dal 2005 ha smesso di viaggiare negli States: era diventato impossibile. Aveva spostato i suoi affari in Francia o si faceva raggiungere in Canada. Nell’aprile 2008 però era stato costretto a far ritorno a New York. Lo tennero sei ore chiuso in una stanza dove si alternavano facce incazzate che gli ripetevano le stesse domanda, come se fosse un deficiente: come si chiama tua madre? Tuo padre? Quand’è l’ultima volta che sei stato in Giappone? Labbé dopo le prime incertezze, cominciò anche lui a dare sempre la stessa risposta: «Fatemi una domanda che abbia un senso logico. Se qualcuno ci vede sembriamo pazzi». Dopo quest’esperienza, decise di cambiare nome, già quell’estate: Francois Mario Labbé. Aggiunse un Francois. E il problema svanì.

Tanti hanno fatto come lui. Persino il senatore Edward M. Kennedy si è trovato inserito una volta in quella lista. Solo che per lui l’inghippo si è risolto miracolosamente. Per gli altri no. E la leggenda del piccolo Mikey, il bimbo che non può volare, continua. Il senatore democratico del New Jersey William J. Pascarelli jr. ha fatto interpellanze e denunce, ma non c’è stato niente da fare: «Come si fa a chiamarla sicurezza? Come si fa se non si riesce nemmeno a togliere un bambino da una lista di criminali?». Solo Fotenos, il portavoce della Sicurezza, continua a spargere ottimismo: «Lo risolviamo, tranquilli. È un problema di computer». Nel nostro secolo basta un codice in più o in meno per cambiarti la vita. Ci sa tanto che Mikey, nato proprio nel 2001, l’abbia imparato da subito.

Fonte

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Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.

(Voltaire)

ma difendiamo anche la grammatica Italiana





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<-- IO -->

I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac Man avesse influenzato la nostra generazione ora staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva."
(Kristian Wilson, Nintendo Inc., 1989)

Pochi anni dopo nacquero le feste rave, la musica techno e l'ecstasy...

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