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Acqua Pubblica : No a Privatizzazione, in Cassazione 1,4 mln firme

Ultimo Aggiornamento: 24/04/2016 20:44
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20/07/2010 15:54

Privatizzare l'Acqua comporta bassa Qualità (arsenico) e tariffe alle stelle!



Un muro di scatole in piazza Navona per arginare la 'privatizzazione dell'acqua', e oltre un milione e quattrocentomila firme alla Corte di Cassazione per ottenere il referendum nella primavera del 2011. Si è aperta così la manifestazione per "contenere le conseguenze dell'applicazione del decreto Ronchi sulla privatizzazione delle risorse idriche". Artisti, rappresentanti delle associazioni e dei comitati territoriali chiedono al Governo "la moratoria degli affidamenti dei servizi idrici previsti dal decreto Ronchi almeno fino alla data di svolgimento del referendum", e alle amministrazioni locali di "non dare corso alle scadenze previste" dallo stesso decreto. Paolo Cento, responsabile per le campagne referendarie di Sinistra Ecologia Libertà,chiede che siano sospese "tutte le privatizzazioni dell'acqua in corso in varie parti d'Italia fino allo svolgimento della consultazione referendaria". L'obiettivo dei manifestanti è infatti di portare "almeno 25milioni di italiani" a votare i tre sì della proposta referendaria contro la privatizzazione dei servizi idrici. Con il primo quesito si propone l'abrogazione dell'articolo 23bis per contrastare l'accelerazione sulle privatizzazioni dell'acqua; il secondo quesito (sull'articolo 150 del decreto legislativo 152/2006), vuole aprire la strada della ripubblicizzazione, mentre il terzo è relativo all'abrogazione di una parte dell'articolo 154 per eliminare la possibilità di fare profitti sul bene comune acqua. Il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, chiede di votare per "il referendum sull'acqua nello stesso giorno delle prossime elezioni amministrative" per "impedire il sabotaggiodi chi farà l'appello per il non voto". Per i Verdi la raccolta firme è "un risultato straordinario se si pensa al boicottaggio fatto dalle televisioni che hanno oscurato questa grande battaglia di civiltà". Mentre il referendum, conclude il responsabile Green Economy del Pd, Ermete Realacci, "é uno strumento importante per fare pressioni sulla politica e sul Parlamento e cambiare gli errori della pessima legge proposta dal governo Berlusconi". Ora, annuncia il segretario nazionale del Prc, Paolo Ferrero, "bisogna dare subito vita ai comitati unitari per il sì". "Un'adesione record" alla raccolta di firme, come aveva già sottolineato il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani.

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20/07/2010 15:55

Consegnate in Cassazione un milione e 400mila firme. E' record

Oggi, lunedì 19 luglio, il Comitato Promotore dei Referendum per l'acqua pubblica consegna oltre un milione e quattrocentomila firme presso la Corte di Cassazione.

Un risultato che segna un passo importante nella storia della democrazia e della partecipazione in questo Paese. Nessun referendum nella storia repubblicana ha raccolto tante firme.

La sfida che il comitato promotore ha davanti è quella di portare almeno 25 milioni di italiani a votare tre “sì” la prossima primavera, quando si terrà il referendum contro la privatizzazione dei servizi idrici. Un risultato che oggi, alla luce del “risveglio democratico” a cui si è assistito nei mesi della raccolta firme, sembra assolutamente raggiungibile.

Adesso chiediamo al Governo di emanare un provvedimento legislativo che disponga la moratoria degli affidamenti dei servizi idrici previsti dal Decreto Ronchi almeno fino alla data di svolgimento del referendum. Chiediamo inoltre alle amministrazioni locali di non dare corso alle scadenze previste dal Decreto Ronchi. Un milione e quattrocentomila firme rappresentano una delegittimazione di qualunque scelta tesa ad applicare il Decreto, a maggior ragione per quelle amministrazioni che vogliono addirittura anticiparne le scadenze.

Il prossimo appuntamento del popolo dell'acqua è il prossimo 18 e 19 di settembre, quando, probabilmente a Firenze, si terrà l'assemblea dei movimenti per l'acqua.

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20/07/2010 15:58

I quesiti referendari

Estensori:

Gaetano Azzariti (ordinario di diritto costituzionale Università di Roma La Sapienza)

Gianni Ferrara (emerito di diritto costituzionale Università di Roma La Sapienza)

Alberto Lucarelli (ordinario di diritto pubblico Università di Napoli Federico II)

Ugo Mattei (ordinario di diritto civile Università di Torino)

Luca Nivarra (ordinario di diritto civile Università di Palermo)

Stefano Rodotà (emerito di diritto civile Università di Roma La Sapienza)


Primo quesito:

«Volete voi che sia abrogato l’art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall’art. 30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n. 99 recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia” e dall’art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europee” convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n. 166?»



Secondo quesito:

«Volete voi che sia abrogato l’art. 150 (Scelta della forma di gestione e procedure di affidamento) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”, come modificato dall’art. 2, comma 13 del decreto legislativo n. 4 del 16 gennaio 2008



Terzo quesito:

«Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”, limitatamente alla seguente parte: “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”?»

PRIMO QUESITO: fermare la privatizzazione dell’acqua

Si propone l’abrogazione dell’art. 23 bis (dodici commi) della Legge n. 133/2008 , relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica.

È l’ultima normativa approvata dal Governo Berlusconi. Stabilisce come modalità ordinarie di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%.
Con questa norma, si vogliono mettere definitivamente sul mercato le gestioni dei 64 ATO (su 92) che o non hanno ancora proceduto ad affidamento, o hanno affidato la gestione del servizio idrico a società a totale capitale pubblico. Queste ultime infatti cesseranno improrogabilmente entro il dicembre 2011, o potranno continuare alla sola condizione di trasformarsi in società miste, con capitale privato al 40%. La norma inoltre disciplina le società miste collocate in Borsa, le quali, per poter mantenere l’affidamento del servizio, dovranno diminuire la quota di capitale pubblico al 40% entro giugno 2013 e al 30% entro il dicembre 2015.

Abrogare questa norma significa contrastare l’accelerazione sulle privatizzazioni imposta dal Governo e la definitiva consegna al mercato dei servizi idrici in questo Paese.



SECONDO QUESITO : aprire la strada della ripubblicizzazione

Si propone l’abrogazione dell’art. 150 (quattro commi) del D. Lgs. n. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), relativo ala scelta della forma di gestione e procedure di affidamento, segnatamente al servizio idrico integrato.

L’articolo definisce come uniche modalità di affidamento del servizio idrico la gara o la gestione attraverso Società per Azioni a capitale misto pubblico privato o a capitale interamente pubblico. L’abrogazione di questo articolo non consentirebbe più il ricorso né alla gara, né all’affidamento della gestione a società di capitali, favorendo il percorso verso l’obiettivo della ripubblicizzazione del servizio idrico, ovvero la sua gestione attraverso enti di diritto pubblico con la partecipazione dei cittadini e delle comunità locali. Darebbe inoltre ancor più forza a tutte le rivendicazioni per la ripubblicizzazione in corso in quei territori che già da tempo hanno visto il proprio servizio idrico affidato a privati o a società a capitale misto.



TERZO QUESITO : eliminare i profitti dal bene comune acqua

Si propone l’abrogazione dell’’art. 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa per il servizio idrico è determinata tenendo conto dell’ “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”.

Poche parole, ma di grande rilevanza simbolica e di immediata concretezza. Perché la parte di normativa che si chiede di abrogare è quella che consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio.

Abrogando questa parte dell’articolo sulla norma tariffaria, si eliminerebbe il “cavallo di Troia” che ha aperto la strada ai privati nella gestione dei servizi idrici, avviando l’espropriazione alle popolazioni di un bene comune e di un diritto umano universale.

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23/07/2010 15:01

Non è la privatizzazione il problema dell'acqua in Italia

Oggi 22 marzo è la giornata mondiale dell'acqua: un problema planetario, un milione e mezzo di bambini muoiono ogni anno per scarsa igiene o mancanza di acqua e il 10% delle malattie è dovuta alla mancanza di acqua pulita.

In Italia il dibattito politico sull'acqua ha ormai superato il tema della disponibilità, che pure resta un aspetto critico in alcune zone del Sud. A conquistare il centro della discussione, soprattutto a sinistra, è invece lo slogan «giù le mani dall'acqua» contro la privatizzazione delle gestioni idriche. Rilanciata dalle associazioni ambientaliste e da Rifondazione comunista, che già scelsero questo cavallo di battaglia dentro il governo Prodi, paralizzando per 15 mesi la riforma dei servizi pubblici locali, la battaglia calamita oggi anche ampi pezzi del Pd, l'Italia dei valori di Di Pietro e molte amministrazioni locali guidate dal centro-sinistra. Prende spunto dalla riforma dei servizi pubblici locali approvata dal Parlamento a novembre con l'articolo 15 del decreto legge Ronchi-Fitto 135/2009.

Per separare la demagogia dalla corretta analisi politica è necessario porsi alcune domande. La legge voluta dal governo Berlusconi prevede effettivamente la privatizzazione del bene acqua? È davvero la privatizzazione il problema-chiave in un paese dove il 90% delle gestioni idriche restano pubbliche? Se così non è, quali sono, invece, i problemi reali?

La legge sui servizi pubblici locali conferma il carattere pubblico del bene acqua. Non è vero che l'acqua possa essere privatizzata, non ci sono dubbi. L'acqua resta un bene amministrato. Restano saldamente nelle mani delle autorità pubbiche l'indirizzo e il controllo amministrativo (agli enti locali e agli Ato), la formazione delle tariffe, la proprietà degli acquedotti, degli impianti di depurazione, delle fognature, degli altri impianti. Il problema è rafforzare (anche tecnicamente) e lottizzare meno queste leve pubbliche di comando del sistema. Resta pubblico anche l'organo di vigilanza (attualmente il Conviri) mentre la discussione principale oggi riguarda l'opportunità di istituire un'Autorità indipendente di settore sul modello delle tlc e dell'energia. Forse, anche qui, potrebbe essere sufficiente potenziare gli strumenti che ci sono dotandoli di maggiore autonomia.

Possono essere affidate in concessione, oggi come ieri, a imprese private o a società miste pubblico-privato le gestioni dei servizi idrici di acquedotto, fognatura e depurazione. La riforma voluta dal governo Berlusconi innova sui criteri di affidamento delle gestioni idriche, come degli altri servizi pubblici locali. Rompe l'asfissiante predominio dell'in house (l'affidamento della gestione senza gara a una società pubblica controllata al 100% dall'ente locale che ha anche compiti di indirizzo e controllo) e generalizza il metodo della gara, creando – questo sì – maggiori spazi di mercato anche per le imprese private.

Due le strade previste dall'articolo 15 per arrivare a una partecipazione privata nella gestione idrica.

La prima via è una liberalizzazione moderata che punta sul principio della «concorrenza per il mercato» e affida la gestione idrica al migliore offerente, fra pubblici e privati, sulla base di una gara. Nell'offerta peseranno vari parametri attinenti al piano di ambito: gli investimenti previsti, le tariffe, la qualità del servizio.

La seconda via è quella di una privatizzazione più strisciante, obbligatoria per le aziende pubbliche controllate dagli enti locali qualora non si proceda alla liberalizzazione. Gli enti locali devono spogliarsi di quote azionarie non inferiori al 30-40% a seconda dei casi. Oppure, nel caso in cui la società sia quotata in borsa, devono scendere sotto il 30% senza però dire come e a chi vendere.

Strade ben diverse anche sul piano politico. La liberalizzazione moderata garantisce trasparenza, oltre che alla procedura di assegnazione del servizio, anche al dibattito pubblico.
La privatizzazione presenta rischi maggiori perché può portare all'aggiramento delle regole di concorrenza limitandosi a «contaminare» un monopolista pubblico con un azionista privato.

È vero che c'è la nuova procedura di gara a doppio oggetto che consente di individuare il socio privato di riferimento e al tempo stesso il miglior piano investimenti/gestione del servizio, ma non sarà facile conciliare nella scelta i due livelli finanziario e industriale, mentre per le società quotate in Borsa non è fissato alcun paletto, se non che gli enti locali devono scendere gradualmente fino al 2015 sotto un tetto massimo di partecipazione del 30%, lasciando spazio anche a soggetti privati scelti non sulla base di gare o della migliore offerta.

Questo non toglie che le polemiche attuali contro la privatizzazione dell'acqua presentino un sapore ideologico. Il gestore può essere indifferentemente una spa controllata dal pubblico o dal privato senza gravi danni, a condizione che restino in mano pubblica tutte le altre funzioni strategiche già dette.

Le polemiche, inoltre, non affrontano il cuore del problema idrico italiano che non è certamente la presenza dei privati nella gestione. Semmai può essere il contrario, l'eccesso di presenza pubblica non solo nelle funzioni "sensibili" ma anche nella gestione industriale.

Oltre il 50% delle gestioni attuali restano nella mani di società in house, controllate dagli stessi enti locali che dovrebbero anche vigilare sul servizio, senza alcuna procedura di trasparenza sui costi o di concorrenza nella qualità dei servizi.

Nel Sud, in particolare, il pubblico dilaga. Come rileva il rapporto Isae sulla finanza pubblica locale per il 2009, il 76% dei 1.738 comuni di Campania, Calabria, Sicilia, Basilicata e Puglia affida attualmente i servizi connessi agli acquedotti a società per azioni a capitale pubblico o addirittura a strutture dell'amministrazione comunale con la formula della gestione diretta.

Qual è, allora, il cuore del problema idrico italiano? Le ragioni che portarono all'approvazione della legge Galli nel 1994 restano valide, nonostante si siano fatti molti passi avanti dove la legge è stata applicata con coerenza. Gli obiettivi erano tre. Il primo: superare la frammentazione delle gestioni idriche, che allora erano 16mila, piccole e inefficienti. Risultato raggiunto, oggi le gestioni sono un centinaio anche se restano oltre 1.300 gestioni comunali "separate", come sorta di enclave entro i nuovi grandi ambiti territoriali ottimali.

Secondo obiettivo: integrare il ciclo idrico, associando alla gestione dell'acquedotto, quella di depurazione e fognatura, assente su larga parte del territorio. Anche questa trasformazione comporta sinergie, risparmi ed economia di scala.

Terzo: favorire gli investimenti per migliorare lo stato degli impianti e rendere più efficiente la gestione. Il problema è passare da un regime pubblico frammentato, inefficiente e largamente sovvenzionato a un sistema industriale che consenta economie di scala e investimenti adeguati, in larga parte autofinanziati.

Il ritardo maggiore nell'attuazione della Galli riguarda proprio gli investimenti finanziati con contributi pubblici a fondo perduto tipici del vecchio regime: solo il 36% dei programmi viene realizzato perché i fondi restano sulla carta, le finanziarie li tagliano dopo averli promessi. La percentuale di investimenti effettivamente realizzati sale invece al 56% se si considerano gli investimenti finanziati da banche e project financing (mediante la tariffa) nei nuovi ambiti della legge Galli. Ancora poco, ma è uno scatto. Anche perché oggi è ingenuo pensare che il Tesoro possa farsi carico di investimenti stimati nell'ordine di 60 miliardi entro il 2020.

Blue, il rapporto sul sistema acqua italiano, curato da Anea (associazione nazionale autorità e enti di ambito) e Utilitatis (centro studi vicino al mondo delle aziende pubbliche) presentando i dati sul servizio idrico integrato aggiornati al 2009, tocca uno dei punti-chiave che rende giustizia delle polemiche pubblico-privato. «Le forme di gestione adottate negli Ato revisionati – dice Blue – prevedono affidamenti in house e a spa mista. Osservando la dinamica degli scostamenti delle variabili previste nei piani per le due tipologie di gestioni prescelte, è possibile ipotizzare che le gestioni in house abbiano incontrato maggiori ostacoli nella ricerca del finanziamento degli investimenti e che gli incentivi ad investire siano più efficaci nel caso di società miste».

Ecco qualche dato tratto da Blue. Il grado di copertura del sistema acquedotto tocca oggi il 95,9% della popolazione italiana. Più bassi il grado di copertura della fognatura (84,7%) e della depurazione (70,4 per cento). Gli investimenti previsti nei piani di ambito fino al 2020 ammontano a 60,52 miliardi: la quota di finanziamento pubblico prevista è dell'11,2 per cento. Gli investimenti in acquedotti saranno 15,88 miliardi (56,2% manutenzione straordinaria su opere esistenti, compresi quelli per ridurre le perdite). Investimenti in depurazione e fognatura: 16,41 miliardi (56,4% su opere esistenti). L'investimento previsto procapite all'anno: 35 euro. Gli investimenti per volumi erogati: 9,74 €/mc.

I costi operativi unitari della gestione, oggi a 0,90 €/mc, sono in crescita verso 0,92 €/mc. Pesa per 0,12 €/mc il canone di concessione, il funzionamento degli Ato e l'indebitamento pregresso degli enti locali. Oggi l'indebitamento pregresso degli enti locali - l'eredità del sistema delle municipalizzate e dell'in house - pesa per 7,6 euro su 100 di costi.

Il consumo è stato di 5,34 miliardi di mc nel 2009 e dovrebbe crescere del 4,4% entro il 2020. La tariffa reale media è stata nel 2009 di 1,29 € per metro cubo. La tariffa media prevista al 2020 è di 1,57 €/mc.

L'attuazione della legge Galli è stata tutt'altro che una marcia trionfale. Lo conferma il rapporto sui servizi idrici elaborato nel luglio 2009 dal comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche (Conviri) presieduto da Roberto Passino. Dei 92 ambiti territoriali ottimali previsti soltanto 69 sono passati al nuovo corso: 8 su 28 al sud, 32 su 45 al nord. Il 34% della popolazione non ha ancora il servizio idrico integrato, mancando di fogne o depuratori. Dove è stato realizzato, si è preferito quasi sempre il trascinamento di vecchie gestioni. Il sistema dell'in house, gradito ai politici locali perché distribuisce poltrone pubbliche, resta per oltre il 50% delle gestioni.

La modernizzazione resta così un miraggio. Altro che privatizzazione dell'acqua. I nostri servizi idrici restano su un piano inclinato di degrado strutturale, che lasceremo alle future generazioni. A caratterizzare il sistema italiano c'è da anni il dato delle perdite di acqua dalla fonte al rubinetto: 30, 40 o 50 per cento? La situazione delle perdite delle reti appare generalmente fuori controllo, salvo pochi casi isolati, denuncia ancora il Conviri.

E l'idea di una vera autorità pubblica indipendente che regoli la tariffa idrica o l'estensione all'acqua delle competenze dell'attuale autorità per l'energia? È uno dei temi che di tanto in tanto vengono rilanciati. Anche il governo ci sta pensando come risposta alle accuse di voler svendere l'acqua ai gruppi privati. C'è chi ricorda, però, che abbiamo le tariffe idriche più basse d'Europa e le tariffe di elettricità e gas più alte. E che l'autorità non è necessariamente il miglior modo per difendere gli utenti in un sistema a responsabilità decentrata. Meglio, forse, un'agenzia nazionale che possa fare da supporto tecnico per i comuni e per le strutture amministrative degli Ato. Le polemiche sulle tariffe tengono, però, effettivamente banco.

Oggi convivono due sistemi tariffari, quello della Galli e quello antecedente. Con la Galli a definire la tariffa è il piano di ambito, proposto dal gestore in gara e approvato dell'assemblea dei comuni. «Ci sono stati aumenti – dice il presidente del Conviri Roberto Passino – perché qui la tariffa copre tutti i costi, compresi quelli di manutenzione e di investimento. Questo ha consentito, dove la legge è stata attuata con coerenza, di finanziare investimenti e migliorare il servizio. Nel sistema antecedente, che opera ancora su un terzo del territorio, la tariffa è decisa dai comuni e avviene quel che accade quando la tariffa di un servizio è sotto totale controllo politico: resta bassa e non copre neanche il costo dell'esercizio». Negli ultimi tre anni le tariffe sono cresciute del 5% annuo, ma restano molto basse nel confronto europeo. Questo - fuori di ogni demagogia - è uno dei punti critici dell'acqua in Italia insieme al basso livello degli investimenti.

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Acqua e beni comuni

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L’acqua è, come l’aria, un elemento indispensabile per la sopravvivenza di ogni essere vivente. L’acqua è un bene comune cui tutti i cittadini e tutte le cittadine del mondo, indistintamente, ricchi e poveri, nel sud e nel nord mondo, devono avere accesso quotidianamente. L’acqua è, e deve essere riconosciuta, un bene inalienabile e un diritto inviolabile dell’umanità.

Ma di acqua si parla sempre più spesso come di una merce, di un bene utilizzabile sul mercato e nell’industria, che si può estrarre e commerciare liberamente. L’"oro blu" del XXI secolo, cui le multinazionali guardano per trarre grandi profitti.

I dati relativi alla crisi idrica planetaria sono noti: 1,3 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso regolare all’acqua potabile; più di 2,6 miliardi di persone non dispongono di servizi igienico-sanitari adeguati; 1,8 milioni di bambini muoiono ogni anno per malattie causate dall’acqua inquinata; oltre 50 fronti di guerra nel mondo sono legati a conflitti per il controllo dei bacini idrici. E’ altrettanto noto, lo dimostrano centinaia di esperienze in tutto il mondo, che le privatizzazioni dell’acqua non fanno che aggravare la crisi, determinando un aumento dei costi, un abbassamento di livello nella gestione della risorsa e la perdita del controllo, da parte dei cittadini, del bene comune numero uno.

Non possiamo permettere che l’accesso all’acqua venga garantito solo da chi può permettersi di pagarla e non possiamo permettere che la sua gestione sia affidata nelle mani di chi ha a cuore, in primis, il proprio profitto.

La battaglia per l’acqua ci riguarda tutti. E’ una battaglia simbolo, emblema della crisi della democrazia rappresentativa e delle storture del modello economico in cui viviamo.

Dal controllo sulle acque minerali alla battaglia per la gestione degli acquedotti, dalla costruzione di dighe alla privatizzazione dei bacini idrici, quella per l'acqua è una guerra discreta, che non si combatte con gli eserciti, che non si alimenta del fragore delle bombe, ma si decide nelle stanze silenziose di pochi grattacieli. Quelli del FMI (Fondo Monetario Internazionale), del WTO, della Banca Mondiale e delle multinazionali. Nel marzo 2000 a l’Aja, il 2° Forum mondiale dell’acqua dichiarò l’acqua un bisogno umano, regolato dalle leggi della domanda e dell'offerta, in sintesi dal mercato, non più un diritto umano, e in quanto tale svincolato dalle leggi del mercato. E oggi tante crisi, nazionali e internazionali, nascono per il controllo dell' acqua disponibile.

Intanto nel nostro Paese nel novembre 2009 il via libera definitivo della Camera al Decreto Legge Ronchi sugli obblighi comunitari che disciplina la gestione del servizio idrico all'articolo 15, contrariamente a quanto avviene nel resto d’Europa (Parigi ha deciso di rinazionalizzare il servizio dopo i disastri fatti dai Privati), ha messo nell'angolo la Gestione Pubblica e ampliato definitivamente gli spazi per quella Privata dopo 15 anni di malcelati disegni privatizzatori.

Fu sotto il governo Giolitti (1903) che venne approvata la legge nazionale per la municipalizzazione degli acquedotti. 91 anni dopo, la legge del 5 gennaio 1994 n. 36 ha sancito il principio del full recovery cost. Principio in base al quale tutto il costo della gestione del servizio idrico deve essere caricato sulla bolletta e non è più, quindi, la fiscalità generale a farsene carico. In particolare con la Legge Galli viene stabilito che ognuno paga in bolletta il 7% di quanto il gestore ha investito.

Inoltre, per sanare l’eccessiva frammentazione della gestione, la Legge 36 ha introdotto il concetto di ciclo integrato dell'acqua e quindi la necessità di un unico gestore per l'intero ciclo. A questo fine ha individuato gli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) in corrispondenza (almeno in linea teorica) dei bacini idrografici. Nel 2000 è arrivato il TUEL, il Testo Unico Enti locali che ha previsto 3 modalità di affidamento per la gestione del servizio idrico: alle Spa private scelte con gara; alle Spa miste pubblico-private e infine alle Spa pubbliche tramite affidamento diretto.

Di fatto però in molti casi le gare non si sono svolte e in ogni caso nel TUEL è rimasta, seppure in parte residuale, la possibilità di gestire l'acqua attraverso enti di diritto pubblico.

6 anni dopo è intervenuto il decreto legislativo 152 del 2006 che ha ribadito le 3 modalità di gestione fissate dal TUEL. Nel 2008 la Legge 133 ha introdotto altre novità prevedendo che "le modalità ordinarie sono quelle dell'affidamento ai privati tramite gara e che, solo in via derogatoria, l'affidamento può essere fatto senza gara e verso società a totale capitale pubblico, le cosiddette in house, in linea con i 3 criteri UE”.

A questo punto il IV Governo Berlusconi ha deciso di introdurre le misure contenute nell'articolo 15 dell'attuale decreto sugli obblighi comunitari che ha spalancato le porte della gestione acqua, in definitiva,  ai grandi colossi francesi e internazionali come Edf, GdfSuez, Veolia.

Ma da quando le aziende municipalizzate sono state trasformate in società per azioni e i Privati hanno avuto libero accesso al bene comune Acqua, gli investimenti sono crollati a un terzo (da 2 miliardi a 700 milioni € l’anno), l’occupazione è caduta verticalmente (- 30%), le tariffe sono salite vertiginosamente (+ 62% nell’ultimo decennio) e gli sprechi continuano ad aumentare (+ 20%).

Per questo centinaia di comitati popolari sorti in questi anni in tutta Italia per contrastare la privatizzazione dell’acqua  hanno deciso di mettere in comune le proprie esperienze e i propri saperi costituendo il Forum italiano dei movimenti per l’acqua, una rete che da sola oggi raccoglie oltre 70 associazioni e reti nazionali e quasi 700 comitati territoriali. Insieme hanno scritto una Legge d’iniziativa Popolare e l’hanno consegnata nel luglio 2007 al Parlamento, corredata di oltre 400'000 firme di cittadini. Insieme quest’anno in 2 mesi hanno raccolto 1'400'000  firme per 3 quesiti referendari, che proveranno a eliminare nell’appuntamento referendario del 2011  le normative che in questi anni hanno prodotto la progressiva privatizzazione dell’acqua, con l’obiettivo di promuovere un nuovo modello di pubblico che metta al centro l’interesse collettivo e non il profitto di pochi.

Rigas sostiene e porta avanti le battaglie per la difesa dell’acqua, trade union delle le vertenze dei movimenti in tutto il mondo, bene comune che ci unisce a livello planetario e strumento per esercitare la democrazia in forma orizzontale nei territori del sud e del nord del mondo.

Fonte: Rete Ambientale Sociale, 7 Settembre 2010

Per approfondire:

Referendum Acqua Pubblica 2011

Contratto Mondiale Acqua

Comitato Cittadino per la Tutela delle Risorse Idriche e Ambientali del Territorio di Mazara del Vallo

Coordinamento Campano per la gestione pubblica dell'acqua

A Sud

Attac Italia

[Modificato da Etrusco 04/12/2010 14:36]

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04/01/2011 15:11

 
 

OLTRE UN MILIONE DI ITALIANI SENZA ACQUA POTABILE!!

FAI VALERE I TUOI DIRITTI! PARTE IL MEGA RICORSO COLLETTIVO GRATUITO PER TUTTI GLI ISCRITTI AL CODACONS!

TUTTI I RESIDENTI NEI COMUNI CON UNA PERCENTUALE DI ARSENICO SUPERIORE AI LIMITI DI LEGGE POSSONO FINALMENTE OTTENERE IL RISARCIMENTO DEI DANNI SUBITI! MA E' NECESSARIO AGIRE SUBITO!

In oltre 128 Comuni italiani, l'acqua che è uscita per anni dai rubinetti contiene ARSENICO, sino a 50 microgrammi per litro, nonostante la legge preveda il limite di 10 microgrammi.

Il rischio per i cittadini di gravi danni alla salute è altissimo: l'Organizzazione mondiale della sanità e il Comitato scientifico europeo, parlano addirittura di rischio di «alcune forme di cancro».

Partecipa alla classaction Codacons su  DANNI DA ACQUA ALL'ARSENICO


Controlla subito se sei un abitante di uno dei seguenti Comuni indicati nel provvedimento della Commissione Europea:

8 nella Regione: Lombardia
Marcaria, Roncoferrar, Viadana, Valdidentro, Valfurva, Maccagno, Sesto Calende, Dumenza

10 nella Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol
Canal San Bovo, Fierrozzo , Frassilongo , Laion - Mullerhof, Lana - Foiana, Luson Bolzano, Stelvio - Solda di Fuori, Vadena - Monte, Valle di Casies - S. Martino in Casies, Durna in Selve

91 nella Regione: Lazio
Aprilia, Cisterna di Latina, Cori, Latina, Pontinia, Priverno, Sabaudia, Sermoneta, Sezze Latina, Albano Laziale, Ardea Roma, Ariccia Roma, Genzano di Roma, Lanuvio Roma, Lariano Roma, Velletri Roma, Castel Gandolfo, Ciampino Roma, Castelnuovo di Porto Roma, Trevignano Romano, Tolfa, Bracciano, Sacrofano, Formello, Civitavecchia, Santa Marinella, Anzio Roma, Nettuno Roma, Campagnano di Roma, Magliano Romano, Mazzano Romano, Acquapendente, Arlena di Castro, Bagnoregio Viterbo, Barbarano Romano, Bassano in Teverina, Bassano Romano, Blera, Bolsena, Bomarzo, Calcata, Canepina, Canino, Capodimonte, Capranica, Caprarola, Carbognano, Castel Sant'Elia, Castiglione in Teverina, Celleno, Cellere Viterbo, Civita Castellana, Civitella d'Agliano, Corchiano, Fabrica di Roma, Faleria, Farnese, Gallese, Gradoli, Graffignano, Grotte di Castro, Ischia di Castro, Latera, Lubriano, Marta, Viterbo, Montalto di Castro, Monte Romano, Montefiascone, Monterosi, Nepi, Onano, Oriolo Romano, Orte, Piansano Proceno, Ronciglione, San Lorenzo Nuovo, Soriano nel Cimino, Sutri, Tarquinia, Tessennano, Tuscania, Valentano, Vallerano, Vasanello, Vejano, Vetralla, Vignanello, Villa San Giovanni in Tuscia, Viterbo, Vitorchiano

16 nella Regione Toscana
Monterotondo Marittimo, Montieri Grosseto, Campiglia Marittima, Campo nell'Elba, Capoliveri, Marciana, Marciana Marina, Piombino, Porto Azzurro, Porto Ferraio, Rio Marina, Rio nell'Elba, Suvereto, Pomarance, Castelnuovo in Val di Cecina, Radicondoli

3 nella Regione Umbria
Castel Giorgio, Castel Viscardo, Orvieto

Finalmente il 28 ottobre e' arrivato il tanto atteso NO della Commissione Europea all'ennesima richiesta di deroga, presentata dall'Italia per i suddetti Comuni, ai limiti previsti dalla legge per la concentrazione di arsenico nell'acqua destinata ad uso potabile.


IL CODACONS PROMUOVE ADESSO UN'AZIONE GIUDIZIARIA COLLETTIVA GRATUITA PER TUTTI I PROPRI ISCRITTI, PER OTTENERE IL RISARCIMENTO DEI DANNI

Oggi infatti, quando finalmente il NO deciso ad ulteriori deroghe e proroghe è venuto direttamente dalla Commissione Europea, il Codacons agisce insieme agli abitanti dei 128 Comuni coinvolti, per ottenere il risarcimento dei danni subiti per effetto dell'inadempimento, protrattosi nel tempo, dello Stato e delle Regioni .

IL CODACONS CON QUESTA AZIONE COLLETTIVA CHIEDE IL RISARCIMENTO DI 600 EURO, CALCOLATO IN VIA EQUITATIVA, PER CIASCUN ADERENTE.

MA E' NECESSARIO AGIRE SUBITO!

Il 25 febbraio 2011 scadono i termini per agire, PERTANTO E' NECESSARIO, PER CHI LO VOGLIA, ISCRIVERSI AL CODACONS E INVIARE TUTTA LA DOCUMENTAZIONE RICHIESTA ENTRO IL 31 GENNAIO 2011!!

Possono agire tutti gli abitanti dei 128 Comuni sopra indicati, che siano intestatari di una bolletta dell'acqua per un contratto di utenza in corso

ISCRIVITI AL CODACONS E AGISCI GRATUITAMENTE PER OTTENERE IL RISARCIMENTO DEL DANNO!
NON DOVRAI AFFRONTARE ALCUNA SPESA E POTRAI OTTENERE DAL GIUDICE UN RISARCIMENTO


Se vuoi partecipare a questa azione collettiva, CLICCA SUL SEGUENTE LINK E COMPILA IL FORM CHE TROVERAI:

Una volta compilato ed inviato riceverai automaticamente l'apposita modulistica per agire.

L'adesione - CHE COMPORTA ANCHE L'ISCRIZIONE PER 1 ANNO AL CODACONS - dovrà pervenire entro il 31 gennaio 2011

Avverti anche altri abitanti del tuo Comune!!

Vedi la puntata di Striscia la Notizia del 23/12/2010 sull'Acqua all'arsenico

Vedi la puntata di Striscia La Notizia...


Intervieni anche tu sul blog di Carlo Rienzi - www.carlorienzi.it

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15/02/2011 11:55

Berlino dice no all’acqua privatizzata

Il referendum nella città boccia l’affidamento alle aziende del servizio pubblicoBerlino dice nein all’acqua privatizzata. Il referendum che voleva annullare la privatizzazione parziale della società di gestione dei servizi idrici si è concluso ieri con un trionfo dei sì: ne servivano almeno 616.571, ne sono arrivati 665.713. Un risultato che ha sorpreso gli stessi promotori.

UN BENE ESSENZIALE – In serata, scrive Alessandro Alviano sulla Stampa, nel tendone da circo a due passi dal vecchio tracciato del Muro che hanno affittato per seguire i risultati, si contavano più giornalisti che sostenitori del referendum. «Ci speravo, ma non me l’aspettavo più vista la scarsa affluenza inmattinata », racconta Andreas Fuchs, il cassiere del comitato referendario. «È la prova che si può fare molto anche con pochi mezzi», aggiunge, ricordando che il comitato disponeva di appena 12mila euro ottenuti dalle donazioni. A titolo di paragone: gli organizzatori del referendumsulla religione a scuola, fallito due anni fa, avevano raccolto centinaia di migliaia di euro. «Un bene essenziale come l’acqua non può essere fonte di profitto, vogliamo che torni in mano pubblica» gioisce il portavoce del comitato, Thomas Rudek. «È un segnale anche per voi in Italia», si inserisce la sua collega Dorothea Härlin. Il referendum chiedeva di pubblicare integralmente il contratto con cui nel 1999 il Land di Berlino vendette alle società RWE e Veolia il 49,9% dell’azienda dei servizi idrici comunali (Berliner Wasserbetriebe). Stando a Rudek, dal 2001 le tariffe dell’acqua sono salite del 35% e oggi sono tra le più alte in Germania. A Berlino un metro cubo d’acqua costa 5,12 euro, a Colonia 3,26.

MANI PUBBLICHE - Su pressione dei promotori, il Comune ha pubblicato a novembre circa 700 pagine del contratto di privatizzazione parziale: da esse emerge che la città ha garantito alti margini di guadagno a RWE e Veolia. Non solo, ma dal 1999 al 2009 RWE e Veolia hanno incassato più utili di Berlino (1,3 miliardi contro 696 milioni), e questo sebbene la città- Stato detenga il 50,1% della Berliner Wasserbetriebe. Secondo indiscrezioni stampa, nel 1999 vennero firmate altre cinque intese i cui contenuti sono ancora oggi segreti. Ora il parlamento del Land dovrà votare una legge sulla pubblicazione integrale del contratto di privatizzazione. In caso di rifiuto il comitato referendario è pronto a fare ricorso. Il suo obiettivo ultimo resta però quello di riportare interamente la BerlinerWasserbetriebe nelle mani pubbliche. Evitando al tempo stesso di replicare quanto è successo nella vicina Potsdam, dove la società di gestione dei servizi idrici è stata rimunicipalizzata dieci anni fa ma i prezzi sono aumentati e oggi un metro cubo d’acqua costa più che a Berlino: 5,82 euro. Sabato il governo cittadino aveva dichiarato inutile la consultazione. Ieri sera il sindaco Klaus Wowereit ha provato a contenere i danni. L’esito conferma la nostra politica, ha spiegato. Berlino è infatti in trattative con RWE per riacquistare la sua quota nella Berliner Wasserbetriebe.

Fonte

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Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.

(Voltaire)

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Sai cosa scrivere? Allora posta!
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<-- IO -->

I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac Man avesse influenzato la nostra generazione ora staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva."
(Kristian Wilson, Nintendo Inc., 1989)

Pochi anni dopo nacquero le feste rave, la musica techno e l'ecstasy...

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18/04/2011 16:25

Aumenti tariffari previsti nella zona ATO3 Sarnese-Vesuviano dove l'acqua é a gestione privata con "Gori Spa":
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05/05/2011 16:23

Italo Bocchino (FLI) la fa un po' troppo semplice sulla pseudo "liberalizzazione" dei servizi idrici:



Dove pecca di superficialità?
Quando si illude che un privato possa riuscire a sanare le perdite degli acquedotti (che lui stima in un 40%) senza alzare le bollette per i consumatori
e conservando lo stesso livello qualitativo.
Però abbiamo già la dimostrazione del contrario: dove sono arrivati i privati le concentrazioni di arsenico sono schizzati a valori fuorilegge (max 20 microgrammi/litro) e pericolosi per la salute.
[SM=x44497] [SM=x44472]
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05/05/2011 17:51


Fabrizio Rondolino per "il Giornale"

In questi giorni difficili per il Paese la novità e la speranza vengono dal mare: [..] da un meraviglioso ketch di 22 metri ripieno di cuochi a tre forchette, intellettuali di sinistra e industriali illuminati.
conferenza stampa

L'eterogenea compagnia - da Alessandro Baricco a Riccardo Illy, da Giorgio Faletti a Lella Costa, da Matteo Marzotto a Piergiorgio Odifreddi - s'è imbarcata a Genova lo scorso 25 aprile e arriverà a New York, sotto la guida esperta di Giovanni Soldini, il prossimo 2 giugno. Fra la Festa della Liberazione e quella della Repubblica, i [..] pensatori transatlantici «scriveranno - annunciano gli organizzatori - le 7 mosse da attuare subito per migliorare il nostro Paese».


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05/03/2014 14:01

Arsenico anche nelle Acque Minerali in vendita nei supermercati:

Z O O M

Fonte: Le Scienze - 2010
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05/03/2014 14:13

<header>

Quanto arsenico c’è nell’acqua che bevi?



</header>
 

Risale al 2010 un articolo de Le Scienze sull’arsenico contenuto nelle acque minerali e nelle acque potabili e al problema delle deroghe che hanno consentito in Italia di superare per alcuni periodi la soglia massima imposta dall’UE (leggi sotto): l’arsenico rilevato nelle acque potabili di alcune città come Viterbo nel Lazio è ancora oltre la soglia consentita (10 microgrammi per litro)! Il modo più efficace per abbassare i livelli di arsenico nelle acque esiste ma richiede investimenti: si chiama dearsenificatore.  Un tema quello dell’arsenico nelle acque potabili dopo anni ancora attuale che preoccupa diversi consumatori anche per una non completa trasparenza sull’argomento: l’etichetta delle acque minerali ad esempio non riportano da nessuna parte il valore di arsenico contenuto nell’acqua, anche se i valori rilevati sono sotto la soglia dei 10 microgrammi per litro e quindi a norma di legge. Forse però sarebbe utile farlo visto che consumatori come Giovanna ci scrivono preoccupati: “Bevo acqua S.Anna (Fonte Vinadio) perché la considero la migliore, perché ha il residuo più basso degli altri (l’unica secondo me), sodio, nitrati idem e quant’altro. Ma poi ho scoperto che è quella che ha più arsenico e questo mi ha disorientata. Come è possibile?”


Diciamo prima di tutto che l’arsenico è un elemento da sempre presente nell’acqua, ma vi sono dei livelli di sicurezza stabiliti dall’UE entro cui l’arsenico contenuto non è considerabile pericoloso per la salute. L’acqua in questione ha un valore  di arsenico rilevato pari a 5.220 microgrammi per litro e quindi rientra nei limiti stabiliti dall’UE (10 microgrammi per litro).


Cosa provoca l’arsenico oltre certi livelli di assunzione? 


Elevati livelli di assunzione di arsenico provocano cancro, lesioni cutanee, malattie cardiovascolari, effetti sullo sviluppo, danni al sistema nervoso e diabete. Sono queste alcune delle conseguenze derivate da un’esposizione prolungata nel tempo all’arsenico contenuto nell’acqua potabile e nel cibo, come ha rilevato l’Organizzazione mondiale della sanita’. L’arsenico e’ un elemento chimico presente nell’ambiente in varie forme organiche e inorganiche, di origine sia naturale (suolo e sottosuolo ne sono ricchi sia in Italia sia in Europa) sia derivata dall’azione dell’uomo. Le forme inorganiche dell’arsenico sono assai piu’ tossiche di quelle organiche. La principale minaccia per la salute pubblica deriva dalle falde acquifere contaminate. Quindi bere acqua, mangiare cibo preparato e coltivazioni irrigate con acqua ricca di arsenico puo’ causare un avvelenamento cronico, le cui manifestazioni piu’ tipiche sono le lesioni cutanee e il cancro della pelle. I sintomi immediati di un avvelenamento acuto sono vomito, dolore addominale e diarrea, seguiti da torpore, formicolii, crampi e morte nei casi piu’ estremi. Gli effetti invece di una esposizione prolungata nel tempo di almeno 5 anni, attraverso l’acqua potabile e il cibo, avverte l’Oms, iniziano dalla pelle, con cambiamenti nella pigmentazione, lesioni cutanee sulle palme delle mani e le piante dei piedi e possono essere precursori di un cancro alla pelle. L’arsenico in forma inorganica e’ naturalmente presente in alti livelli nelle falde di diversi paesi, tra cui Argentina, Bangladesh, Cile, Cina, India, Messico e Usa. L’arsenico e’ anche usato nel settore industriale come agente legante, nella produzione di vetro, tessuti, carta e munizioni, nonche’ in pesticidi, additivi alimentari e farmaceutici. Proprio la valutazione degli effetti tossici dell’arsenico, sottolinea l’Istituto superiore di sanita’, ha portato l’Authority europea per la sicurezza alimentare (Efsa, 2009) e la Commissione congiunta Fao/Oms sugli additivi alimentari (Jecfa, 2010) ad abbassare le dosi di riferimento per la protezione della salute per l’arsenico inorganico.


Perché troviamo arsenico nell’acqua potabile e minerale?


Come tutti gli elementi presenti nei minerali e nelle rocce delle nostre montagne, anche l’arsenico viene sciolto dall’acqua piovana che percola nel terreno e raggiunge la falda. Nella maggior parte dei casi la quantità sciolta nell’acqua è così bassa da non essere rilevabile nemmeno dalle più moderne analisi. L’arsenico viene introdotto con l’acqua nella catena alimentare che così raggiunge molti organismi.


Ma quanto arsenico può contenere l’acqua potabile per legge?


Con studi scientifici si è potuto stabilire quale quantità di arsenico risulti nociva o tossica per l’uomo e per gli animali. L’assunzione di arsenico avviene tramite il cibo e l’acqua potabile ma anche attraverso l’aria negli stabilimenti industriali che lavorano con prodotti a base di arsenico. L’organizzazione mondiale per la sanità ha proposto di limitare il più possibile l’assunzione di arsenico da parte dell’uomo. Dato che l’acqua potabile viene consumata quotidianamente ed è l’unico alimento che può essere controllato con sicurezza, l’Unione Europea ha deciso di abbassare la concentrazione massima ammissibile di arsenico nell’acqua potabile a 10 microgrammi al litro (µg/l). Questo significa che un uomo assume con l’acqua potabile (2 litri al giorno) in tutta la sua vita (circa 70 anni) non più di 0,5 grammi di arsenico. Con questa direttiva la salute umana viene tutelata ancora di più dai possibili danni di un’assunzione troppo alta di arsenico. (fonte Sito Provincia Autonoma di Bolzano)


Tra i 0-10 µg/l microgramm/litro di arsenico: L’acqua può essere usata senza alcuna limitazione per il consumo umano (inclusi il bere e il cucinare), per l’igiene della persona, degli indumenti e degli ambienti.


Tra gli 11-20 µg/l microgrammi/litro: L’acqua non è utilizzabile per bambini di età inferiore a 3 anni e per donne in gravidanza né come bevanda, né per cucinare, né per reidratare cibi liofilizzati.


Tra i 20-50 µg/l microgrammi/litro: É sconsigliato bere quotidianamente e utilizzare l’acqua per preparare brodi, minestre, minestroni, salamoie, per la cottura della pasta, lessatura delle verdure e per tutte le preparazioni dove l’acqua sia un elemento significativo.


Detto ciò sarebbe molto utile per i consumatori, conoscere i quantitativi di arsenico contenuti nelle acque minerali riportando questo valore (ad oggi praticamente assente) sull’etichetta, proprio per maggiore trasparenza e correttezza verso il consumatore. Perché dovere indicare in etichetta la presenza di arsenico, cadmio, mercurio piombo solo oltre certi valori e non rendere invece sempre obbligatorio riportarli anche se nei limiti di legge?  La stessa cosa dovrebbe avvenire con le acque pubbliche degli acquedotti comunali, le cui analisi inclusive dei valori di arsenico dovrebbero essere facilmente raggiungibili da tutti i siti dei gestori. Anche perché con una delibera del 28 Dicembre del 2012 dell’Autorità dell’Energia si dava tempo fino al 30 Giugno 2013 affinché i gestori delle acque pubbliche rendessero disponibili sul proprio sito internet una modalità di ricerca delle informazioni relative alla qualità dell’acqua distribuita per almeno i seguenti parametri: PH, residuo secco a 180°, durezza, conducibilità, calcio, magnesio, ammonio, cloruri, solfati, potassio, sodio, arsenico, bicarbonato, cloro residuo, fluoruri, nitrati, nitriti, manganese. Provate a vedere se i siti internet dei vostri gestori si sono adeguati riportando i quantitativi di arsenico…Sull’acqua bisogna esigere trasparenza che sia acqua minerale commercializzata da un’azienda o che sia acqua del nostro acquedotto comunale.




 


Intanto riportiamo in base alle rilevazioni segnalate da “Le Scienze” nel 2010 i valori di arsenico contenuto nelle Principali Acque Minerali. Lo studio pubblicato come dicevamo in apertura su Le Scienze è stato realizzato nell’ambito del progetto Atlante Europeo dell’EuroGeoSurveys Geochemistry Expert Group. Gli autori sono: Benedetto De Vivo, Annamaria Lima, Stefano Albanese e Lucia Giaccio del Dipartimento di scienze della Terra dell’Università «Federico II» di Napoli. Manfred Birke del Bundesanstalt für Geowissenschaften und Rohstoffe di Berlino. Domenico Cicchella del Dipartimento di studi geologici e ambientali dell’Università del Sannio, a Benevento. Enrico Dinelli del Dipartimento di scienze della Terra e geologico-ambientali, dell’Università di Bologna. Paolo Valera del Dipartimento di geoingegneria e tecnologie ambientali dell’Università di Cagliari.


*Tabella semplificata con i soli valori di arsenico eleborata da Klikkapromo a partire da questo file che elenca tutti i risultati delle analisi dell’EuroGeoSurveys Geochemistry Expert Group e che riporta anche le concentrazione di Cromo, Alluminio, Ammonio, Antimonio, Arsenico, Bario, Berillio, Boro, Cadmio, Cloruri, Cromo, Ferro, Fluoruri, Fosforo, Piombo, Manganese, Mercurio, Molibdeno, Nickel, Nitrati, Rame, Selenio, Sodio, Solfati, Tallio, Uranio, Vanadio, Zinco.


Denominazione Acqua Minerale/Fonte Valore (microgrammi per litro)
Acqua Gaudianello 0.619
Acqua Santa Croce 0.124
Acqua Leggera 4.650
Acqua Lilia 1.900
Acqua Sveva 2.740
Acqua Ferrarelle 6.810
 Acqua Lete 0.759
 Acqua Lieta (Conad) 0.238
 Acqua Galvanina 0.162
 Acqua Monte Cimone (Coop) 0.098
 Acqua di Nepi 5.710
 Acqua Claudia 0.059
 Acqua Egeria 8.910
 Acqua Fiuggi 1.850
Acqua Boario 0.056
 Acqua Coop (Sorgente Grigna) 0.390
Acqua Frisia 5.640
Acqua Levissima 6.200
Acqua Maniva 0.675
Acqua Norda (Sorgente Daggio) 3.730
Acqua Norda (Nuova Acqua Chiara) 0.161
Acqua San Pellegrino 1.380
Acqua Sant’Antonio 0.475
Acqua Vitasnella 0.117
Acqua Gaia 0.248
Acqua Nerea 0.102
Acque Alpi Cozie 1.040
Acqua Alte Vette (Iper) 0.407
Acqua Crodo Liesel 0.088
Acqua Cime Bianche 0.798
Acqua Lauretana 0.019
 Acqua San Bernardo 0.489
 Acqua Sant’Anna 1.310
Acqua Sant’Anna (Fonte Vinadio) 5.220
Acqua Candida 5.410
Acqua Funte Fria 5.690
Acqua Isola Antica 7.440
Acqua Pejo 0.091
Acqua Fonteviva 0.153
Acqua Panna 0.355
Acqua Uliveto 0.088
Acqua Fabia 0.404
Acqua Rocchetta 0.198
Acqua Sangemini 0.204
Acqua Viva 0.109
Acqua Dolomiti (Esselunga) 0.533
Acqua Guizza 0.428
Acqua Recoaro 0.054
Acqua San Benedetto 0.468
Acqua Vera 1.410

 


Acqua e arsenico IoleggoletichettaFonte: Io Leggo l'Etichetta . . .


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Parliamo di Acque Minerali


acque minerali Acque Minerali, dalle più note fino a quelle a marca commerciale. Sveleremo tutti i passaggi che portano dalla sorgente al punto vendita l’acqua minerale che abitualmente acquistiamo, affronteremo il tema sicurezza (con un report con i valori di Arsenico eventualmente presente nelle acque in commercio) e molto altro ancora.


Acqua Minerale Naturale, cosa dice la legge. Secondo le attuali normative l’acqua minerale naturale può definirsi tale se ha una origine profonda e protetta; è batteriologicamente pura all’origine; ha una composizione chimica costante; è confezionata all’origine; in etichetta sono segnalate le proprietà favorevoli; ha parametri chimici specifici e i contenitori utilizzati non possono superare la capacità massima di 2 litri. sono invece considerate acque di sorgente le acque destinate al consumo umano, allo stato naturale e imbottigliate alla sorgente, che, avendo origine da una falda o giacimento sotterraneo, provengano da una o più sorgenti naturali o perforate, le cui caratteristiche sono valutate sulla base di criteri geologici, organolettici, fisici, chimici, microbiologici. Le classificazioni dell’acqua minerale naturale: è detta minimamente mineralizzata se il residuo fisso a 180°C è inferiore a 50 mg/litro; oligominerale (o leggermente mineralizzate) quando il residuo fisso è compreso tra 50 e 500 mg/litro; ricche di sali minerali quando il residuo fisso è superiore a 1500 mg/litro. A queste si aggiungono poi le qualificazioni legali delle acque minerali italiane, che sono: Acidula (quando l’anidride carbonica è maggiore di 250 mg/litro); Bicarbonata (quando il bicarbonato sodico è superiore a 600 mg/l); Calcica (quando il calcio è superiore ai 150 mg/l); Clorurata (cloruri sopra i 200 mg/l); Ferruginosa (Ferro oltre 1 mg/l); Fluorata (Fluoro oltre 1 mg/l); Iposodica (Sodio minore di 20 mg/l); Magnesiaca (Magnesio oltre i 50 mg/l); Sodica (Sodio oltre i 200 mg/l); Solfata (Solfati oltre i 200 mg/l).


Processo di imbottigliamento e controlli igienico/sanitari


Ciò che caratterizza l’acqua minerale naturale è il fatto che questa deve mantenere le sue caratteristiche intatte dalla sorgente fino al consumatore finale (ovvero quando si apre per la prima volta la bottiglia) oltre a rimanere batteriologicamente pura. Primaria importanza ha quindi l’imbottigliamento, che deve avvenire in condizioni totalmente asettiche per impedire qualsiasi forma di contaminazione. L’insieme delle operazioni che, in condizioni di costante monitoraggio, diversi impianti eseguono per confezionare l’acqua viene definito “linea”. Una linea generalmente comporta:



  • soffiaggio della preforma per ottenere la bottiglia di PET

  • sterilizzazione e risciacquo dei contenitori

  • riempimento della bottiglia

  • tappatura (chiusura con il tappo delle bottiglie riempite)

  • etichettatura

  • invio allo stoccaggio


Gli stabilimenti sono dotati di moderni laboratori per analisi microbiologiche, chimiche e chimico–fisiche per effettuare costanti verifiche di qualità su campioni d’acqua prelevati in sorgente. Controlli e analisi che sono effettuati periodicamente sia dalle aziende produttrici che dalle ASL e dai NAS dei Carabinieri. Di seguito un video girato in una linea di imbottigliamento di una nota acqua minerale italiana con Alessandro Cecchi Paone che ne illustra il funzionamento (un altro esempio lo potete trovare in questo video..)


 






Il processo di imbottigliamento:
 

Qualità acque minerali prodotte in Italia superiore alla media europea 
(nella tabella a sx il limite massimo consentito per litro di metalli pesanti): secondo la guida alle falde acquifere europee “Geochemistry of European Bottled Water” presentata dall’organizzazione EuroGeoSurveys (la quale raggruppa 32 servizi geologici europei), la qualità dell’acqua minerale prodotta in Italia è superiore alla media degli altri paesi europei.

parametri acque minerali

L’indagine riporta i dati delle analisi effettuate nel 2008 su 1.785 campioni di acqua in bottiglia acquistati nei supermercati di tutto il continente e provenienti da 1.247 diverse sorgenti situate in 38 diversi paesi europei. La qualità delle acque analizzate è risultata buona, sebbene alcuni campioni superino la concentrazione limite di metalli pesanti (come arsenico, bario, fluoro, nitrati, nitriti e selenio). Il più alto livello di metalli rari è stato riscontrato in Norvegia, quello maggiore di uranio nella Repubblica Ceca e i valori più alti di nitrati in Slovacchia. Nelle 157 qualità di acque italiane prese in esame, invece, tali valori rientrano nella norma, anche se alcuni rimangono elevati, come quelli del manganese e dell’uranio: rispettivamente 5,09 e 1,24 microgrammi al litro (rispetto a una media europea di 0,5 e 0,23 microgrammi al litro). Una indagine realizzata nell’ambito del progetto Atlante Europeo dell’EuroGeoSurveys Geochemistry Expert Group (pubblicata nel maggio 2010 dalla rivista ‘Le Scienze’) ha permesso di conoscere tutti i dati relativi alla composizione delle acque minerali europee. Nel caso di quelle italiane è stato quindi possibile conoscere tra gli altri, anche il valore per litro del tanto discusso e temuto Arsenico. Di seguito è possibile conoscere i valori di questo metallo pesante nelle più note acque minerali italiane (una lista più dettagliata è presente a questo indirizzo), dove per fortuna questo elemento è si presente (con valori variabili di acqua in acqua) ma in quantità ridotte e comunque sempre entro i limiti della  normativa europea.

Denominazione Acqua Minerale/Fonte Valore (microgrammi per litro)
Acqua Gaudianello 0.619
Acqua Santa Croce 0.124
Acqua Lilia 1.900
Acqua Ferrarelle 6.810
 Acqua Lete 0.759
 Acqua Lieta (Conad) 0.238
 Acqua Monte Cimone (Coop) 0.098
 Acqua Fiuggi 1.850
Acqua Boario 0.056
 Acqua Coop (Sorgente Grigna) 0.390
Acqua Levissima 6.200
Acqua Maniva 0.675
Acqua Norda (Sorgente Daggio) 3.730
Acqua Norda (Nuova Acqua Chiara) 0.161
Acqua San Pellegrino 1.380
Acqua Sant’Antonio 0.475
Acqua Vitasnella 0.117
Acqua Alte Vette (Iper) 0.407
Acqua Crodo Liesel 0.088
Acqua Lauretana 0.019
Acqua San Bernardo 0.489
 Acqua Sant’Anna 1.310
Acqua Sant’Anna (Fonte Vinadio) 5.220
Acqua Panna 0.355
Acqua Uliveto 0.088
Acqua Fabia 0.404
Acqua Rocchetta 0.198
Acqua Sangemini 0.204
Acqua Dolomiti (Esselunga) 0.533
Acqua Guizza 0.428
Acqua Recoaro 0.054
Acqua San Benedetto 0.468
Acqua Vera 1.410

[ QUI il PDF con le analisi complete delle acque minerali italiane * ]

Guida all’etichetta: come per altri prodotti, l’etichetta anche in questo caso ci viene incontro in tutti quei casi in cui vogliamo essere correttamente informati su cosa stiamo per acquistare. Nel caso delle acque minerali, sono tre i parametri presenti in etichetta che ci aiutano a capire quale acqua minerale preferire rispetto alle nostre esigenze:

1. Residuo Fisso: è la stima del contenuto di sali minerali. Viene calcolato a 180° e indica la quantità di sali disciolti in un litro d’acqua. In base a questo fattore, le acque Etichetta acque mineralivengono divise in 4 categorie, minimamente mineralizzata (particolarmente indicata per chi soffre di ipertensione e per l’alimentazione dei neonati); oligominerale (favorisce la diuresi); ricca di sali minerali. 2. Durezzasi calcola in base alla quantità di calcare sciolto nell’acqua, espresso in gradi francesi. Più il valore è alto, più l’acqua è calcarea. 3. Nitrati: possono a volte raggiungere le falde acquifere (a causa ad esempio dell’elevato utilizzo di fertilizzanti) e sono pericolosi solo se superano determinate concentrazioni. Normalmente devono essere sotto i 45mg per litro e nelle acque minerali destinate ai neonati, non devono superare i 10 mg per litro. Una concentrazione eccessiva di nitrati può rallentare il trasporto di ossigeno nel sangue e, se combinati con le proteine, possono dare origine alle nitrosamine, sostanze ritenute cancerogene (a dx un esempio di etichetta di acqua minerale naturale).

Acque Minerali Naturali a Marca Commerciale (Private Label): come per altri prodotti già trattati, anche per le acque minerali è possibile trovare sugli scaffali degli iper e dei supermercati le Private Label (ovvero i prodotti a marca del distributore). Ecco quindi le sorgenti e le società di imbottigliamento delle acque minerali a marchio Auchan, Carrefour, Conad, Coop, Esselunga, Pam e Panorama.

  • Acqua minerale naturale/frizzante o leggermente frizzante Auchan: Norda SpA, fonte Lynx Bedonia (Bedonia – PR). E’ imbottigliata nello stabilimento di Bedonia (PR).
  • Acqua minerale naturale o frizzante Carrefour: Pontevecchio Srl, Sorgente Fucine (Lucerna S. Giovanni – TO). Imbottigliata nello stabilimento di via Ponte Pietra 3, Luserna San Giovanni (TO).
  • Acqua minerale naturale/frizzante o leggermente frizzante Conad: Nuova S.A.MI.CER. S.p.A., fonte Lieta (Cervarezza Terme – RE). Imbottigliata nello stabilimento di Via Santa Lucia delle Fonti 6, Cervarezza Terme (RE). Acqua Minerale effervescente naturale Felicia (Conad): Fonti del Vulture Srl, Fonte Rionero in Vulture (PZ). Imbottigliata nello stabilimento di Monticchio Bagni Rionero in Vulture (PZ).
  • Acqua minerale naturale o frizzante Coop: Norda S.p.A, sorgente Grigna (LC). Imbottigliata nello stabilimento di Primaluna, via Provinciale 1 (LC).
  • Acqua minerale naturale o frizzante Esselunga: Norda S.p.A., sorgente Dolomiti (Valli del Pasubio – VI). Imbottigliata nello stabilimento di Valli del Pasubio (VI).
  • Acqua minerale naturale/frizzante o leggermente frizzante Pam/Panorama: Norda S.p.A., fonte Vela (Monte Pelpi). Imbottigliata nello stabilimento di Bedonia (PR).

Osservatorio Prezzi acque minerali

L’Osservatorio KlikkaPromo.it ha rilevato i prezzi medi e minimi dell’acqua minerale naturale, attualmente in promozione in 7 grandi città italiane. Dai risultati dell’analisi emergono differenze di prezzo fra città e opportunità di risparmio che superano anche il 60%. Roma e Palermo, posizionate entrambe negli ultimi posti della classificata stilata con i dati del Ministero, sono in realtà le città più convenienti dal punto di vista delle offerte promozionali. Nei due capoluoghi è infatti possibile risparmiare mediamente quasi il 50%, su un prodotto di estrema rilevanza come l’acqua. Tra le città più care, due importanti centri del Nord Italia. A Milano e Torino, infatti, l’acqua in promozione costa mediamente il 20% in più rispetto a Roma e Palermo: 0,19 €/lt. contro 16 €/lt. Le differenze non si limitano ai soli prezzi medi in promozione. Basti pensare che una nota catena propone lo stesso prodotto a 3 differenti prezzi in altrettante città: 19 centesimi a Bologna; 22 centesimi a Milano; 24 centesimi a Firenze (+ 26% rispetto a Bologna). Va ricordato che l’acquisto di prodotti in promozione non implica assolutamente una perdita della qualità e/o una rinuncia alle proprie marche preferite. Non a caso, si trovano attualmente in promozione grandi marchi come: Norda, Sant’Anna e Levissima.

[ * dati progetto Atlante Europeo dell’EuroGeoSurveys Geochemistry Expert Group pubblicati nel maggio 2010 dalla rivista ‘Le Scienze’ ]


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18/12/2014 18:30

Ecco un altro esempio di come sono fallimentari tutte le privatizzazioni dei servizi idrici: qui sono gli stessi dipendenti che hanno superato il punto di sopportazione, tanto da dar mandato ad un Avv. contro la loro stessa azienda:

Viterbo - Attraverso il legale Massimo Pistilli fanno il punto sulle responsabilità e le negligenze che hanno portato alla situazione critica della società di gestione del servizio idrico
Talete Spa, 120 dipendenti puntano il dito contro gli amministratori


Viterbo – Riceviamo e pubblichiamo la lettera inviata alla regione, al presidente della provincia, al dirigente del servizio tecnico e a tutti i sindaci – Redigiamo la presente in nome e per conto di tutti i lavoratori che la sottoscrivono in calce, conferendoci mandato di rappresentarli e difenderli e ratificandone dunque integralmente il contenuto.

I nostri assistiti, tutti dipendenti di Talete spa, vogliono senz’altro, come premessa, ricordare di avere sempre prestato attività lavorativa orgogliosamente nell’interesse della collettività, e in un servizio pubblico essenziale, quale è il ciclo integrato delle acque pubbliche.

Tuttavia, la società pubblica prescelta quale affidataria in house del servizio è in situazione critica, estremamente critica… e non da oggi.

A fronte di questa situazione, aggravatasi, giorno dopo giorno, ormai da dieci anni, oggi appare ormai evidente che è in pericolo oltre che la qualità del servizio, e la sua natura pubblica, anche la stabilità occupazionale di chi vi lavora.

E, allora, oggi i lavoratori sono costretti a denunciare che ciò accade per evidenti elementi di colpa, di negligenza, imprudenza, imperizia, di chi ha responsabilità; una parola di grande significato – responsabilità – che significa facoltà di gestire potere, ma prima, e soprattutto, consapevolezza e oculatezza di pensiero e azione.

Qualità che è sempre più evidente siano state completamente assenti nella gestione di Talete Spa.


Gli amministratori pubblici (la regione, il presidente della provincia, i sindaci della conferenza) hanno funzione di indirizzo strategico; esercitata probabilmente male (e con qualche rara eccezione), fino a un certo punto; ma, poi, ciò che è peggio, non esercitata più affatto, proprio quando più occorreva… e questa è una negligenza tanto innegabile quanto imperdonabile.

Assenze che hanno impedito la funzionalità di conferenze, continui rinvii seguiti da incomprensibili decisioni di non decidere – come meglio vedremo appresso – sul commissariamento dei comuni assenti, sulla tariffa, sulla capitalizzazione necessaria… fino alla paralisi.

Allo stesso modo, gli organi di gestione amministrativi – e i collegi sindacali che dovevano vigilare e sorvegliare – sovente prescelti per appartenenza di corrente politica, non sono stati, del tutto palesemente, in grado di impedire che si accumulassero debiti che si assume aggirarsi intorno a circa 20 milioni di euro… in 10 anni! Due milioni all’anno! Circa quattro miliardi!

La società Talete presenta attualmente una serie di criticità che sono conseguenza unicamente della condotta gravemente negligente dei suoi organi di gestione, così come di quelli di indirizzo, colpevoli di certo di aver assunto (ovvero, più spesso, non assunto…) determinazioni di gestione che, tuttavia, si rivelano da tempo come inevitabili; ma colpevoli, altresì, di aver partecipato quali meri spettatori ad una graduale e costante degenerazione dell’azienda, inermi e, evidentemente, affatto preoccupati delle conseguenze sulla sorte della società. Una simile imperizia non può ulteriormente essere sopportata.

Per l’effetto, ci troviamo, quanto meno per ora, a redigere la presente nota di diffida, evidenziando e ammonendo circa le responsabilità che hanno concorso alla situazione attuale di gravissima crisi in cui l’azienda versa; ovviamente, la perdurante inerzia e l’elusione anche di questo ennesimo ammonimento non potrà far desistere i nostri assistiti a segnalare, senza ulteriore ritardo e senza ulteriore avviso, ogni profilo e natura di responsabilità alle autorità competenti.

Sotto questo profilo, i lavoratori hanno prospettato di voler conferire mandato per analizzare tanto la situazione di gestione che gli atti di indirizzo, in questo ultimo caso (attesa la elevata discrezionalità) con particolare riguardo alle negligenze (cioè i rinvii, o le non decisioni).

Per, ora, peraltro, ci sono già alcuni punti che sembrano tanto evidenti da apparire innegabili.

Innanzitutto, l’Ato nasce senz’altro strutturalmente debole – e ciò per conformazione geografica e demografica: tuttavia, il rifiuto di aderirvi, opposto da numerosi enti locali, lo ha reso ancor più debole.

E siccome un ambito territoriale ottimale è ottimale appunto nel suo complesso, è evidente che gli organi di indirizzo avrebbero dovuto assicurare l’adesione di ciascun comune anche in via coattiva, garantendo così una gestione efficiente; un dovere di indirizzo, questo, che assicurasse imparzialità da qualsivoglia interesse politico–sociale di campanile.

Poi, senz’altro, anche la circostanza che ha visto la società accumulare un debito sproporzionato, effetto di passività (poi divenute perdite) che si sono accumulate, e inevitabilmente aggravate nel susseguirsi di esercizi sociali, senza che gli organi di indirizzo (così come quelli di gestione, d’altro canto) abbiano assunto misure e provvedimenti almeno potenzialmente in grado di risanare la contabilità societaria; ad esempio, ricapitalizzandola: nuovi investimenti avrebbero verosimilmente iniettato fiducia e preziose risorse cui poter attingere per ottenere nuovo benessere sociale.

Ancora, sulla misura della tariffa: non è mai stata rivalutata, nonostante gli organi di indirizzo siano stati in molteplici occasioni chiamati a deliberare su questo profilo, mandando puntualmente a vuoto le assemblee a ciò dedicate; innegabilmente, la riquantificazione della tariffa (nel rispetto dei parametri normativamente stabiliti) avrebbe concesso quanto meno di ridurre, forse anche considerevolmente, l’impatto derivato dalle consistenti passività dell’Azienda; ciò, peraltro, è tanto pacifico che, in questo stesso momento, la rideterminazione della tariffa sta impegnando il ministero dello sviluppo economico, intervenuto per l’effetto della constatata e reiterata inerzia degli organi di indirizzo, probabilmente, dovuta al timore di assumere scelte politiche impopolari.

D’altra parte, appare innegabile la gravità di questa negligenza. Se una società ha come mission la gestione di un ciclo integrato che ha come suo corrispettivo la sola tariffa, è evidente che rinunciare ad operare anche minimamente sulla leva tariffaria (rinunciare in senso letterale; cioè ignorare il problema, quali che fossero le determinazioni) non può che apparire un modus negligente di amministrazione.

Infine, e non certo per rilevanza, è stata omessa ogni forma di controllo, sebbene la natura della società avrebbe imposto verifiche approfondite, analoghe a quelle che vengono destinate dall’amministrazione ai propri uffici e sui propri servizi (tanto che, appunto, tecnicamente si parla di controllo analogo); eppure, anche in relazione a tale aspetto, è stato possibile constatare, negli anni, unicamente una grave trascuratezza, fino al punto che sono oggi i lavoratori a dover assumere responsabilità che a loro non dovrebbero competere.

Se la situazione attuale dovesse reiterarsi, i lavoratori di Talete vogliono informare che, loro malgrado, denunceranno questo esempio di come non avrebbe mai dovuto amministrarsi, in ogni sede giudiziaria, alla magistratura penale e a quella erariale (procura regionale presso la Corte dei Conti).

Pertanto, i lavoratori, nostro tramite, invitano e diffidano i destinatari della presente nota a voler tempestivamente, e senza ulteriore indugio, assumere gli atti di indirizzo e i provvedimenti di gestione indispensabili ad assicurare l’efficacia e l’economicità della società; e con essa del servizio pubblico di gestione del ciclo integrato delle acque in uno con gli attuali livelli occupazionali; in particolare, i lavoratori si aspettano e, in una certa misura, pretendono che i componenti la conferenza di indirizzo politico e gli organi di gestione, ciascuno per le proprie competenze e attribuzioni:

1 – adottino i provvedimenti di commissariamento ad acta dei Comuni che non hanno affidato la gestione del servizio idrico alla società affidataria dell’Ato Talete spa;

2 – dispongano la ricapitalizzazione della società pubblica
in misura per certo congrua a consentirne l’efficace gestione anche mediante accesso a relativo credito;

3 – adottino i provvedimenti di loro competenza in ordine alla determinazione della tariffa normalizzata secondo i criteri stabiliti e comunque in misura sufficiente a determinare la copertura dei costi del servizio.

Infine, i lavoratori chiedono che la conferenza dei sindaci approvi un documento di indirizzo che assicuri che la gestione unitaria del ciclo idrico integrato della provincia di Viterbo sarà conservata in ambito pubblico e perciò con strumenti giuridici di natura pubblicistica, con salvezza dello status giuridico del momento retributivo, logistico e soprattutto dell’attuale luogo di lavoro; e con esclusione, correlativamente, di affidamenti a persone giuridiche in tutto o in parte private.

Ciò anche al fine di evitare che il pesante passivo della società Talete spa ricada sui comuni dell’ambito (obbligati in solido) e così sull’intera comunità, lasciando ad altri (Ndr.Privati) l’uso dell’acqua pubblica come strumento di profitto.

Cordiali saluti,

Avvocato Massimo Pistilli

Seguono le firme di 120 dipendenti

Fonte: TusciaWeb, 18 Dicembre 2014

_________________


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18/12/2014 20:06

ma che aspettano a togliere l'acqua dalle gringie dei privati? ci abbiamo fatto pure due referendum abrogativi!
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22/04/2016 22:30

L’acqua finisce in mano alle multinazionali, lo ha deciso il Pd
15/03/2016


La commissione Ambiente della Camera ha approvato, col parere favorevole di relatore e governo, l’emendamento del Pd alla proposta di legge che, a cinque anni dal referendum sull’acqua pubblica, recepiva l’esito di quella consultazione: la proposta di modifica dem prevede la soppressione dell’articolo 6 del testo che definiva il servizio idrico integrato quale servizio pubblico locale privo di rilevanza economica e ne disponeva l’affidamento esclusivo a enti di diritto pubblico. La norma vietava l’acquisizione di quote azionarie di società di gestione del servizio idrico integrato.

M5S e Sinistra italiana hanno lasciato i lavori della commissione per protesta e ritirato le proprie firme dalla proposta di legge: “Hanno fatto carta straccia di un testo che era arrivato in Parlamento con 400mila firme nel 2007 e carta straccia del risultato referendario del 2011″, ha denunciato la deputata pentastellata Federica Daga protestando davanti a Montecitorio con altri componenti della Commissione e con i comitati per l’acqua pubblica. “Usciamo dalla commissione dopo la votazione della soppressione dell’articolo 6, il cuore della legge, e dopo che sono state abrogate altre parti fondamentali del testo. Se la votassero da soli, ritiriamo le firme”.

Il capogruppo di Sinistra Italiana in Commissione, Filiberto Zaratti, ha ricordato che “il programma Italia bene comune con cui Sel e Pd si sono candidati alleati nel 2013 prevedeva che non si si sarebbe tornati alla privatizzazione. Quanto accaduto in commissione è una vergogna: si torna indietro rispetto alla volontà di 26 milioni di italiani e agli impegni precisi presi davanti agli elettori. Facciamo un appello a tutti i deputati eletti con quel programma affinché tornino indietro e non votino il testo in aula”.”Questa legge – ha concluso Serena Pellegrino di Sinistra Italiana – non sarà più la nostra legge: l’avevano firmata 200 e più parlamentari. Da domani sarà solo del Pd”. (askanews)

www.stopeuro.org/lacqua-finisce-mano-alle-multinazionali-lo-de...


Ma io dico! [SM=x44493] Gli esiti dei referendum per Matteino sono solo incidenti di percorso ! Nulla deve contrapporsi alle sue brillantissime idee su come si governa in questo paese. Ma che non si dica che è un ducetto, perché lui ascolta tutti con molto rispetto. Peccato che fa solo quello che dice lui. Infischiandosene di tutti. E poi, prima di qualsiasi tornata elettorale, addormenta gli elettori con gli effetti speciali, bonus Poletti, bonus Bebè , 80 euro sparsi qua e là , che, slegati da una seria programmazione economica, hanno prodotto un aumento del debito e un impoverimento degli unici che pagano le tasse ovvero dipendenti e pensionati, ai quali ha sottratto di tasca i soldi per le sue elargizioni . Per non parlare del job act ! Miliardi buttati al vento !
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22/04/2016 23:24

Oramai siamo al limite e forse l'abbiamo già superato, con questa gente solo una cosa.
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23/04/2016 11:21

Re:
Arcanna Jones, 22/04/2016 22.30:

L’acqua finisce in mano alle multinazionali, lo ha deciso il Pd
15/03/2016


La commissione Ambiente della Camera ha approvato, col parere favorevole di relatore e governo, l’emendamento del Pd alla proposta di legge che, a cinque anni dal referendum sull’acqua pubblica, recepiva l’esito di quella consultazione: la proposta di modifica dem prevede la soppressione dell’articolo 6 del testo che definiva il servizio idrico integrato quale servizio pubblico locale privo di rilevanza economica e ne disponeva l’affidamento esclusivo a enti di diritto pubblico. La norma vietava l’acquisizione di quote azionarie di società di gestione del servizio idrico integrato.

M5S e Sinistra italiana hanno lasciato i lavori della commissione per protesta e ritirato le proprie firme dalla proposta di legge: “Hanno fatto carta straccia di un testo che era arrivato in Parlamento con 400mila firme nel 2007 e carta straccia del risultato referendario del 2011″, ha denunciato la deputata pentastellata Federica Daga protestando davanti a Montecitorio con altri componenti della Commissione e con i comitati per l’acqua pubblica. “Usciamo dalla commissione dopo la votazione della soppressione dell’articolo 6, il cuore della legge, e dopo che sono state abrogate altre parti fondamentali del testo. Se la votassero da soli, ritiriamo le firme”.

Il capogruppo di Sinistra Italiana in Commissione, Filiberto Zaratti, ha ricordato che “il programma Italia bene comune con cui Sel e Pd si sono candidati alleati nel 2013 prevedeva che non si si sarebbe tornati alla privatizzazione. Quanto accaduto in commissione è una vergogna: si torna indietro rispetto alla volontà di 26 milioni di italiani e agli impegni precisi presi davanti agli elettori. Facciamo un appello a tutti i deputati eletti con quel programma affinché tornino indietro e non votino il testo in aula”.”Questa legge – ha concluso Serena Pellegrino di Sinistra Italiana – non sarà più la nostra legge: l’avevano firmata 200 e più parlamentari. Da domani sarà solo del Pd”. (askanews)

www.stopeuro.org/lacqua-finisce-mano-alle-multinazionali-lo-de...


Ma io dico! [SM=x44493] Gli esiti dei referendum per Matteino sono solo incidenti di percorso ! Nulla deve contrapporsi alle sue brillantissime idee su come si governa in questo paese. Ma che non si dica che è un ducetto, perché lui ascolta tutti con molto rispetto. Peccato che fa solo quello che dice lui. Infischiandosene di tutti. E poi, prima di qualsiasi tornata elettorale, addormenta gli elettori con gli effetti speciali, bonus Poletti, bonus Bebè , 80 euro sparsi qua e là , che, slegati da una seria programmazione economica, hanno prodotto un aumento del debito e un impoverimento degli unici che pagano le tasse ovvero dipendenti e pensionati, ai quali ha sottratto di tasca i soldi per le sue elargizioni . Per non parlare del job act ! Miliardi buttati al vento !



Ma perchè sui TG non ne fanno un minimo accenno?
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Cultura d'Autunno 2014
23/04/2016 12:15

Re: Re:
cannonball, 23/04/2016 11.21:



Ma perchè sui TG non ne fanno un minimo accenno?




per lo stesso motivo che i TG non fanno cenno a tutto ciò che non funziona nel governo Renzi,

il Jobs Act per esempio, perche nessuno dice che dall'inizio dell'anno la assunzioni sono crollate? semplcemente perchè gli incentivi sono finiti e quindi tutto ritorna com'era prima.

www.lastampa.it/2016/04/20/economia/senza-incentivi-il-lavoro-resta-al-palo-da-inizio-anno-crollano-le-assunzioni-LO8347d3QKhLihcYxYBYEL/prem...
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23/04/2016 15:13

Re: Re: Re:
riccardo60, 23/04/2016 12.15:




per lo stesso motivo che i TG non fanno cenno a tutto ciò che non funziona nel governo Renzi,

il Jobs Act per esempio, perche nessuno dice che dall'inizio dell'anno la assunzioni sono crollate? semplcemente perchè gli incentivi sono finiti e quindi tutto ritorna com'era prima.

www.lastampa.it/2016/04/20/economia/senza-incentivi-il-lavoro-resta-al-palo-da-inizio-anno-crollano-le-assunzioni-LO8347d3QKhLihcYxYBYEL/prem...




[SM=x44465] ma le opposizioni perchè rimangono in silenzio? Perchè non riescono a trovare qualche media che dia loro voce per informarci di quello che non va come dovrebbe?
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