È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Heavy Rain

Ultimo Aggiornamento: 24/02/2010 23:11
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 105.637
Registrato il: 28/02/2002
Sesso: Maschile

AMMINISTRATORE
PRINCIPALE



ADMIN
Monsignore
IperF1 2008
IperUTENTE 2010
Briscola IperCafonica 2012
24/02/2010 14:40

i sentimenti in VideoGioco / Film interattivo
FERMI TUTTI! OGGI "HEAVY RAIN" SBARCA IN ITALIA
– è IL PRIMO VIDEOGIOCO MEJO DEL CINEMA, AL DI Là DEI VIDEOGAME, Destinato a un pubblico adulto, basato sulla narrazione di una storia e sulle emozioni indotte, un film interattivo di cui il giocatore è attore e regista
- UNA RIVOLUZIONE PERCHé sovverte TUTTI i paradigmi dei videogiochi:
PUÒ AVERE 100 FINALI DIFFERENTI (ANCHE I PERSONAGGI PRINCIPALI POSSONO MORIRE)
E DURA FINO A 20 ORE
- E NON SI PUO’ TORNARE INDIETRO…

1- A CACCIA DELL'ASSASSINO NEL THRILLER INTERATTIVO...


Dal "CorrierEconomia"


HEAVY RAIN

Un videogioco dove non si spara, non si salta né si corre in macchina? Heavy Rain, sviluppato in Francia dalla Quantic Dream, sovverte i paradigmi: tutto è basato sulla narrazione di una storia e sulle emozioni indotte.

Destinato a un pubblico adulto e lontano dall'abituale utenza dei videogiochi, Heavy Rain è un film interattivo di cui il giocatore è attore e regista. La trama è quella di un thriller: si cerca un serial killer che lascia un piccolo origami sul corpo delle vittime, abbandonate sotto la pioggia. A seconda delle decisioni del giocatore e delle sue scelte morali, si approderà a uno dei numerosi finali, non tutti a lieto fine. Indistinguibile da una produzione cinematografica se usato passivamente, richiede però al giocatore di effettuare comandi su ogni singola azione che vede sullo schermo. Un progetto originale e coraggioso.


DAVID CAGE HEAVY RAIN


2- HEAVY RAIN, RIVOLUZIONE VIDEOGAME VINCE SOLO CHI SA PIANGERE...
Jaime D'Alessandro per "Repubblica.it"


Ecco quel che Steven Spielberg sognava di fare da anni: un videogame che sappia commuovere. A riuscirci però è stato un quarantunenne francese di origine italiana, David De Gruttola, in arte David Cage. Il suo Heavy Rain, che esce mercoledì in tutta Europa per PlayStation 3, è uno spartiacque.

Non ha nulla in comune con le invasioni aliene, le epopee fantasy e quell'esercito di eroi digitali così senza macchia da non lasciare mai un ricordo nella memoria. Stavolta in scena c'è un padre e il suo amore incondizionato per il figlio di otto anni, come in La Strada, il romanzo di Cormac McCarthy.


Heavy Rain, il videogioco

Una storia struggente ambientata nei sobborghi di una Philadelphia povera, battuta dalla pioggia, terrorizzata da un serial killer di bambini. Una storia imprevedibile dato che, secondo le scelte compiute, la trama può prendere direzioni diverse, avere finali differenti e risolversi in dieci come in venti ore.

Alcuni personaggi, anche quelli principali, possono morire se magari non si abbandona quella stanza in tempo o non si è in grado di difendersi. E non si torna indietro, non c'è mai una seconda chance. Semplicemente il tessuto narrativo si ricompone prendendo un altro percorso.

"Né film, né gioco. Semplicemente qualcosa che prima non esisteva", commenta Terry Gillian, regista di "Brazil" e "L'Esercito delle 12 Scimmie", che abbiamo incontrato alla presentazione di Heavy Rain. Assieme a lui anche Mathieu Kassovitz, L'odio e Fiumi di Porpora, e Neil LaBute, regista statunitense che sul tema di fondo del videogame ha girato un breve documentario dove compaiono fra gli altri Samuel L. Jackson e Stephen Frears.


Si intitola "How far would you go for love?" - quanto saresti disposto a rischiare per amore? - che è poi la domanda centrale del gioco. Quella che segna la vita, nel bene o nel male, dei suoi quattro interpreti principali. Interpreti veri e in carne e ossa, selezionati sulla base di trecento provini, poi filmati e digitalizzati nel corso di diciotto mesi seguendo una sceneggiatura di oltre duemila pagine.


Un lavoro mastodontico che ha portato a un risultato fuori dal comune. Anche se in realtà Heavy Rain è l'insieme di elementi e soluzioni tecniche che il ricco, ricchissimo, mondo dei giochi elettronici ha a disposizione da tempo. Solo che, stranamente, nessuno ha mai avuto il coraggio di usarli in questo modo.

Salvo rarissime eccezioni, non altrettanto mature, come il gioco precedente di Cage, "Fahrenheit". E così nei negozi hanno continuato a proliferare titoli di guerra - come Call of Duty: Modern Warfare 2, sette milioni di copie vendute in ventiquattro ore - che in un colpo solo uniscono un realismo visivo da telegiornale al piglio ottuso del maccartismo anni Cinquanta.

"Mi sono sempre sentito un alieno in quest'industria", confessa Cage. "Il che da un lato è anche una cosa buona, significa che quel che faccio è originale, ma allo stesso tempo mi ha spinto a domandarmi se le mie idee avessero un senso". Di certo nessuno, fra i game designer più quotati, avrebbe mai ideato un gioco partendo da un episodio come quello accaduto allo stesso Cage e che fa subito venire in mente Bambini nel tempo, il libro di Ian McEwan.


Heavy Rain, il videogioco

I sentimenti in Videogioco Da Repubblica

Cage si trovava in un centro commerciale con la famiglia quando perse di vista uno dei suoi due figli. Credeva fosse con la moglie e la moglie credeva fosse con lui. "Siamo entrati in una stato di puro panico e per dieci minuti abbiamo visto l'inferno", ricorda. "Heavy Rain nasce da quei dieci minuti: dal baratro emotivo apertosi con la possibilità che non avrei più rivisto mio figlio".

Per fortuna il bambino venne ritrovato. A Ethan Mars, il protagonista del gioco, non è andata altrettanto bene. Suo figlio maggiore muore attraversando la strada davanti a un centro commerciale. Due anni dopo la vita di Ethan è ridotta a un'ombra e il senso di colpa è talmente opprimente da anestetizzare anche l'amore per l'altro figlio, Shaun. A peggiorare le cose degli strani vuoti di memoria che lo colpiscono all'improvviso.

E così, quando Shaun viene rapito, Ethan inizia a perdere la ragione e arriva a ipotizzare che dietro il killer dell'origami, chiamato così perché lascia sempre sulle vittime degli animali di carta, ci sia proprio lui. Per le precedenti vittime, fra la scomparsa e il ritrovamento del corpo, passano quasi sempre quattro giorni. Ha quindi una manciata di ore per trovare il figlio - e in fondo per redimersi dal senso di colpa.


"Le scelte, la cosa che mi ha colpito sono le scelte", racconta Gillian alla fine. "E poi la lentezza, la lentezza di certi movimenti, quando ad esempio culli un neonato nei panni dell'investigatore privato Shelby o quando cucini per tuo figlio vestendo quelli di Ethan". Forse però la conclusione migliore è quella di Kassovitz: "Dopo aver finito Heavy Rain, mi è stato subito chiaro che il termine videogame non era più adatto. Ora bisogna trovarne uno nuovo".


Dietro Heavy Rain non c'è solo il suo autore, David Cage, e la software house francese Quantic Dream. Ma anche altre due figure che attualmente non lavorano più nel settore dei giochi elettronici. Questo progetto infatti, così anomalo e rivoluzionario, non avrebbe mai visto la luce senza l'intervento di due visionari.


Il primo, Ken Kutaragi, è il "padre" di tutte e tre le PlayStation, poi andato via dalla Sony sbattendo la porta dopo esser entrato in rotta di collisione con Sir Howard Stringer, che dal 2005 è a capo della multinazionale giapponese.

L'altro invece è Phil Harrison, un gigante alto due metri fino al 2008 direttore gli studi di sviluppo sempre della Sony. Insomma, la persona che stabiliva cosa sarebbe uscito su PlayStation e cosa no. L'uomo dietro progetti ambiziosi e a volte azzardati come Home, Flower, Eye Toy. E grazie a loro che Cage è riuscito a fare quale che ha fatto.

"Heavy Rain è stato l'ultimo contratto per un gioco in esclusiva firmato da Harrison prima di lasciare", confessa David Cage, che con l'ex direttore degli studi di sviluppo della Sony condivideva una visione ben più ambia dei giochi elettronici rispetto a quella tradizionale. "E' stato lui a cercarci dopo aver visto Fahrenheit (uscito nel 2005 e simile a Heavy Rain, ma meno riuscito, ndr.).

Ci disse: "bene, so dove volete arrivare e mi interessa molto". A quel tempo ero depresso. Fahrenheit era finito e stava per arrivare nei negozi. Ma ero convinto che sarebbe stato un disastro. Nessuno, fra i miei colleghi, condivideva quel che stavo facendo. E così già pensavo a un seguito di Omikron: The Nomad Soul (il primo gioco di Cage, del 1999, un'avventura fantascientifica alla quale aveva partecipato anche David Bowie, ndr.) che poi alla fine era quello che molti mi chiedevano. Insomma volevano un videogame classico. Fanno tutti così: tirano fuori una sola idea e poi realizzano 38 sequel. E io invece volevo passare ad altro. Poi arrivò Harrison e mi chiese di lavorare su qualcosa che fosse l'evoluzione di Farenight".


E The Casting, il cortometraggio che la Sony mostrò all'E3 del 2006, la fiera di Los Angeles dedicata ai giochi elettronici?
"Era una dimostrazione tecnica, volevo vedere se era possibile comunicare emozioni.
Mi chiedevo: cosa possiamo fare con la grafica 3d?
Possiamo davvero mettere in scena dei sentimenti?
Rappresentare delle vere emozioni?

E allora ecco il provino, realizzato con un'attrice vera (compare anche in Heavy Rain) e digitalizzata grazie al motion capture.

Arriva, si siede, racconta un po' se stessa e dei propri fallimenti, piange e poi prende una pistola e la punta contro la camera. Alla fine se ne va. Guardando la reazione degli spettatori abbiamo capito che avevamo in mano la chiave per fare un passo avanti molto, molto lungo. Tanto che quando Ken Kutaragi vide The Casting lo volle al padiglione della Sony. Fu deciso tutto in fetta. Era l'anno del lancio della PlayStation 3. Fece così scalpore che Heavy Rain, ai tempi era ancora in fase embrionale, divenne il gioco più atteso secondo alcune importanti testate di settore".

Sia Terry Gillian che Mathieu Kassovitz sono rimasti incantati dalla struttura narrativa e dalle scelte date al giocatore.
Anche se all'inizio si tratta di scelte marginali.
"Si, all'inizio la scelte sono relative perché la storia deve andare in scena. Bisogna entrare nei panni dei personaggi, nella loro quotidianità. E così si tratterà di capire che tipo di padre uno vuole essere: lasciare il figlio davanti alla tv, fargli fare i compiti, dargli da mangiare. Piccole attenzioni o disattenzioni, importanti però sul piano emotivo, ma nulla che possa influenzare il corso degli eventi successivi.

In seguito le cose cambiano parecchio e può anche accadere che il protagonista muoia. Quando succede in altri videogame compare una scritta: game over. Il giocatore spinge un pulsante e riparte dall'ultimo salvataggio. Qui no. Se muore uno dei protagonisti, o se ne muoiono più di uno, la storia si evolverà in maniera diversa. Non vivrai certe situazioni e ne affronterai della altre. E così può capitare si veder scorrere i titoli di coda di Heavy Rain, punteggiati di sequenze che però fanno parte di un'alta storia".


Lei è l'unico o quasi a fare videogame del genere. Eppure tutte le tecnologie che ha usato sono disponibili da anni.
"Se alla fine del XIX secolo avessimo chiesto alle persone qual'era il mezzo di locomozione che sognavano, la risposta sarebbe stata il cavallo non la macchina. Oggi se chiedi ai giocatori cosa vogliono, risponderanno sparatutto in prima persona sempre più realistici sul piano della grafica.

Giochi del genere sono esattamente quel che il pubblico si aspetta. Ma come si fa a far crescere il settore dei videogame con titoli del genere? Certo, si possono fare molti soldi, ma nessun passo avanti. Siamo arrivati alla fine di un ciclo, tutto quel che si poteva fare con le regole vigenti è stato già fatto. Ora bisogna rompere le regole".

E giochi come Assassin's Creed II o Metal Gear Solid 4?
"Sono ottimi titoli, ma non rompono le regole.
Restano dei videogame
, fatti con più intelligenza della media. Le emozioni però che mettono in campo sono poche. E quando lo fanno, lo fanno attraverso le sequenze in computer grafica dove non è possibile interagire. Che è una menzogna. Le emozioni vanno comunicate con il mezzo videogioco, altrimenti meglio darsi al cinema. L'unico che ha davvero tentato di farlo è Fumito Ueda, l'autore di Ico e Shadow of the Colossus. Lui è un vero talento. Anche Flower di Jenova Chen è un passo avanti. Perché è un'esperienza".

Perché così poche eccezioni?
"Perché nessuno si sente di rischiare soldi su cose nuove. E' normale. E il mercato non aiuta, la gente continua a comprare lo stesso gioco per anni dato che chi li fa non è capace di immaginare altro.
Spero che Heavy Rain cambi le cose. Almeno un po'".


Fonti: Corriere Economia, La Repubblica, Dagospia.
[24-02-2010]

_________________


Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
24/02/2010 16:31

Il videogioco era bello proprio perché fuori dal reale . Se il videogioco DIVENTA reale, alla fine si perde il gusto sia del videogioco che del reale. [SM=x44463]
OFFLINE
Post: 8.729
Registrato il: 28/02/2005
Città: SANTA MARINELLA
Età: 47
Sesso: Maschile

Utente Power +



24/02/2010 23:11

classico articolo scritto da chi ai videogiiochi non ci ha mai giocato


siamo di fronte a ne più ne meno che una avventura grafica con vari finali


blade runner uscito ne 98 aveva 7 finali diversi......

_________________

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 17:16. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com

IperCaforum il forum degli ipercafoni e delle ipercafone