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44° rapporto CENSIS: società italiana scoraggiata e senza regole, volontà fiaccata ma non solo dalla crisi

Ultimo Aggiornamento: 06/12/2010 10:51
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04/12/2010 14:20

Censis: società senza regole e sogni
che non crede più nel carisma del capo

"Berlusconi è l'icona del soggettivismo, un ciclo che si è esaurito". Gli italiani vorrebbero maggiore onestà nella vita pubblica, ma la volontà è fiaccata, e non solo dalla crisi. Viviamo in una società "appiattita". De Rita: "Bisogna rilanciare la legge, e ridare fiato al desiderio"

ROMA - Non è stata affondata dalla crisi, anche se l'economia stenta a ripartire, ma la società italiana non può certo dirsi sana. "Si sono appiattiti i nostri riferimenti alti e nobili", rileva il Censis nel 44° Rapporto Annuale sulla situazione sociale del Paese, ma anche quelli venuti dopo, dal "primato del mercato" alla "verticalizzazione e personalizzazione del potere", si sono lasciati dietro solo una scia di delusione. Chi doveva decidere alla fine non ha deciso, e il 'carisma' del leader di turno si è rivelato solo un bluff, le promesse non sono state mantenute. "Silvio Berlusconi è l'icona del soggettivismo", un ciclo "cominciato 50 anni fa e che ora ha esaurito la sua potenza", ha detto De Rita. Il mercato vacilla, le specializzazioni un tempo vincenti contano sempre meno. Cosa rimane? Solo "un'onda di pulsioni sregolate": "Non riusciamo più a individuare un dispositivo di fondo (centrale o periferico, morale o giuridico) che disciplini comportamenti, atteggiamenti, valori". Non c'è legge che tenga, ma non c'è neanche un'aspirazione autentica al meglio: rimane "il desiderio esangue", che appiattisce la società. E' l'Italia 2010 per il Censis: un paese dominato da "un inconscio collettivo, senza più legge, né desiderio". Un paese che, se vuole rinascere, spiega il direttore del Censis Giuseppe Roma, deve "ripartire dal singolo": "Bisogna ritrovare gli impulsi vitali, ritrovare le energie. Chiunque si ponga come leader non dovrebbe presentarsi come un'offerta proliferante su tutto, ma dovrebbe avere la forza e il coraggio di ridare agli italiani il senso della loro responsabilità e della loro voglia. Dobbiamo passare dalla grande illusione degli ultimi anni alla grande passione, rimettere in campo energie positive". "Stiamo diventando una società con poco vigore perché abbiamo poco spessore", rileva il presidente del Censis, Giuseppe De Rita.

L'analisi di De Rita. "Non abbiamo spessore perché non funziona più il nostro inconscio. - spiega il presidente del Censis, confessando un po' d'imbarazzo per un'analisi del Paese che quest'anno non parte da considerazioni di ordine economico, ma piuttosto sociale e psicologico - L'inconscio non è il posto dove si formano i sogni e l'irrazionalità, ma il luogo dove c'è una modulazione costante tra legge e desideri. Abbiamo una legge che conta sempre di meno, e un desiderio che svanisce. Il rapporto tra queste due potenze che fanno l'uomo da 3000 anni, è in crisi. La legge è in declino, dall'auctoritas che nessuno rispetta più al padre che evapora. La stessa magistratura non ha più quella logica della rappresentanza della legge. E anche la verticalizzazione del potere, la personalizzazione ha distrutto quello che rimaneva dell'autorità. Ma arretra anche il desiderio: l'offerta lo ha neutralizzato. Pensate quanti bambini giocano con giocattoli che non hanno mai desiderato.. o a un ragazzo che entra all'università e si ritrova con 3200 corsi di laurea.. "La strategia del tardo capitalismo sarà quella di moltiplicare l'offerta", diceva Marcuse. Siccome la società non ha più desideri da coltivare, e non ha più leggi con cui scontrarsi, declina". La soluzione? Per De Rita abbiamo "un bisogno assoluto o di rilanciare la legge, ridare senso allo Stato, alla figura paterna, alla dimensione sociale del peccato, ma anche di ridare fiato al desiderio. Solo il desiderio ti fa ripartire da te stesso, altrimenti si cade nel narcisismo. Il desiderio può in qualche modo ricomporre un'unità di noi stessi. Ma per desiderare bisogna pensare, il desiderio nasce dalla solitudine della mancanza. Mentre la mia generazione ha molto giocato sul riarmo morale, qui bisogna puntare sul riarmo mentale", conclude il presidente del Censis.

Nessuna regola, solo 'pulsioni'. I sempre maggiori episodi di violenza familiare, il "bullismo gratuito", il "gusto apatico di compiere delitti comuni", persino "la tendenza a facili godimenti sessuali" (il Censis non teme di apparire moralista): cos'altro sono se non il sintomo di una "diffusa e inquietante sregolazione pulsionale"? In definitiva, ognuno agisce in base all'istinto del momento, a frenare o perlomeno a regolare le azioni non ci sono più "l'eredità risorgimentale, il laico primato dello Stato, la cultura del riformismo, la fede in uno sviluppo continuato e progressivo". L'Italia è a pieno titolo parte del mondo globalizzato, inteso come "un campo di calcio senza neppure il rilievo delle porte dove indirizzare la palla". "Siamo una società in cui gli individui vengono sempre più lasciati a se stessi, liberi di perseguire ciò che più aggrada loro senza più il quotidiano controllo di norme di tipo generale o dettate dalle diverse appartenenze a sistemi intermedi".

Oltre alla legge, declina anche il desiderio. Ma gli italiani, oltre a non riconoscere più alcun sistema di regole, non sanno neanche più desiderare. Un po' è il frutto dell'eccesso di consumismo degli anni passati. Due esempi per tutti: "Bambini obbligati a godere giocattoli mai chiesti" e "adulti coatti, più che desideranti, al sesto tipo di telefono cellulare". Possibilità ampliate anche dalla maggiore facilità di accesso al credito al consumo, cresciuto persino negli anni della crisi: +5,6 per cento nel 2008 e +4,7 per cento nel 2009, "mentre il valore delle operazioni con carte di pagamento ha raggiunto complessivamente i 252 miliardi di euro nel 2009". "Forse aveva ragione chi profetizzava che il capitalismo avrebbe trionfato con la strategia del rinforzo continuato dell'offerta - osservano i ricercatori Censis - strumento invincibile nel non dare spazio ai desideri". Ma il desiderio inappagato è una spinta formidabile, che invece in Italia adesso manca, o meglio, c'è ancora, ma è "diventato esangue, senza forza".

Leaderismo e carisma non seducono più. Calma piatta anche sul fronte della politica. Gli italiani esprimono "stanchezza verso la personalizzazione della politica", e riversano le energie residue verso l'associazionismo e il volontariato. "Leaderismo e carisma - gran parte del lessico politico di questi anni - non seducono più: quasi il 71% degli italiani ritiene che nell'attuale situazione socio-economica la scelta di dare più poteri al governo e/o al capo del governo non sia adeguata per risolvere i problemi del Paese. Il distacco è più marcato tra i giovani (75%), le donne (76,9%), le persone con titolo di studio elevato (quasi il 74% dei diplomati e oltre il 73% dei laureati) e tra i residenti del Nord-Ovest (73,6%) e del Nord-Est (73,7%)", si legge nel Rapporto.

Sgonfiamento mediatico. Cosa è successo, perché non si crede più nel ruolo risolutivo del leader politico? Perché il tanto esibito decisionismo degli ultimi anni non ha prodotto nulla, o quasi. Il Censis esamina puntigliosamente le principali decisioni assunte (e ampiamente pubblicizzate) dal governo Berlusconi, e i magrissimi risultati prodotti. Qualche esempio: social card, avrebbe dovuto alleviare i disagi dovuti alla povertà in Italia, numero di beneficiari effettivi inferiore alle attese (circa 450.000), a fronte di 830.000 richieste e una platea di riferimento annunciata di circa 1 milione e 300 mila persone; il provvedimento non è stato rifinanziato nel ddl di stabilità 2011 (che ha operato un taglio considerevole della spesa sociale). Piano casa, avrebbe dovuto rilanciare l'edilizia, si parlava di investimenti per 70 miliardi di euro, ma a oltre un anno di distanza sono state presentate solo 2.700 istanze, l'impatto economico è risultato scarsamente significativo, tanto che ieri un editoriale del Sole24Ore titolava ironicamente "Un piano casa tanto carino, senza soffitto, senza cucina". Ronde per l'ordine pubblico: bassissimo numero di domande presentate alla prefettura. E così via. Il "governo del fare" si è rivelato l'esecutivo dello "sgonfiamento non solo mediatico, ma dovuto anche alla crescente sproporzione tra l'enfasi comunicativa della fase di lancio (che il più delle volte ha nella Tv il palcoscenico preferito) e l'attenzione per il reale impatto delle iniziative di riforma".

Pubblica Amministrazione: altro che miglioramento. Il ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta ha annunciato più volte i passi in avanti della Pubblica Amministrazione, dovuti alle riforme introdotte in questi anni, ma il 47% degli italiani, rileva il Censis, non la pensa così, e riscontra al contrario un peggioramento del modo in cui funziona la PA, mentre nei 27 Paesi dell'Unione Europea è in media il 33% a dichiarare di aver percepito un peggioramento.

Tv: arretra l'ascolto, troppa parzialità per il Pdl. Gli italiani sono delusi anche dalla televisione. Tra il settembre 2009 e il giugno 2010 si registra un calo di 3,3 milioni di spettatoli (passati da 18,3 a 14,9 milioni). A diminuire in misura maggiore l'ascolto del Tg5 e del Tg1, che hanno perso un milione circa di spettatori. E' probabile che i telespettatori imputino alle reti ammiraglie una eccessiva parzialità nei confronti del governo e del Pdl, ritiene il Censis: "In totale, in un mese i notiziari Rai hanno dedicato 7 ore e 51 minuti al Pdl e 5 ore e 10 minuti al Pd (cioè 2 ore e 40 minuti in meno). Per le reti Mediaset il divario supera le tre ore.

Voglia di onestà (ma non troppo). In questa situazione di stallo, di rifiuto di valori vecchi, nuovi e recentissimi, gli italiani sembrano voler riscoprire "il piacere dell'onestà", anche se poi, al momento debito, forse schiacciati da quest'appiattimento generale, non trovano la forza o la voglia di porre in essere comportamenti 'virtuosi'. Il 44% degli italiani, secondo l'indagine del Censis, individua nell'evasione fiscale il male principale del nostro sitema, e il 60% ritiene che negli ultimi tre anni l'evasione fiscale sia aumentata. Se però il 51,7% chiede di aumentare i controlli per contrastare l'evasione, il 34,1% ammette di non richiedere scontrini o fattura quando il commerciante o il professionista non la rilasciano, tanto più se questo consente di ottenere uno sconto.

Fonte: Repubblica

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L'Italia ha resistito alla crisi
ma ora non sa più ripartire

Mancano "spessore e vigore adeguati". Il sistema manifatturiero soffre di 'despecializzazioni', emerge il terziario, ma gli investimenti veri scarseggiano, il mercato del lavoro continua a escludere i giovani, che in parte però si escludono anche da soli

ROMA - La crisi non ha distrutto l'Italia, ma l'ha privata delle sue forze residue. Tanto che "sorge il dubbio che, anche se ripartisse la marcia dello sviluppo, la nostra società non avrebbe lo spessore e il vigore adeguati alla sfide che dovremo affrontare". Lo sostiene il Censis, che oggi presenta il 44° Rapporto sulla situazione sociale del Paese. In un clima di totale sfiducia nei confronti della politica e delle istituzioni, si misura anche un forte arretramento dell'economia. L'Italia "resta il quinto Paese più industrializzato del mondo, con un contributo alla produzione manufatturiera mondiale del 3,9%". Ma sta perdendo posizioni sotto il profilo della specializzazione dell'export, ha una crescita molto più bassa degli altri Paesi industrializzati, sta penalizzando i giovani, praticamente espulsi dal mercato del lavoro. Se il Paese non imbocca con decisione il sentiero della ripresa dipende anche dal fatto che sul sistema pesano come macigni un debito pubblico enorme, che ogni anno drena risorse per il 4,7% del Pil, e un'evasione fiscale che le stime più rosee valutano intorno a 100 miliardi di euro l'anno. Il clima da mancanza di fiducia che si respira ovunque spinge le famiglie verso investimenti improduttivi: il mattone, la liquidità, le polizze. Il sistema di welfare è sempre meno efficace, se è vero che il 91% dei disoccupati di famiglie monoreddito in Italia sono da considerarsi a rischio povertà, contro il 32%% del Belgio, il 55% della Spagna e il 75% del Regno Unito.

Il "disinvestimento" dal lavoro. Non è solo l'aumento della disoccupazione, che pure c'è stato: dall'inizio della crisi ad oggi l'Italia ha perso 574.000 occupati (giugno 2008-giugno 2010). Le imprese manifatturiere si sono ridotte di oltre 93.000 unità, la riduzione del valore aggiunto ha colpito tutti i comparti produttivi, ad eccezione di quello dell'intermediazione immobiliare. In media il decremento nel Paese è stato del 5,5%, ma a fine 2009 i livelli erano ancora più preoccupanti per il manufatturiero (-14,5%) e per il commercio (-9,5%).

I giovani: vittime o colpevoli? La riduzione dell'occupazione si è rivelata drammatica per i giovani: ancora nei primi due trimestri del 2010 si è registrato un calo degli occupati tra i 15 e i 34 anni del 5,9%, a fronte di una riduzione media dello 0,9%. Ma il Censis pone anche una domanda: è tutta colpa del sistema, o c'è anche un 'disinvestimento' da parte dei giovani? Sono 2.242.000 le persone tra i 15 e i 34 anni che non studiano, non lavorano né cercano un impiego: ebbene, più della metà degli italiani pensa che "i giovani non trovino lavoro perché non vogliono accettare occupazioni faticose e di scarso prestigio". Una valutazione che "potrebbe apparire ingenerosa e stereotipata", ammette il Censis, senonché "ad esserne più convinti sono proprio i più giovani, tra i quali la percentuale sale al 57,5%".

Il rischio di 'despecializzazione'. La crisi ha inciso pesantemente sulle nostre esportazioni, ma ha modificato anche la geografia delle nostre imprese. La quota dell'export italiano sul mercato mondiale è passata negli ultimi nove anni dal 3,8% al 3,5%. In particolare, è migliorato il nostro posizionamento per prodotti come articoli di abbigliamento, macchinari per uso industriale, prodotti alimentari, ma abbiamo perso terreno nei comparti a maggiore tasso di specializzazione, come le calzature (-3,8%), la gioielleria (-4,3%), i mobili (-4,7%), gli elettrodomestici (-5,8%) e i materiali da costruzione (-13,7%). "Il pericolo - osserva il Censis - è che strategie di nicchia, design e qualità non bastino più senza maggiori iniezioni di innovazione nei prodotti".

Deindustrializzazione competitiva. Ma la crisi ha anche avuto come conseguenza un "riposizionamento dell'industria in cui il terziario gioca una parte rilevante". Per settori come la consulenza, la logistica, la ricerca e l'ICT il numero di imprese ha registrato, a metà del 2010, incrementi intorno al 5% rispetto all'anno precedente. Boom del terziario? Diciamo che ci sono le premesse, ma occorrerebbero ben altri investimenti per portare le imprese italiane a livelli competitivi: "Vale la pena di chiedersi quanto il sistema-Paese stia puntando sulla componente più avanzata del terziario", si chiedono i ricercatori del Censis.

Cresce l'economia irregolare. L'economia irregolare, dopo un lungo periodo di frenata, ha ripreso a crescere, registrando tra il 2007 e il 2008 un aumento del valore del 3,3% e portando l'incidenza sul pil dal 17,2% al 17,6%. A trainarla è stata la componente più invisibile, legata ai fenomeni di sottofatturazione e di evasione fiscale (+5,2%), la cui incidenza sul valore complessivo del sommerso raggiunge ormai il 62,8%. Di contro, il valore imputabile al fenomeno del lavoro irregolare resta sostanzialmente stabile (+0,1%) e la sua incidenza scende dal 38,4% al 37,2%.

Cuneo fiscale al 49%. Il cuneo fiscale, calcolato intorno al 46,5%, colloca l'Italia al sesto posto tra i Paesi avanzati. Ma le tasse che gli italiani pagano in effetti sono anche superiori: se si considerano tutti i pagamenti obbligatori non fiscali, a cominciare dal prelievo per il Tfr, si arriva al 49%, osserva il Censis. Ci sono poi gli aumenti tariffari, che per il prossimo anno vengono calcolati in circa 1.000 euro a famiglia. E spese varie che vanno dalle multe alla revisione per la caldaia o dell'auto: si arriva a 2.289 euro l'anno a famiglia.

Ma non toglieteci il welfare. Eppure, gli italiani non vogliono pagare meno tasse, anzi sono disposti anche a pagarne di più, purché venga loro garantito un adeguato sistema di welfare. E' la scelta del 55,7% degli intervistati, si legge nel Rapporto Censis, "in controtendenza con un passato non troppo lontano, quando l'abbassamento del livello di imposizione fiscale era al contrario giudicato prioritario, una voglia inedita di Stato". Emerge anzi un atteggiamento contrario all'evasione fiscale (44% degli italiani).

Eppure la protezione sociale non funziona. Alla voglia di stato sociale al momento non corrisponde però una risposta adeguata da parte del sistema pubblico. Il 91% dei disoccupati di famiglie monoreddito in Italia sono da considerarsi a rischio povertà, contro il 32%% del Belgio, il 55% della Spagna e il 75% del Regno Unito (paese considerato ben più 'antiwelfare'). Il 62% degli italiani esprime un giudizio negativo su questa tipologia di strumenti di tutela, quota che risulta nettamente superiore al dato medio europeo, pari al 45%. Il 44% degli intervistati ritiene che negli ultimi cinque anni la situazione sia peggiorata, dato superiore a quello medio europeo (38%).

Consumi ridotti, ma in via di ripresa. La crisi ha costretto le famiglie a rivedere a fondo i loro piani di spesa. Nella maggioranza dei casi gli italiani si sono limitati a ridurre gli sprechi (51%), non pochi (il 24%) sono stati costretti a rinunciare a prodotti o servizi giudicati essenziali. Le spese voluttuarie sono state falcidiate: il 60,4% ha ridotto pranzi e cene fuori casa, il 56,9% ha compresso spese per lo svago e il 38,1% ha modificato le abitudini alimentari. Eppure dalla spesa per consumi delle famiglie dipende il 61% del Pil. La loro contrazione quindi incide anche sulle prospettive di crescita. Nei prossimi mesi però dovrebbe andare meglio: il 23,8% delle famiglie prevede un aumento dei consumi per il secondo semestre del 2010, e solo il 7,7% prevede un'ulteriore contrazione.

Famiglie sempre più ripiegate sul mattone. Nel pieno della crisi, le famiglie italiane ripiegano su mattone, liquidità, polizze. Nel primo trimestre del 2010 i mutui erogati sono aumentati in termini reali del 10,1% rispetto alla stesso periodo del 2008, superando i 252 miliardi di euro. Nel biennio è aumentata la liquidità detenuta dalle famiglie (+4,6% in termini reali i biglietti e depositi a vista, +10,3% gli altri depositi). Nei primi nove mesi del 2010 i premi per nuove polizze vita sono aumentati del 22% rispetto allo stesso periodo del 2009. La scelta è andata al mattone anche quando comportava esborsi gravosi: tra le famiglie che fronteggiano pagamenti rateali, mutui o prestiti di vario tipo, il 7,8% dichiara di non essere riuscito a rispettare le scadenze previste, il 13,4% lo ha fatto con molte difficoltà, il 38,5% con un po' di difficoltà: a soffrire di più sono state le famiglie monogenitoriali e le coppie con figli. Però negli ultimi mesi si registra il ritorno a un profilo meno prudente nella collocazione del risparmio familiare, con un aumento tra il primo trimestre 2009 e il primo trimestre 2010 delle quote di fondi comuni d'investimento (+29,3%) e delle azioni e partecipazioni (+12,5%).

Fonte: Repubblica

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04/12/2010 15:01

i rapporti del censis dicono le stesse cose da 15 anni .. per deformazione professionale ho rivisto i pezzi dei tg degli anni scorsi, e per l' 80 % il servizio era praticamente uguale a quello fatto ieri ... [SM=g1700002]
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Utente Power



06/12/2010 10:51


Mi permetto di non essere così pessimista.

Nell’Ottocento il premier Depretis coccolava le pratiche sulla sua scrivania: «Ognuna di esse avrei dovuto deciderla entro 24 ore, se non volevo mandare in rovina l’Italia. Le 24 ore sono passate, la pratica è sempre lì e l’Italia va avanti lo stesso»

[SM=x44508]

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Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.

(Voltaire)

ma difendiamo anche la grammatica Italiana





Sai cosa scrivere? Allora posta!
Non sai cosa scrivere? Allora spamma!

<-- IO -->

I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac Man avesse influenzato la nostra generazione ora staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva."
(Kristian Wilson, Nintendo Inc., 1989)

Pochi anni dopo nacquero le feste rave, la musica techno e l'ecstasy...

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