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«Scrivo al mio Paese e vi dico cosa farei»

Ultimo Aggiornamento: 20/09/2010 16:35
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25/08/2010 14:49

Lettera di Walter Veltroni agli Italiani

Rischiamo che questa monarchia livida sia sostituita da una pura difesa dell'esistente. Si va incontro a suggestioni di democrazia autoritaria del sistema russo o cinese

La lettera di walter veltroni

«Scrivo al mio Paese e vi dico cosa farei»

Rischiamo che questa monarchia livida sia sostituita da una pura difesa dell'esistente. Si va incontro a suggestioni di democrazia autoritaria del sistema russo o cinese

Caro Direttore, scrivo al mio Paese. Scrivo agli italiani che tornano a casa, a quelli che non si sono mossi perché lavoravano o perché non possono lavorare. Scrivo agli imprenditori che fanno e rifanno i conti della loro azienda chiedendosi perché metà del loro lavoro di un anno debba andare a finanziare uno Stato che non riesce a finire da sempre la costruzione di un'autostrada come la Salerno-Reggio Calabria o che alimenta autentici colossi del malaffare come quelli emersi
in questi mesi.

Scrivo ai lavoratori che sentono che si è aperto un tempo nuovo e difficile, in cui, per resistere alla pressione di una globalizzazione diseguale, dovranno rinegoziare e ritrovare un equilibrio nuovo tra diritti e lavoro. Scrivo ai nuovi poveri italiani, i ragazzi precari, che arrivano a metà della vita senza uno straccio di certezza, senza un euro per la pensione, senza un lavoro sicuro, senza una casa, senza la sicurezza di poter mettere al mondo dei figli. E senza che politica e sindacati si occupino di loro.
Mi permetto di scrivere agli italiani solo perché sento di avere un minimo di titolo per farlo. In fondo due anni fa, un secolo di questo tempo leggero e bulimico, quasi quattordici milioni di italiani fecero una croce sul simbolo che conteneva il mio nome come candidato alla presidenza del Consiglio. Se un milione e mezzo dei 38 milioni di votanti avesse scelto il centrosinistra riformista invece di Berlusconi ora saremmo noi a guidare il Paese.

Ma non è successo, per tanti motivi. Come cercherò altrove di approfondire, credo più per ragioni profonde e storiche che per limiti di quella campagna elettorale che si concluse con il risultato elettorale più importante della storia del riformismo italiano. Non è successo e dopo alcuni mesi io mi feci da parte. Forse è questo l'altro titolo per il quale sento di potermi rivolgere al mio Paese. Sono stato tra i pochi che si sono fatti da parte davvero (caricandomi responsabilità certo non solo mie). Non ho chiesto alcun incarico, non ho fatto polemiche, non ho alimentato veleni. Ho semmai taciuto e ingoiato fiele, anche di fronte a varie vigliaccherie.

Cosa sta succedendo a noi italiani? Abbiamo trascorso la più folle e orrenda estate politica che io ricordi. Una maggioranza deflagrata, un irriducibile odio personale e politico tra i suoi principali contraenti, toni e giudizi che si scambiano non tra alleati ma tra i peggiori nemici. E poi dossier, colpi bassi, una orrenda aria putrida di ricatti e intimidazioni che ha messo in un unico frullatore informazione, politica e forse poteri altri costruendo un mix che non può non preoccupare chi considera la democrazia come un insieme di regole, di valori, di confini. Il Paese assiste attonito allo sfarinarsi della maggioranza solida che era emersa dalle urne, a ministri che sembrano invocare freneticamente la fine della legislatura, nuovi voti, nuovi conflitti laceranti. Mentre stanno per essere messe in circolo emissioni consistenti di titoli pubblici per finanziare il nostro abnorme debito pubblico chi governa questo Paese sembra dominato dal desiderio della instabilità. E, tutto, senza una parola di autocritica. Chi ha vinto le elezioni e ne provoca altre neanche a metà delle legislatura vorrà almeno dichiarare il proprio fallimento politico?

L'alleanza di centrodestra sembra immersa nello scenario dei Dieci piccoli indiani di Agatha Christie. Prima l'abbandono di Casini, ora la irreversibile crisi con Fini. Le forze più moderate hanno abbandonato uno schieramento sempre più dominato dalla logica puramente personale degli interessi di Berlusconi e dallo spirito divisivo di una Lega che alimenta ogni forma di egoismo sociale con lo sguardo solo al tornaconto elettorale immediato. Con effetti che già registriamo nel sentire diffuso e nei comportamenti. Un Paese che smarrisce il suo senso di comunità, la sua anima solidale, la sua coscienza unitaria finisce con lo sfarinarsi violentemente.


Quella che stiamo vivendo è una profonda crisi del nostro sistema. Era la mia ossessione quando guidavo il Pd. Mi angoscia l'idea che la democrazia rischi sotto la pressione delle spinte populistiche e dei conservatorismi di varia natura. E la crisi di questi mesi rafforza una distanza siderale tra la vita politica e i reali bisogni dei cittadini e della nazione. Berlusconi forza costantemente e pericolosamente i confini immaginando di vivere in un regime che non esiste. Se ci fosse un semipresidenzialismo lui certo non potrebbe disporre, ciò che è già una insopportabile anomalia oggi, di giornali e tv con i quali promuovere se stesso e randellare i suoi avversari. Ma neanche quella che su questo giornale è stata giustamente definita la «repubblica acefala» può fare sentire al Paese che il sistema politico tempestivamente ascolta, comprende, decide. Indeterminatezza di tempi, modalità, sedi di decisione hanno accompagnato anche altre stagioni politiche.

Questo è il rischio che corriamo, l'alternativa tra una monarchia livida e una pura difesa dell'esistente. E tra i cittadini rischia di rafforzarsi l'idea che di fronte alla velocità del nostro tempo, dei suoi repentini mutamenti sociali e finanziari, a essere più «utile» sia un sistema che decide, qualsiasi esso sia. Il rischio è che si faccia strada, anche in Occidente, quella suggestione di «democrazia autoritaria» che è già una realtà in sistemi, come quello russo o, in forma diversa, in quello cinese, che stanno segnando il tempo della fine dei blocchi. La possibilità che la società globale porti con sé un principio di disunità e che questo reclami poteri centrali forti e semplificati è molto di più di un rischio. Rimando per una analisi più compiuta al volume di John Kampfner Libertà in vendita o al bellissimo lavoro di Alessandro Colombo La disunità del mondo. In una società globale una democrazia che non decide è destinata a soccombere. Ma in una società globale la suggestione autoritaria si scontra con una irrefrenabile esigenza di libertà, libertà di sapere, dire, pensare.

Dunque l'unica strada che i veri democratici devono percorrere è quella di una repubblica forte e decidente. Ma questa comporta profonde e coraggiose innovazioni, nei regolamenti delle Camere, nell'equilibrio dei poteri tra governo e Parlamento, nelle leggi elettorali, nella riduzione dell'abnorme peso della politica, nella soppressione di istituzioni non essenziali. Bisogna semplificare e alleggerire, bisogna considerare il tempo delle decisioni come una variante non più secondaria. E, soprattutto, l'Italia, tutta, deve ingaggiare una lotta senza quartiere alla criminalità che succhia ogni anno 130 miliardi di euro alle risorse del Paese. Non basta che si arrestino i latitanti. La mafia è politica, è finanza. La mafia compra e condiziona. La mafia invade tutto il territorio e credo che ora, guardando le cronache di Milano o di Imperia, ci si accorga finalmente che non è un problema della Kalsa di Palermo o una invenzione di Roberto Saviano, ma una spaventosa realtà che altera il mercato, distorce la concorrenza, limita la libertà delle persone.

Le culture di progresso non possono declinare solo un verbo: difendere. Agli italiani non sembra di vivere in un Paese da conservare così come è. Un Paese che non ha una università tra le prime cento del mondo (dopo averle inventate), che ha una metà, meravigliosa, di sé sotto il condizionamento di poteri criminali, che ha evasione altissima e altissima pressione fiscale, che ha una amministrazione barocca e il primato dei condoni, che scarta come un cavallo l'ostacolo ogni volta che deve sfidare sondaggi e corporazioni. Un Paese fermo, che ha bisogno di correre. Che ha bisogno di politica alta, ispirata ai bisogni della nazione. Non è retorica. Parri, De Gasperi, Moro, Ciampi, Prodi e altri hanno dimostrato che si può stare a Palazzo Chigi per servire gli italiani. Bene o male, ma servire gli italiani. Non se stessi.

Spero che si concluda rapidamente l'era Berlusconi. Ma forse con una visione opposta a quella di alcuni protagonisti della vita politica italiana. Spero che finisca questo tempo non per tornare a quello passato. Non per mettere la pietra al collo al bipolarismo e riportare l'orologio ai giorni in cui pochi leader decidevano vita e morte dei governi, quasi sessanta in cinquanta anni, come l'andamento del debito pubblico testimonia in modo agghiacciante. Anche perché quei partiti avevano storie grandi che affondavano nel Risorgimento o nelle lotte bracciantili e quei leader avevano fatto, insieme, la Resistenza o la Ricostruzione. Berlusconi è stato un limite drammatico per il bipolarismo, perché la sua anomalia (una delle tante, troppe della storia italiana) ha costretto dentro recinti innaturali, pro o contro, una dialettica politica che avrebbe potuto e dovuto esprimersi nelle forme tipiche della storia del moderno pensiero politico occidentale. Senza Berlusconi in Italia potremo finalmente avere un vero bipolarismo, schieramenti fondati sulla comunanza dei valori e dei progetti, capaci di riconoscersi e legittimarsi reciprocamente in un Paese con una politica più lieve e perciò più veloce ed efficiente nella capacità di decisione del suo sistema democratico. Solo così sarà possibile affrontare, in un clima civile, l'indifferibile esigenza di ammodernamento costituzionale per dare alla democrazia la capacità di guidare davvero la nuova società italiana. Se saremo invece tanto cinici da pensare che il declino di Berlusconi possa aprire la strada a un nuovo partitismo senza partiti e alla sottrazione ai cittadini del potere di decidere il governo, finiremo con l'allungare l'agonia del berlusconismo e l'autunno italiano.


In questa estate orrenda non per caso la frase più citata dai leader politici è stata «Mi alleo anche con il diavolo pur di...». Lo ha detto Calderoli parlando del Federalismo, lo hanno detto alcuni leader del centrosinistra parlando della necessità di una santa alleanza contro Berlusconi. Io rimango dell'idea che invece le uniche alleanze credibili, prima e dopo le elezioni, siano quelle fondate su una reale convergenza programmatica e politica. In fondo il repentino declino del centrodestra conferma proprio questo. È giusto semmai che, in caso di crisi di governo, si cerchino soluzioni capaci di fronteggiare per un breve periodo l'emergenza finanziaria e sociale e di riformare la legge elettorale dando forma, per esempio attraverso i collegi uninominali e le primarie per legge, a un moderno e maturo bipolarismo. Perché poi, alle elezioni prodotte dal dissolvimento della destra, si presenti uno schieramento alternativo capace di assicurare all'Italia quella stagione di vera innovazione riformista che questo nostro Paese non ha mai conosciuto. Perché questo Paese deve uscire dall'incubo dell'immobilità che perpetua rendite e povertà. Deve conoscere un tempo di radicale, profondo cambiamento. È questo, da decenni, il frutto dell'alternanza nei diversi Paesi europei.

Il nostro è un meraviglioso Paese. Amare l'Italia e gli italiani dovrebbe essere una precondizione per partecipare alla vita politica. Chiunque alzi gli occhi nella Cappella Palatina di Palermo o nella galleria di Diana di Venaria Reale non può non sentire tutto intero l'orgoglio di essere figlio di questo Paese e della sua straordinaria e travagliata storia. Lo stesso orgoglio che si prova pensando agli italiani che lavorano per la nazione, imprenditori od operai, insegnanti o poliziotti. Per questo il nostro Paese merita di più. Merita di più dei dossier e dei veleni. Di più della politica ridotta a interesse di un leader. Di più delle alleanze con il diavolo. Il nostro Paese deve smettere di vivere dominato solo da passioni tristi. È difficile. È possibile.

Walter Veltroni

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25/08/2010 16:16

campagna elettorare?

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25/08/2010 16:52

Re:
strega@rossa, 25/08/2010 16.16:

campagna elettorare?



Si prepara ad un'altra brillante sconfitta? [SM=x44452]

Già definire "il risultato elettorale più importante della storia del riformismo italiano" la sconfitta del 2008 mi pare un ottimo biglietto da visita. [SM=x44457]

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25/08/2010 18:25

Re: Re:
Arjuna, 25/08/2010 16.52:



Si prepara ad un'altra brillante sconfitta? [SM=x44452]

Già definire "il risultato elettorale più importante della storia del riformismo italiano" la sconfitta del 2008 mi pare un ottimo biglietto da visita. [SM=x44457]



ritornato dopo due anni che non si fa sentire?

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bianco77
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Si si va bene; tanti saluti anche a te, Walter.

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Grazie all'umorismo si può sdrammatizzare ogni cosa.
Voi direte che non è vero, su certe cose non si può ridere... per esempio lo stupro.
Ah no? Allora sentite qua: immaginate Stanlio che stupra Ollio! (Daniele Luttazzi)

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26/08/2010 14:43

Re:
il tobas, 26/08/2010 9.04:

Si si va bene; tanti saluti anche a te, Walter.





Ma anche... [SM=x44452]

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26/08/2010 15:14

Re: Re: Re:
bianco77, 25/08/2010 18.25:



ritornato dopo due anni che non si fa sentire?





Eri in pensiero? [SM=x44452]

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Grazie all'umorismo si può sdrammatizzare ogni cosa.
Voi direte che non è vero, su certe cose non si può ridere... per esempio lo stupro.
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26/08/2010 17:04

«Scrivo al mio Paese e vi dico cosa farei»
Il titolo mi fa venire in mente quei volgari fanfaroni che quando passa una bella gnocca la apostrofano con un

"abbella, nun sai che te farei!"
[Modificato da il tobas 26/08/2010 17:04]

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Grazie all'umorismo si può sdrammatizzare ogni cosa.
Voi direte che non è vero, su certe cose non si può ridere... per esempio lo stupro.
Ah no? Allora sentite qua: immaginate Stanlio che stupra Ollio! (Daniele Luttazzi)

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26/08/2010 19:56

Re: Re: Re: Re:
il tobas, 26/08/2010 15.14:




Eri in pensiero? [SM=x44452]



no [SM=x44454]
strano che non abbia finito la lettere con un "yes, we can"

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bianco77
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30/08/2010 08:22

con l' esclusione di veltroni, il centrosinistra ha deciso di rimanere per una ventina di anni all' opposizione ... [SM=x44498]
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30/08/2010 14:09

Lettera a Walter Veltroni:

Caro Walter,
ero intenzionata a leggere la tua lettera ma mi è bastato il titolo.
Vuoi dirci cosa faresti tu? Ora non serve, quando avresti potuto e dovuto fare non hai fatto e, alla fine, hai preferito andare via.
Io che ti ho sempre votato e sostenuto ora ti dico di restartene tranquillamente dove sei.

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"Cinque anni fa la Puglia era conosciuta in Europa per inquinamento e criminalità. Oggi siamo una Regione-modello per il turismo, la cultura, la bellezza. Non abbiamo ceduto al ricatto delle imprese che volevano farci bere e respirare veleno per farci lavorare e abbiamo fatto comunque crescere l'economia. I pugliesi, oggi, sono orgogliosi di esserlo" - NICHI VENDOLA

"[...]però la tanto contestata Puglia ha dato tante soddisfazioni al suo capo: le escort a Palazzo Grazioli" - NICHI VENDOLA
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30/08/2010 14:40

Re:
sperminator, 30/08/2010 8.22:

con l' esclusione di veltroni, il centrosinistra ha deciso di rimanere per una ventina di anni all' opposizione ... [SM=x44498]



Ma no, adesso resuscitano L'Unione, che sicuramente stravincerà alle prossime lezioni. [SM=x44472]

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30/08/2010 14:44

Bindi: "Veltroni candidato? E in nome di che?"

«La sua linea ci ha fatto perdere governo, alleanze ed elezioni»
FEDERICO GEREMICCA
ROMA

Ci sono dei momenti in cui la chiarezza, in politica, diventa quasi un obbligo. E secondo Rosy Bindi - presidente dell’Assemblea nazionale del Pd - su due questioni (primarie e candidatura di Bersani alla premiership) in questo momento c’è bisogno del massimo della chiarezza. A costo perfino di qualche rudezza. Si pensi, per esempio, all’ipotesi - nuovamente circolata dopo la lunga lettera scritta per il Corriere della Sera - di una candidatura alle primarie di Walter Veltroni. Rosy Bindi è netta: «E si candiderebbe in nome di che? Di una linea con la quale abbiamo già perso, in un sol colpo, governo, alleanze ed elezioni?».

L'ipotesi non la convince, insomma.
«No, e non è una questione che riguardi solo Veltroni, ammesso che Walter pensi davvero di candidarsi».

E chi altro riguarderebbe, scusi?
«Alle primarie, per quanto ci riguarda, il candidato del Pd è il segretario, cioè Bersani. Dopodiché, visto che si tratterà - credo - di primarie di coalizione, se ci sono candidati di altri partiti, si facciano avanti. E’ nel loro diritto, non c’è problema».

Con Veltroni, invece, il problema ci sarebbe, è così?
«A dirla francamente, io credo che sia venuto il momento di farsi candidare, piuttosto che candidarsi: farsi candidare da qualcuno in nome di qualcosa, insomma».

In campo, però, ci potrebbe essere anche Sergio Chiamparino, che ne dice?
«Che per ora ha annunciato solo una sua disponibilità. Vedremo. Ma quel che vorrei dire è che qualunque democratico - in presenza della candidatura di Bersani - dovrebbe pensare molto seriamente a se è il caso di scendere in pista. Personalmente la considererei una scelta discutibile».

Nessun problema, invece, su candidature di esponenti di altri partiti, giusto?
«Si riferisce a Vendola?».

A Nichi Vendola.
«E’ in campo. A mio giudizio con una scelta quanto meno intempestiva. Detto questo, Vendola è una ricchezza. Sta facendo un gran lavoro nell’area della sinistra ed è un bene, perché noi dobbiamo vincere le elezioni, e per farlo abbiamo bisogno di recuperare un dialogo con tutte le aree e le fasce di elettorato di centrosinistra».

Però?
«Però c’è bisogno di una riflessione seria da parte di tutti. Anche di Nichi. Di fronte alla prospettiva politica di un nuovo Ulivo, motore di una più ampia alleanza democratica, abbiamo bisogno di candidati-premier capaci della più larga interlocuzione possibile. Insomma, non mi pare il momento di rincorrere parzialità...».

A proposito di interlocuzione, com’è che Bersani e Veltroni adesso parlano al partito via lettera? Che impressione le hanno fatto le due missive?
«Diciamo che una è una lettera, e racconta di un’isola ideale che purtroppo non c’è, indicando una prospettiva che non esiste e in nome della quale abbiamo già pagato prezzi pesanti; l’altra è una proposta politica solida e, secondo me, convincente. Diciamola così: Bersani ha indicato quale deve essere la linea per un partito realmente e concretamente riformista».

Tanto che è piaciuta anche a autorevoli esponenti della minoranza interna al Pd, come Franceschini, Marini e Fassino.
«Quella di Veltroni è un’iniziativa molto personale, naturalmente del tutto legittima, ma fortemente minoritaria nel partito, come si è visto. Comunque la sua lettera un pregio lo ha avuto: ha fatto risaltare la solidità della proposta avanzata da Bersani...».

Il suo amico Fioroni dice, però, che su quella linea si rischia che i cattolici abbandonino il Pd: non ha questo timore?
«L’idea che di fronte alla proposta di un nuovo Ulivo i cattolici si allontanino da noi, è bizzarra. E Fioroni sarà il primo a lavorare a questo progetto, come ha fatto per il primo Ulivo. Anche perché, me lo lasci dire, non è più tempo di inseguire - e senza successo - prospettive personali: magari prendendo a pretesto il disagio dei cattolici o il fatto che il Pd sarebbe diventato un “partito di sinistra”...».

Si riferisce all’uscita di Rutelli dal Pd?
«Mi riferisco a un problema, ad uno stile... Sono ben altre le questioni che abbiamo di fronte».

La più seria?
«Evitare che l’agonia del governo Berlusconi provochi ulteriori danni al Paese».

E poi?
«Correggere l’idea che il Pd avesse - o abbia - paura delle elezioni».

Non è così? La sensazione è proprio questa...
«Non è così. Noi abbiamo solo proposto che prima di andare al voto si riformi la legge elettorale, ridando ai cittadini la possibilità di scegliere chi mandare in Parlamento. Per il resto, siamo pronti alla sfida, che credo non sia comunque lontana».

Prevede insomma elezioni anticipate in tempi brevi?
«I tempi non riesco a immaginarli: ma è evidente che la soluzione trovata nel vertice dell’altro giorno è un rattoppo. In tutta evidenza, Berlusconi non riesce più a tenere assieme la sua maggioranza. E’ un’intera fase politica che si chiude, nel bene e nel male. Vede, il berlusconismo è sempre stato fondato sul “qui comando io”. Adesso, visto che la rottura con Fini è seria e che nel rapporto con la Lega non è più il Cavaliere ad avere il pallino in mano, quel metodo non funziona più. Ed è per questo, insomma, che le elezioni anticipate mi sembrano vicine, sempre più vicine».

Fonte

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30/08/2010 14:57

ma un vaffanculo collettivo è troppo scurrile secondo voi? [SM=x44473]

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30/08/2010 14:58

Re:
piperitapatty, 30/08/2010 14.57:

ma un vaffanculo collettivo è troppo scurrile secondo voi? [SM=x44473]



Un bel V-day dedicato a Veltroni? [SM=x44452]

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PippyZzetta
30/08/2010 15:00

Re: Re:
Arjuna, 30/08/2010 14.58:



Un bel V-day dedicato a Veltroni? [SM=x44452]



mah guarda, in realtà a tutti gli altri della compagnia [SM=x44452]
veltroni aveva avuto coraggio e poi è stato suicidato dai suoi stessi compagni di merende che ora stanno riesumando l'ulivo,l'unione o qualsiasi altra cosa con il rametto nel simbolo [SM=x44452]

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30/08/2010 16:55

A me il progetto Weltroniano piaceva e credo che sia stata la cosa più simile ad una socialdemocrazia europea che si è visto in Italia.

Il fatto che i più forti attacchi alla sua lettera siano venuti dai membri del suo partito, fa molto pensare ...

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30/08/2010 19:14

Re:
paperino73, 30/08/2010 16.55:

A me il progetto Weltroniano piaceva e credo che sia stata la cosa più simile ad una socialdemocrazia europea che si è visto in Italia.

Il fatto che i più forti attacchi alla sua lettera siano venuti dai membri del suo partito, fa molto pensare ...



per quel che riguarda me, sono rimasta delusa dal fatto che abbia gettato la spugna proprio quando "la sua gente" aveva più bisogno di lui. avevamo perso le elezioni, di nuovo berlusconi al governo, altri 5 anni di nulla. e lui, walter veltroni sparisce dalla scena politica quando c'era più da lavorare. l'opposizione è una cosa seria, non si lavora slo quando si ha la poltrona sotto al sedere. e adesso che c'è il sentore di elezioni anticipate lui che fa? spunta fuori e magari pretende anche che la gente gli dia di nuovo fiducia. boh, magari sono io esagerata, ma non mi fido più [SM=x44463]

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PippyZzetta
30/08/2010 23:21

Re: Re:
!absolut.ste!, 30/08/2010 19.14:



per quel che riguarda me, sono rimasta delusa dal fatto che abbia gettato la spugna proprio quando "la sua gente" aveva più bisogno di lui. avevamo perso le elezioni, di nuovo berlusconi al governo, altri 5 anni di nulla. e lui, walter veltroni sparisce dalla scena politica quando c'era più da lavorare. l'opposizione è una cosa seria, non si lavora slo quando si ha la poltrona sotto al sedere. e adesso che c'è il sentore di elezioni anticipate lui che fa? spunta fuori e magari pretende anche che la gente gli dia di nuovo fiducia. boh, magari sono io esagerata, ma non mi fido più [SM=x44463]




in realtà il compagno baffo l'ha praticamente costretto ad allontanarsi, non è che si sia allontanato proprio di sua spontanea volontà. i richiami della sinistra estrema sono stati sempre forti per una certa parte del pd, e la lotta contro i mulini a vento è inutile.
io quello di veltroni non l'ho mai visto come un abbandono ma più che altro come l'ennesima dimostrazione lampante che la sinistra non sa stare unita e per questo non ha diritto di governare.

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31/08/2010 09:14

io la vedo come la pippy, più che un abbandono mi pare lo abbiano allontanato.

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