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Ma guardacaso....

Ultimo Aggiornamento: 05/04/2011 22:58
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05/04/2011 16:49

spicca per la sua assenza (da queste parti) quasivoglia riferimento ad una vicenda plurimilionaria che in questi giorni.....vedasi Dagospia per approfondimenti nomi e cifre. [SM=g1700002]


Sic transit gloria mundi.
[Modificato da aulo2007 05/04/2011 16:52]
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05/04/2011 16:52

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BrocCULOdoro 2009
05/04/2011 17:08

e se invece di fare indovinelli introducessi tu l'argomento?

_________________


Grazie all'umorismo si può sdrammatizzare ogni cosa.
Voi direte che non è vero, su certe cose non si può ridere... per esempio lo stupro.
Ah no? Allora sentite qua: immaginate Stanlio che stupra Ollio! (Daniele Luttazzi)

Qui non si fanno distinzioni razziali.
Qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani o messicani!
(Full Metal Jacket-Sergente Hartman)

KEINE GEGESTAENDE AUS DEM FENSTER WERFEN
IS DIE BENUTZUNG DES ABORTES NICHT GESTATTET



05/04/2011 18:04

Macché realtà! Finzione, finzione!

Luigi Pirandello
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05/04/2011 18:31

se alludi ai vip che si sono fatti truffare ai parioli, piu' che mascalzoni io darei loro dei coglioni .. dico io : ma come si fa a credere ad un guadagno del 19 % ??? [SM=x44465]
05/04/2011 18:40

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IPERUTENTE 2009
05/04/2011 18:44

Re:
sperminator, 05/04/2011 18.31:

se alludi ai vip che si sono fatti truffare ai parioli, piu' che mascalzoni io darei loro dei coglioni .. dico io : ma come si fa a credere ad un guadagno del 19 % ??? [SM=x44465]



o forse si riferisce a questo?
www.dagospia.com/rubrica-3/politica/articolo-24318.htm

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Ho capito che se una persona si ritiene superiore, bisogna lasciarla vivere nella sua inferiorità
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05/04/2011 21:04

OAK FUND
La vicenda non è certo nuova, risale ad almeno 5 anni fa. Se viene ripresa proprio adesso evidentemente sono emersi fatti nuovi, ovviamente nessuno pensa che possa esserci un "giornalismo ad orologeria" che rispolveri vecchi fatti proprio in certi momenti, conosciamo tutti la correttezza dei media italiani e questo pensiero non ci sfiora neppure.

Proprio perchè la vicenda è di qualche tempo fa, è forse utile a tutti, prima di sbilanciarsi in qualsiasi commento, cercare di ricostruire i fatti. Ovviamente in vicende come queste la realtà dei fatti è spesso nascosta ed opinabile, quindi l'unica cosa ragionevole da fare è spulciare con cautela (attenti a non pungersi!) quel grande archivio che è il web, selezionare le notizie che sembrano più significative, sopratutto che riportano fatti ed informazioni e non solo opinioni, cercando di raccoglierle da più fonti di diverso orientamento. Quello che ne viene fuori magari non è ancora la verità, ma il massimo che si può fare.
Per certo nel web non c'è tutto, ma non saprei dove e come cercare altrimenti. Se poi qualcuno vuole dare un contributo critico a questa ricostruzione, ringrazio in anticipo.
Come ringrazio Aulo per aver segnalato l'argomento, ammetto di non seguire Dagospia, come non seguo nessun blog: sarò prevenuto, ma mi sembrano tutti tanti oratori di Hide Park, ognuno in piedi sulla sua cassetina, tutti parlano, nessuno ascolta, e magari si perdono concetti importanti. Ma bando alle ciancie.

OAK FUND
Nella mia ricerca una prima sorpresa: la prima citazione di questo fondo proviene da Antonio di Pietro!



31 marzo 2006
L’esempio di questa condotta viene dall’alto.
Nel 2001 la Bell con la vendita del 23% di Olivetti a Benetton e a Pirelli realizzò 7,2 miliardi di euro con 3 miliardi di euro di plusvalenze, di cui neppure un euro versato al Fisco.
Gli azionisti della Bell erano Hopa, Gpp, Urmett, Mps, Antonveneta, Interbanca, Bc partner, Unipol, famiglia Lonati, Oak Fund, Gruppo Falck, Gazzoni Frascara.
La Bell è una società (una scatola?) lussemburghese che gestiva Olivetti e Telecom Italia, una “esterovestizione” ai fini fiscali di uno dei più importanti gruppi industriali italiani.
I consulenti di questa brillante operazione incasseranno secondo il bilancio della Bell, approvato questa settimana, 31 milioni di euro motivati in bilancio come: “fatture da ricevere per compensi pregressi”.
I consulenti della Bell sono lo studio Zulli e lo studio Tremonti Vitali Romagnoli Piccardi che, da quando Tremonti è ministro, si chiama studio Vitali Romagnoli Piccardi.
L’Agenzia delle entrate nel 2002 chiese alla Consob i prospetti informativi legate alla vendita della Bell.
Ma Tremonti, allora ministro dell’Economia, eliminò la tassazione sulle plusvalenze anche in Italia.


Fonte

La vicenda viene poi ripresa da Repubblica il 31 luglio 2007:



2001. Tronchetti ha acquistato Telecom comprando da "Bell" il 22,5 per cento delle azioni Olivetti che ne garantiscono il controllo. "Bell" è una holding con sede legale al 73 di Cote d'Eich, Lussemburgo. La controlla "Hopa spa", la finanziaria di Gnutti, la "bicamerale della finanza", in cui siedono tra gli altri il Montepaschi di Siena, Fininvest e l'Unipol di Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti. A quella data, soci di "Bell" sono "Gpp International Sa" (a sua volta controllata per il 100 per cento da Hopa), "Gp finanziaria spa" (dello stesso Gnutti), "Interbanca spa", "Banca Antoniana popolare veneta", Chase Manhattan International, "Oak fund", "Financiere Gazzoni Frascara", "Finstahl", "Tellus srl", "Pietel srl", "Autel srl.", Ettore, Fausto e Tiberio Lonati, "Bc com" e gli stessi "Montepaschi" e "Unipol".
"Bell" non è stata nulla di più che una cassaforte in cui sono rimaste custodite le azioni di controllo Olivetti-Telecom. Esaurita la sua funzione, può essere svuotata e abbandonata. Come documentano i libri societari, nel novembre 2001, con la distribuzione ai soci dei 2 miliardi di euro di plusvalenze Telecom, il patrimonio netto della società scende a poco più di 34 milioni di euro, impiegati per "l'estinzione dei debiti contratti".

Di fatto, è una messa in liquidazione. Di cui ha la sostanza, ma non la forma. Perché, contabilmente, Bell deve continuare ad esistere. E' l'unico modo, infatti, per far rientrare in Italia i capital gain in regime di esenzione fiscale e aggirare le norme che vietano, anche in Lussemburgo, di ridistribuire utili di una società in liquidazione. La mossa soddisfa gli appetiti di tutti. Solleva soprattutto la cortina di fumo in cui Guardia di Finanza prima e Agenzia delle entrate, poi, possano volontariamente smarrirsi. E' ciò che accade di lì a breve.


Per il resto del'articolo, lunghetto, vedasi
La Repubblica

Segue..
[Modificato da fabius039 05/04/2011 21:05]
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05/04/2011 21:35

Fin qua diremmo solo una ordinaria storia di gigantesca evasione fiscale, con coinvolgimento di fiscalisti/politici, ordinaria amministrazione (ahimè).
L'Oak Fund è citato e noto, ma nessuno fa ipotesi sulla sua natura; che Oak voglia dire "quercia" lo sanno anche i bambini, ma d'altro canto la Oak Associates è una nota società americana che gestisce molti fondi, White Oak, Red Oak, e così via, vedi http://www.oakfunds.com/, e la quercia è una buona immagine di solidità.

I primi a fare risaltare l'associazione con La Quercia del PD sono ancora quelli di Repubblica, con l'esplosiva intervista di D'Avanzo a Tavaroli pubblicata il 22 luglio 2008 (vederla completa al link):



Tavaroli: "Tronchetti mi ordinò un dossier sui soldi ai ds"
di GIUSEPPE D'AVANZO


GIULIANO Tavaroli dice: "Quando Pirelli acquisisce Telecom Italia, agosto 2001, Marco Tronchetti Provera mi annuncia: "Lei verrà con me a Roma". Poi mi chiama Carlo Buora. Lo incontro a Milano in trasferimento dalla montagna al mare - ero in vacanza con i miei - e quello mi dice che non se ne fa più nulla. Mi spiega: "Contrordine, lei resterà in Pirelli, Enrico Bondi (all'epoca, amministratore delegato) vuole con sé in Telecom un altro. Naturalmente ne parlo con Tronchetti Provera che mi rassicura: "Lei si occuperà delle mie cose romane". Le sue "cose romane" erano i suoi guai romani. E c'erano guai dappertutto, in quel momento".

"Gasparri (il ministro delle Telecomunicazioni) non gli piaceva e Tronchetti non piaceva a Gasparri. In estate, al festival dell'Unità di Rimini, Massimo D'Alema lo attacca a testa bassa...
Ho già detto che una concezione moderna della sicurezza (che è reputazione, soprattutto) deve fronteggiare anche - o soprattutto - quella roba lì, gli attacchi politici, le ostilità di parte, i pregiudizi, i veleni. Deve saper leggere e anticipare le iniziative avverse, condizionare le mosse dei rivali o ridurli al silenzio. E' un lavoro che si nutre di conoscenza. Conoscenza dell'avversario, delle sue ragioni più autentiche e nascoste, ma è anche "sapere" e dunque capacità di adattarsi a quella "emergenza" o sventandola o ridimensionandola. In gergo, le chiamiamo "analisi del rischio" e "analisi di scenario". In quell'avvio di gestione della Telecom, ne avevamo bisogno come dell'aria. Il momento intorno a noi era sconfortante. Non c'era stato soltanto l'11 settembre, c'erano ancora le macerie dello sgonfiamento della bolla speculativa, la catastrofe dei bond argentini".

..omissis..

Nel gennaio 2006, quando sono pronto a rientrare, Cipriani si fa abbindolare dai carabinieri di Firenze che non hanno mai smesso di blandirlo: "Vuota il sacco e le tue responsabilità saranno ridotte al minimo...".

Quello ci casca e trovano il dvd con i file illegali, peraltro già in possesso di Emilio Ricci, avvocato, romano, comunista, amico mio, di Pollari, di D'Alema. Cipriani consegna la password ai pm. In tempo reale la notizia arriva a Tronchetti - penso attraverso l'avvocato Mucciarelli. Il Dottore mi convoca. Mi dice: hanno il dvd; l'hanno aperto; lei non può più tornare in azienda. Io mi mostro preoccupato. Gli dico: su quel dvd ci sono i file di Brancher, e di Cesa, e la faccenda di D'Alema e dell'Oak Fund. Inizialmente, Tronchetti finge di non ricordare. "D'Alema? - dice - e che c'entra, io non so nulla...". Poi, qualche giorno dopo, gli torna la memoria e ammetterà che era stato lui a commissionarmi quel lavoro per verificare se, nell'acquisizione di Colaninno, fossero state pagate tangenti. Qualche mese dopo, in maggio, Tronchetti alla presenza del solito Buora mi chiede le dimissioni. Fu un lavoraccio, l'inchiesta "Oak Fund". Per quel che poi ha scritto Cipriani nel dossier chiamato "Baffino", ora nelle mani della procura di Milano, i soldi hanno viaggiato nella pancia di trecento società in giro per l'Europa per poi approdare a Londra nel conto dell'Oak Fund, a cui erano interessati i fratelli Magnoni (Giorgio, Aldo e Ruggiero, vicepresidente della Lehman Brothers Europe) e dove avevano la firma Nicola Rossi e Piero Fassino.

Queste cose le ho dette anche ai pm che mi hanno interrogato. Loro mi dicevano: non scriviamo i nomi nel verbale, diciamo "esponenti politici...".

Formalmente perché è necessario attendere la sentenza della Corte Costituzionale per sapere se quei dossier raccolti illegalmente sono utilizzabili nel giudizio. Ma, dico io, se mi prendi a verbale non hai più bisogno della Corte Costituzionale, hai il mio verbale che contiene la notizia di reato. E allora?
..omissis..


La Repubblica

Ovviamente qui esplode la bomba. La notizia è ripresa da tutti i quotidiani, dal Corriere al Giornale, con scontate smentite su cui non vale la pena di soffermarsi mai.

Più interessanti i commenti di terze parti:


Il sottosegretario alle Infrastrutture Roberto Castelli critica anche lo stile adottato da Repubblica, oltre al contenuto dell'articolo: "Quantomeno curioso lo stile adottato da Repubblica-D'Avanzo per le esplosive dichiarazioni di Tavaroli, esplosive soprattutto per una certa parte degli allora Ds, visto che vanno a toccare il nervo più sensibile che è quello delle vicende Telecom". Cauto il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri: "Bisogna verificare le affermazioni apparse oggi sulla stampa, perché le fonti vanno prese con le pinze".


La Repubblica 22 luglio 2008.

Segue..
[Modificato da fabius039 05/04/2011 21:36]
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05/04/2011 22:01

Scartando gli innumerevoli articoli senza contenuto informativo, vale la pena di leggere le dichiarazioni di Magnoni, l'ex gestore dell'Oak Fund:

IL PERSONAGGIO «IL MOTIVO PER CUI HO CHIAMATO IL FONDO QUERCIA? VOLEVO UN NOME CHE ISPIRASSE SOLIDITÀ. ORA ME NE PENTO AMARAMENTE»

Magnoni, l' ex gestore di Oak Fund: trattai solo con banche

MILANO 25 luglio 2008 - Si chiamava Oak Fund, sede a Cayman ma base operativa in un paesino della Svizzera, vicino a Lugano. Fu uno degli investitori che affiancarono Roberto Colaninno ed Emilio Gnutti nella scalata a Telecom del 1999. Oak, cioè quercia. Secondo l' ex capo della security di Telecom, Giuliano Tavaroli, un dossier commissionato a Emanuele Cipriani ricostruirebbe un flusso di tangenti che approdano a Londra, su un conto dell' Oak Fund. E sarebbero state una contropartita al via libera politico alla scalata. A questo conto «erano interessati i fratelli Magnoni - ha raccontato Tavaroli a Repubblica - e avevano la firma Nicola Rossi e Piero Fassino». Pioggia di smentite e di denunce legali, cui si è aggiunta una graffiante annotazione del Sole 24 Ore secondo il quale ci sarebbe stato uno scambio di «Rossi»: quello «vero» non è Nicola, esponente del Partito democratico, bensì Antonio Rossi, ex azionista Campari e noto da nove anni come uno dei principali sottoscrittori del fondo. Giorgio Magnoni, il più finanziere dei tre fratelli (Ruggero è un banchiere della Lehman Brothers, Aldo uno specialista di immobili), sa quasi tutto di Oak perché era lui a gestirlo.
Dunque c' era quel conto a Londra? «Ma andiamo, ma quale conto. Abbiamo immediatamente incaricato gli avvocati di preparare una denuncia contro queste assurde insinuazioni». Oak uguale quercia, come il simbolo dei Ds. «Sono io il responsabile e me ne pento amaramente. Dieci anni fa quando creammo il fondo pensai di dare un nome che evocasse la solidità dell' investimento, un simbolo, la quercia appunto». Chi erano gli investitori? «Tutte istituzioni bancarie che hanno sempre fornito alle autorità le dichiarazioni antiriciclaggio e sui beneficial owner». Sì ma, per esempio, Antonio Rossi non è una banca: chi c' era dietro gli istituti? «Non lo so, non era il mio ruolo. I miei rapporti erano con questi investitori e comunque quando ci fu l' Opa su Telecom il Tesoro ci chiese chi aveva potere di gestione su Oak e noi mandammo una lettera ufficiale». Riassumiamo: lei gestiva e le banche si intestavano le quote, magari per conto terzi. È così? «Io avevo contatti solo con le banche». Lei conosceva alla perfezione i flussi finanziari del fondo: Oak può essere stato utilizzato come transito per far arrivare denaro a partiti o esponenti politici? «È una grossa fandonia. Escludo in modo totale e assoluto, almeno fino a quando sono stato il gestore cioè fino al settembre 2000, che i soldi del fondo siano stati distratti per fini diversi da quelli per cui è stato costituito dieci anni fa: fare investimenti in aziende. Tra l' altro non abbiamo investito solo nell' operazione Telecom. Guardi, è tutta una montatura». mgerevini@corriere.it
Corriere della Sera

Naturalmente lasciamo stare tutte le implicazioni del caso Tavaroli, intercettazioni, Afef, e chi più ne ha più ne metta, seguiamo solo il filone Oak Fund.

Rilevante l'articolo di Vittorio Oddo sul Sole 24 ore:

2 AGOSTO 2008 - 17:23
Telecom, le bufale sull'Oak Fund di cui parla Tavaroli circolavano già nel '99
Se uno costituisce una società alle Cayman lo fa per due motivi: perché può avere la ragionevale certezza che il proprio nome non sia associato a una certa operazione finanziaria (per esempio, al possesso di una partecipazione azionaria) e perché sa che, in caso di violazione della legge, dall'autorità giudiziaria delle Isole del Caimano non verrà mai alcun tipo di collaborazione. Non a caso alle Cayman Calisto Tanzi aveva domiciliato la Bonlat, dove aveva appostato, con un sistema di falsa contabilità, una liquidità fittizia di oltre 4 miliardi di euro. Le Cayman sono infatti un paradiso fiscale e penale tra i più impenetrabili.

Per sottrarsi al Fisco non c'è bisogno di andare tanto lontano, basta costituire una holding in Svizzera o in Lussemburgo. Ma la Svizzera offre tutte le garanzie di riservatezza finché non si commettono reati, e anche in Lussemburgo non si può più stare tranquilli come una volta. Persino l'Austria, che quanto a segretezza non scherza, ha collaborato di recente all'inchiesta sui fondi neri della Siemens. Se uno ha veramente un segreto da coltivare, qualcosa da tenere nascosto, un patrimonio ingente di cui vuol far perdere le tracce, allora si rifugia alle Cayman, a Cipro, a Singapore, perché mai nulla trapelerà dal segreto bancario di questi Paesi, perché le Cayman non effettuano controlli sui cambi e sui trasferimenti internazionali di fondi.

Questa è la principale molla che spinge persone fisiche e società di tutto il mondo a recarsi da quelle parti.

Questo dobbiamo presumere sia uno dei motivi che hanno indotto i promotori di The Oak Fund a cercare riparo alle Cayman.

L'Oak Fund - ritornato alla ribalta dopo la pubblicazione, il 22 luglio, della seconda puntata dell'intervista di Giuseppe D'Avanzo all'ex capo della sicurezza della Telecom, Giualiano Tavaroli - era domiciliato presso uno dei tanti centri servizi delle Isole Cayman: uffici nei quali centinaia di società intestate a un fiduciario, costituite con qualche dollaro di capitale, che non depositano il bilancio, dispongono di una casella postale e di una centralinista che risponde.

L'interrogativo che circolò nel 1999, durante la scalata della Olivetti alla Telecom, fu come mai una quota della Bell, la società lussemburghese che deteneva il controllo del gruppo di Ivrea, fosse finita a questo oscuro "fondo" caraibico. Le illazioni si sprecarono, anche perché Oak significa quercia e a quei tempi la Quercia era il partito di Massimo D'Alema, che da presidente del Consiglio aveva incoraggiato la scalata della Olivetti spendendo parole di apprezzamento per i "capitani coraggiosi" (alias Roberto Colaninno, Emilio Gnutti e i circa 200 imprenditori bresciani che avevano investito nella Hopa).

Intorno all'Oak fund fiorirono leggende metropolitane, dentro e fuori la Telecom. Durante un incontro che (io e Giovanni Pons) avemmo a Roma tra la primavera e l'estate del 2001, mentre lavoravamo a "L'Affare Telecom", la persona con cui eravamo a colloquio lasciò scivolare il discorso sull'Oak Fund e su un conto alle Cayman ad esso collegato che sarebbe stato nella disponilità di due alti dirigenti dei Ds. L'affermazione ci fece sobbalzare, perché era la prima volta che ne sentivamo parlare in oltre un anno di ricerche. Cercammo per quanto potemmo di approfondire l'argomento e quel poco che venimmo a sapere lo scrivemmo nel libro. Ma una verifica era praticamente impossibile. Dalle Cayman, com'era ovvio, non si cavò un ragno dal buco, e la fonte che ci aveva trasmesso l'indiscrezione non aveva elementi che potessero metterci sulla pista. Ci disse solo che quelle voci circolavano nei corridoi della Telecom: poco per prendere in considerazione una "bomba" del genere. Non che l'Oak fund non presentasse stranezze. Ci incuriosì molto l'intervista di Gnutti al "Corriere della sera" del 6 marzo 1999, raccolta da Vittorio Malagutti, secondo il quale l'Oak fund sarebbe stato un fondo chiuso gestito da Giorgio Magnoni (fratello di Ruggero, vicepresidente europeo della Lehman Brothers), in cui avevano investito diverse banche. Di più, però, non riuscimmo a sapere. Quando poi esplose lo scandalo Telekom Serbia (le presunte tangenti che Slobodan Milosevic avrebbe girato a politici italiani in cambio dell'acquisto della società telefonica serba da parte di Telecom Italia; circostanza mai provata) non ci pentimmo di esserci mossi con i piedi di piombo. Chi aveva tentato di indirizzare le nostre ricerche sull'Oak Fund risultò coinvolto in un'azione di depistaggio volta a dimostrare che l'acquisizione della Telekom Serbia era stata pilotata da Romano Prodi. La stessa persona testimoniò davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul caso Telekom Serbia e risultò vicina a Carla Cico, l'allora amministratore delegato di Brasil Telecom. La Cico sarebbe stata testimone di una riunione con uno dei mediatori dell'affare Telecom Serbia e successivamente fu coinvolta in una storia di spionaggio industriale accanto al finanziere brasiliano Daniel Dantas. Attraverso un gruppo di fondi e con il sostengo di Citibank, Dantas disponeva di una serie di poteri speciali in Brasil Telecom che gli conferivano il controllo di fatto della società nonostante Telecom Italia ne possedesse la maggioranza relativa. Tra il finanziere brasiliano e Telecom Italia esplose un conflitto insanabile, prima durante la gestione Colaninno e poi all'epoca di Marco Tronchetti Provera, che fu combattuto senza esclusione di colpi. Per cercare di incastrare Colaninno, la Cico d'accordo con Dantas ingaggiò la Kroll, l'agenzia investigativa privata americana, di cui continuò a servirsi anche in seguito per spiare Tronchetti e signora (Afef Jnifen). Insomma, la storia raccontata da Tavaroli nell'intervista a D'Avanzo - ovvero che Piero Fassino e Nicola Rossi sarebbero stati i beneficiari di un conto londinese di The Oak Fund - è una bufala che circolava già, con qualche variante, tra il '99 e il 2000 in ambienti del centro-destra probabilmente legati ai servizi, ed è una storia in cui sia io che Pons non abbiamo mai creduto, anche perché non trovammo nulla che la confermasse. Ciò non esclude che per l'Oak Fund o per qualche altra scatola vuota della Telecom non possa essere transitato un finanziamento a un partito o a un esponente politico. Inducono a pensar male le molte operazioni anomale che caratterizzarono la gestione di Colaninno: dalla cessione in Borsa dello 0,46% di Telecom poco prima del lancio dell'Opa, all'acquisto dell'1% di Tim da parte della stessa Telecom deliberato in pieno agosto; dalla fusione Seat-Tin.it, all'acquisizione del 30% di Globo.com in Brasile. Il sospetto che qualcuno ci abbia guadagnato illecitamente è fondato. Ma per sciogliere il rebus, se mai si riuscirà, bisognerebbe condurre ricerche a più ampio raggio e non solo in direzione dell'Oak Fund. Con questa dichiarazione palesemente falsa agli occhi di chi segue da anni le vicende Telecom, che colpisce due uomini al di sopra di ogni sospetto, come Fassino e Rossi, Tavaroli probabilmente ha inteso lanciare un monito ai beneficiari occulti della scalata del secolo. Un messaggio a nuora perché suocera intenda.
Il Sole 24 Ore

Segue..
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05/04/2011 22:36

Pian piano il clamore sembra placarsi, non si trovano contributi significativi, con elementi nuovi, per un pezzo.

La vicenda viene ripresa dal Giornale.

mercoledì 16 giugno 2010, 08:32
Il dossier insabbiato fa tremare il Pd

Gli accertamenti della security Telecom sui conti Ds che a Londra confluivano in Oak Fund portavano a D’Alema e Fassino.
Veltroni sindaco spendeva 12 milioni di euro per il suo staff


Il lungo filo rosso dei (presunti) fondi esteri dei Ds, venuto alla luce nell’inchiesta Telecom col dossier «Oak Fund» (fondo quercia) redatto dall’investigatore privato Emanuele Cipriani su input del capo della security Giuliano Tavaroli, viene spezzato dalla Procura di Milano quando si faceva ancora in tempo ad indagare. E cioè, sei mesi prima dell’entrata in vigore della Legge Mastella che prevede l’invio al macero di tutti i dossier assemblati illegalmente. Ora che il gip ha tirato le orecchie ai distratti pm, l’argomento delle presunte tangenti a esponenti Ds collegate alla scalata di Colaninno in Telecom torna d’attualità. Per venirne a capo occorre premettere che sui politici non se n’è potuto sapere di più poiché i pm, oltre a non voler mettere a verbale i nomi fatti da Tavaroli e Cipriani (almeno stando alle versioni degli interessati), hanno evitato anche di capire se l’immenso materiale sui Ds sequestrato a Cipriani fosse buono, in parte buono, oppure carta straccia.
....
Il Giornale

L'articolo prosegue ricapitolando tutta la vicenda, ma non riporta fatti nuovi, nè niente che confermi il contenuto dell'occhiello.
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05/04/2011 22:43

Arriviamo finalmente ai giorni nostri, cioè ad oggi.
Il Giornale pubblica questo articolo:

martedì 05 aprile 2011, 11:37
Fondi esteri dei Ds, spunta il "nuovo Greganti"
di Redazione

Dalle carte sull'Oak Fund, il dossier realizzato da Tavaroli sugli affari esteri della Quercia, emerge il ruolo centrale di Roberto Perini nei presunti affari dei Democratici di sinistra. "I vertici si affidavano a lui per gestire le finanze", come il "compagno G" (Primo Greganti) durante Mani pulite

IL RETROSCENA I pm raccomandavano: non fate nomi di politici
Commenti

Gian Marco Chiocci - Luca Fazzo

Milano - Corso di Porta Roma­na, un bel palazzo signorile. Il nome «Perini» è sul citofo­no. Schiacciando il pulsante, si entra in comunicazione con una gentile voce di donna che dice «mio marito è già uscito» e «non abbiamo niente da dire ai giornalisti». Chissà cosa sarebbe succes­so se invece dei giornalisti del Giornale fossero venuti i pub­b­lici ministeri dell’affaire Tele­com o i loro carabinieri, a suo­nare questo citofono. Perché qui, a poche centinaia di metri dal palazzo di giustizia, appro­da la lunga pista che - rimbal­zando tra paradisi caraibici, società off-shore conti cifrati ­collega il dossier sull’«Oak Fund», il fondo della Quercia, ai presunti affari dei Democra­tici di sinistra.

Il nome del signor Perini ­per esteso, Roberto Perini, na­to a Rovereto nel 1952- compa­r­e nel dossier che l’investigato­re privato Emanuele Cipriani ha realizzato su incarico di Giuliano Tavaroli, allora capo della Security di Telecom, per appurare chi ci fosse dietro il misterioso Oak Fund, il fondo cifrato delle Isole Cayman su cui approdarono una parte dei soldi pagati dalla Pirelli di Marco Tronchetti Provera per comprare il colosso telefoni­co. Nel dossier, sul quale dopo cinque anni è stato alzato la settimana scorsa il velo del se­greto, compaiono carte raccol­te da Cipriani che indicano in Massimo D’Alema e nei Ds i re­ferenti del fondo. Vero o falso? Impossibile saperlo, perché la Procura milanese - la stessa Procura che utilizza come spunti investigativi anche le lettera anonime- su quelle car­te non ha mai indagato.

Di certo c’è che il lavoro del­la Polis d’Istinto, l’agenzia in­vestigativa di Cipriani, appare ampio e dettagliato. Viene ri­costruita passo per passo la ca­tena di controllo del fondo. Vengono riportati gli atti inter­ni che raccomandano di non indicare Massimo D’Alema (« It would be better to avoid showing mr. Massimo D’Ale­ma as rapresent Il Partito del D.S. as this could cause all sort of complication ») tra i referen­ti del conto. Ed è in quello stes­so appunto che compare per la prima volta il nome di Peri­ni: « As you know, we presently show mr. Roberto Perini ». Da quel momento, la Polis d’Istinto ha iniziato a scavare sulla figura di questo trentino di mezza età. Il risultato finale è una definizione: «Perini è co­me Greganti». Ovvero il leg­gendario «compagno G» che negli anni Novanta gestì per conto del Pci i rapporti con l’Enimont di Gardini,e non so­lo quelli. Nel «summary» nu­mero 7 inviato nel 2002 da Ci­priani a Giuliano Tavaroli, c’è un intero appunto su Perini, steso con un linguaggio vaga­mente da questurini. Si parla di «condotta limpida», di «per­sona che nel suo ambiente go­de di una grande stima» che «sin da giovane ha abbraccia­to l’ideologia di sinistra e le te­matiche ambientaliste».

Ecco l’integrale: «Sin da giovane ha sempre seguito con molta at­tenzione la nostra vita sociale e politica abbracciando un’ideologia democratica di sinistra (...) In questo caso la sua coerenza lo ha portato a ot­tenere la fiducia da parte di quei personaggi che nel tem­po lo hanno seguito e fatto ma­turare politicamente, conqui­standosi la più ampia fiducia in seno al nostro diesse. La sua vivacità sociale viene evinta anche dal fatto che ha seguito (sino a sei/sette anni fa) con estrema attenzione anche il problema ambientale, (in par­ticolare le discariche). Il sud­detto è stato definito: 1) «un uo­mo di assoluta fiducia». 2) «Persona delegata a rappre­sentarli ». 3) «Uomo che colla­bora in affari/circostanza/ eventi dove i vertici di partito, o parte di esso, non possono apparire o risultare ufficial­mente. Possiamo dunque af­fermare, secondo corrente pensiero, che là dove un parti­to dem­ocratico grande e istitu­zionalizzato, da sempre capa­ce di portare nel nostro paese vivacità democratica, vivacità finanziaria e sociale, deleghe­rebbe o delega in particolare modo per la parte finanziaria, il signor Perini come di fatto lo è. Nella concretezza, nel­l’esempio di P.R. (Perini Ro­berto, ndr ) viene definito co­me il G. (Primo Greganti) del nuovo millennio».

Potrebbero essere chiac­chiere in libertà, se non andas­sero a collimare con le altre, vi­stose tracce che chiamano in causa i Ds nella vicenda, come i 10 milioni e 785 mila dollari che approdano su un conto della Banca Antonveneta, e che un appunto contenuto nel dossier collega al «noto parti­to ». Certo, tutto sarebbe stato più chiaro se i pm fossero an­dati da Perini a chiedergli: è ve­ro che lei è il referente dell’Oak Fund, è vero che si appoggia al­lo studio del notaio Lucio Ve­lo, è vero che conosce il signor James Manders che alla ban­ca Bear Sterns di Londra gesti­sce il conto 1020733828 inte­stato a Oak Fund? E quali sono i suoi rapporti con i Ds? Tutte domande che la Procura mila­nese non ha mai fatto. (2 - continua)

Il Giornale
05/04/2011 22:48

Ooohh, finalmente che (faticosamente e sicuramente in modo imperfetto) abbiamo ricostruito la vicenda, mi posso permettere un commento e lasciare spazio per sentire le opinioni di altri.

Leggendo attentamente l'articolo odierno del Giornale, non trovo nessuna novità. Peccato, perchè parlano di documenti finalmente resi disponibili dopo 5 anni, ragionevole attendersi qualche dato significativo.
Però l'articolo non è "chiuso", preannuncia un seguito, forse qualcosa di più verrà fuori in seguito, forse anche domani.

Magari quindi è solo una sparata per quelle persone che degli articoli leggono solo i titoli e non verificano le fonti, ma magari no, meglio aspettare la conclusione.

Seguiamo con curiosità gli sviluppi, non vorrei aver perso tutto questo tempo per ricostruire la vicenda per niente.
[Modificato da fabius039 05/04/2011 22:58]
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