Gli alluvionati non hanno più acqua
In Pakistan le piene hanno devastato il sistema dei pozzi, 20 milioni in coda per bere
MATTEO SMOLIZZA
ISLAMABAD
Oltre 20 milioni di persone senza casa, 500.000 già colpite da epidemie legate all’assenza di acqua potabile, 72.000 bambini a rischio di morte; 520 milioni euro di aiuti e 5 miliardi di euro di danni economici, il 14% delle aree coltivabili del paese distrutte: questi sono i primi numeri del disastro in Pakistan, dopo la fine della alluvione. Il numero delle vittime delle piene, circa 1.500, rischia di centuplicarsi nei prossimi tre mesi a causa della fame, della disidratazione e della diffusione della dissenteria, della diarrea acuta (oltre 90.000 casi registrati ad oggi), del tifo e del colera (segnalati nel nord e nel centro del paese già in agosto).
Come segnala la Croce Rossa, paradossalmente per milioni di persone il primo problema è bere e lavarsi in sicurezza: le acque stagnanti e i fiumi sono infatti ingombri dei cadaveri di milioni di animali da allevamento – buoi, cavalli e, soprattutto, pollame – che macerano sotto il sole (la temperatura in questi giorni varia tra i 30 e i 40 gradi). L’aria odora di marcio e le pianure sono invase da miliardi di zanzare, mentre il riso è stato spazzato via, come peraltro il sistema di canali dei campi, e non è ancora sicuro se la terra sarà asciutta per le settimane a cavallo tra settembre e ottobre, quando tradizionalmente viene seminato il grano.
Il Programma alimentare mondiale(Pam), l’agenzia Onu che interviene per fornire le razioni di emergenza nei disastri umanitari, ha predisposto la distribuzione di 6 milioni di razioni di cibo entro la fine del mese, ma si stima che quasi la metà delle consegne sia bloccata a causa delle ripetute interruzioni della rete stradale. Spesso i cargo vengono assaltati lungo il percorso, quando si bloccano nel pantano, dalla gente che – letteralmente – muore di fame. L’ordine pubblico è garantito solo lungo le arterie principali e si stanno registrando problemi maggiori con la ricollocazione dei profughi: oltre un milione di persone, infatti, è stata trasferita, spesso con il proprio bestiame, in aree già densamente popolate.
La crisi umanitaria ha innescato anche una crisi politica, poiché i partiti religiosi più estremi – legati alle varie fratellanze musulmane – sono stati i più pronti ad intervenire a sostegno della popolazione e stanno registrano un aumento di consenso proprio mentre la popolarità del governo è ai minimi. Da una settimana, sui principali giornali pachistani si parla del generale Ashfaq Parvez Kayani, numero uno delle Forze armate (l’unica altra struttura attiva sul campo per l’emergenza, con oltre 60.000 effettivi e decine di migliaia di volontari), come capo di un governo di burocrati ed esperti che sollevi il paese dalla crisi. Uno dei partiti chiave dell’attuale maggioranza di governo ha già chiesto l’applicazione della corte marziale per i politici corrotti (l’attuale presidente era già stato incarcerato per corruzione). Kayani, molto vicino agli Usa, è ritenuto una soluzione capace di rassicurare gli investitori internazionali e il Fondo monetario internazionale (Fmi) sulla solidità del Pakistan, mentre l’inflazione rischia di schizzare al 20% dopo anni di relativa stabilità economica.
I grandi problemi della politica internazionale non toccano Mohammad, l’autista di uno dei camion dei soccorsi, che nei pressi di Multan (proprio al centro del paese) ha ucciso sul colpo un ragazzino di quattordici anni, che si è gettato innanzi al camion, cercando di fermarlo per prendere un po’ di cibo per i genitori. Sultan è morto, ci racconta, perché lui non è riuscito a frenare sul fango. E di certo le manovre politiche non interessano nemmeno ai genitori di Sumeera, che alcune sere fa hanno accettato del cibo drogato da un gruppo di sconosciuti, e quando si sono svegliati non hanno più trovato la figlia. E, dice la polizia locale, non c’è più speranza di trovarla. L’inondazione porta con sé, però, anche storie di speranza come quella del neonato raccolto da un ufficiale dell’esercito che stava controllando l’altezza del fiume Ravi. Il bambino era deposto all’interno di una tanica di benzina tagliata che galleggiava lentamente sulle acque, con le carte di identità dei genitori in mezzo ai panni. L’ufficiale lo ha consegnato ad una famiglia cristiana, che lo ha chiamato Mosè.
FonteDisapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.
(Voltaire)
ma difendiamo anche la grammatica Italiana
Sai cosa scrivere? Allora posta!
Non sai cosa scrivere? Allora spamma!
<-- IO -->
I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac Man avesse influenzato la nostra generazione ora staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva."
(Kristian Wilson, Nintendo Inc., 1989)
Pochi anni dopo nacquero le feste rave, la musica techno e l'ecstasy...