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Egitto, guerra civile contro il regime Mubarak

Ultimo Aggiornamento: 01/12/2014 12:50
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26/01/2011 00:05

Rischia di venir meno l'ultimo alleato d'Israele nel Mediterraneo
IMPOSTO IL COPRIFUOCO AD ALESSANDRIA

Cairo, in piazza proteste anti-Mubarak
Scontri con la polizia, tre morti

Le forze di sicurezza sono state costrette a ritirarsi
Feriti e arresti, Twitter e Facebook bloccati


MILANO - Esplode nuovamente la violenza in Egitto con due morti a Suez e uno al Cairo, e il coprifuoco imposto ad Alessandria dalle 23 alle 6 del mattino. Nel centro della capitale sono scoppiati incidenti tra polizia e manifestanti, 25 mila secondo gli organizzatori che sventolavano bandiere egiziane e tunisine: negli scontri, affermano fonti ufficiali, sarebbe morto un poliziotto e altri agenti sarebbero rimasti feriti. Al Cairo, nella centrale piazza Tahrir, accanto al Museo Egizio, la polizia ha sparato lacrimogeni e ha usato gli idranti, mentre i dimostranti hanno risposto lanciando sassi. Incidenti sono in corso anche nella zona circostante. Si parla di una ventina di dimostranti arrestati finora. Manifestazioni si sono svolte, oltre che al Cairo e a Suez (dove sono morti due dimostranti), anche ad Alessandria, Porto Said, Assyut e altre città.

CONTINUANO GLI SCONTRI - In piazza Tahrir i manifestanti hanno attaccato la polizia con un fitto lancio di sassi. Le forze di sicurezza, come ha constatato l'agenzia Ansa sul posto, sono state costrette a ritirarsi dalla piazza malgrado il fitto lancio di lacrimogeni e l'impiego di blindati e idranti. Secondo l'Osservatorio informativo egiziano Rasad al-Ikhbari, una rete di monitoraggio composta da giornalisti e attivisti d'opposizione, almeno 200 mila persone sarebbero scese in strada in tutto l'Egitto per contestare Mubarak. La polizia egiziana avrebbe arrestato 600 manifestanti, in particolare nei dintorni della sede del Parlamento e in piazza Tahrir.

SOCIAL NETWORK - Le autorità egiziane avrebbero intimato ai provider che operano in Egitto di rendere impossibile l'accesso a Twitter e Facebook, utilizzati da molti giovani manifestanti per organizzare le proteste. Secondo quanto si legge sulla Bbc, Twitter è ormai bloccato da alcune ore, mentre i telefoni cellulari non funzionano in tutta l'area attorno al Cairo. Problemi di connessione si registrano anche per Facebook, a cui gli utenti egiziani riescono a connettersi solo a tratti.

USA APPOGGIANO MUBARAK - Il governo Mubarak «è stabile e sta cercando soluzioni per rispondere alle legittime necessità della popolazione», ha affermato il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, commentando le manifestazioni antigovernative in Egitto.

Fonte: CorrieredellaSera

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26/01/2011 00:06

Egitto, migliaia in piazza morto un poliziotto
Suez, proiettili gomma uccidono 2 manifestanti.
El Cairo, agente muore calpestato dalla folla


IL CAIRO - La protesta indetta per oggi da movimenti e partiti anti-governativi egiziani si e' tradotta, al Cairo, in violenti scontri lungo le strade principali della capitale. La polizia, nella centrale piazza Taharir, vicino al Museo Egizio, e' stata attaccata dai manifestanti con un fitto lancio di sassi, che ha costretto gli agenti a indietreggiare, nonostante si fossero schierati con un grande dispiegamento di blindati e avessero reagito lanciando lacrimogeni. Secondo gli organizzatori della protesta, in piazza sono scesi in 25 mila. ''Mubarak vattene'' e ''Pane e liberta''' sono gli slogan gridati dai manifestanti.

MORTO UN POLIZIOTTO CALPESTATO IN SCONTRI - Un agente di Polizia è morto dopo essere stato travolto negli scontri che hanno opposto manifestanti e forze dell'ordine nel centro del Cairo. Lo riferisce il sito internet del partito Wafd spiegando che l'agente è caduto ed è rimasto calpestato nella ressa.

MORTO MANIFESTANTE A SUEZ - Un giovane manifestante e' morto dopo essere stato colpito da un proiettile di gomma durante scontri con le forze dell'ordine a Suez. Lo riferiscono fonti della sicurezza egiziane. Si tratta della prima vittima fra i manifestanti della giornata di protesta indetta oggi.

IN 20 MILA MANIFESTANO AD ALESSANDRIA - In 20 mila sono scesi in piazza anche ad Alessandria d'Egitto per chiedere lavoro e la fine del regime di Mubarak. Lo riferisce la rete satellitare Al Jazira, secondo la quale ci sono stati scontri nella città portuale egiziana e si sono verificati anche vari feriti.

MANIFESTANTI IN CENTRO CAIRO, MUBARAK VATTENE - ''Mubarak vattene'' e ''pane e liberta''. Sono questi gli slogan che gridano alcune decine di di migliaia di dimostranti che in questo momento hanno il controllo della piazza centrale del Cairo, Taharir, come ha constato l'ANSA sul posto. La polizia si e' ritirata nelle strade laterali e in questo momento c'e' un momento di calma negli scontri. Si sentono le sirene delle ambulanze. La piazza e' accanto al Museo Egizio che, secondo fonti della sicurezza, non e' stato coinvolto negli incidenti.

SCONTRI CON LA POLIZIA- Si sono fatti piu' violenti gli scontri a piazza Taharir, nel centro del Cairo. I manifestanti hanno attaccato la polizia con un fitto lancio di sassi. Le forze di sicurezza, come ha constatato l'ANSA sul posto, sono state costrette a ritirarsi dalla piazza malgrado il fitto lancio di lacrimogeni e l'impiego di blindati e idranti.
Si stanno svolgendo al Cairo le manifestazioni indette per la Giornata della Collera. In quella che si sta tenendo nella centrale Piazza Tahrir, accanto al Museo egizio, si sono verificati scontri tra manifestanti e polizia che hanno fatto cinque feriti. A Mohandesim, nel grande viale intitolato alla Lega Araba, un gruppo sempre crescente di manifestanti, almeno 2.000, gridano 'Fuori, fuori' e 'Vattene, vattene' rivolto al presidente Mubarak. Il gruppo viene seguito a distanza da un massiccio spiegamento di forze antisommossa.

La 'giornata della collera' è convocata da un gruppo di partiti di opposizione e di movimenti della societa' civile per protestare contro la carenza di lavoro e contro le misure repressive. Sui siti internet degli organizzatori continuano ad essere rilanciati messaggi che riconvocano, da un momento all'altro, le manifestazioni perche' i siti individuati fino a ieri sono da questa mattina fortemente presidiati dalla polizia. In particolare il piazzale antistante l'universita', secondo alcuni testimoni, e' presidiato da una ventina di camion blindati della polizia. Molte strade del centro citta' sono bloccate o presidiate da mezzi blindati. Situazione analoga anche ad Alessandria, dove fonti locali riferiscono che tutto il centro della città è presidiato dalla polizia e molte strade sono bloccate, per impedire l'accesso ai luoghi di raduno. Gli organizzatori pensano dei cambiare luogo e ora della manifestazione, tenendo informati i contestatori con messaggio all'ultimo momento su Facebook. In un'intervista uscita questa mattina sul quotidiano Al Ahram, il ministro dell'Interno egiziano Habib El Adly ha affermato che i servizi di sicurezza ''non tollereranno alcuna minaccia ai beni e alla sicurezza del paese''. ''Questi giovani incoscienti - ha aggiunto il ministro - non hanno alcuna influenza e i servizi di sicurezza sono capaci di dissuadere qualsiasi azione illegale''.

Fonte: ANSA

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26/01/2011 01:11

Azz.., Egitto, Tunisia, Albania.. il Mediterraneo in fiamme! [SM=x44492]

E noi che ci siamo in mezzo.. Mare Nostrum! [SM=x44466]
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26/01/2011 15:25

Re:
fabius039, 26/01/2011 1.11:

Azz.., Egitto, Tunisia, Albania.. il Mediterraneo in fiamme! [SM=x44492]

E noi che ci siamo in mezzo.. Mare Nostrum! [SM=x44466]




Anche in Albania e Grecia la situazione non è molto tranquilla,
senza considerare il recente deterioramento dei rapporti tra Turchia ed Israele (in perenne conflitto coi suoi confinanti...).

Qui rischiamo davvero che possa realizzarsi la profezia di Radcla [SM=x44497]


PS

Dal Sondaggio del Corriere della Sera . . .
Dopo la Tunisia l’Egitto.
Pensate che nel mondo arabo sia in atto un grande processo di ribellione?

Sì 86.4%
No 13.6%
Numero votanti: 671
[Modificato da Etrusco 26/01/2011 15:25]

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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28/01/2011 00:28

Scontri nel Sinai, ucciso manifestante
È tornato El Baradei: "Sto col popolo"

La protesta blocca l'autostrada che collega a Israele. Violenze a Suez e Ismailia, cortei ad Alessandria e Assiut. Al Cairo, aeroporto in stato d'emergenza per il ritorno da Vienna del Nobel per la pace: "Mubarak se ne deve andare, pronto a guidare la transizione"

IL CAIRO - La tensione cresce di ora in ora in Egitto, dove il contagio della rivolta popolare che in Tunisia ha costretto alla fuga l'ex presidente Ben Ali mette a rischio il regime di Hosni Mubarak dopo 30 anni di potere assoluto. E domani grande manifestazione di piazza con El Baradei, tornato in patria, a guidare l'opposizione. Oggi un manifestante è stato ucciso nei violenti scontri in corso in una cittadina del Sinai, El Sheikh Zouayed, a pochi chilometri dal resort del Mar Rosso di Sharm el Sheik. Si chiamava Muhammad Atef, aveva 22 anni. E' stato raggiunto dal proiettile esploso da un agente di polizia, è morto sul colpo. Fonti locali parlano di "campo di battaglia", negozi chiusi e scambio di colpi d'arma da fuoco tra manifestanti e polizia. In strada sono almeno in diecimila e hanno anche bloccato l'autostrada internazionale che collega Israele all'Egitto.

Tensione in tutto il Paese. Stesso scenario a Suez, dove tra spari e lancio di lacrimogeni sono andati a fuoco vari edifici dell'amministrazione locale, una caserma dei pompieri e una parte dell'ospedale pubblico, distrutti quattro blindati delle forze di sicurezza. Nella città portuale a nord-est del Cairo, nella fitta sassaiola tra polizia e dimostranti sono rimaste ferite 35 persone, di cui cinque agenti. Trenta gli arrestati. Altri 10 blindati sono arrivati dal Cairo per mettere in sicurezza gli uffici governativi e la sede del Partito Nazionale Democratico del presidente Mubarak. A Suez la protesta si è quindi estesa alla zona industriale, dove circa 300 operai delle acciaierie hanno fatto un sit-in chiedendo l'aumento del salario. Scontri in corso anche a Ismailia, nel nord del paese. Inizialmente dispersi dalla polizia, i manifestanti si sono riorganizzati dando vita a un duro confronto con le forze dell'ordine, con fitte sassaiole. Trenta gli arrestati. Manifestazioni pacifiche si segnalano invece ad Alessandria e ad Assiut, nell'alto Egitto.

Mubarak apre ai giovani. Mentre nel paese infuria la protesta, la tv del Qatar al Jazeera dà notizia di un vertice di governo al Cairo per decidere quali iniziative assumere in vista delle grandi manifestazioni annunciate per domani. In contemporanea, si è svolto un vertice del Pnd. Dopo mezz'ora ha parlato Safwat El Sherif, presidente del Consiglio della Shura, paragonabile al Senato, per dire che i giovani, le loro richieste, i loro bisogni e il loro diritto di esprimersi con ogni mezzo sono "nel cuore del presidente egiziano Hosni Mubarak e del partito di governo". El Sherif ha sottolineato la necessità che "i giovani si calmino" perché il partito è impegnato ad affrontare le loro difficoltà. Voci raccolte tra i giornalisti, ma non confermate ufficialmente, hanno riferito che nella sede era presente il figlio del presidente, Gamal.

Il pugno duro del regime. Le parole distensive di El Sherif contrastano con la durezza con cui l'apparato repressivo colpisce la protesta popolare: dall'inizio delle manifestazioni di piazza di martedi scorso, sono finite dietro le sbarre almeno mille persone, come riferisce un responsabile della sicurezza. Smentita dalle autorità egiziane l'incriminazione di quaranta persone per aver cercato di "rovesciare il regime", secondo quanto aveva riportato la tv satellitare Arabya. I fermati, spiegano fonti della sicurezza, sono accusati di manifestazione non autorizzata, danneggiamento di luoghi pubblici e di blocco stradale. Con il manifestante ucciso oggi nel Sinai, sale a sette il numero dei morti dall'inizio della protesta, anche se un anonimo responsabile della sicurezza sostiene che le due vittime di ieri, un agente di polizia e una donna, sarebbero morte a causa di un incidente stradale, investite da un'auto nel centro del Cairo. "E' in corso un'indagine" aggiunge la fonte. Il nesso tra l'incidente e i disordini era invece stato accreditato in precedenza da un'altra fonte della sicurezza e da ambienti medici.

El Baradei è tornato. La protesta potrebbe essere spinta anche dal ritorno in patria - ieri sera - di Mohamed El Baradei, ex presidente dell'Aiea (Agenzia internazionale per l'energia atomica), che parteciperà, nelle vesti di maggior punto di riferimento dell'opposizione, alla grande manifestazione. Il suo auspicio - espresso appena arrivato al Cairo - è che il regime di Mubarak capisca che il cambiamento è necessario, cessi la violenza e punti al cambiamento pacifico: "Non c'è modo di tornare indietro". "Continuerò a sostenere il cambiamento e chiedo al regime di fare altrettanto prima che sia troppo tardi", ha affermato El Baradei, accolto da simpatizzanti, e da una mole di giornalisti internazionali, sotto una vigilanza stretta della sicurezza. "Tutte le richieste di apertura di riforma sono state ignorare - ha insistito il leader del Movimento per il cambiamento egiziano - e quindi bisogna dare merito ai giovani che sono andati in strada".

La rabbia dei manifestanti. "Sarà domani il vero giorno della collera in tutto il paese" annunciano i dirigenti del raggruppamento "Forze Popolari" nel corso del congresso del Fronte Democratico in corso ad 'al-Sharqiya', 100 chilometri a nord del Cairo. Lo riporta il sito dei "Fratelli Musulmani" egiziani. Il cartello dei partiti di opposizione comprende il Partito del Lavoro, il partito liberale al-Ghad, il partito nasseriano e l'associazione nazionale per il cambiamento di El Baradei. All'Ansa, il portavoce dei "Fratelli Musulmani" egiziani, Essam Eryan, assicura che la loro partecipazione alle manifestazioni popolari indette per domani sarà "di massa, ma pacifica". Un ritorno, quello di El Baradei, visto con grande preoccupazione dalle autorità. L'ex direttore dell'Aiea è atterrto al Cairo con un aereo di linea proveniente da Vienna e per tutto il pomeriggio la polizia è stata dispiegata in forze nei pressi e all'interno del terminal 3 degli arrivi.

El Baradei: "Voglio un nuovo Egitto". Ancora prima che la folla scendesse nelle strade del Cairo, El Baradei aveva commentato gli eventi tunisini considerando "inevitabile" che quell'esempio fosse seguito anche nel suo paese. Il premio Nobel si dice pronto "a guidare la transizione, se il popolo lo vorrà". Parlando ai giornalisti, in attesa dell'imbarco a Vienna, El Baradei, dichiara di voler "assicurare che tutto si svolga in maniera pacifica e regolare. La mia priorità immediata è di vedere un nuovo Egitto e di veder nascere questo nuovo Egitto grazie a una transizione pacifica". El Baradei poi attacca frontalmente il segretario di Stato americano Hillary Clinton, per aver giudicato "stabile" la posizione del governo egiziano. "Sono rimasto allibito e sconcertato dalle sue parole - scrive il leader dell'opposizione - Che cosa intendeva con stabile, e a quale prezzo? E' la stabilità di 29 anni di leggi d'emergenza, un presidente con un potere imperiale per 30 anni, un Parlamento che è quasi una beffa, una magistratura che non è indipendente? E' questo che Hillary Clinton chiama stabilità? Sono sicuro di no. E spero che non sia lo standard che Clinton applica ad altri Paesi".

L'Ue: rispettare il diritto al dissenso. Dal capo della diplomazia dell'Unione europea, Catherine Ashton, giunge l'invito alle autorità egiziane di "rispettare" il diritto dei loro cittadini a manifestare pacificamente per la difesa dei loro diritti e a scarcerare i dimostranti pacifici fermati. Ma su Mubarak inizia a farsi sentire anche il pressing della Gran Bretagna, ex madrepatria coloniale decisa a non ripetere gli errori della Francia, troppo passiva all'inizio della crisi tunisina. In un'intervista al programma "Today" su Bbc Radio4, il ministro degli Esteri William Hague invita l'Egitto a compiere qualche passo in direzione delle riforme politiche per placare le "legittime rivendicazioni" dei manifestanti, "tanto economiche che politiche". "Ogni paese è differente - precisa Hague - e non dobbiamo cercare di dettare la nostra volontà, ma in generale ritengo che sia importante in questa situazione rispondere in modo positivo alle legittime richieste di riforme; è importante muoversi verso apertura, trasparenza e maggiori libertà politiche".

Il Borsa cede, il campionato si ferma. Intanto, gli effetti della rivolta popolare contro Mubarak si fanno sentire anche alla borsa del Cairo, dove si registra una giornata nera. Il listino principale, l'egx30, chiude in calo del 10,5%. In mattinata gli scambi sono stati temporaneamente sospesi quando l'indice segnava un calo di oltre il 6%. Male anche la valuta locale, la sterlina egiziana, scesa ai minimi da 6 anni contro il dollaro americano. Secondo quanto riporta il quotidiano al-Alam al-Youm, il presidente della piazza egiziana, Khaled Serry Seyam, dice no agli allarmismi e chiede agli investitori di mantenere la calma per non fomentare panico ingiustificato. Si ferma anche il campionato di calcio: rinviato il prossimo turno, decisione non giustificata ufficialmente dalle autorità, anche se dettata dal timore che i tifosi possano cogliere l'occasione per manifestare contro il governo.

Fonte: Repubblica

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29/01/2011 00:54

Egitto, Mubarak destituisce il governo
Usa: "La soluzione venga dal popolo"

Il presidente parla alla tv e promette riforme al termine dell'ennesima giornata di proteste. Caos nella capitale e negli altri centri principali del Paese. Almeno venti vittime e oltre mille feriti. Libero dagli arresti domiciliari il leader d'opposizione El Baradei. La polizia si ritira, arrivano i militari. In fiamme la sede del partito del presidente. Il monito dell'Onu. La Casa Bianca: "la soluzione venga dal popolo"

IL CAIRO - "Il governo egiziano si è dimesso e domani verrà nominato un nuovo esecutivo che varerà nuove misure per la libertà e la democrazia". Lo ha detto il presidente egiziano Hosni Mubarak in un discorso televisivo alla nazione. Il leader egiziano ha deciso di parlare al Paese dopo l'ennesima giornata di scontri, al culmine di un escalation di violenze che sta mettendo seriamente in discussione la tenuta del suo regime.

Mubarak: "Resto presidente, dispiacere per le vittime". Un intervento del presidente egiziano era stato annunciato fin dal pomeriggio, ma Mubarak è apparso in tv solo a tarda notte. Inizialmente si era parlato di una dichiarazione televisiva del presidente del Parlamento, una voce che aveva fatto pensare a una soluzione "tunisina" della crisi, con Mubarak rimpiazzato dall'uomo che la Costituzione indica come successore in caso di impossibilità del presidente a governare. Parlando alla tv di Stato, Mubarak ha subito chiarito di non aver nessuna intenzione di lasciare il potere. Le violenze, ha detto, "sono un complotto per destabilizzare, i nostri obiettivi saranno raggiunti con il dialogo". Allo stesso tempo, il presidente si è detto "estremamente dispiaciuto" per le vittime delle manifestazioni e ha promesso "nuove misure" per la democrazia. Poi il messaggio alla piazza: "Questa sera ho chiesto al governo di dimettersi e domattina darò incarico per formare il nuovo esecutivo". Un segnale di discontinuità che, nelle speranze del regime, dovrebbe servire a disinnescare il malcontento popolare facendo rientrare una rivolta sempre più fuori controllo.

Vittime in tutto il paese, assalto ai palazzi del potere. Neanche il coprifuoco ha fermato la protesta popolare. Nonostante l'intervento dei blindati dell'esercito, i dimostranti impegnati dal mattino nel "venerdì della collera" - così gli oppositori hanno ribattezzato questa giornata - hanno occupato le principali città. Assaltando i palazzi del potere, dai ministeri alla sede del partito del presidente. Tentativi di saccheggio al Museo Egizio, successivamente messo in sicurezza dall'esercito. La tv di Stato ha annunciato il coprifuoco, fino alle 8 di domani, nella capitale, a Suez e Alessandria. Sale il bilancio delle vittime, almeno venti fra il Cairo, Suez, Alessandria; a Porto Said è morto un dimostrante di appena 14 anni. Un'altra persona è morta nel Sinai e vi sarebbero anche due vittime tra le forze dell'ordine. I feriti sono oltre mille. Circa 400 le persone arrestate. La Casa Bianca: "Questa crisi può essere risolta solo dal popolo egiziano".

AUDIO Dall'inviato Renato Caprile

FOTO / DOSSIER VIDEO

"L'esercito è con noi". Impossibile, per la polizia, sedare la protesta. Mubarak ha inviato l'esercito. Ma la situazione è in continua evoluzione: un convoglio di blindati è stato ripreso da Al Arabiya mentre sfilava per le vie della capitale, applaudito dai manifestanti che invocavano la fine del regime di Mubarak, al grido di "l'esercito è con noi". Il cancelliere tedesco Angela Merkel chiede a Mubarak di autorizzare manifestazioni pacifiche. Anche dal ministero degli Esteri italiano un fermo invito all'"immediata cessazione di ogni tipo di violenza", al rispetto delle "libertà civili, di espressione e comunicazione incluso il diritto allo svolgimento di manifestazioni pacifiche".

Bloccati web e mobile. Il segretario generale delle Nazione Unite Ban Ki-Moon intima: "La libertà di espressione deve essere rispettata". Ma oggi è difficile anche comunicare. Al Cairo le connessioni internet sono bloccate, saltate anche le comunicazioni fra telefoni cellulari. Il servizio sms era già inutilizzabile da alcune ore. L'operatore di telefonia mobile britannico Vodafone fa sapere di aver sospeso la copertura su richiesta del governo egiziano. Una mossa che il dipartimento di Stato Usa condanna con un messaggio su Twitter: "Siamo preoccupati per il fatto che le comunicazioni, compreso internet, i social media e perfino questo messaggio tweet, sono bloccati in Egitto", si legge nel messaggio firmato dal portavoce del dipartimento P.J. Crowley.

La Casa Bianca. E se in un primo momento, dagli Usa, era arrivato il monito del segretario di Stato Hillary Clinton che aveva chiesto di "evitare la violenza, rispettare i diritti umani, mantenere aperti i canali di comunicazione", poco dopo è la Casa Bianca a prendere posizione. La situazione "può essere risolta solo dal popolo egiziano", dice il portavoce Robert Gibbs. Il presidente Obama (che, fa sapere Gibbs, "oggi non ha parlato con Mubarak") ha convocato i vertici della sicurezza nazionale per discutere della crisi. Attraverso le parole del portavoce, gli Usa sollecitano il governo egiziano ad "affrontare immediatamente le rimostranze del tutto legittime" degli egiziani. "La violenza non è la risposta", ha detto Gibbs, aggiungendo che la situazione rappresenta un'importante opportunità per procedere a riforme economiche e politiche.

Gli Usa: "Internet è un diritto fondamentale". "In più occasioni - ha ricordato - il presidente Obama ha sottolineato l'importanza che gli Usa danno alle libertà fondamentali. E anche il libero accesso a internet rientra nei diritti fondamentali". Poi l'esortazione alla "moderazione", nel rispondere ai manifestanti, rivolta alle forze di sicurezza. Infine, l'annuncio che gli Stati Uniti rivedranno la loro politica di aiuti nei confronti dell'Egitto "sulla base degli eventi che avranno luogo nei prossimi giorni".

El Baradei è a casa. Mohammed El Baradei non è più ai domiciliari. La sorella Layla assicura che "sta bene, a casa, la sua abitazione non è più circondata dalla polizia". Si erano inseguite notizie contrastanti sulla sorte di El Baradei. Secondo alcuni testimoni, si trovava alla testa di una marcia pacifica nelle strade del Cairo. In mattinata si era diffusa la notizia che fosse stato "trattenuto" dalla polizia per evitargli di partecipare alle manifestazioni. Secondo altre fonti, infine, si trovava agli arresti domiciliari. Il leader dell'opposizione, rientrato ieri sera da Vienna, dopo aver concluso il suo mandato di direttore dell'Aiea, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, in mattinata aveva preso parte alla preghiera del venerdì in una moschea nel quartiere di Giza. Subito dopo, la folla aveva iniziato a inveire contro Mubarak, innescando l'intervento delle forze speciali. A quel punto la polizia avrebbe impedito a El Baradei di mettersi alla testa delle manifestazioni. Oltre all'ex direttore dell'Aiea, bloccato anche Osama al-Ghazali, presidente del Fronte democratico.

Arrestati giornalisti. Quattro reporter francesi sono stati arrestati. Si tratta di un giornalista di Le Figaro e un collega del Journal du Dimanche, un reporter di un'agenzia fotografica e un collaboratore del magazine Paris Match. Sarebbero almeno dieci i giornalisti arrestati. La polizia avrebbe anche aggredito numerosi reporter, di media locali e internazionali. La testimonianza di Assad Sawey, reporter della Bbc, andato in onda con una benda sulla testa e la camicia sporca di sangue. "Stanno prendendo di mira i giornalisti - denuncia - hanno preso la mia telecamera e dopo avermi fermato hanno cominciato a colpirmi con spranghe di ferro, come quelle usate qui per macellare gli animali, e hanno usato manganelli elettrici per darmi la scossa". La tv satellitare Al Arabiya lancia un allarme sulla sorte di una sua troupe inviata al Cairo: non ha più sue notizie da questa mattina, quando è scesa in strada per seguire le manifestazioni.

Fonte: Repubblica

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29/01/2011 00:59

Egitto, altri venti morti.
Mubarak annuncia: subito un nuovo governo

Almeno 1.000 feriti al Cairo. Blindati davanti a sede tv. Polizia ferma 400 persone


IL CAIRO - Il Cairo brucia. Come Alessandria, Suez, Ismailia, Porto Said. Il venerdi' della collera ha incendiato le folle e le piazze egiziane e il coprifuoco imposto a meta' pomeriggio non e' servito a riportare la calma, costringendo l'esercito a intervenire. In nottata, il presidente Hosni Mubarak ha rotto il silenzio e dagli schermi tv ha parlato alla Nazione annunciando il siluramento del governo e il varo domani di un nuovo esecutivo. Nemmeno la misura senza precedenti, come l'ha definita il Segretario di stato Usa Hillary Clinton, di spegnere internet e l'intera rete di cellulari in Egitto e' servita a contenere le folle, che si sono ritrovate all'uscita della preghiera del venerdi', cosi' come indicavano gli appelli alla mobilitazione diffusi su Facebook nei giorni scorsi. E' stato l'inizio di una giornata di scontri e di sangue, conclusasi con un bilancio di almeno una ventina di morti, di cui undici solo a Suez, cinque al Cairo, due a Mansura e uno nel Sinai. Dall'inizio, martedi' scorso della 'rivoluzione del 25 gennaio', le vittime sono almeno 25 o 26. Nella sola capitale i feriti sono oltre mille. Anche le truppe su blindati e mezzi cingolati hanno avuto difficolta' a domare i manifestanti. In serata, sulle tv arabe, e su twitter si sono susseguiti messaggi che parlavano di vip e tycoons in fuga precipitosa dal Paese su aerei privati, a anche di ''responsabili'': tanto che erano girate voci che lo stesso presidente Mubarak stesse lasciando il Paese e che il suo abbandono sarebbe stato annunciato dal presidente del Parlamento in un discorso. Ma a parlare e' stato invece Mubarak, che - oltre ad annunciare il cambio di governo - si e' detto ''estremamente dispiaciuto'' per le vittime e ha invitato a interrompere immediatamente gli atti di violenza e sabotaggio: le violenze sono un ''complotto per destabilizzare la societa''', ha accusato il presidente, denunciando la presenza di ''infiltrati''. I ''nostri obiettivi - ha sottolineato - non saranno raggiunti con la violenza ma con il dialogo nazionale''. Dopo il crescendo di manifestazioni che sono andate ingigantendosi man mano che avanzavano per le citta' egiziane, e' cominciata nel primo pomeriggio la guerriglia urbana al Cairo. Polizia contro manifestanti, pietre e bottiglie contro lacrimogeni. Dopo ore di scontri violenti Mubarak ha deciso di imporre il coprifuoco dalle 18 alle 7 del mattino. La rivolta, che in serata ha preso una piega ancora piu' violenta quando i manifestanti al Cairo hanno cominciato ad appiccare il fuoco ad autoblindo e al palazzo sede del partito del presidente, ha accolto in patria il leader del Movimento per la Riforma Mohammed el Baradei, rientrato ieri per partecipare alle manifestazioni odierne. Ma alla marcia l'ex capo dell'Agenzia Atomica Internazionale non e' mai andato. Dopo essere andato in una moschea nel quartiere di Giza, ed esservi rimasto bloccato all'interno, facendo pensare per qualche tempo che fosse stato arrestato, El Baradei e' uscito e si e' recato a casa, dopo e' rimasto. Infondate, hanno detto alcuni familiari, anche le voci che fosse stato posto agli arresti domiciliari. L'esercito ha cominciato a dispiegarsi nelle strade delle citta' egiziane verso le 19 locali, le 18 in Italia, accolto con entusiasmo dalla folla che aveva a lungo invocato il suo intervento per mettere fine alle violenze di strada. Subito dopo ha cominciato a schierarsi attorno ai siti sensibili nelle capitale, ad Alessandria e a Suez. Al Cairo le truppe hanno preso possesso della televisione di stato dopo che un gruppo di manifestanti aveva tentato di occuparla. L'esercito ha anche messo in sicurezza il museo del Cairo, che secondo voci incontrollate era stato saccheggiato in serata. Secondo la tv Al Jazira un gruppo di persone ha anche fatto una catena intorno all'edificio per fare da scudo umano. Le scene di violenza in tutto l'Egitto hanno suscitato grande apprensione nelle diplomazie internazionali preoccupate che venga inghiottito dall'instabilita' un paese baluardo degli Usa e dell'Occidente nella Regione. La Farnesina ha chiesto la cessazione immediata delle violenze, invitando al dialogo costruttivo fra istituzioni e societa' civile. Hillary Clinton ha sollecitato le autorita' egiziane a tenere conto delle richieste degli egiziani che ''hanno il diritto di vivere in una societa' democratica che rispetta i diritti umani fondamentali''. Il Segretario generale dell'Onu Ban ki-Moon ha chiesto rispetto totale della liberta' di espressione. Preoccupata l'Ue e anche la Francia, che si e' attivata per ottenere la liberazione di quattro giornalisti fermati dalle forze di sicurezza mentre seguivano le manifestazioni. La rivolta che gia' giovedi' aveva provocato un tonfo della Borsa egiziana, sta colpendo anche il turismo, settore trainante dell'economia. L'associazione dei tour operator che raccoglie il 70% degli operatori italiani ha deciso di sospendere i voli verso il Cairo e le principali citta' egiziane. Anche la compagnia di bandiera egiziana ha deciso di non volare da e per l'Egitto fino alla mattina di oggi.

Fonte: ANSA

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29/01/2011 15:52

Scontri e morti in tutto l'Egitto
Il presidente in tv: "E' complotto"

Mubarak invia i soldati a sostenere le forze di sicurezza.
Ma in molti casi la folla accoglie con applausi i militari.
Tentativo di saccheggio al museo egizio del Cairo:
ma è stata la folla stessa a organizzare un cordone contro i predatori


IL CAIRO - Nemmeno la notte ferma la battaglia del Cairo. Anzi, complici il buio, addirittura la incattivisce. Le schermaglie della mattina tra polizia e dimostranti alla sera si trasformano in guerriglia Ormai si spara nelle strade e si incendia. Nel centro, in prossimità dei grandi alberghi, come nella periferia di questa sterminata città. Dai manganelli ai fucili, dalle pietre alle molotov, il passo è stato breve.

Solo nella capitale i morti sarebbero almeno una quindicina, i feriti oltre mille, gli arrestati quasi cinquecento. Numeri che ovviamente non trovano conferme ufficiali. Internet è infatti out, la telefonia mobile pure e quella fissa vicina al collasso. Ma nemmeno il regime riesce a impedire che le notizie in qualche modo filtrino. Mubarak proclama il coprifuoco, schiera l'esercito e annuncia un discorso in tivù, che arriva all'una di notte.
Il rais annuncia per oggi un rimpasto del governo, dice di avere "ascoltato le lamentele e la sofferenza del popolo", garantisce che se le manifestazioni sono avvenute è stato grazie alla "libertà di espressione garantita" dal suo Paese, ma ammonisce che "c'è una linea sottile fra caos e libertà", e nel caos - sostiene - si intravede un complotto da parte di potenze esterne. Suo "primo dovere" è "vegliare sulla sicurezza del Paese". Non permetterà al "caos" di dilagare. "Non si raggiungono gli obiettivi con la violenza, ma con il dialogo", esorta il rais. Le prime reazioni della piazza, però, non gli darebbero ragione.

Nel pomeriggio si rincorrono voci su imprenditori e politici che lasciano il Paese a bordo di aerei privati. La sede del partito del Presidente è stata presa d'assalto e data alle fiamme. Mentre brucia uno dei simboli di un potere che non vuole morire, la folla incendia camionette, auto in sosta, copertoni, stazioni di polizia, prima di marciare verso il ministero degli Esteri e la tivù di Stato, altri due odiati simboli del potere. Poi si dirige compatta verso piazza Tahrir, dove tutto è cominciato e dove ci sono altri palazzi del potere. Quella piazza che è stata off-limits per tutto questo venerdì di paura. Mentre anche intorno ai grandi alberghi, in cui sono ancora migliaia i turisti, l'area diventa irrespirabile e il rumore degli spari non è poi così lontano, Mubarak si vede costretto a schierare i soldati. Fanno dunque la loro comparsa, per la prima volta da quando è iniziata la crisi, anche i carri armati. Ma i militari non intervengono. Anzi in molti casi fraternizzano con i manifestanti che stringono loro le mani applaudendo e gridando: "L'esercito è con noi".

Mubarak come Ben Ali? Difficile crederlo, nonostante i vignettisti già lo ritraggano col valigione pieno di dollari mentre corre trafelato verso un aereo saudita. Lui non fuggirà, dice chi lo conosce bene. Venderà cara la pelle. Resisterà. Sparerà, se è necessario. A patto sempre che l'esercito sia disposto a seguirlo fino in fondo. E poi l'Egitto non è la Tunisia, gli americani non sembrano ancora disposti a mollarlo per sponsorizzare un nuovo corso che potrebbe rivelarsi un salto nel buio. C'è tutto, niente sarà più come prima in Egitto. Soprattutto dopo quest'ultimo venerdì di sangue e di scontri. Con centinaia di migliaia di persone in piazza a gridare la loro collera.

"No a Mubarak", "No al governo", "Siete nemici di Dio". Al Cairo, ad Alessandria, a Suez, nel Sinai. Ovunque, da Nord a Sud di questo paese. Chiedono pane, lavoro, giustizia e dignità. Hanno trovato il coraggio di gridarlo in pubblico mentre per anni hanno temuto anche solo di sussurrarlo agli amici più cari. E oggi che è il gran giorno sono tutti lì, a dispetto di uno spiegamento di forze dell'ordine mai visto. Con le principali arterie del centro della capitale completamente blindate, con insormontabili barriere di agenti anti-sommossa schierati coi loro scudi per file, a distanza di un centinaia di metri gli uni dagli altri. Una muraglia umana invalicabile che qualcuno prova inutilmente a sfondare. Lacrimogeni, proiettili di gomma, pallottole vere, manganelli, idranti.

Pur di fermarli la polizia sembra disposta a tutto. Ma quelli, giovani e meno giovani e perfino bambini, crescono di ora in ora come un fiume in piena. Impossibilitati a riunirsi in un unico grande corteo, sono costretti a tentare sortite dalle vie laterali che portano a Ramses Street, il lungo viale che finisce in piazza Tahrir, l'obiettivo finale dei manifestanti, dove c'è la presidenza del Consiglio. È lì che infuria la battaglia e sempre più persone richiamate dagli spari, dal fumo dei gas, dopo aver fermato l'auto in seconda, terza, quarta fila, seguono dagli spalti del ponte "6 ottobre", urlando a loro volta invettive contro il regime. Qualcosa di assolutamente inedito nel trentennale regno di Hosni Mubarak.

Com'era prevedibile il lungo "venerdì della collera" inizia al Cairo poco dopo la fine della preghiera. Intorno alle 13 la prima salva di lacrimogeni rende irrespirabile l'aria disperdendo i fedeli appena usciti dalla grande moschea Al Fath, che si affaccia proprio su Ramses Street. È solo l'inizio di una sarabanda che sarebbe continuata per tutta la giornata su vari fronti della capitale. Nel sobborgo di Dokki, proprio davanti all'hotel Sheraton, uno degli scontri più duri e cruenti. Fra manifestanti e forze dell'ordine. Turisti terrorizzati, auto incendiate, violente cariche e fuggi fuggi generale. Esattamente come in prossimità della moschea-università Al Azhar, maggiore centro teologico sunnita della capitale.

A Mohamed El Baradei, il premio Nobel per la Pace, esponente di spicco dell'opposizione al regime, autocandidatosi a guidare la transizione, arrivato al Cairo ventiquattr'ore prima di questa grande manifestazione di popolo, viene di fatto impedito di uscire dalla moschea nella quale è andato a pregare. Originale forma di arresti domiciliari, studiata, come dire, ad personam. Per impedirgli cioè di capeggiare politicamente la rivolta. L'uomo ha le carte in regola per succedere alla presidenza anche se il regime in questi mesi più volte ha provato a screditarlo, dipingendolo come distaccato dalla realtà egiziana, come un agente di potenze straniere, pubblicando perfino foto di Laila, la figlia in costume da bagno e del suo matrimonio dove viene servito del vino. Farlo passare, insomma, come un corpo estraneo per scioccare la società musulmana conservatrice.

Che il regime temesse questa manifestazione che già si annunciava come la più imponente e nervosa degli ultimi anni, lo si è capito già alle nove del mattino, quando Internet improvvisamente non ha dato più segni di vita. Un paio d'ore dopo collassava anche la telefonia mobile, locale e internazionale. Impedire ogni forma di comunicazione è l'ordine partito dall'alto. E così tutto l'Egitto rimaneva completamente isolato. Le notizie della notte, gli ultimi filmati fruibili attraverso YouTube avevano mostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che la situazione stava precipitando. Le immagini provenienti da Suez, da Alessandria, dal Sinai e da Ismailia raccontavano di battaglia vera, di morti, feriti, incendi, saccheggi. E come nel disperato tentativo di limitare i danni, il regime procedeva ad arresti in massa. Soprattutto nelle file dei Fratelli musulmani, inclusi i due portavoce, Essam El Eriane e Mohamed Mursi.

Dopo quella che sembrava una pausa alla fine di una giornata campale, la situazione finiva fuori controllo. I manifestanti riuscivano in qualche modo, complice forse la stanchezza dei poliziotti, a ricompattarsi. E alla fine avevano la meglio. Riuscivano a raggiungere il palazzo del Partito nazionale democratico del raìs, il ministero degli Esteri, la tivù di Stato e li incendiavano. Qualcuno tenta di saccheggiare il Museo Egizio ma è la stessa folla a organizzare un cordone contro i predatori. Poi il caos totale. Iniziava una lunghissima notte di incendi, saccheggi, vendette private e regolamenti di conti. La prossima mossa tocca a Mubarak. Le promesse, Ben Ali docet, non basteranno.

Fonte: Repubblica

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29/01/2011 16:04

Il Cairo, 50mila in piazza: "Mubarak via"
finora oltre 100 morti, è sfida al coprifuoco

Il governo si è dimesso. L'esercito invita a evitare gli assembramenti.
Carri armati circondano piazza Tahir. La polizia spara ad Alessandria.
Scontri a Ismailia. Fonti ospedaliere: ieri nella capitale 30 vittime, di cui due bambini.
El Baradei: "Torno in strada per il cambiamento". Appello Ue: "Cessi la violenza"


IL CAIRO - L'Egitto è in fiamme. A decine di migliaia in piazza chiedono che il presidente Mubarak lasci, assalti ai ministeri rintuzzati a colpi di arma da fuoco dalla polizia. La gente sfida il coprifuoco: a migliaia restano per strada. Manifestazioni non solo nella capitale, ma anche in altre città. E un bilancio di almeno 100 morti dall'inizio della rivolta. I cambiamenti politici si susseguono a velocità vertiginosa: dopo discorso alla nazione pronunciato ieri dal presidente, il governo del premier Ahmed Nazif si dimette. Un portavoce di gabinetto fa sapere che in giornata il presidente annuncerà il nome del nuovo primo ministro. Ahmad Ezz, uno degli uomini d'affari più in vista del paese e segretario aggiunto del partito di Mubarak, il Pnd, si è dimesso e stando ad indiscrezioni starebbe pensando di fuggire all'estero.

Alle 16 ora locale (le 15 in Italia) scatta il nuovo coprifuoco ma in piazza Tahir, al Cairo, sono ancora decine di migliaia i manifestanti che da stamane hanno ripreso a inveire slogan contro Mubarak. La piazza, epicentro delle manifestazioni di protesta di ieri, è circondata dai blindati dell'esercito egiziano. Al Jazeera riferisce di un nuovo assalto della folla al ministero dell'Interno, con la polizia che ha aperto il fuoco. Nello scontro sarebbero rimaste uccise tre persone. La tv satellitare riporta anche di scontri a fuoco nei pressi della zecca della Banca centrale d'Egitto e di una folla di dimostranti in marcia verso la sede della televisione pubblica.

L'atmosfera resta molto tesa e i manifestanti sembrano intenzionati a ignorare il coprifuoco, nonostante gli appelli dell'esercito. Attraverso la tv di Stato, i vertici militari hanno chiesto alla popolazione di evitare gli assembramenti e di rispettare il coprifuoco. Rientrato dagli Usa il capo di stato maggiore egiziano, Sami Anan, ieri alla guida di una delegazione militare a colloquio con il Pentagono. Al Jazeera riferisce che l'esercito considera pericolosissimo l'attuale "vuoto di sicurezza": le forze armate assicurano il loro impegno a non fare uso della violenza contro i cittadini, ma di avere ricevuto "l'ordine di usare la mano pesante con chi viola il coprifuoco".

Nel corso della mattinata, mentre le autorità estendevano dalle 4 del pomeriggio di oggi fino alle 8 di domani mattina ora locale il coprifuoco nelle città del Cairo, Alessandria e Suez, la folla in piazza Tahir è cresciuta di numero fino a raggiungere almeno le 50mila persone. La polizia ha sparato ed esploso gas lacrimogeni per allontanare un migliaio di persone all'assalto del ministero dell'interno e, successivamente, ha sparato in aria per disperdere un gruppo di manifestanti che tentava di entrare nel Parlamento, secondo quanto riferiscono fonti dei servizi di sicurezza egiziani. Il capo delle antichità egiziane, Zahi Hawass, ha raccontato alla tv di Stato di un tentativo di saccheggio respinto al Museo Egizio. Negli incidenti sarebbero però andate distrutte due mummie di faraoni. Poi la polizia è praticamente scomparsa dalle strade del centro, lasciando ai blindati dell'esercito il presidio delle sedi istituzionali.

Scontri ad Alessandria, Ismailia, Suez. Nel pomeriggio era prevista una nuova manifestazione ad Alessandria d'Egitto, ma i manifestanti sono scesi in strada sin dal mattino e testimoni parlano di scontri e polizia che spara. A Ismailia, città sul canale di Suez, migliaia di lavoratori portuali si sono confrontati con agenti che volevano impedire loro di raggiungere il luogo di lavoro. Gli agenti hanno risposto con lacrimogeni e proiettili di gomma. Cortei in corso anche a Suez.

Incertezza sul bilancio delle vittime. Il ministero della Sanità egiziano parla di 38 morti nelle violenze di ieri, il "Venerdi della collera" inscenato dall'opposizione in tutto l'Egitto: 12 al Cairo, uno a Giza, tre a Porto Said, 8 ad Alessandria, 12 a Suez e due a Mansura. Dati che stridono con le cifre diffuse da altre fonti. Secondo i testimoni sul luogo, 30 corpi, tra cui quelli di due bambini, sono stati portati all'ospedale Damardash. Il corrispondente di Al Jazeera da Alessandria sostiene di aver visto in obitorio i cadaveri di 23 persone. E a Suez la protesta è costata almeno altre 11 vite. Per Al Jazeera, il bilancio provvisorio dei disordini scoppiati in tutto l'Egitto da martedì scorso è di oltre 100 morti.

Infiltrati islamici dalla Striscia di Gaza. A Rafah, alla frontiera con la striscia di Gaza, i dimostranti hanno attaccato la sede della prefettura, secondo testimoni sarebbero stati uccisi tre agenti di polizia. Nella zona circolano inoltre voci riguardanti palestinesi di Gaza che attraversano il valico di Rafah ed entrano in Egitto approfittando dell'assenza dei controlli di polizia. Secondo l'inviato di Al Jazeera, vi sarebbero anche decine di miliziani islamici che, approfittando del caos, si stanno infiltrando in Egitto.

Carceri nel caos. Durante la notte si sarebbe verificata anche l'evasione di centinaia di detenuti comuni dalle celle di sicurezza di alcuni commissariati del Cairo. Secondo l'inviato di Al Jazeera, per alcune ore c'è stato un vuoto nella gestione della sicurezza, in particolare quando la responsabilità è passata dalla polizia all'esercito. L'evasione avrebbe avuto luogo in quell'intervallo.

El Baradei: "Gli Usa scelgano con chi stare". Mentre i Fratelli musulmani con un comunicato lanciano un appello per un "pacifico passaggio dei poteri", torna a farsi sentire Mohammed El Baradei, ieri trattenuto per ore agli arresti domiciliari. "Mubarak deve andarsene - ha dichiarato l'ex direttore dell'Aiea, Nobel per la Pace e leader delll'opposizione in un'intervista a France 24 - Il presidente non ha compreso il messaggio del popolo egiziano e il suo discorso è stato del tutto deludente. Le proteste continueranno con intensità ancora maggiore finché il regime non cadrà. Mubarak anunnci le dimissioni, avvii la transizione verso democrazia, sciolga il Parlamento e indica elezioni democratiche". El Baradei ha esortato gli Usa a schierarsi: "Devono scegliere tra il popolo egiziano e il regime".

Mubarak a Re Abdallah: "Situazione stabile". A Mubarak giunge invece la solidarietà di re Abdallah, che riferisce di un suo colloquio telefonico con il presidente egiziano. Al sovrano saudita, Mubarak avrebbe detto che in Egitto "la situazione è stabile. Il mondo non ha visto altro che le azioni di alcuni gruppi che non vogliono stabilità e sicurezza per gli egiziani".

Lega Araba: "Politica egiziana cambi". Il segretario della Lega Araba, l'egiziano Amr Moussa, ha detto oggi che "la politica in Egitto va cambiata. Bisogna prendere in considerazione la rabbia del popolo egiziano'". Anche l'Unione africana, per voce del presidente della sua commissione, Jean Ping, in conferenza stampa ad Addis Abeba, si dice "preoccupata" per le violente manifestazioni di protesta e per la situazione politica in Egitto.

Iran: "Egitto, onda islamica di giustizia". Dall'Iran, attraverso un portavoce, il ministero degli Esteri Ramin Mehman-Parast dichiara che le proteste in Egitto sono in linea con "un'ondata islamica" che vuole "la giustizia". "La Repubblica islamica dell'Iran - ha aggiunto il portavoce del ministro di Teheran - si aspetta che le autorità egiziane ascoltino la voce della nazionale musulmana dell'Egitto, vengano incontro alle sue giuste richieste ed evitino il ricorso alla violenza contro questa ondata islamica che si muove con il movimento del popolo".

Ue: "Cessino le violenze". Il presidente dell'Unione Europea, Herman Van Rompuy, ha lanciato un appello perché cessino le violenze in Egitto, siano rilasciate tutte le persone arrestate per ragioni politiche, inclusi i politici, sia fissato un processo di riforme. ''Il rispetto per i diritti fondamentali dell'uomo - dice Van Rompuy -, come la libertà di espressione, il diritto di comunicare, il diritto di riunirsi in assemblee libere come pure l'inclusione sociale sono elementi costitutivi della democrazia che la gente egiziana, in particolare i giovani, stanno cercando di ottenere''.

Fonte: Repubblica

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29/01/2011 16:19

Commenti e idee
L'incendio egiziano e le paure occidentali

Immaginiamo ottanta milioni di arabi, poco meno di 20 tra Il Cairo e dintorni, nel caos e fuori controllo, ai confini d'Israele, vicini all'Europa e sulle rotte del petrolio. Se dopo Ben Alì in Tunisia cade in Egitto anche il presidente Mubarak, saltano il Nordafrica e il Medio Oriente: è questa la grande paura che attanaglia un corteo di fragili monarchie, emirati e repubbliche ereditarie ma anche l'intero Occidente e gli Stati Uniti d'America.

C'è il timore che crollino regimi che sembravano garantire, pure tra guerre e carneficine, il flusso dei rifornimenti energetici
e un collaudato sistema dove i capi alla fine contrattavano la loro protezione e sopravvivenza in cambio di avere mano libera in casa. Serpeggia, soprattutto, la grande paura che siano i fondamentalisti islamici ad approfittarne per imporre governanti oscurantisti a tutti noi ostili.

Ma sta accadendo pure qualche cosa che non vogliamo ammettere, se non a denti stretti perché tocca interessi e schemi consolidati che sembravano immutabili: pure gli altri popoli hanno il diritto di ribellarsi e di scegliere come vivere. Anche se tutto questo accade sotto casa. Siamo a un crocevia decisivo per l'intero Medio Oriente. L'incendio è stato appiccato ed è difficile prevedere che cosa rimarrà in piedi.

Fonte: Il Sole 24 Ore 29/1/2011
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29/01/2011 16:29

Esteri

Egitto/ Israele auspica che disordini non influiscano su rapporti

Vice premier: seguiamo gli eventi

Pubblicato 3 giorni fa da TMNews

Gerusalemme, 26 gen. (TMNews) - Il vice primo ministro israeliano Sylvan Shalom ha auspicato che i disordini in Egitto non abbiano impatto sulle relazioni del Paese con Israele.

"Israele segue gli eventi in Egitto (...) noi speriamo tutti che le autorità egiziane sapranno concedere la libertà ed i diritti ai loro cittadini pur restando sulla buona strada per mantenere le buone relazioni intraprese con Israele da più di 30 anni", ha affermato Shalom alla radio pubblica.

L'Egitto è il primo Paese arabo ad aver firmato un accordo di pace con Israele nel 1979. "Non c'è dubbio che la situazione in Egitto non sia semplice", ha aggiunto Shalom. Il vice premier israeliano ha anche ritenuto che i disordini attuali in molti Paesi arabi non sarebbero legati al conflitto israelo-palestinese. "Si è sempre sostenuto che finché questo conflitto non sarebbe stato risolto, la regione non sarebbe stata stabile. Ma c'è instabilità in Tunisia, in Libano, in Sudan e in Egitto", ha ritenuto Shalom, che non ha nulla a che vedere con il conflitto tra israeliani e palestinesi.

Due manifestanti e un poliziotto sono morti ieri in occasione delle manifestazioni che riuniscono molte migliaia di egiziani, che hanno richiesto le dimissioni del presidente Hosni Mubarak, al potere dal 1981, una contestazione ispirata dalla sommossa popolare tunisina. L'ex ministro laburista del Commercio e dell'Industria Binyamin Ben Eliezer presentato dalla radio militare come responsabile israeliano "più vicino al presidente Mubarak ha da parte sua minimizzato il pericolo di una destabilizzazione del regime egiziano. "Il regime è molto forte e stabile, ha il sostegno di tutto l'esercito, dei servizi di sicurezza e delle informazioni che controllano lo stato (...) non vedo una possibilità di rivoluzione", ha aggiunto Ben Eliezer.

 

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29/01/2011 16:55

Egitto / Israele 'monitora' e paventa la rivoluzione al Cairo-2
Timore che un nuovo regime prenda il controllo dell'esercito

Roma, 29 gen. (TMNews) - "Non è un segreto" continua la fonte, un funzionario della sicurezza, "che l'esercito israeliano è concentrato su certi teatri d'azione e lì si riversa gran parte delle risorse". Per ora l'Egitto non è un fronte d'attenzione; se dovesse diventarlo in futuro, l'esercito dovrebbe ripensare le proprie strategie e sguarnire altri teatri. "Questo non vuol dire che l'Egitto diventerebbe subito un paese nemico, ci mancherebbe", aggiunge la fonte.

La preoccupazione più immediata di Israele riguarda i possibili sviluppi sulla frontiera fra l'Egitto e Gaza, dove le forze egiziane lavorano per bloccare il contrabbando di armi verso il territorio controllato da Hamas, un impegno che potrebbe indebolirsi.

La seconda preoccupazione, secondo la fonte, riguarda il futuro dell'esercito di Israele: migliaia di carri armati, centinaia di caccia, decine di navi, "Un esercito occidentale in ogni senso che gode di aiuti americani. Se ci fosse un regime estremista a prenderne il controllo, la posizione di Israele muterebbe radicalmente" commenta il funzionario.

Fonte: TMnews 29/1/2011

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30/01/2011 00:12

Il capo dei servizi vice di Mubarak
un mediatore fra Israele e palestinesi

Il generale Omar Suleiman noto per la sua azione diplomatica nella difficile situazione dei territori occupati. Sarà lui a prendere il potere se il presidente dovesse lasciare


IL CAIRO - Il generale Omar Suleiman, numero uno dei potenti servizi segreti egiziani dall'inizio degli anni Novanta, è l'uomo che potrebbe prendere le redini del potere in Egitto. Nel mezzo della crisi e delle proteste contro Hosni Mubarak, la notizia della sua nomina alla vice-presidenza significa che, in caso di necessità, sarà lui a sostituire il raìs.

Se a Suez i manifestanti che sfidano il coprifuoco hanno festeggiato in piazza, poco dopo al Cairo è esplosa la protesta contro il capo dei servizi esterni egiziani. A differenza dei precedenti responsabili dei servizi segreti, Suleiman è noto sulla scena politica internazionale per il suo impegno, sin dal 2000, dopo lo scoppio della Seconda Intifada, nella difficile mediazione tra le fazioni palestinesi e tra i gruppi palestinesi e Israele. Con il suo impegno si è conquistato la stima di diplomatici europei, israeliani e statunitensi.

Arrivato ai vertici all'inizio degli anni '90, Suleiman deve gran parte della sua notorietà al ruolo di mediazione svolto all'indomani della seconda Intifada. In questo ruolo ha conquistato il rispetto della comunità internazionale, Israele e Usa in testa. Nato nel 1935 a Qena, nel sud dell'Egitto, arrivò al Cairo a 19 anni per frequentare l'Accademia militare. Riceve poi un addestramento avanzato in Unione Sovietica. Ha partecipato ai conflitti arabo-israeliani del 1967 e 1973. Il suo peso all'interno del regime lo ha portato negli ultimi mesi ad essere il candidato preferito dall'apparato militare alla successione a Mubarak, in alternativa al figlio del leader Gamal.

In uno dei dispacci pubblicati da Wikileaks e provenienti dall'ambasciata Usa del Cairo, datato 2007, l'allora ambasciatore americano Francis J. Ricciardone ragionando sul dopo-Mubarak profetizzava che Suleiman poteva essere nominato vicepresidente: "Un presunto suo amico ci ha detto che detesta l'ipotesi di una presidenza a Gamal, e che è anche personalmente irritato da Mubarak, che gli ha promesso anni fa di nominarlo vicepresidente". Ma non lo aveva poi fatto, fino ad oggi. "In ogni caso, chiunque sia il successore di Mubarak - scriveva ancora Ricciardone - "la sua priorità sarà costruire un supporto popolare. Ci si aspetta quindi che il neo-presidente adotterà toni anti-americani in pubblico, nello sforzo di dimostrare la sua buona fede nazionalista agli egiziani e potrebbe porgere un ramoscello d'olivo ai Fratelli Musulmani".

Fonte: Repubblica

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31/01/2011 10:34

Caos in Egitto, oggi sciopero generale
Israele a Usa e Ue: "Aiutate Mubarak"


Nuovo appello dell'opposizione per una marcia di protesta contro il regime: "Un milione in piazza"

Nel settimo giorno delle proteste contro il presidente egiziano, Hosni Mubarak, i manifestanti che anche questa notte hanno presidiato piazza Tahrir invocano uno «sciopero generale» a tempo determinato a partire da oggi e una «marcia di milioni di persone» per domani.

Dopo la presa di distanze di Obama Israele ha inviato un messaggio confidenziale agli Stati Uniti e ad alcuni Paesi membri dell’Unione europea affinchè frenino le loro critiche al presidente egiziano Hosni Mubarak per preservare la stabilità della regione. L’obiettivo di Gerusalemme è quello di convincere i suoi alleati che è nell’interesse dell’Occidente mantenere la stabilità del regime egiziano. Una presa di posizione, quella del governo di Benjamin Netanyahu, che segue la svolta di Washington, con il presidente Barak Obama che ha chiesto al Cairo una «transizione ordinata verso la democrazia» e spinto Mubarak a lasciare il potere. Israele ha mantenuto un basso profilo riguardo agli eventi egiziani, tanto che Netanyahu ha ordinato ai suoi ministri di evitare commenti pubblici in merito.

Oggi i ministri degli Esteri dell’Unione europea discuteranno la questione dell’Egitto in una sessione speciale a Bruxelles. «Gli americani e gli europei sono stati trascinati dalla loro opinione pubblica e non stanno considerando gli inetressi reali», ha detto un alto funzionario egiziano citato da Haaretz. «Anche se sono critici nei confronti di Mubarak, devono far sentire ai loro amici che non sono soli. La Giordania e l’Arabia Saudita vedono le reazioni in Occidente, dove tutti stanno abbandonando Mubarak, e questo avrà conseguenze serie».

Intanto sono diversi i Paesi che si stanno adoperando per evacuare i loro connazionali dall’Egitto, dove oggi si tiene il settimo giorno di protesta contro il governo di Hosni Mubarak. Canada, Cina, Giappone, Iraq, Kuwait, Turchia e altri Stati hanno annunciato che invieranno voli charter per portare i propri cittadini fuori dall’Egitto, dove oltre 150 persone sono rimaste vittime della rivolta e migliaia di altre sono state ferite. Il ministro degli Esteri del Canada, Lawrence Cannon, ha detto che il suo «governo raccomanda ai canadesi di andarsene. Il governo ha piani di evacuazione per i cittadini canadesi in Egitto che vogliono partire». Il ministro canadese ha anche chiesto a Mubarak di «ascoltare le aspirazioni del popolo egiziano». Oggi la stazione centrale della tv cinese ha detto che anche Pechino ha inviato un volo della Air China al Cairo «per riportare a casa i turisti cinesi che si trovano all’aeroporto».

Il Giappone ha invece deciso di inviare oggi tre voli charter per portare i propri concittadini dal Cairo a Roma, come ha spiegato un funzionario del ministero degli Esteri di Tokyo. Sono circa cinquecento i giapponesi rifugiati all’aeroporto internazionale del Cairo da quando sono iniziate le proteste anti Mubarak. Il governo turco ha inviati ieri tre aerei al Cairo e due ad Alessandria per far rientrare i suoi connazionali. Intanto, negli scali aeroportuali del Cairo, restano numerosi cittadini in attesa di partire per l’Europa o per altre destinazioni.

Fonte

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I videogiochi non influenzano i bambini. Voglio dire, se Pac Man avesse influenzato la nostra generazione ora staremmo tutti saltando in sale scure, masticando pillole magiche e ascoltando musica elettronica ripetitiva."
(Kristian Wilson, Nintendo Inc., 1989)

Pochi anni dopo nacquero le feste rave, la musica techno e l'ecstasy...

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31/01/2011 12:08

Arjuna, 31/01/2011 10.34:

..
Israele a Usa e Ue: "Aiutate Mubarak"
...
Dopo la presa di distanze di Obama Israele ha inviato un messaggio confidenziale agli Stati Uniti e ad alcuni Paesi membri dell’Unione europea affinchè frenino le loro critiche al presidente egiziano Hosni Mubarak per preservare la stabilità della regione. L’obiettivo di Gerusalemme è quello di convincere i suoi alleati che è nell’interesse dell’Occidente mantenere la stabilità del regime egiziano. Una presa di posizione, quella del governo di Benjamin Netanyahu, che segue la svolta di Washington, con il presidente Barak Obama che ha chiesto al Cairo una «transizione ordinata verso la democrazia» e spinto Mubarak a lasciare il potere. Israele ha mantenuto un basso profilo riguardo agli eventi egiziani, tanto che Netanyahu ha ordinato ai suoi ministri di evitare commenti pubblici in merito.

Oggi i ministri degli Esteri dell’Unione europea discuteranno la questione dell’Egitto in una sessione speciale a Bruxelles...La Giordania e l’Arabia Saudita vedono le reazioni in Occidente, dove tutti stanno abbandonando Mubarak, e questo avrà conseguenze serie».
..
Fonte



"Singolare" questa posizione d'Israele. [SM=x44466]
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31/01/2011 12:12

Re:
Etrusco, 31/01/2011 12.08:



"Singolare" questa posizione d'Israele. [SM=x44466]




Evidentemente preferiscono Mubarak al rischio dell'alternativa. [SM=x44461]

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31/01/2011 14:10

Mubarak a premier: contattare le opposizioni

Alcuni vandali hanno cercato di saccheggiare il tempio di Karnak a Luxor, ma sono stati fermati

Non si placa in Egitto la rivolta contro il regime di Hosni Mubarak. Anche ieri migliaia di manifestanti sono scesi in piazza sfidando il coprifuoco, in vigore fino alle 8 di stamani e poi di nuovo dalle 15. In piazza Tahrir al Cairo anche il leader d'opposizione Mohammed El Baradei, che si dice pronto alla presidenza. Almeno 150 i morti dall'inizio della crisi.

Basta con le critiche al regime del presidente egiziano Hosni Mubarak, che invece va sostenuto, nell'interesse dell'Occidente e del Medio Oriente nel suo complesso. E' l'invito, riferisce il giornale Haaretz, che di fronte alle rivolte popolari di questi giorni nel paese delle piramidi i vertici politici d'Israele hanno rivolto attraverso canali confidenziali agli Stati Uniti e ai governi europei.

Oggi gli organizzatori del movimento di protesta popolare in Egitto hanno lanciato un appello ad uno sciopero generale, e per domani indetta una manifestazione al Cairo, dove si conta di portare in strada almeno un milione di persone contro Mubarak.

Ulteriore estensione del coprifuoco: oggi entrera' in vigore a partire dalle ore 14 (le 13 in Italia). Lo scrive Al Jazira. Ieri, le autorita' avevano deciso di anticipare l'inizio del coprifuoco alle 15 invece che alle 16. La misura restera' in vigore fino alle 8 del mattino successivo .

Grandi manifestazioni di protesta hanno preso il via ad Alessandria, Suez e Porto Said.

MUBARAK A PREMIER, CONTATTARE LE OPPOSIZIONI - Secondo il giornale governativo al Ahram, Mubarak ha chiesto al primo ministro Ahmed Shafik di mettersi in contatto con le opposizioni.

TENTANO SACCHEGGIO TEMPIO LUXOR, FERMATI - Secondo la tv satellitare al Arabyia vandali hanno cercato di saccheggiare il tempio di Karnak a Luxor, ma sono stati fermati.

Fonte: ANSA

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31/01/2011 23:55

Migliaia in piazza, domani sciopero generale
L'esercito: "Non useremo la forza"

Usa e Ue non si schierano ma chiedono una transizione ordinata verso le libere elezioni. Il nuovo governo respinto dai Fratelli musulmani e dagli oppositori, ma il vicepresidente Suleiman annuncia l'apertura del dialogo con tutte le opposizioni. Sostegno dei Paesi arabi e di Israele, che temono i fondamentalisti. Coprifuoco anticipato alle 14

IL CAIRO - Il presidente Hosni Mubarak è sempre più sotto assedio in Egitto: anche l'esercito dichiara di trovare giuste le rivendicazioni del popolo, e garantisce che non userà la forza contro i manifestanti. I tentativi di placare la rivolta non sembrano dare risultati: nel settimo giorno di manifestazioni piazza Tahrir, cuore delle proteste al Cairo, si è nuovamente riempita con decine di migliaia di persone che, sfidando il coprifuoco (che è stato anticipato alle 14, le 13 in Italia), chiedono la fine del regime. I manifestanti hanno invocato uno "sciopero generale" a tempo indeterminato a partire da oggi e un "corteo di un milione di persone" per domani al Cairo e - secondo alcune fonti- anche ad Alessandria, con cui sperano di dare la spallata finale a Mubarak. La situazione per il momento è tranquilla, ma è una calma carica di tensione. Manifestazioni anti-Mubarak si sono tenute oggi anche in Italia, a Roma e a Milano.

Per ora il presidente egiziano rifiuta di dimettersi. Nel tentativo di rimanere in sella, ha annunciato il nuovo governo da cui sono spariti l'odiato ministro dell'Interno Habib el-Hadly, principale responsabile per la sanguinosa repressione delle proteste e che controllava le forze di sicurezza accusate di violazioni sistematiche dei diritti umani: al suo posto è andato Mahmud Wagdi, generale di polizia in congedo, ex capo delle istituzioni penitenziarie. Nel chiaro tentativo di giocarsi l'ultima carta, Mubarak ha anche lanciato un appello al dialogo con le opposizioni, subito respinto al mittente dai Fratelli Musulmani: "Troppo tardi". Tuttavia il vicepresidente egiziano, Omar Suleiman, ha annunciato alla tv di aver ricevuto l'incarico di aprire il dialogo con tutte le forze di opposizione.

Con Mubarak si è schierato il papa della chiesa copta, Shenuda III, che ha riferito di aver parlato con il presidente egiziano per augurargli che Dio gli dia la forza e lo protegga per il bene dell'Egitto. Hezbollah, la formazione islamica libanese, ha fatto sapere di appoggiare senza riserva gli egiziani "che combattono e resistono" contro Hosni Mubarak. Mentre la Casa Bianca invoca "una transizione ordinata", chiede di avviare "negoziati con l'opposizione", ma assicura il portavoce Robert Gibbs, "non parteggiamo né per le persone in strada né per quelle al governo". La Ue chiede "nuove elezioni libere e giuste", ma non si schiera. "In Egitto si deve andare verso la democrazia", ha affermato il capo della diplomazia italiana, Franco Frattini, arrivando a Bruxelles per la riunione con i colleghi dell'Ue, ma quello che la comunità internazionale teme fortemente è "una soluzione che porti l'islamismo radicale al potere".

Il Cairo intanto sembra sotto assedio: nei negozi e supermercati cominciano a scarseggiare pane e acqua imbottigliata. La Farnesina ritiene "imprudenti" i viaggi nel paese nord africano e l'Italia ha chiesto alle autorità egiziane di proteggere i cittadini e le missioni diplomatiche Ue e ha inviato un C130 con un nucleo di Carabinieri per la protezione dell'ambasciata. Un centinaio di italiani intanto atterreranno questa sera all'aeroporto di Pratica di Mare con il C-130 dell'aeronautica militare. Tuttavia i turisti non sembrano scoraggiarsi da questi inviti, anche se chi è rientrato oggi fa racconti che dovrebbero indurre alla prudenza: "Abbiamo vissuto momenti di paura: mentre tornavamo, sull'autostrada da Alessandria, abbiamo visto sparare, non sappiamo se fosse l'esercito o la polizia, contro i detenuti evasi, che giravano da tutte le parti. Abbiamo visto dei feriti", raccontano alcuni turisti rientrati oggi a Fiumicino (solo perché la vacanza era finita, non tuttavia per i ripetuti allarmi della Farnesina).

A difendere Mubarak rimangono di fatto parte dei paesi arabi - che temono un ulteriore contagio della "rivoluzione dei gelsomini" e fanno a gara per distinguere la loro situazione da quelle di Tunisi e Il Cairo - e Israele, che ribadisce la volontà di mantenere il trattato di pace con l'Egitto e agita lo spettro di un'altra repubblica islamica.

Al momento, il nuovo governo si è limitato a qualche decisione di ordine pubblico, come il coprifuoco diurno - puntualmente violato dal manifestanti, anche oggi scesi in piazza in migliaia senza che al momento si siano registrate vittime - e alla limitazione e interruzione di alcuni servizi ferroviari e aerei, nel tentativo di minare le mobilitazioni di massa: non molto, considerato che nel Paese lo stato di emergenza è in vigore dal 1981 e non è mai stato revocato.

Per quel che riguarda l'opposizione, i Fratelli Musulmani hanno già respinto la legittimità del nuovo governo, invitando la popolazione a proseguire la manifestazioni fino alla caduta del regime; nel frattempo il premio Nobel Mohammed Elbaradei è stato incaricato dei "negoziati" con il governo, come "guida visibile" delle proteste: ma, come osservano gli analisti, la prima vittima di un cambiamento di regime potrebbe essere proprio l'opposizione laica, minoritaria rispetto alle organizzazioni islamiche come i Fratelli musulmani.

Fonte: Repubblica

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01/02/2011 14:40

Re: Re:
Arjuna, 31/01/2011 12.12:

Evidentemente preferiscono Mubarak al rischio dell'alternativa. [SM=x44461]




soprattutto se l'alternativa sono la Fratellanza Musulmana. [SM=x44461]
[Modificato da paperino73 01/02/2011 14:40]

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01/02/2011 16:32

La retromarcia di Washington

BORIS BIANCHERI
Non poteva esserci prova più difficile per Obama di quella che gli impone oggi la situazione in Egitto.

Ha appena finito di pronunciare un discorso sullo stato dell’Unione nel quale ha parlato molto di ciò che l’America deve fare per ritrovare se stessa e, non a caso, poco di ciò che sta avvenendo nel resto del mondo. Sugli avvenimenti di Tunisia si era espresso senza alzare i toni ma facendo intendere che la ventata di rinnovamento che ha percorso quel Paese non poteva non riscuotere simpatia anche a Washington. Dirlo, d’altronde, non gli costava gran che: Ben Ali non c’era già più, aveva già fatto le valigie e così anche tutti i suoi parenti ed amici che avevano avuto il tempo di seguirlo. Ma Mubarak è un’altra cosa. Mubarak è ancora lì e non pare finora avere l’intenzione di seguire l’esempio del suo collega tunisino.

In Egitto, sembrava alcuni giorni fa che la designazione di Suleiman a vice-Presidente indicasse che le chiavi del potere erano passate all’esercito e che la transizione - cioè l’uscita di Mubarak dalla scena - fosse ormai in atto. E infatti, domenica scorsa, la signora Clinton ha auspicato pubblicamente che al Cairo si attuasse una transizione ordinata verso l’aspirazione popolare alla democrazia e a migliori condizioni economiche. Ma, per ora, la transizione, ordinata o no che sia, non c’è. Le manifestazioni popolari continuano, Suleiman è stato nominato vice-Presidente ma il Presidente è sempre Mubarak e non si muove.

Si sono levate invece molte voci per consigliare alla Casa Bianca maggiore cautela di linguaggio. Le prime e le più esplicite sono state quelle israeliane. Mubarak ha rappresentato in effetti per dei decenni una garanzia di stabilità per l’intera regione e per Israele in particolare. All’interno ha tenuto sotto controllo il partito dei Fratelli Musulmani, che seppur costituisce il maggior nucleo di opposizione organizzata, è largamente minoritario. In seno alla Lega Araba, l’Egitto costituisce una voce moderata. E’ ovvio che a Gerusalemme si guardi con preoccupazione a improvvisi traumatici mutamenti in direzioni diverse, quali esse siano. Ci sono anche gli altri potentati arabi che, di fronte a una troppo liberale posizione di Washington, aggrottano le ciglia: un incoraggiamento degli Stati Uniti a chi rivendica democrazia e diritti umani e mira a rovesciare chi sta al potere negando quei diritti, non può che suscitare apprensione in buona parte del mondo arabo, dagli Emirati, all’Arabia Saudita alla Giordania stessa. Ci sono poi le voci dei repubblicani, che Obama non può ignorare. C’è lo spettro di ripercussioni gravi sul piano economico, conseguenti anche a una eventuale paralisi di quel punto cruciale dei traffici che è il Canale di Suez, ci sono le conseguenze sui rapporti economici bilaterali qualora la situazione degradasse ulteriormente.

La realtà è che, quale che sia la posizione americana in ordine agli avvenimenti egiziani, Obama rischia di essere perdente. Se parte dal presupposto che l’era Mubarak è finita, affretta i tempi verso un pericoloso precipizio. Se invece prende le distanze dai movimenti popolari in atto in Egitto e altrove, rischia di riaccendere i sentimenti antiamericani che serpeggiano in tanta parte del mondo arabo anche non radicale o estremista. Se avalla i dittatori, contraddice clamorosamente se stesso, la sua visione del mondo e coloro che hanno creduto sinora nel suo messaggio di equità e di libertà. Nella loro inattesa e succinta dichiarazione «europea», inglesi, francesi e tedeschi se la sono cavata invitando entrambe le parti alle moderazione. Washington si era spinta più avanti, ma ci ha ripensato e sta tornando indietro. Una transizione vi sarà inevitabilmente e d’altronde era comunque prevista; ma è preferibile forse che non avvenga sotto la spinta della piazza. Una cosa è comunque sicura (e noi dovremmo essere i primi a saperlo): non serve a molto chiedere di dimettersi a chi ha il potere in mano se non si spiega cosa verrà dopo di lui.

Fonte

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Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.

(Voltaire)

ma difendiamo anche la grammatica Italiana





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