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Niente voto anticipato e niente UDC, così decidono Umberto e Silvio

Ultimo Aggiornamento: 27/08/2010 09:52
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06/08/2010 15:16

La maggioranza non c’è più, cosa farà Berlusconi?
Può fare le elezioni anticipate, ora che Fini è debole?
Bossi lo permetterà


Cosa farà adesso Berlusconi? Andrà da Napolitano per chiedere lo scioglimento delle Camere e tornare alle urne? Ammetterà la crisi della maggioranza correndo il rischio che il capo dello Stato ricorra a un governo tecnico? Riuscirà ad allargare la maggioranza con l’acquisto di nuove forze ma senza pagare il prezzo chiesto da Casini, passare per una crisi formale?
La votazione sulla mozione di sfiducia nei confronti di Giacomo Caliendo ha fornito un verdetto impietoso per la maggioranza: senza i finiani, quella stessa maggioranza non esiste più, almeno alla Camera. Basta leggere i numeri: i voti di Pdl e Lega, a favore del sottosegretario (indagato nell’ambito dell’inchiesta sulla “cricca P3″), sono stati 299. Per avere la maggioranza parlamentare ne servono 316. Anche contando gli assenti, l’attuale maggioranza (o sarebbe più corretto dire ex maggioranza) non sarebbe andata oltre quota 309. A Montecitorio Caliendo si è salvato solo grazie all’astensione di Futuro e Libertà, Udc e Alleanza per l’Italia. Quali sono dunque gli scenari che si aprono in una situazione del genere?
Berlusconi ha preso atto della crisi politica che affligge il governo e i suoi, ma l’orgoglio e la testardaggine gli impediscono di ammettere che allo stato attuale delle cose il governo rischia di andare sotto ad ogni votazione.Il premier, durante la cena con i deputati del Pdl e gran parte dei ministri, ha ammesso più volte che la soluzione più probabile sono le elezioni anticipate: “Un altro incidente così e si va al voto”.
Ma Berlusconi sa anche che andare al voto non è così semplice, perché prima di questo Napolitano dovrebbe esplorare le possibilità di un altro governo e sono alti i rischi che questo governo trovi una maggioranza alternativa a quella guidata da Berlusconi. Inoltre Bossi non vuole le elezioni subito, perché dovrebbe presentarsi ai suoi padani col carniere mezzo vuoto, cioè senza avere portato a casa l’obiettivo strategico ventennale della Lega, il federalismo.
Così per l’Italia si prospetta un periodo più o meno lungo di crisi non proclamata, con Berlusconi cucinato a fuoco lento dai suoi avversari, con gli astenuti di ieri che di volta in volta possono decidere se votargli contro o a favore o astenersi ancora. Tutto questo non è un gran bene per il paese, anche se Tremonti garantisce che nulla cambierà, qualsiasi cosa succeda.
L’idea di un rimpasto non sfiora nemmeno Berlusconi, ed è questo che lo differenzia dai leader democristiani e socialisti della Prima Repubblica: come ha scritto su Blitz Quotidiano Giuseppe Giulietti “Andreotti o Craxi avrebbero preso atto del risultato e avrebbe tentato una mediazione politica, una ricomposizione, una trattativa e magari avrebbero proposto un rimpasto”.
Berlusconi invece preferisce minacciare il ritorno alle urne, che rappresentano una sorta di “ricatto” nei confronti dei suoi nemici: il premier sa che in questo momento Fini e i suoi sono ancora “deboli” dal punto di vista elettorale. E’ vero che alcuni sondaggi li accreditano tra il 7 e il 12% (l’ultimo realizzato dall’istituto Crespi parla dell’8%), ma in realtà la forza elettorale di Futuro e Libertà sarebbe inferiore e molto dipenderebbe dalle alleanze che eventualmente Fini stringerà (Casini? Rutelli? Una parte del Pd?).
Andare alle elezioni in autunno non conviene a Fini e questo lo sa, per questo ha deciso di astenersi nella votazione su Caliendo: meglio prendere le distanze in maniera “morbida” dal governo (quindi non votare insieme con la maggioranza ma consentirgli comunque di “vincere”) piuttosto che andare ad uno scontro frontale che avrebbe come unica conseguenza quella di tornare a votare.
Quella del governo tecnico sarebbe anche la soluzione preferita da Napolitano: il presidente della Repubblica potrebbe affidare il nuovo esecutivo a personalità “neutre” come ad esempio il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi. In questo modo Napolitano sa che non verrebbe intaccata la propria posizione, in vista di un eventuale rinnovo del mandato presidenziale: un’eventuale vittoria elettorale di Berlusconi e della Lega potrebbe spianare la strada alla riforma in chiave presidenziale che porterebbe Berlusconi dritto dritto al Quirinale.
Nel frattempo, Berlusconi si è preso una “pausa di riflessione” di 15 giorni: ufficialmente queste due settimane serviranno alla riorganizzazione del partito, verosimilmente saranno utili a formulare una “strategia” in vista del possibile voto. Resterebbe a questo punto da decidere la data per andare alle urne: negli ambienti di Palazzo Chigi si parla di novembre, ma non è ancora esclusa l’ipotesi di rimandare il tutto in primavera. Questa sarebbe la soluzione preferita anche dalla Lega, che spera nel frattempo possa passare la legge sul federalismo.

Fonte: blitzquotidiano

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06/08/2010 15:21

Berlusconi sfida Fini sul programma, Pdl si prepara al voto

Rilancio su quattro punti: giustizia, fisco, sud e federalismo. Pdl si prepara al voto


ROMA - Una sfida sul programma elettorale, che sarà rilanciato a settembre: giustizia, fisco, sud, federalismo. Berlusconi si rivolge così ai finiani che hanno lasciato il Pdl ma non la maggioranza. Gaetano Quagliariello spiega l'esito del vertice di ieri: 'C'é una strategia che tende a consumare un governo che ha ben lavorato per degradarlo a esecutivo dimezzato. Finché questo non si realizzerà, andremo avanti sfidando i finiani sul rilancio del programma'. Federalismo fiscale e giustizia saranno i punti chiave per il ministro leghista Roberto Calderoli, che intende vedere Fini per verificare se ci sono margini di mediazione; mentre l'ex ministro dell'Interno Beppe Pisanu si oppone al voto anticipato e propone un governo di solidarietà nazionale guidato da Berlusconi. 'No ai veti nell'opposizione - dice il leader del Pd Pier Luigi Bersani - La posta in gioco è chiudere il ciclo berlusconiano che dura da 16 ann'.

Fonte: ANSA

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06/08/2010 15:30

Anche Bossi si prepara alle elezioni
Casini: "Squadrismo contro Fini"

Il leader della Lega sulle fibrillazioni della maggioranza: "Se si va alle elezioni spazziamo via tutti". Il segretario Udc difende il presidente della Camera dopo le inchieste partite dai giornali vicini a Berlusconi. Vertice a Palazzo Chigi: "Avanti con il programma o si vota". Granata: "Ne vedremo delle belle...". Sulle alleanze duello Di Pietro-Pd

ROMA - All'indomani del voto sulla sfiducia a Caliendo, il leader della Lega prende atto delle difficoltà della maggioranza: "E' molto difficile andare avanti così", dice Umberto Bossi riferendosi al fatto che a ogni passaggio parlamentare il governo sarà in bilico. "A settembre ne vedremo delle belle", avverte il finiano Granata. Nuovi scenari in vista? Magari quel governo di transizione da molti ipotizzato? Non per Antonio Di Pietro: "Berlusconi non lo permetterà perché sa che una maggioranza senza di lui farebbe una legge elettorale non tagliata su di lui e delle regole sul conflitto di interesse". Dunque Pd e Idv dovranno "andare a elezioni a viso aperto". E soprattutto "il Pd dovrà fare le sue scelte: di qua c'è lo schieramento della legalità", insiste Di Pietro, "di là la palude della Balena bianca". In serata arriva la risposta dei democratici, affidata alle parole di Giorgio Merlo. "Il Pd, come è ovvio, non disdegna l'alleanza con le forze politiche, di nuovo o di vecchio conio, che hanno come obiettivo la costruzione di una alternativa riformista e democratica al centro destra. Piaccia o meno all'on. Di Pietro".

L'ipotesi di elezioni anticipate, comunque, non spaventa il ministro delle Riforme. Che prima attacca Fini ("Lasciamolo andare al mare") poi boccia ogni ipotesi di governi di transizione ("il Paese cadrebbe nell'istabilità, confido nel Colle"), magari con a capo Giulio Tremonti ("mica è scemo ad accettare. Lui vuole bene a Berlusconi"). Infine si dice certo della vittoria elettorale: "Se si vota noi e il Pdl insieme spazziamo via tutti. Se sta con noi, Berlusconi vince". Allenza scontata dunque? Non proprio: "Vedremo, contano i programmi". Più tardi, però, una nota del Carroccio, smentirà ogni tipo di perplessità del Senatur: "Il 'vedremo' era in risposta alla domanda sulla possibilità di elezioni anticipate e non alla certezza di una intesa con il Cavaliere".

Casini difende Fini. Il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, si sofferma invece sulle inchieste partite dai giornali vicini a Berlusconi contro Gianfranco Fini: "Non mi piace lo squadrismo intimidatorio nei confronti del Presidente della Camera. Se uno è un delinquente, lo è sempre. Una persona non è delinquente se fa una scelta oppure santa se ne fa un'altra".

Per il leader centrista "l'evocazione così superficiale di elezioni anticipate sarebbe una fuga dalla responsabilità del tutto incongrua". Un riferimento netto alle ormai palesi intenzioni del premier, che, dopo lo strappo dei finiani, evoca continuamente le urne. Confermate oggi da Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del consiglio: "Nel momento in cui è avvenuto il distacco da parte di una componente della maggioranza, il premier ha avvertito tutti, 'state pronti' per possibili elezioni".

"Berlusconi oggi ha due strade davanti. Se vede l'impossibilità di governare fa bene ad andare al quirinale a dimettersi - dice Casini - l'altra strada, che secondo noi è più seria, è confrontarsi con le novità emerse ieri" con il voto della Camera sul sottosegretario Caliendo. "Non è nato un nuovo polo o il grande centro, ma si è data voce ad un'esigenza che nel paese sta montando giorno dopo giorno. Un'area di responsabilità nazionale che nasce non per sfasciare ma per ricucire il paese".

Poi Casini torna sulla necessità di un governo di responsabilità nazionale da lui lanciato da tempo: "E' indispensabile per risolvere le difficoltà degli italiani". E al Pd dice: "E' stato rapido a capirne l'urgenza, dalla maggioranza siamo ancora agli anatemi e alle scomuniche".

Vertice a palazzo Chigi. Avanti nella realizzazione del programma, ma se qualcuno nel centrodestra ritiene di venir meno al patto siglato con gli elettori, ne assumerà la responsabilità. E l'unica alternativa sarà il voto. E' questa la linea del vertice Pdl illustrata, al termine della riunione, dal capogruppo al Senato, Maurizio Gasparri. All'incontro, oltre a Berlusconi, erano presenti i tre coordinatori nazionali del partito (Ignazio La Russa, Denis Verdini e Sandro Bondi) i capigruppo di Camera e Senato , il ministro della Giustizia Angelino Alfano, quello dell'Economia Giulio Tremonti e il ministro per le Infrastrutture Altero Matteoli. Presenti i due sottosegretari alla presidenza del Consiglio Gianni Letta e Paolo Bonaiuti. All'incontro hanno preso parte anche il ministro Giorgia Meloni, il ministro Maria Vittoria Brambilla che presiede i Circoli della Libertà e Mario Valducci che guida i Club della Libertà. Un segno della volontà Berlusconi di ascoltare le proposte di rinnovamento del Pdl e di mettere mano all'organizzazione del partito. Era presente anche il senatore Mario Mantovani, responsabile dei 120.000 "difensori del voto" che hanno il compito di presidiare i seggi durante le elezioni

Alfano. "Non ci può essere contraddizione tra legalità e garantismo. Si tratta di due aspetti che si tengono insieme in modo complementare". Lo afferma il ministro della Giustizia Angelino Alfano. "Legalità - spiega il guardasigilli - non vuol dire che un atto del pm coincide con la verità, e garantismo non significa impunità. E' questo l'aspetto costituzionale voluto dai padri fondatori nel 1948 e che noi abbiamo voluto difendere. Su questo principio di legalità accettiamo la sfida di chiunque".

Fonte: Repubblica

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07/08/2010 14:24

Processo breve, legge bavaglio, lodo Alfano
così il premier vuole 'incastrare' i dissidenti

Berlusconi prepara il piano-giustizia di settembre. Nel progetto anche la separazione delle carriere e la riforma del Csm. Tutto si giocherà sulla norma transitoria. I finiani: "Aspetta al varco i nostri 'no' per far saltare il banco.Ma noi a questo gioco non ci prestiamo"

Chi lavora con lui al programma già ammette riservatamente che il capitolo sulla giustizia sarà quello più esplosivo. Scritto apposta per misurare l'effettiva volontà dei finiani di andare avanti o mandare tutto all'aria. Ed essere costretti, qualora ci fossero dei loro ripetuti no, magari ad andare pure alle elezioni. Ma gettando sugli uomini del presidente della Camera tutta la responsabilità e cercando di evitare la fuga di chi, tra i berluscones, odia il voto anticipato e sarebbe tentato di abbandonare in quel caso la barca. Venti, trenta parlamentari si vocifera.

Processo breve in versione hard, lodo Alfano costituzionale, ddl intercettazioni rivisitato rispetto al testo sdoganato dagli stessi finiani. E poi la responsabilità civile dei magistrati e l'attribuzione di poteri assoluti alla polizia giudiziaria, tutto a svantaggio dei pubblici ministeri. E ancora la tanto promessa separazione delle carriere e del Csm, uniti al cambio di guardia sull'obbligatorietà dell'azione penale. Chiosa un berlusconiano: "È tutto quello che il Guardasigilli Alfano avrebbe dovuto fare in questi due anni e che non ha fatto...". Già, il famoso programma del Pdl sulla giustizia, ancora lì, rimasto sulla carta. Schiacciato dall'emergenza dei processi di Berlusconi, che anche stavolta la fanno da padrone. Processo breve e lodo Alfano servono a questo, per far fronte alle tre grane giudiziarie milanesi (Mills, Mediaset, Mediatrade) per ora congelate solo grazie al legittimo impedimento sponsorizzato da Casini, ma lì pronte a ripartire se solo la Consulta azzera o sconquassa la legge il prossimo 14 dicembre.

Dalla parte di Fini capiscono l'antifona e reagiscono a metà tra la fermezza e il dialogo. Con una strategia in testa, riassumibile così: "Berlusconi cerca di provocarci. Lui aspetta al varco i nostri "no" per far saltare il banco. Ma noi a questo gioco non ci prestiamo". E allora la reazione è tutt'altra. Anche questa sintetizzabile in una battuta, che si poteva raccogliere ieri da più di un finiano: "La nostra è una linea attendista, ma anche ottimista: noi non diamo lasciapassare a scatola chiusa, sulla base di una riga generica in un presunto programma. Vogliamo andare a fondo. Conosciamo l'uomo Berlusconi, sappiamo che nelle leggi sulla giustizia la trappola si può nascondere pure in una sola riga. Quindi, prima di pronunciarci, vogliamo prima vedere i testi perché due anni di legislatura ci hanno insegnato che pure nelle virgole di queste leggi si celano... diciamo... delle anomalie".

E per dimostrare che non ci sono atteggiamenti preconcetti a prescindere, ecco che i finiani citano due casi e fanno una differenza. Tra lodo Alfano e processo breve. "In linea di principio, sul lodo in veste costituzionale non c'è un nostro "no" di tipo aprioristico. Alla fin fine, approvarlo è quasi un dovere dopo aver già detto sì al legittimo impedimento che ne era il presupposto. Ma sul processo breve la musica è tutt'altra. Lì vogliamo andare con estrema cautela". E insistono con la litania dei testi scritti, perché "senza quelli non si dice né sì, né no a una legge sulla giustizia".

E qui, inevitabilmente, si sente già aria di "confronto sostenuto". Di rissa. Inevitabile, come quella sulle intercettazioni. Ancora più violenta questa perché in ballo ci sono i dibattimenti del premier. Il quale si è già fatto due conti. Il lodo Alfano è fermo al Senato, ha davanti quattro passaggi parlamentari e un referendum confermativo perché la sinistra non lo voterà mai. Quindi, dal punto di vista dell'immediata utilizzabilità, è comunque una legge inutile. Resta il processo breve, dibattimenti da tre anni in primo grado, due in secondo, uno e mezzo in Cassazione, per "spegnere" subito quelle inchieste giudiziarie. Soprattutto se la Consulta boccia lo scudo provvisorio.

Per l'ennesima volta, nella storia delle leggi ad personam di Berlusconi, tutto si giocherà sulla norma transitoria. Che già è stata oggetto di duro scontro con le opposizioni e su cui sono già appuntati i riflettori del Quirinale. Quell'ultimo articolo di una legge che stabilisce se si applica oppure no, e in che misura, oppure in che misura ai processi in corso. I finiani sono d'accordo sul principio che il processo non può durare all'infinito. Lo ribadiscono. Ma sono contrari a una legge che "cada come una mannaia sui processi in corso" solo per salvare il premier perché questo "è inaccettabile".

Fonte: Repubblica

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07/08/2010 14:24

Ennesima sceneggiata politica, con Fini che ha fatto da spalla al primo attore, il Cavaliere. Con il presunto terzo polo, in realtà, Berlusconi ha trovato il modo di garantirsi i voti (o le astensioni) del partito di Casini. Inoltre i finiani non possono permettersi il lusso di far cadere ora il governo perchè sarebbero politicamente fuori dai giochi di potere: Berlusconi rivincerebbe e Fini gli si dovrà inchinare davanti. Inoltre ci sono troppi "neofiti" che se cade la legislatura non riuscirebbero a garantirsi la pensione d' oro per il loro mandato elettorale. Queste cose Berlusconi le sa e ora alza la posta, chiedendo tutto quello che prima del voto sulla mozione su Caliendo non avrebbe potuto chiedere. Berlusconi sa che cadrebbe senza i voti dei dissidenti (ammesso che le opposizioni facciano il loro lavoro) ma sa anche che sono i dissidenti finiani a perderci di più dalla fine anticipata della legislatura: lodo, legge bavaglio, processo breve, riforme del CSM, la giustizia è in mano al Cavaliere di Arcore e tramite lui alle forze oscure del Male.

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09/08/2010 15:02

Premier: "Mobilitazione permanente"
"8100 gazebi per spiegare quanto fatto"

E' necessaria "una mobilitazione permanente per contrastare i disfattismi e i personalismi di chi antepone i propri particolari interessi al bene di tutti, al bene del Paese". E' quanto scrive il premier Silvio Berlusconi in una lettera ai Club della libertà. "Dovremmo riuscire a collocare in ogni piazza degli 8.100 Comuni della nostra Italia un nostro banchetto" per spiegare "il lavoro fatto in due anni", annuncia il Presidente del Consiglio.


"Abbiamo agito bene, ma bisogna comunicarlo. Per questo motivo vi chiedo di essere il megafono dell'azione di governo sul territorio. E' necessario far conoscere questi provvedimenti a tutti gli italiani. Dovremmo riuscire a collocare in ogni piazza degli 8100 comuni della nostra Italia un nostro banchetto, un nostro gazebo e nostri sostenitori che spieghino quanto il governo è riuscito a realizzare in due anni di appassionato lavoro". Lo scrive il premier Silvio Berlusconi in una lettera inviata ai club della libertà.

"Per questo motivo - prosegue - vi chiedo la disponibilità a partecipare a questa grande opera di diffusione attraverso una capillare rete di militanti basata sulla suddivisione delle 60mila sezioni elettorali. Sarà il più grande porta a porta mai realizzato in Italia, ed è per questo che chiedo il contributo di tutti coloro che credono negli ideali di libertà".

"La manovra economica, che mette in sicurezza i conti dello Stato e prevede decisive innovazioni sul campo della semplificazione legislativa. Il Senato ha approvato una fondamentale riforma dell'Università per rimettere al centro il merito a discapito delle baronie. Ancora, la riforma del Codice della strada, la più importante dai tempi della patente a punti, determinante per rendere le nostre strade più sicure e fermare quella mattanza che costa ogni anno quasi 5mila vite umane", sottolinea.

"Infine, ancora una volta con i fatti, abbiamo dato un segnale fortissimo per la lotta alla mafia -rimarca Berlusconi- con l'approvazione al Senato del Codice unico contro le mafie, che conferma la dirompente azione del governo nel contrasto alla criminalita' con la cattura di oltre seimila presunti mafiosi, di 26 dei 30 latitanti più pericolosi e con il sequestro di 13 miliardi di beni mafiosi".

Fonte: tgcom

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10/08/2010 11:36

wow ... Berlusconi è diventato trotskista !!!!

[SM=x44455]

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We'd all like t'vote for th'best man, but he's never a candidate (Frank McKinney "Kin" Hubbard).
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10/08/2010 11:42

Re:
paperino73, 10/08/2010 11.36:

wow ... Berlusconi è diventato trotskista !!!!

[SM=x44455]




Guarda che in realtà è sempre stato comunista. Nota come ha sempre applicato il "culto della personalita" tanto quanto Mao, Stalin, Ho Chi Min. Tito......

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Grazie all'umorismo si può sdrammatizzare ogni cosa.
Voi direte che non è vero, su certe cose non si può ridere... per esempio lo stupro.
Ah no? Allora sentite qua: immaginate Stanlio che stupra Ollio! (Daniele Luttazzi)

Qui non si fanno distinzioni razziali.
Qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani o messicani!
(Full Metal Jacket-Sergente Hartman)

KEINE GEGESTAENDE AUS DEM FENSTER WERFEN
IS DIE BENUTZUNG DES ABORTES NICHT GESTATTET



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11/08/2010 14:54

Ma soprattutto si fa i cazzi suoi (nel senso che con le leggi si aggiusta le pendenze con fisco e giustizia) e poi si comporta come il bue che chiama cornuto l' asino.
Il lodo Mondadori è l' ultima delle porcate che ha fatto per sè ma facendole passare come per il bene del paese.
[Modificato da binariomorto 11/08/2010 14:54]

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14/08/2010 00:14

Napolitano si schiera contro Berlusconi.
Dice sull’Unità: “Lascia stare Fini” e avverte:
“Solo io decido le elezioni anticipate”


Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha scelto il suo giornale di una volta, l’Unità, per prendere posizione sul tema che tiene caldo questo Ferragosto sempre più freddo dal punto di vista meteorologico, la rissa via giornali, tv e siti internet tra il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il presidente della Camera Gianfranco Fini. Lo fa in modo abbastanza improprio per un capo di Stato, scegliendo un giornale molto di parte e molto schierato, e intercalando giudizi politici che sono poco consoni alla carica e affermazioni quasi ex catedra che giungono solo in ritardo.
Infatti, con l’occasione Napolitano dice anche una parola defintiva sul tema delle elezioni anticipate e dice quello che poteva credere solo chi non riflette e abbocca alle parole dei politici come fonte di verità, purtroppo la maggioranza degli italiani, dei politici e quel che è più grave dei gornalisti. Napolitano dice che l’Italia non è l’Inghilterra e che il potere di sciogliere le Camere lo ha solo lui, il presidente della Repubblica, e lo deve fare secondo una precisa procedura prevista dalla Costituzione che, piaccia o non piaccia a Berlusconi, è ancora in vigore.
Ha detto Napolitano all’Unità: ”Ho trascorso otto giorni di riposo come si possono trascorrere qui a Stromboli, un luogo straordinario” ma ”ciò non toglie che mi sia sentito e mi senta molto inquieto per le vicende politiche di queste due settimane e per le loro implicazioni istituzionali”.
Come per dare un maggiore senso i urgenza alle sue parole, Napolitano ha fatto coincidere l’intervista con la fine della vacanza a Stromboli, tornando in terraferma per passare il Ferragosto nella tenuta di Castel Porziano. Il presidente della Repubblica e la moglie, Clio, sono giunti a Napoli provenienti da Stromboli, con la motonave ”Laurana”, della Siremar, come dei comuni mortali, pochi minuti prima delle 8.30 di venerdì 13.
Rilassato, in giacca blu e pantaloni grigi, senza cravatta e con scarpe da tennis ai piedi, il presidente si è limitato ad un cenno di saluti a giornalisti ed operatori ed è subito salito in macchina.
Napolitano dice cose molto giuste e sentite dalla maggioranza di noi. Purtroppo ne dice solo alcune e le dice dal pulpito sbagliato. Giustamente attacca Berlusconi per il clima da osteria che ormai domina la politica italiana. Però dimentica la rissa in diretta tv cominciata proprio da Fini, dimentica l’imbarazzo che provano gli elettori di destra e gli italiani in genere nell’apprendere il nepotismo (sarebbe meglio dire cognatismo e suocerismo) dispiegato, all’ombra dell’alta carica ricoperta, da Fini.
Sembra quasi che al lodo Alfano che protegge Berlusconi dalla giustizia, il presidente della Repubblica abbia voluto alzare un lodo Napolitano per esentare Fini dalle conseguenze non solo giudiziarie ma anche solo etiche del suo agire.
Nota il presidente della Repubblica che ancora una volta ”è scattato un clima di polemiche e contrapposizioni esasperate sul piano politico”, mentre si sta “diffondendo in generale un senso di grave precarietà e incertezza per quel che può accadere sul piano della governabilità”’.
Dice ancora il Presidente: ”Ho sempre ritenuto che nessun contrasto politico debba investire impropriamente la vita delle istituzioni. Perciò è ora che cessi una campagna gravemente destabilizzante sul piano istituzionale qual è quella volta a delegittimare il presidente di un ramo del Parlamento e la stessa funzione essenziale che egli è chiamato ad assolvere per la continuità dell’attività legislativa”.
Napolitano riconosce che ”ci sono in Italia segni recenti, positivi e incoraggianti di ripresa produttiva, di ritorno alla crescita pur se il quadro mondiale resta critico”, ma ammonisce che “occorre però consolidarli e rafforzarli e far fronte alle tante difficoltà e incognite che restano con visioni politiche e azioni di governo adeguate e coerenti”. Per questo il capo dello Stato si chiede ”quali sarebbero le conseguenze per il paese” se invece ‘’si andasse verso un vuoto politico e verso un durissimo scontro elettorale”.
Seguono parole da brivido per Berlusconi e i suoi, che da mesi, in testa il presidente del Senato, Renato Schifani, agitano come una clava la minaccia di ricorrere a elezioni anticipate. Dice il Presidente: ”Sarebbe bene che esponenti politici di qualsiasi parte non dessero indicazioni” sul ricorso o meno al voto anticipato ‘’senza averne titolo e in modo sbrigativo e strumentale [...] Le mie responsabilità istituzionali entreranno in gioco solo quando risultasse in Parlamento che la maggioranza si è dissolta e quindi si aprisse una crisi di Governo. Compirò in tal caso tutti i passi che la Costituzione e la prassi ad essa ispiratasi chiaramente dettano”.
Questo è un lingotto di ghiaccio giù per la schiena di Berlusconi. Il messaggio è chiaro: non pensare che vieni da me, come hai letto sui giornali che ha fatto Brown con la regina Elisabetta, mi dici di sciogliere le camere e io lo faccio. Vieni da me, ti dimetti e io faccio quello che devo, cioè verifico se, senza di te, con un altro capo del Governo, è possibile formare una nuova maggioranza”. C’è un precedente illustre, dopo il primo governo Berlusconi, quando Bossi lo fece cadere e a Berlusconi subentrò Dini e poi un lungo periodo di governo della sinistra.
Berlusconi tutto questo lo sa bene e lo ricorda altrettanto bene, ma per uno come lui nemmeno il cielo è un limite e provarci, con la sua faccia, è il minimo.
Napolitano, pur precisando di non poter naturalmente entrare nel merito della vicenda né di voler esprimere valutazioni o previsioni, osserva comunque che quello che si è aperto ”è un serio conflitto politico dentro la coalizione uscita vincitrice dalle elezioni 2008”.
Infine un monito magistrale: ”Questo è il momento di abbassare i toni, di compiere uno sforzo di responsabile ponderazione tra le esigenze della chiarezza politica e quelle della continuità della vita istituzionale, guardando al paese che ha bisogno di risposte ai propri problemi anziché di rese dei conti e di annunci minacciosi nell’arena politica cui non consegna alcuna prospettiva generatrice di fiducia”.
Parole alte, nella sede sbagliata. Per il ruolo che occupa, per la irresponsabilità politica che caratterizza la carica, non le avrebbe dovute affidare a un giornale, per di più al giornale che fino a poco tempo fa era ufficialmente l’organo del Pci, di cui Napolitano era esponente silente (difficile sarebbe stato il contrario) ma di spicco. La Cosituzione sembra andare stretta non solo a Berlusconi, che non perde occasione per dirlo, ma anche a Napolitano, che non ce l’ha più fatta nel limite assegnato per le sue comunicazion, i messaggi alle Camere. Tutto questo è un ricordo di un passato tnto deprecato quanto migliore. E d’altra parte, dopo le scandalose “esternazioni” di Cossiga, tutto è possibile: Napolitano, Fini, Berlusconi.

Fonte: blitzquotidiano

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23/08/2010 11:21

Il Cavaliere convinto che Bossi darebbe il via libera per salvarlo

UGO MAGRI
C on Umberto alla fine ci siamo sempre trovati d’accordo», rassicura i suoi Berlusconi, «gli parlerò tra breve, cercherò di far capire a lui e alla Lega in che modo Casini può essere utile ai nostri piani, e vedrete che andrà bene anche stavolta...». Dunque il Cavaliere ha intenzione di insistere, la prima reazione di Bossi non lo turba più di tanto. Quando Silvio cavalca un’idea risulta difficile fargliela abbandonare. E la sua idea non è affatto di inglobare i centristi, i quali tra l’altro fuggirebbero a gambe levate. Per come ne ha ragionato il premier nelle ultime riunioni, dapprima venerdì poi nuovamente sabato, il Cavaliere ha in testa un riavvicinamento strategico sotto le insegne del popolarismo europeo cui si richiamano tanto il Pdl quanto l’Udc. Tempi lunghi ma non eterni. Nella prospettiva di tornare alleati, tramite un patto federativo, alle prossime elezioni politiche. E nel frattempo, di ottenere da Casini una mano nei passaggi parlamentari più delicati. Per esempio, nella fiducia sul nuovo programma in cinque punti? No, lì Silvio spera di farcela con le sue forze, raccattando un po’ di parlamentari qua e là. E i toni sopra le righe di queste ore, con il richiamo teatrale alle urne dietro l’angolo, servono appunto per spaventare qualche finiano in crisi, un po’ di cani sciolti, e raggiungere quota 320 deputati alla Camera (la maggioranza è di 316). Dai centristi il Cavaliere si aspetta un altro genere di aiuto.

Per esempio, una mano sulla giustizia, utilissima quando si tratterà di votare uno «scudo» (magari a scrutinio segreto) per il capo del governo assediato dai pm. Ma l’interesse di Berlusconi per Casini va perfino oltre. E’ opinione corrente, tra i consiglieri dei Principe, che «una volta salvato il governo sia altrettanto necessario portare a casa la legislatura». In altre parole, occorre dotare il premier di una base politica più larga, meno asfittica, in grado di sorreggere le riforme. Altrimenti tra tre anni il fiasco, soggiungono, sarà garantito. Messa in questi termini Bossi potrebbe dare via libera, in quanto pure lui è interessato a fare il federalismo. L’Udc rema contro, però mai dire mai. E comunque, quali alternative ha il Cavaliere? Tuffarsi in un bagno elettorale? Sotto questo aspetto nulla è cambiato, assicura Quagliariello, resta valido il documento varato tre giorni da dal vertice Pdl: «O c’è una maggioranza autosufficiente, nel qual caso si va avanti, altrimenti le elezioni diventano inevitabili. Tutto qui. Forzature in un senso o nell’altro sarebbero sbagliate». Non inganni dunque il linguaggio tonitruante del messaggio berlusconiano ai Promotori della libertà, coordinati da una Michela Vittoria Brambilla di nuovo sugli scudi e regista del nuovo movimentismo, come ai tempi del predellino: potendo, Berlusconi sceglierebbe mille volte di evitare le urne. Nel qual caso sarebbe pronto a lanciare una campagna mediatica durissima contro i «traditori» interni, anziché contro i soliti «comunisti».

Una svolta anticipata ieri da Arona («non mi regolerò come in passato...») e illustrata così dal portavoce Bonaiuti: «Chi dovesse venir meno al proprio mandato elettorale sarebbe certamente libero di farlo, salvo poi doversi giustificare dinanzi ai propri elettori». Minacce e pressioni psicologiche, accompagnate da una fitta azione di «intelligence» o, se si preferisce, di spionaggio. Tutto quanto accade nel campo finiano viene monitorato giorno e notte dai «berluscones», ieri in agitazione per la voce seguente: il presidente della Camera farà certamente il suo partito, al 90 per cento lo annuncerà nel discorso di Mirabello il 5 settembre prossimo, e come segretario metterà il moderato Urso. Qualcuno tra i fedelissimi del premier ci vedrebbe un timido disgelo, altri invece alzano le spalle: «Tanto tra i finiani la regia resterebbe comunque ai Granata e ai Bocchino...».

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I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac Man avesse influenzato la nostra generazione ora staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva."
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Pochi anni dopo nacquero le feste rave, la musica techno e l'ecstasy...

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26/08/2010 16:06

Bossi: si va avanti cosi', senza Udc e no elezioni

Bonaiuti: Berlusconi soddisfatto dal vertice Bocchino: parole leader della Lega condivisibili


LESA (NOVARA) - "Si va avanti così, ma senza Casini". E' quanto ha detto ai giornalisti Umberto Bossi lasciando, poco dopo le 15 Villa Campari dopo aver incontrato Silvio Berlusconi. "Si va avanti così - ha detto Bossi - senza Casini e senza l'Udc per realizzare il programma". Ad una domanda dei cronisti su possibili elezioni anticipate Bossi ha risposto: "no, al momento non si fa niente".

Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è arrivato in elicottero a villa Campari, a Lesa, per l'incontro con il leader della Lega Umberto Bossi per discutere dell'attuale situazione all'interno della maggioranza del governo. Davanti alla villa molti giornalisti, fotografi e operatori televisivi ma anche tanti curiosi in attesa di poter vedere l'ingresso dei protagonisti del vertice.

Con Bossi la delegazione leghista formata dal ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, dal presidente della Regione Piemonte Roberto Cota e dal capogruppo del Carroccio al Senato Federico Bricolo. A Lesa è arrivato anche il ministro dell'economia Giulio Tremonti ed è atteso il ministro Roberto Maroni.

BONAIUTI, PREMIER SODDISFATTO, CON BOSSI VA SEMPRE BENE - "Il presidente Berlusconi è soddisfatto, come sempre non poteva mancare l'accordo con Bossi e con la Lega". Lo afferma il portavoce del presidente del Consiglio, Paolo Bonaiuti, commentando al telefono il vertice di Lesa.

BOCCHINO (FLI): BENE BOSSI, VELLEITA' UDC A POSTO NOSTRO - "Le parole di Bossi sul voto anticipato sono più che condivisibili, non c'é ragione di andare alle elezioni anticipate. La maggioranza ha gli stessi voti della prima fiducia, solo che ora i soggetti che la formano non sono più tre ma quattro: Pdl, Fli, Lega e Mpa. E' velleitario sostituire Fini con Casini". Così Italo Bocchino, presidente dei deputati di Fli, al telefono con l'ANSA. "Noi garantiamo la nostra fiducia sul programma di governo fino all'ultimo giorno di legislatura così come siamo pronti a discutere di altri temi secondo le prerogative dei parlamentari ma non a subire aut aut", aggiunge Bocchino. "E' velleitaria l'idea di qualcuno dell'entourage di Berlusconi di voler sostituire Fini con Casini e va contro la volontà dell'elettorato - spiega ancora Bocchino - Sostituire Fini con Casini, come forse pensava di fare qualcuno, non interessa a Casini e non interessa neanche alla Lega". "Diverso sarebbe un ragionamento 'tatarelliano' di allargare la maggioranza a quell'area moderata che rappresenta il 65% degli italiani - continua Bocchino - in quel caso se ne può discutere ma non sarebbe una novità. Lo stesso Berlusconi lo ha proposto a Casini che gli ha detto no, a Rutelli che gli ha detto no e ultimamente a Riccardo Villari, senatore rimasto deluso dal Pd. Ecco, nel caso Berlusconi volesse allargare la maggioranza senza rinunciare a chi è stato votato dall'elettorato, se ne può discutere".

BOCCHINO, NO ANNUNCIO NASCITA PARTITO A MIRABELLO - "Non è in programma per Mirabello l'annuncio di nessun partito, settembre sarà un mese delicato ed è bene che non ci siano scatti e strappi da parte di nessuno". Lo afferma Italo Bocchino, presidente dei deputati di Fli, ai microfoni del Tg3. Una riunione del gruppo del presidente della Camera è invece in programma nei giorni precedenti la festa di Mirabello.

''Non e' in programma per Mirabello l'annuncio di nessun partito, settembre sara' un mese delicato ed e' bene che non ci siano scatti e strappi da parte di nessuno''. Lo afferma Italo Bocchino, presidente dei deputati di Fli, ai microfoni del Tg3. Una riunione del gruppo del presidente della Camera e' invece in programma nei giorni precedenti la festa di Mirabello.

BERSANI, NON BASTANO DUE CHIACCHIERE PER RISOLVERE - "Dopo l'agosto che abbiamo visto non bastano due chiacchiere sul lago Maggiore a risolvere il disfacimento di questa maggioranza". Lo ha detto intervistato dal Tg1 il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani che invita il premier as andare "in Parlamento a certificare la crisi: il Paese - ha spiegato - con i problemi che ha non può vivacchiare aspettando tutte le sere il bollettino meteo da Arcore"

MARONI, VEDO OPERAZIONE PER FAR FUORI BERLUSCONI - ''Io non sono certo che si riesca a ricomporre la situazione, credo anzi che ci sia un'operazione in corso per far fuori Berlusconi e dobbiamo capire come muoverci''.

Il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha commentato cosi' la situazione in corso.

''La Lega - ha aggiunto - la sua indicazione l'ha gia' data, se non c'e' una maggioranza che venga certificata bisogna andare subito a nuove elezioni''. Per quanto riguarda invece il rapporto con l'Udc, Maroni ha tagliato corto: ''Bossi ha parlato chiaro''.

Dal vertice ''mi aspetto che si prenda una decisione su cosa fare nei prossimi giorni della settimana che saranno decisivi'' auspica il ministro dell'Interno. ''Mi aspetto una strategia - ha aggiunto - che significa saper cosa fare nel caso che accada una certa cosa e cosa fare nel caso che ne succeda un'altra per evitare di trovarci impreparati''.

"Non è accettabile che chi ha perso le elezioni governi, chi ha vinto deve governare e tutto ciò che è diverso da questo sa molto di palazzo romano e poco di democrazia". Il ministro dell'Interno Roberto Maroni, parlando al Meeting di Cl in una conferenza stampa, è tornato a spiegare meglio il suo sospetto di "un'operazione per far fuori Berlusconi" a cui aveva accennato in precedenza. "Non è un complotto - ha detto Maroni - ma un progetto che a me non piace, ma che è sostenuto da molti.

Il progetto prevede di concludere il lungo e utile periodo di guida di Berlusconi e sostituirlo con qualche altra cosa. Non ci sono complotti o società segrete, lo vedo leggendo sui giornali: quando qualcuno dice prima la liberazione dal berlusconismo, poi si vedrà o propone un governo tecnico, mi sembra un progetto, politicamente legittimo, ma che non tiene conto del sistema di democrazia reale, che a me non piace e che io intendo contrastare. Io e la Lega siamo contrari".

IDV, LA PAURA FA NOVANTA, BERLUSCONI TEME LE URNE - "Come era facile prevedere la paura fa novanta. Il dato che emerge dal vertice tra Berlusconi e Bossi è la conferma che l'attuale maggioranza ha paura del voto. Il presidente del Consiglio, infatti, si è reso conto che le elezioni anticipate sarebbero una sicura sconfitta per questo governo. Il dittatorello e i suoi sodali sono proprio arrivati al capolinea". Lo dice il portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando.
"Berlusconi e Bossi sono ormai minoranza nel Paese - prosegue Orlando . Nei prossimi giorni, quando riproporranno le loro scelte dissennate in materia di giustizia e tenteranno di difendere l'impunità dei 'ladroni di Roma', della cricca e della casta, scopriranno quanto è seria l'opposizione in Italia".

PDL: ROTONDI, BERLUSCONI OFFRI' A FINI GUIDA PARTITO - ''Mi risulta che Berlusconi offri' a Gianfranco Fini di guidare il partito e Fini scelse di fare il presidente della Camera''. Lo ha affermato il ministro per l'attuazione del programma Gianfranco Rotondi, parlando dal palco di 'Cortina InConTra'. ''Fu un errore per il partito, per il Governo e per Fini'' ha concluso
Rotondi.

GOVERNO: MARCEGAGLIA, DEVE ANDARE AVANTI, SEGUA PROGRAMMA - "Questo governo deve andare avanti deve governare" è necessario in un contesto di "ripresa fragile". Lo dice la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che sottolinea: "Parlare di elezioni e di una politica che si continua a insultare e non si concentra sui problemi veri è inaccettabile". Il governo "ha avuto la fiducia dei cittadini e ora deve governare e portare avanti il programma per il quale ha avuto la fiducia".

Fonte: ANSA

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26/08/2010 16:16

Bossi e Berlusconi: zero a zero.
Il governo resta a bagnomaria


Bossi e Berlusconi: zero a zero. Il governo resta a bagnomaria. Hanno calcolato pro e contro ed hanno deciso di restare, di malavoglia, in surplace. Fare le elezioni subito è difficile e rischioso, Bossi se ne è fatto una ragione. Ma tirare dentro l’Udc è costoso per Tremonti e rischioso per la Lega, se ne è fatto una ragione anche Berlusconi. Quindi tutti fermi: “hic manemus”, cioè qui restiamo, anche se non “optimae”, cioè per nulla tranquilli e sicuri. A settembre i finiani voteranno la fiducia sui 5 punti. Ma poi? E se poi non votano o non emendano il processo breve? Allora Berlusconi, anzi Ghedini, inventerà un’altra legge scudo o farà di nuovo una corsa alle urne? E se in parlamento qualcuno lavora di emendamenti federalisti alla Calderoli, allora Bossi romperà la tregua? Si vedrà.
Si va avanti senza andare a elezioni anticipate ma un governo con l’Udc è escluso. Silvio Berlusconi non è riuscito a convincere Umberto Bossi della necessità di allargare la maggioranza ai centristi di Casini. Ha però almeno convinto il Senatur che è meglio continuare la legislatura, senza andare alle urne. Ecco quindi che Bossi, uscendo dal vertice a Villa Campari, è rimasto fermo sulla sua posizione nei confronti dell’Udc ma ha “aperto” rispetto alla voglia di andare alle elezioni, già a dicembre, come invece più volte ribadito nei giorni scorsi. “Si va avanti così ma senza Udc, senza Casini – ha affermato Bossi – Si va avanti così per realizzare il programma”. Poi alla domanda dei giornalisti che chiedevano se si fosse parlato di elezioni anticipate, Bossi ha risposto: “No, al momento niente elezioni”.
Berlusconi: “Soddisfatto”. Per quanto riguarda Berlusconi, l’unica reazione ufficiale è arrivata intorno alle 20.30 di sera quando il portavoce, Paolo Bonaiuti, ha diramato questo messaggio alle agenze: ”Il presidente Berlusconi è soddisfatto, come sempre non poteva mancare l’accordo con Bossi e con la Lega”.

Gli argomenti sul tavolo e la trattativa tra Berlusconi e Bossi. Il vertice a Villa Campari è durato quasi sei ore ed è iniziato intorno alle 12. Il presidente del Consiglio è arrivato a Lesa in elicottero, poco dopo mezzogiorno. Qualche minuto dopo c’è stato l’ingresso dello stato maggiore leghista. Assieme a Bossi, sono arrivati il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli, il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota e il capogruppo del Carroccio al Senato Federico Bricolo. Con i leghisti anche il ministro dell’economia Giulio Tremonti. Assieme a Berlusconi, invece, erano presenti anche il coordinatore Denis Verdini e l’avvocato Niccolò Ghedini. Il primo a lasciare il vertice, intorno alle 15, è stato il Senatur, mentre gli altri partecipanti hanno lasciato Villa Campari verso intorno alle 17.30.

Raccontano che l’atmosfera dentro sia stata altalenante: c’e’ chi parla di un clima cordiale; chi di momenti di tensione. Un po’ tutti, pero’, concordano sul canovaccio della conversazione fra i due leader che dopo una ricognizione dell’attuale situazione politica e delle tante variabili che possono influenzare l’esito della legislatura, vede affrontare il nodo principale: quello del voto anticipato. Alle urne, avrebbe ragionato il Cavaliere, non possiamo andare. Ma soprattutto non possiamo dare l’impressione di essere noi a rompere. Gli elettori ci punirebbero e a perderci non sarebbe soltanto il Pdl, ma anche la Lega. Il Senatur, pero’, avrebbe ribadito il suo no ad andare avanti cosi’, galleggiando, rinviando l’inevitabile. Un punto, questo, che avrebbe visto il Cavaliere porre sul piatto della bilancia il rischio che il voto porta con se’: dire cioe’ addio al federalismo, visto che – stando ai sondaggi – nemmeno la forza della Lega garantirebbe una maggioranza in Senato.

Non bastasse cio’ Berlusconi avrebbe argomentato la propria convinzione che alla fine i ‘finiani moderati’ non lasceranno naufragare il governo. Non tutti sono falchi come Bocchino, Granata e Briguglio, molte sono persone ragionevoli, che non vogliono tradire i loro elettori. Tesi, quest’ultima, su cui Bossi pare abbia mostrato scetticismo; ma ’sensibile’ al tema del federalismo avrebbe concesso il beneficio del dubbio all’alleato: va bene, raccontano abbia ragionato il Senatur, se pensi davvero che possiamo andare avanti proviamoci, ma al primo incidente si va dritti alle urne. Eventualita’, questa, alla quale, comunque, il leader del Pdl non intende farsi trovare impreparato. Decisamente meno facile il confronto sul rapporto con l’Udc. Bossi, del resto, si era presentato a villa Campari con un messaggio ben preciso: mai al governo con Casini. E a poco sarebbero servite le spiegazioni di Berlusconi deciso a sostenere le differenze tra l’opposizione dei centristi e quella di Pd e Idv; loro, avrebbe spiegato, sono garantisti, non forcaioli, e per questo potrebbero aiutare a tenere a bada i ‘pm politicizzati’. Argomenti che pero’ non avrebbero smosso il leader della Lega: io quelli non ce li voglio nella maggioranza, avrebbe rimarcato.

A quel punto, Berlusconi avrebbe assicurato che nemmeno loro vogliono entrare ne’ nel governo ne’ nella maggioranza e che con l’Udc si tratterebbe solo di trovare convergenze su alcuni temi specifici. Perche’ dovremmo rifiutare i loro voti in Aula? Sarebbe stato il ragionamento del Cavaliere evitando di dire che il progetto con i centristi vorrebbe essere di piu’ largo respiro e potrebbe un giorno portare ad una alleanza, magari sotto forma di federazione.
Ma non solo di voto anticipato e Udc si sarebbe parlato a villa Campari. Secondo qualcuno, l’ultimo punto discusso sarebbe stato il quoziente familiare: Tremonti (di cui, raccontano le talpe del Pdl, ormai Berlusconi si fida sempre meno), avrebbe ribadito che costa troppo. Il Cavaliere (forte del fatto che e’ previsto nei 5 punti stilati a palazzo Grazioli) che sara’ il primo intervento da realizzare appena i conti lo permetteranno. Probabile che i protagonisti abbiano usato parole diverse, ma il senso del colloquio – almeno a giudicare i commenti successivi – sembra essere stato proprio questo. ”Berlusconi e’ molto soddisfatto”, commenta Paolo Bonaiuti. Ora, pero’, i leghisti attendono le rassicurazioni del premier alla prova dei fatti. Ecco perche’ c’e’ chi parla di semplice ”boccata d’ossigeno” per il Cavaliere.

La “quadra” su cui puntava Berlusconi. Sul tavolo del vertice c’è stata la questione dell’eventuale entrata nel governo dei centristi. Ma il premier non è stato abbastanza convincente, anche se ha “spuntato” almeno che non si vada a elezioni anticipate, come invece auspicato a più riprese da Bossi. Dopo la scissione dei finiani, Berlusconi ha guardato a un governo allargato al partito di Casini come unica alternativa alle elezioni, unica possibilità di ottenere la maggioranza in Parlamento anche senza il sostegno di Futuro e Libertà. Ma Bossi, sin da quando si è iniziato a parlare di questa possibilità, non ne ha voluto sapere e nei giorni scorsi ha sferrato dei duri attacchi in direzione di Casini. Fino ad oggi, quando ha ribadito: no a un governo con l’Udc.

Eppure per convincere l’alleato forte che l’Udc serve al governo, Berlusconi si è presentato al vertice di Lesa con un programma per trovare una “quadra”. Un programma in quattro punti, semplificando, per accontentare sia i leghisti che i centristi e tentare di formare un governo tutti insieme. A Villa Campari, dunque, Berlusconi è arrivato con proposte che non possono non aver allettato la Lega ma che evidentemente non sono bastate per far mandare giù a Bossi il “rospo” di un governo con l’Udc. Le proposte di Berlusconi sono state: l’impegno a varare il prima possibile il federalismo, ma quello reale con la F maiuscola che privilegia le regioni del Nord, e l’impegno a piazzare uomini di fiducia del Carroccio in banche che interessano la Lega. Dall’altra parte, per l’Udc, il premier si impegnerebbe a garantire il quoziente familiare, progetto tanto caro ai centristi, e a finanziare il deficit strutturale delle regioni del sud, palesemente sfavorite dal federalismo come lo vuole Bossi.

I finiani applaudono. “Le parole di Bossi sul voto anticipato sono più che condivisibili, non c’è ragione di andare alle elezioni anticipate. La maggioranza ha gli stessi voti della prima fiducia, solo che ora i soggetti che la formano non sono più tre ma quattro: Pdl, Fli, Lega e Mpa”. Non nasconde la sua soddisfazione il presidente dei deputati di Fli, Italo Bocchino.
I finiani ribadiscono la loro disponibilità a sostenere il governo ma senza ultimatum. “Noi garantiamo la nostra fiducia sul programma di governo fino all’ultimo giorno di legislatura così come siamo pronti a discutere di altri temi secondo le prerogative dei parlamentari ma non a subire aut aut”, aggiunge Bocchino. ”E’ velleitaria l’idea di qualcuno dell’entourage di Berlusconi di voler sostituire Fini con Casini e va contro la volontà dell’elettorato – spiega ancora Bocchino – Sostituire Fini con Casini, come forse pensava di fare qualcuno, non interessa a Casini e non interessa neanche alla Lega”.

Udc: cala il sipario su teatrino politica. “Finalmente sembra calare il sipario sul teatrino della politica alimentato nel mese di agosto dalle convulsioni del Pdl”, commenta in una nota il segreatrio dell’Udc Lorenzo Cesa. “E’ positivo – prosegue Cesa – che si sia accantonata la scorciatoia delle elezioni anticipate, vera e propria fuga dalle responsabilità di governo. Per quanto ci riguarda, continuiamo sulla strada intrapresa, che ha dimostrato efficacia politica e serietà istituzionale. L’opposizione repubblicana non può concorrere allo sfascio dell’Italia, ma all’assunzione di provvedimenti utili ai cittadini: niente sconti per le leggi che non servono e appoggio agli interventi necessari per il Paese”.

Il Pd: “Non scongiurato il rischio voto”. “Dopo l’agosto che abbiamo visto non sarano due chiacchiere sul lago Maggiore a risolvere il disfacimento di questa maggioranza. E’ meglio che vengano in Parlamento a certificare la crisi, il Paese, con tutti i problemi che ha, non può vivacchiare aspettando ogni sera il bollettino meteo di Arcore”. Così il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, intervistato dal Tg1.
“Non mi pare che il vertice abbia scongiurato le elezioni”, dice anche Filippo Penati. “Mi pare solo che si vada a una navigazione a vista, giorno per giorno. Bossi – ha proseguito Penati – ha scongiurato l’allargamento della maggioranza. Ed è chiaro che adesso può far valere il suo potere di veto e le sue condizioni. Il rischio che l’abbraccio sempre più forte della Lega condizioni le scelte di Berlusconi e vedremo se produrrà il suo commissariamento”.

Il messaggio di Maroni. Un’operazione per far fuori Berlusconi.
Mentre a Lesa iniziava l’incontro tra Berlusconi e i quadri del Carroccio, il ministro dell’Interno Roberto Maroni, intevenuto al meetingi di Cl a Rimini, ha commentato così la situazione politica: ”Io non sono certo che si riesca a ricomporre, credo anzi che ci sia un’operazione in corso per far fuori Berlusconi e dobbiamo capire come muoverci”.
“Non è un complotto – ha detto Maroni – ma un progetto che a me non piace, ma che è sostenuto da molti”. Il ministro dell’Interno ha ribadito la posizione sul Carroccio su un esecutivo diverso da quello attuale. “Non è accettabile che chi ha perso le elezioni governi”, ha spiegato Maroni, “chi ha vinto deve governare e tutto ciò che è diverso da questo sa molto di palazzo romano e poco di democrazia”.
E proprio la riunione di Villa Campari tra il presidente del Consiglio e il leader del Carroccio, per Maroni, dovrà dire qualcosa in più sulle mosse future della maggioranza: “Mi aspetto che si prenda una decisione su cosa fare nei prossimi giorni della settimana che saranno decisivi. Mi aspetto una strategia che significa saper cosa fare nel caso che accada una certa cosa e cosa fare nel caso che ne succeda un’altra per evitare di trovarci impreparati”. ”La Lega – ha aggiunto – la sua indicazione l’ha già data, se non c’è una maggioranza che venga certificata bisogna andare subito a nuove elezioni”. Per quanto riguarda invece il rapporto con l’Udc, Maroni ha tagliato corto: ”Bossi ha parlato chiaro”.

Fonte: blitzquotidiano

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27/08/2010 09:52

Casini canta vittoria: "Quelli del voto subito sono stati sconfitti"

L'affondo del leader Udc contro l'asse Bossi-Tremonti
CARLO BERTINI
ROMA

I più contenti sono quelli come Enzo Carra, trasmigrati pochi mesi fa armi e bagagli dal Pd allo Scudocrociato: «Ci siamo tolti un peso dallo stomaco. Da un mese ogni mattina mi svegliavo con il patema d’animo che l’Udc da un momento all’altro sarebbe entrato nel governo con Berlusconi». I più paludati sono quelli con ruoli apicali, come il segretario Lorenzo Cesa, che dopo aver lanciato un segnale di avvertimento in mattinata, della serie «non ci interessa la logica di aggiungi un posto a tavola», alle sei della sera intona un de profundis che suona come un sospiro di sollievo: «Finalmente è calato il sipario sul teatrino di agosto alimentato dalle convulsioni del Pdl». Quindi, meno male che «è stata accantonata la scorciatoia delle elezioni anticipate, vera e propria fuga dalle responsabilità di governo». Una scorciatoia che, non è Cesa ad ammetterlo, ma Carra sì, «ci avrebbe costretto a misurarci con tutta una serie di varianti sul cosa fare, tra governi tecnici e via dicendo...».

I più sferzanti sono quelli come Rocco Buttiglione che dopo aver risposto in questi giorni colpo su colpo agli insulti di Bossi contro gli ex Dc, ora lo sfida «ad andare avanti anche senza di noi se ne è capace». Smentendo che vi siano accordi tra Berlusconi e Casini, in quanto «non c’è nessuna trattativa, ma solo l’emergere di alcune sintonie con le componenti più ragionevoli del Pdl».
E il grande corteggiato, Pier Ferdinando Casini, ragionando con i suoi, stila dunque un bollettino di «vittoria su tutti i fronti». Tanto per cominciare «Bossi e Tremonti hanno perso la partita delle elezioni subito». E già questo per il leader dell’Udc è un primo risultato non da poco nei confronti di chi ha usato ogni arma ai danni dei centristi, agendo più o meno allo scoperto, a seconda dei ruoli. Poi la seconda considerazione, non di minore importanza, è che «viene tolto dal tavolo un pressing insidioso come quello di entrare nella maggioranza di governo».

È vero, come spiega il capogruppo in commissione Giustizia, Roberto Rao, braccio destro di Casini, «che non saremmo mai entrati al governo insieme alla Lega e il duro scambio con Bossi in questi giorni è la conferma della nostra incompatibilità». Ma comunque sia, uscire dalla morsa di una tenaglia così potente elimina un rischio di logoramento, anche se è evidente a tutto lo stato maggiore dell’Udc quale sia ora la posta in gioco. A dirlo chiaro e tondo ci pensa il capofila dei cattolici del Pd, Beppe Fioroni: «Berlusconi ha convinto Bossi a congelare tutto per lasciare il cerino della rottura in mano a Fini, ma è ovvio che per Casini con questo passaggio si sono chiuse le porte del centrodestra. E ciò non può che essere un bene per chi nel Pd lavora a costruire nel tempo una nuova coalizione che vinca e poi riesca a governare».

Che poi questo lavorio passi per una infinita serie di variabili è altra cosa, ma certo i margini di manovra per l’Udc ora si allargano a destra e a sinistra. «In Parlamento - fa notare Rao - ora conteremo di più ed è chiaro che Berlusconi sia interessato ad ampliare il terreno delle possibili convergenze con noi. Finora in due anni il governo ha fatto poco o nulla e, tolto l’alibi del voto subito, deve andare avanti mettendo sul tappeto dei punti più digeribili, tipo il quoziente famigliare. Anche sulla giustizia e il processo breve dovrà confrontarsi con noi e i finiani: se procederà in modo più ragionevole sarà un altro buon risultato aver fatto cambiare segno all’azione dell’esecutivo». Sul processo breve, il vero nodo su cui può crollare qualunque tregua, se la linea dei finiani sarà quella annunciata dal senatore Valditara, via libera casomai «a un salvacondotto giudiziario solo per il premier e non per i ministri», sarà difficile che l’Udc possa aprire di più la porta. «Non potremo mai scavalcare a destra Fini su una questione di tale portata», ammettono i centristi, ben sapendo che su questa trincea avranno i fucili del Pd puntati contro.

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