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Napolitano da New York: "In Italia è guerriglia continua"

Ultimo Aggiornamento: 01/04/2011 09:28
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31/03/2011 00:55

Ipotesi di scioglimento delle camere
Napolitano: "In Italia guerriglia continua
In politica basta tensioni, creano sfiducia"

Il capo dello Stato a New York: "Il più grande problema della politica italiana è l'iper-partigianeria che rende impossibile il dialogo e il confronto, determina una delegittimazione reciproca dei competitori politici. Tutta questa polemica rischia di generare distacco dalle istituzioni", aggiunge "Giusto l'intervento in Libia, non capisco la scelta della Germania".

ROMA - "Il vero problema dell'Italia è l'attitudine della politica a dividersi". Giorgio Napolitano, durante il dibattito annuale alla facoltà di legge della New York university, torna sulla situazione politica del nostro Paese. Sottolineandone il continuo clima di scontro. "Non è un momento facile per l'Italia e per il lavoro di un presidente della Repubblica. Io non faccio commenti su nessuna personalità politica italiana. Parlo più in generale e dico che il più grande problema della politica italiana è l'iper-partigianeria che produce una guerrigia quotidiana, rende impossibile il dialogo e il confronto, determina una delegittimzione reciproca dei competitori politici. Una situazione in cui nessuno ascolta l'altro crea un rischio di gravi divisioni e di forte indebolimento del Paese".

"Il funzionamento della democrazia - continua il capo dello Stato - richiede un governo forte e stabile, ma anche una opposizione forte. Io non ci posso fare nulla se a volte l'opposizione non è abbastanza forte".

In mezzo a questa confusione il Quirinale si muove "sottolineando tutto ciò che unisce l'Italia, e non la divide". E magari ogni tanto si nota che "c'è qualche risultato". "Il mio", dice ancora Napolitano, citando Benjamin Constant, "è un potere neutro che viene esercitato allo scopo di garantire la Costituzione e l'equilibrio tra i poteri". Ecco perchè, quando la Costituzione lo richiede, qualche decreto non prende la via della Gazzetta Ufficiale, ma riprende quella di Palazzo Chigi.

Certo bisogna considerare che "il Presidente del Consiglio rappresenta la maggioranza parlamentare" e ci sono pertanto casi in cui "non si può obiettare più di tanto". Quanto alla nomina dei ministri, Napolitano riferisce che al premier si può "dare qualche consiglio, ma se lui insiste non si può far altro che dirgli 'la responsabilita' è tua".

Tensione tra le istituzioni. Da Giorgio Napolitano arriva un nuovo invito a "rimuovere tensioni anche istituzionali che finirebbero per alimentare nell'opinione pubblica e specialmente tra i giovani motivi di disorientamento e sfiducia che è indispensabile scongiurare", proprio sul delicatissimo terreno della giustizia.

Libia. "Certamente il fatto che i principali paesi membri dell'UE si siano divisi sull'intervento militare in Libia è un fatto molto negativo" dice Napolitano a proposito degli sbarchi a Lampedusa. Definendo "un errore" la rinuncia dell'Europa a dotarsi di un dispositivo militare proprio. " La riprova si ha ora in Libia dove ogni Stato europeo interviene con le propie forze militari spendendo molto di più di quanto spenderebbe se ci fosse a forza militare eruropea integrata. "Il problema è la riluttanza dei Governi europei ad accettare una politica integrata sull'immigrazione e ad applicare provvedimenti già decisi", mentre servirebbe una legislazione organica e non 27 differenti.

Il presidente della Repubblica critica, inoltre, la scelta "neutralista" della Germania, dicendo di non capire la decisione della cancelliera Angela Merkel di non partecipare all'intervento militare in Libia: "Scelte come queste non dovrebbero essere influenzate dal fatto che si deve votare nel proprio paese. I leader politici non dovrebbero inseguire i sondaggi, ma guidare i cittadini. Chi per paura di perdere le elezioni rinuncia a scelte come questa, non si rivela un vero leader".

"Per troppi paesi europei, forse per tutti - aggiunge il presidente - l'Unione è solo un caprio espiatorio. Per i problemi che non sanno risolvere i singoli paesi accusano l'Europa". Oggi, spiega "il progetto europeo è meno popolare che agli inizi. Bisogna far ripartire l'integrazione perchè senza un'Europa veramente unita il nostro futuro sarebbe peggiore".

Fonte: Repubblica

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31/03/2011 14:42

Il buon senso è rimasto solo a lui, purtroppo [SM=x44464]
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31/03/2011 21:36

Re:
texdionis, 3/31/2011 2:42 PM:

Il buon senso è rimasto solo a lui, purtroppo [SM=x44464]



In questi ultimi tempi è diventato iperattivo: viaggia, incontra, parla.

Ne è stato costretto, forse preferiva il torpore precedente, ma a noi va bene così.
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31/03/2011 22:17

Re: Re:
fabius039, 31/03/2011 21.36:



In questi ultimi tempi è diventato iperattivo: viaggia, incontra, parla.

Ne è stato costretto, forse preferiva il torpore precedente, ma a noi va bene così.




Ha capito che ormai solo lui può risollevare l'autorevolezza e la Dignità istituzionale dell'Italia nel mondo [SM=x44464]
Frattini e B. non fanno altro che creare danni all'estero....

PS spero che non venga a sapere che Nicole Minetti ha strappato a B. la promessa del Ministero degli Esteri, altrimenti potrebbe prendergli un coccolone [SM=x44465]

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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01/04/2011 09:28

Lo staff e la «minaccia» di scioglimento: non è nello stile DEL PRESIDENTE

Napolitano: così non si va avanti

Il Quirinale preoccupato dalla paralisi del Parlamento.
I segnali al Guardasigilli


Giorgio Napolitano
Il Presidenete della Repubblica Giorgio Napolitano
ROMA - «Così non si può più andare avanti. Quello che sta accadendo da due giorni alla Camera è uno spettacolo intollerabile, che mette a rischio la credibilità delle istituzioni e sconcerta i cittadini. È il momento in cui ognuno, ogni forza politica, si deve assumere tutte le proprie responsabilità».

È questo, più o meno alla lettera, il cuore del richiamo che il presidente della Repubblica ha rivolto ai primi capigruppo dei partiti convocati d'urgenza ieri sera al Quirinale. Una ricognizione che si dovrebbe chiudere oggi
(probabilmente con una nota nella quale il Colle, tra l'altro, renderà pubblici gli impegni raccolti) e che Giorgio Napolitano ha voluto per capire fino in fondo le ragioni di due giornate consecutive di rissa in Parlamento.

È più che preoccupato, il capo dello Stato: è irato fin quasi all'avvilimento e senza parole, davanti a ciò che si è visto a Montecitorio. Dove il livello dello scontro, già aspro da troppo tempo, è aumentato di molti gradi, come l'allarme nucleare in Giappone che di ora in ora tocca soglie sempre più impensabili. Insomma: il Vietnam parlamentare profetizzato da più parti nei mesi scorsi è puntualmente andato in scena. E lui ne sarebbe rimasto a tal punto colpito da minacciare di sciogliere le Camere. Questo è quanto rilanciavano certi boatos - della maggioranza come dell'opposizione - che si sono nevroticamente rincorsi fino a notte. Un azzardo assoluto e, anzi, un'invenzione, replicano dal Quirinale, ricordando che il metodo delle intimidazioni «non appartiene alla cultura politica di Napolitano e al suo stesso stile di uomo delle istituzioni».


Processo breve, bagarre in Aula

Processo breve, bagarre in Aula    Processo breve, bagarre in Aula    Processo breve, bagarre in Aula    Processo breve, bagarre in Aula    Processo breve, bagarre in Aula    Processo breve, bagarre in Aula    Processo breve, bagarre in Aula



Di fatto, si sa che non ci sarebbe bisogno di pronunciare alcun ultimatum, da parte sua. La paralisi delle assemblee legislative, infatti, o anche di una sola di esse, non rientra forse nelle ipotesi (ondeggianti nello spazio di confine tra Costituzione formale e Costituzione materiale) secondo le quali un capo dello Stato può congedare il Parlamento e chiudere in anticipo una legislatura? Ed è pensabile che leader politici, sapendo di decretare attraverso la propria ingovernabilità una sorta di autoscioglimento, non ne tengano conto? Evidentemente la situazione è sfuggita di mano a tutti, e alla maggioranza in particolare. Lo dimostra il modo con cui si è lasciato cadere nel nulla un allerta preciso che il presidente aveva espresso con parole dure ad Angelino Alfano, qualche settimana fa. Questo il suo ragionamento: avete annunciato in pompa magna una «epocale» riforma della giustizia e, al tempo stesso, altri provvedimenti sulla medesima materia. Ora, badate che c'è un rapporto delicato tra la legislazione costituzionale e la legislazione ordinaria: è forte il rischio che le tensioni che possono nascere su questo secondo fronte si riflettano sul primo, quindi dovreste imporvi di procedere con i piedi di piombo se davvero puntate a tentare un dialogo con le altre forze politiche. A quelle riflessioni, il ministro Guardasigilli aveva annuito e assicurato il proprio impegno. Che è però di colpo caduto quando il governo ha messo in cantiere in tutta fretta certi provvedimenti, fondamentali per Silvio Berlusconi, ma destinati a spezzare ogni chance di confronto positivo con le opposizioni (e con la magistratura) sulla riforma. Il provvedimento sulla responsabilità civile dei giudici e, soprattutto, il provvedimento per il processo breve, sul quale si è consumata l'ultima prova di forza alla Camera, le cui traumatiche immagini stanno già rimbalzando sui maggiori network internazionali.

Napolitano le ha viste ieri mattina, quelle immagini, appena rientrato dopo la missione negli Stati Uniti. E ha pensato che la «guerriglia quotidiana» da lui evocata durante un dibattito alla New York University come condizione cronica della nostra politica, ormai va oltre qualsiasi soglia accettabile. Con il pericolo che l'eccesso di partigianeria e faziosità isterica (il fenomeno della hyperpartisanship, come lo descrivono gli studiosi) che «divide i partiti e rende impossibile una normale dialettica», contagi pure la società civile. Un rischio materializzato anche dal presidio stabile di contestatori pronti a urlare slogan e a gettare monetine sui leader di passaggio in piazza Montecitorio. Ecco perché, dopo aver verificato l'ancor più volgare replay di ieri in Aula, il presidente della Repubblica ha deciso di comportarsi come l'arbitro che convoca i capitani di due squadre i cui giocatori hanno perso la ragione. La metafora sportiva non appassionerà più di tanto il presidente (che si è confessato algido sul calcio), ma è questo ciò che sta provando a fare da quando è al Quirinale. «Io penso che si potrebbe costruire, e che sarebbe tempo di cominciare a farlo, non la pace, ma almeno un clima più civile e costruttivo nei rapporti tra governo e opposizione. Però, come la tregua significa cessazione dei combattimenti da ambedue le parti, egualmente la costruzione della pace, o meglio, nel caso nostro, di un clima più pacato, richiede il contributo di tutte e due le parti. Richiede, perlomeno, più senso della misura...». Quando diceva queste cose chiedendo un disarmo bilanciato, erano i giorni del G8 dell'Aquila. Non è cambiato niente, da allora. Se non in peggio.

Marzio Breda
Corriere della Sera - 01 aprile 2011 © RIPRODUZIONE RISERVATA


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