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Condominio

Ultimo Aggiornamento: 08/10/2011 11:48
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07/10/2011 14:09

Questioni condominiali

Comunione e condominio
Ultimissime dalla Cassazione sulle questioni condominiali
Corte di Cassazione, Sezione II, Sentenza 21 settembre 2011, n. 19223
(Lex24) 29 settembre 2011

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Condominio negli edifici - Azioni giudiziarie - Rappresentanza giudiziale del condominio - Legittimazione singolo condomino - Deliberazioni dell'assemblea condominiale avente ad oggetto la gestione di un servizio comune - Impugnazione - Legittimazione esclusiva dell'amministratore - Sussistenza - Fondamento. (Cc, artt. 1130, 1131, 1136, 1137)

Il principio per cui essendo il condominio un ente di gestione sfornito di personalità distinta da quella dei suoi partecipanti, l'esistenza dell'organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire a difesa di diritti connessi alla detta partecipazione, né quindi del potere di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall'amministratore del condominio e di avvalersi dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunziata nei confronti dell'amministratore stesso, non trova applicazione nei riguardi delle controversie aventi ad oggetto l'impugnazione di deliberazioni della assemblea condominiale che, come quelle relative alla gestione di un servizio comune, tendono a soddisfare esigenze soltanto collettive della gestione stessa, senza attinenza diretta all'interesse esclusivo di uno o più partecipanti, con la conseguenza che in tale controversia la legittimazione ad agire e quindi ad impugnare spetta in via esclusiva all'amministratore, la cui acquiescenza alla sentenza esclude la possibilità di impugnazione da parte del singolo condomino (Nel caso di specie, applicando il principio espresso nella massima e ritenendo fondata l'eccezione di difetto di legittimazione ad impugnare sollevata dal ricorrente, la Suprema Corte ha cassato la decisione della corte di merito la quale non aveva dichiarato inammissibile l'appello proposto da taluni condomini avverso la pronuncia di primo grado dichiarativa della nullità della delibera assembleare di nomina dell'amministratore condominiale). (F.Cia) (1)
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 21 settembre 2011, n. 19223 -Presidente Triola - Relatore Falaschi - P.M. Scardaccione
(Rigetta, Corte di Appello di Roma, sentenza 17 novembre 2004, n. 4933)

(1) In senso conforme, vedi, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 29 gennaio 2009, n. 2396, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 29 agosto 1997, n. 8257, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 12 marzo 1994, n. 2393.




Condominio negli edifici - Assemblea dei condomini - Deliberazioni - Interpretazione - Criteri stabiliti in materia contrattuale - Applicabilità. (Cc, artt. 1136, 1137, 1362, 1367)

La delibera condominiale va interpretata secondo i criteri ermeneutici previsti dagli artt. 1362 e ss. c.c. ed il relativo compito è affidato al giudice del merito. Nello svolgere detto compito di interpretazione, quest'ultimo deve innanzitutto tener presente l'elemento letterale, come dato da cui emerge in modo diretto ed immediato la volontà delle parti, e, quindi, nel caso in cui questo si appalesi insufficiente, in quanto le espressioni usate siano equivoche o poco chiare, procedere alla indagine sulla volontà con l'ausilio graduale degli altri canoni interpretativi sussidiari indicati nei citati artt. 1362 e ss. c.c., facendo segnatamente ricorso all'altro indefettibile criterio del comportamento delle parti ed a quello della conservazione degli effetti della volontà, che impone all'interprete di conferire alle espressioni letterali un qualche effetto giuridicamente apprezzabile anziché nessun effetto o un significato meramente programmatico. (F.Cia) (1)
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 21 settembre 2011, n. 19223 - Presidente Triola - Relatore Falaschi - P.M. Scardaccione
(
Rigetta, Corte di Appello di Roma, sentenza 17 novembre 2004, n. 4933)

(1) In senso conforme, vedi, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 28 febbraio 2006, n. 4501, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 27 agosto 2002, n. 12556, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 20 marzo 1998, n. 2968.





Condominio negli edifici - Beni e servizi comuni - Presunzione legale di comunione - Titolo contrario - Configurabilità - Criteri. (Cc, art. 1117)

Per l'esclusione della presunzione di proprietà comune, di cui all'art. 1117 c.c., non è necessario che il contrario risulti in modo espresso dal titolo, essendo sufficiente che da questo emergano elementi univoci che siano in contrasto con la reale esistenza di un diritto di comunione, dovendo la citata presunzione fondarsi sempre su elementi obiettivi che rivelino l'attitudine funzionale del bene al servizio o al godimento collettivo, con la conseguenza che, quando il bene, per le sue obiettive caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all'uso o al godimento di una sola parte dell'immobile, la quale formi oggetto di un autonomo diritto di proprietà, ovvero risulti comunque essere stato a suo tempo destinato dall'originario proprietario dell'intero immobile ad un uso esclusivo, in guisa da rilevare - in base ad elementi obiettivamente rilevabili, secondo l'incensurabile apprezzamento dei giudici di merito - che si tratta di un bene avente una propria autonomia ed indipendenza, non legato da una destinazione di servizio rispetto all'edificio condominiale, viene meno il presupposto per l'operatività della detta presunzione. (F.Cia) (1)
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 21 settembre 2011, n. 19213 - Presidente Triola - Relatore D'Ascola - P.M. Carestia
(Cassa con rinvio, Corte di Appello di Roma, sentenza 10 novembre 2004, n. 4818)

(1) Conformi, vedi, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 28 aprile 2004, n. 8119, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 27 dicembre 2004, n. 24015.




Condominio negli edifici - Beni e servizi comuni - Presunzione legale di comunione - Titolo contrario - Configurabilità - Criteri. (Cc, art. 1117)


Per vincere in base al titolo contrario la presunzione legale di proprietà comune delle parti dell'edificio condominiale indicate dall'art. 1117 c.c., occorre fare riferimento all'atto costitutivo del condominio e, quindi, al primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dall'originario unico proprietario ad altro soggetto, indagando se la previa delimitazione unilaterale dell'oggetto del trasferimento sia stata recepita nel contenuto negoziale per concorde volontà dei contraenti e se, dunque, da esso emerga o meno l'inequivocabile volontà delle parti di riservare al costruttore - venditore la proprietà di quei beni che, per ubicazione e struttura, siano potenzialmente destinati all'uso comune. Pertanto - proprio perché la questione relativa alla superabilità o meno della presunzione di proprietà comune su un'area destinata a verde antistante la facciata di un edificio condominiale, implica l'interpretazione della volontà contrattuale - essa si colloca in relazione agli artt. 1362 seg. c.c. e non all'art. 1117 c.c. (F.Cia) (1)
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 21 settembre 2011, n. 19213 - Presidente Triola - Relatore D'Ascola - P.M. Carestia
(Cassa con rinvio, Corte di Appello di Roma, sentenza 10 novembre 2004, n. 4818)

(1) In termini, confronta, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 14 novembre 2002, n. 16022.





Condominio negli edifici - Amministratore - Attribuzioni - Rendiconto - Facoltà del singolo condomino di ottenere l'esibizione dei documenti contabili - Limitazione al momento della presentazione del rendiconto annuale - Esclusione - Specificazione delle ragioni della richiesta - Necessità - Insussistenza. (Cc, artt. 1130 e 1713)


In tema di comunione dei diritti reali, ciascun comproprietario ha la facoltà (di richiedere e) di ottenere dall'amministratore del condominio l'esibizione dei documenti contabili in qualsiasi tempo (e non soltanto in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell'assemblea) e senza l'onere di specificare le ragioni della richiesta (finalizzata a prendere visione o estrarre copia dai documenti), purché l'esercizio di tale facoltà non risulti di ostacolo all'attività di amministrazione, non sia contraria ai principi di correttezza, e non si risolva in un onere economico per il condominio (dovendo i costi relativi alle operazioni compiute gravare esclusivamente sui condomini richiedenti). (Nel caso di specie, trattasi di controversia relativa ad impugnazione di delibera assembleare di approvazione del bilancio consuntivo per lavori di manutenzione straordinaria e del relativo piano di riparto delle spese, avanzata da un condomino sul presupposto della impossibilità di visionare la documentazione relativa, non avendo l'amministratore provveduto a mostrargliela nonostante la sua esplicita richiesta prima dell'assemblea. (F.Cia) (1)
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 21 settembre 2011, n. 19210 - Presidente Triola - Relatore Petitti - P.M. Carestia
(Rigetta, Corte di Appello di Roma, sentenza 22 dicembre 2004, n. 5444)

(1) In senso conforme, vedi, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 26 agosto 1998, n. 8460, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 29 novembre 2001, n. 15159. Precisa, la Suprema Corte nella decisione in esame, che il condomino ha senz'altro il diritto di accedere alla documentazione contabile in vista della consapevole partecipazione all'assemblea condominiale e che a tale diritto corrisponde l'onere dell'amministratore di predisporre un organizzazione, sia pur minima, che consenta la possibilità di esercizio di tale diritto e dell'esistenza della quale i condomini siano informati. Con il che, prosegue la pronuncia, deve ritenersi che, a fronte della richiesta del condomino di accedere alla documentazione contabile per gli indicati fini di partecipazione consapevole ad un assemblea che su quei documenti debba esprimersi, l'onere della prova dell'inesigibilità della richiesta e della sua non compatibilità con le modalità previamente comunicate incombe sull'amministratore e, quindi, in sede di impugnazione della delibera assembleare, al Condominio, ove intenda resistere all'azione del condomino dissenziente.





Condominio negli edifici - Regolamento di condominio - Natura contrattuale - Limitazioni della proprietà esclusiva - Validità - Condizioni - Richiamo del regolamento di condominio nei singoli contratti di acquisto - Configurabilità - Sussistenza - Omessa trascrizione del regolamento - Irrilevanza. (Cc, art. 1138)


Le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale, che può imporre limitazioni ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà purché siano enunciate in modo chiaro ed esplicito, sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione, nell'atto di acquisto si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che - seppure non inserito materialmente - deve ritenersi conosciuto o accettato in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto. (F.Cia) (1)
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 21 settembre 2011, n. 19209 - Presidente Triola - Relatore Petitti - P.M. Carestia
(Cassa con rinvio, Corte di Appello di Roma, sentenza 20 luglio 2005, n. 3347)

(1) In senso conforme, vedi, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 31 luglio 2009, n. 17886, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 3 luglio 2003, n. 10523.





Condominio negli edifici - Beni e servizi comuni - Uso della cosa comune - Delibera assembleare - Autorizzazione ad un condomino ad installare a servizio del proprio laboratorio un macchinario sul cortile del fabbricato - Occupazione di area condominiale avente altra destinazione - Violazione degli artt. 1120 e 1002 c.c. - Configurabilità. (Cc, artt. 1102 e 1120)

In tema di innovazioni ed uso della cosa comune, nel caso in cui il condomino, autorizzato dalla delibera dell'assemblea ad installare, a servizio del proprio laboratorio, un macchinario sul cortile del fabbricato, abbia stabilmente occupato una determinata superficie di un'area condominiale avente altra destinazione, deve ritenersi realizzata una sottrazione definitiva di tale parte del suolo al godimento comune, con conseguente configurabilità della violazione dell'art. 1120, secondo comma, c.c., avendo la delibera assembleare determinato la modifica della destinazione originaria di una parte comune con pregiudizio del godimento della stessa da parte degli altri condomini. Tale condotta costituisce, altresì, violazione dell'art. 1102 c.c., perché l'uso particolare o più intenso del bene comune da parte del condomino si configura come illegittimo quando ne risulta impedito l'altrui paritario uso e sia alterata la destinazione del bene comune, dovendosi escludere che l'utilizzo da parte del singolo della cosa comune possa risolversi nella compressione quantitativa o qualitativa di quella, attuale o potenziale, di tutti i comproprietari. (F.Cia) (1)
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 21 settembre 2011, n. 19207 - Presidente Triola - Relatore Manna - P.M. Fedeli
(Cassa con rinvio, Corte di Appello di Milano, sentenza 17 settembre 2005, n. 2160)

(1) Conforme, vedi, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 6 novembre 2006, n. 23608.




Condominio negli edifici - Beni e servizi comuni - Uso della cosa comune - Destinazione di parti comuni ad uso esclusivo di singoli condomini - Legittimità - Presupposti - Idoneità del residuo a soddisfare analoghe esigenze degli altri condomini - Conservazione della destinazione originaria - Necessità. (Cc, artt. 1102 e 1117)


In tema di condominio negli edifici, al singolo condomino è consentito servirsi in modo esclusivo di parti comuni dell'edificio soltanto alla duplice condizione che il bene, nelle parti residue, sia sufficiente a soddisfare anche le potenziali, analoghe esigenze dei rimanenti partecipanti alla comunione e che lo stesso, ove tutte le predette esigenze risultino soddisfatte, non perda la sua normale ed originaria destinazione, per il cui mutamento è necessaria l'unanimità dei consensi. (F.Cia) (1)
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 21 settembre 2011, n. 19207 - Presidente Triola - Relatore Manna - P.M. Fedeli
(Cassa con rinvio, Corte di Appello di Milano, sentenza 17 settembre 2005, n. 2160)

(1) In senso conforme, vedi, Cassazione civile, Sez. VI-2, ordinanza 18 gennaio 2011, n. 1062, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 14 giugno 2006, n. 13752, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 19 gennaio 2006, n. 972, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 28 gennaio 2005, n. 1737.




Condominio negli edifici - Beni e servizi comuni - Uso della cosa comune - Destinazione di parti comuni ad uso esclusivo di singoli condomini - Legittimità - Presupposti - Idoneità del residuo a soddisfare analoghe esigenze degli altri condomini - Conservazione della destinazione originaria - Necessità. (Cc, artt. 1102 e 1117)

In tema di condominio negli edifici, al singolo condomino è consentito servirsi in modo esclusivo di parti comuni dell'edificio soltanto alla duplice condizione che il bene, nelle parti residue, sia sufficiente a soddisfare anche le potenziali, analoghe esigenze dei rimanenti partecipanti alla comunione e che lo stesso, ove tutte le predette esigenze risultino soddisfatte, non perda la sua normale ed originaria destinazione, per il cui mutamento è necessaria l'unanimità dei consensi. (Nel caso di specie, alla luce del principio espresso nella massima, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la pronuncia della corte di merito la quale, rigettando la domanda avanzata da alcuni condomini e diretta alla rimozione di una caldaia appoggiata al muro del vano scale, si era limitata a verificare solo la prima delle due anzidette condizioni, ossia la potenziale fruizione del vano scala da parte degli altri partecipanti al condominio "per le loro esigenze", omettendo parimenti di accertare se l'allocazione non di una sola ma di tante caldaie quanto fossero i condomini risultasse non solo e non tanto materialmente possibile, ma anche compatibile con l'originaria destinazione, che nasce per la diversa finalità di dare accesso alle proprietà individuali. (F.Cia) (1)
Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 21 settembre 2011, n. 19205 -Presidente Triola - Relatore Manna - P.M. Russo
(Cassa con rinvio, Corte di Appello di Ancona, sentenza 24 gennaio 2005, n. 33)

(1) In senso conforme, vedi, Cassazione civile, Sez. VI-2, ordinanza 18 gennaio 2011, n. 1062, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 14 giugno 2006, n. 13752, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 19 gennaio 2006, n. 972, Cassazione civile, Sez. II, sentenza 28 gennaio 2005, n. 1737.


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Massime a cura di Federico Ciaccafava, Avvocato e Conciliatore n Roma

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