Astronomia

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24/09/2006 16:34

Re: Re: Re: Re: I pianeti simili alla Terra potrebbero essere comuni

Scritto da: Masturbello 23/09/2006 20.06

Grazie! Ho una domanda per te se il pianeta è gassoso o roccioso l'attrazione esercitata dalla stella a parità di dimensioni dovrebbe comunque variare perchè varia la massa o no?
Scusa l'ignoranza in materia ma .... le conoscenze sono frutto di reminescenze sin troppo passate.



La massa è la quantità di materia, a parità di volume è superiore la massa del corpo con densità maggiore
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30/09/2006 16:08

Re: Re: Re: Re: Re: I pianeti simili alla Terra potrebbero essere comuni

Scritto da: Kasimir 24/09/2006 16.34


La massa è la quantità di materia, a parità di volume è superiore la massa del corpo con densità maggiore


Perfetto come ricordavo. Infatti avevo chiesto se variava l'attrazione al modificarsi dello stato roccioso/gassoso a parità di dimensioni o come tu scrivi più propriamente a parità di volume. In realtà correggimi se sbaglio la densità e quindi anche l'attrazione (per la legge di cui tu parlavi sopra) dal momento che la densità e proporzionale alla massa si modifica a seconda del tipo di materia che costituisce il pianeta o non è così?
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28/10/2006 14:55

Addio al ghiaccio lunare
Sarebbe certo una gran comodità per le colonie spaziali impiantate sul nostro satellite poter disporre di acqua a volontà. Fino a qualche tempo fa - benchè la faccenda fosse comunque molto controversa - si riteneva che queste riserve idriche esistessero. Certo, non come ameni laghetti montani, ma sotto forma di depositi ghiacciati collocati sul fondo sempre in ombra di alcuni crateri e per questo protetti dalla radiazione solare.
Alcune conferme - ma anche altrettante smentite - erano venute soprattutto da osservazioni radar della regione del Polo Sud lunare. La particolare riflessione delle onde radar sul fondo di alcuni crateri e soprattutto la loro polarizzazione (elevato rapporto di polarizzazione circolare o CPR) venivano interpretate come la traccia concreta della presenza di ghiaccio d'acqua.
L'ultima indagine in tal senso, riportata sull'ultimo numero di Nature, è quella condotta dal team di Donald Campbell (Cornell University). I ricercatori hanno analizzato gli impulsi radar trasmessi verso la Luna dal radiotelescopio di Arecibo e raccolti un paio di secondi più tardi da quello di Green Bank in Virginia. Nel loro mirino proprio le regioni polari del nostro satellite, indagate con una risoluzione record di circa 20 metri.
Ebbene, sembra proprio che quest'ultima ricerca possa mettere definitivamente la parola fine alle speranze di chi ipotizzava la presenza di grandi depositi ghiacciati. Il team di Campbell ha scoperto che gli elevati valori del CPR non sono confinati solo all'interno dei crateri, ma si registrano anche in zone per le quali è assolutamente impensabile la presenza di ghiaccio. Lo studio, infatti, mette in evidenza che elevati CPR si riscontrano anche in aree ben soleggiate, caratterizzate da temperature che superano i 100 gradi centigradi, dunque incapaci di conservare il ghiaccio per lunghi periodi. Secondo i ricercatori gli elevati valori di polarizzazione sarebbero da associare non tanto al ghiaccio, quanto piuttosto alle rocce messe allo scoperto dagli impatti più recenti.
Benchè queste conclusioni non escludano del tutto che sul fondo di alcuni crateri possano comunque esistere depositi ghiacciati, sembra proprio che mettano la parola fine al dibattito sul ghiaccio lunare. Almeno per il momento.
[SM=x44468]
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23/12/2006 18:20

Il mistero di Saturno: Part I caratteristiche fisiche
Saturno è il sesto pianeta del sistema solare per distanza dal sole ed il secondo per ordine di grandezza dopo Giove.
La sua spessa atmosfera ricopre un nucleo composto da idrogeno metallico e roccia.

Pur avendo nubi dall'aspetto ingannevolmente tranquillo i venti presenti sul pianeta possono raggiungere i 1500 Km/h.

Gli anelli, indicati con lettere dell'alfabeto nell'ordine in cui sono stati scoperti si estendono per 265000 Km offrono preziosi indizi sulle nubi di polveri e gas che circondano le giovani stelle e danno origine ai pianeti. allontandosi progressivamente da Saturno si incontra prima l' anello D e di seguito il C il B l'A, l'F, il G e l'E. Gli anelli principali includono migliaia di anelli più piccoli molti dei quali ospitano minuscoli satelliti che contribuiscono ad evitare la dispersione di particelle dell'anello.

Finora sono stati accertati 56 satelliti di cui a soltanto 35 è stato finora già assegnato un nome. Essi variano da pochi Km di diametro al gigantesco Titano più grande di Mercurio ma soprattutto si differenziano fra loro per composizione chimica (infatti sono costituiti da roccia, ammoniaca, metano e biossido di carbonio in differenti forme e quantità) ma soprattutto per origine: alcuni potrebbero essersi formati insieme a Saturno, altri sono frammenti di corpi più grandi altri ancora come Febe potrebbero essere "intrusi" provenienti da altre zone del sistema solare primordiale. La gravità di Mimas impedisce alle particelle di lasciare l'anello B e migrare nella divisione ("frattura" fra un anello e l'altro) di Cassini, Pan espelle detriti originando la divisione di Encke, Prometeo e Pandora ridisegnano l'anello F, Giano ed Epimeteo perdono polvere andando a formare un anello scoperto da poco, ENCELADO coperto di ghiacco erutta pennacchi di vapore acqueo e particelle di ghiaccio che livellano la sua superficie e alimentano l'anello E, Teti, Dione e Rea sono coperti da spesse coltri di acqua ghiacciata bucherellate da crateri. Titano ha un atmosfera densa, una meteorologia ben definita fenomeni erosivi e laghi di metano. Iperione è forse un frammento di un satellite più grande. Giapeto è il più strano: sembra riflettere l'antico simbolo cinese dello yin ed yang essendo costituito da un emisfero scuro ed uno chiaro

[Modificato da Masturbello 23/12/2006 18.23]

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23/12/2006 18:41

La pioggia cade solo una volta ogni mille anni, sottoforma di acquazzoni di metano liquido, l'atmosfera venefica riduce al luce del sole ad un eterno crepuscolo arancione. Il freddo -179 °C sarebbe micidiale per qualsiasi essere vivente e nel cielo oltre la foschia incombe Saturno circondato dai suoi anelli.
Eppure su Titano , uno dei satelliti più grandi dell'intero sistema solare esiste un mondo stranamente simile al nostro.
<> commenta Tobias Owen astronomo dell'Università delle Hawaii. << Ha tutte le caratteristiche per diventare un pianeta come la Terra ma non ha mai avuto l'opportunità di crescere>>. La sua densa atmosfera è satura di smog di idrocarburi <> continua Owen.
I rari monsoni di metano danno origine a fiumi effimeri che scavano solchi profondi nelle basse colline e si riversano in una grande pianura sabbiosa. Titano potrebbe essere geologicamente attivo proprio come la terra e possedere una forma lenta e fredda di Vulcanismo con eruzioni di lava, ghiaccio semifuso d'acqua ed ammoniaca ma l'aspetto più affascinante del satellite è che i suoi deboli venti trasportano una ricca miscela di molecole organiche alcune delle quali simili ai composti che sulla terra costituirono le materie prime della vita.
Negli ultimi 2 anni e mezzo la sonda Cassini ha sfiorato gli anelli di Saturno e ha scrutato il pianeta gigante. Poco dopo il suo arrivo cassini ha anche sganciato un veicolo più piccolo il lander Huygens che è sceso sulla superficie di Titano.

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23/12/2006 18:43

I misteri di Saturno: Part II Titano
La pioggia cade solo una volta ogni mille anni, sottoforma di acquazzoni di metano liquido, l'atmosfera venefica riduce al luce del sole ad un eterno crepuscolo arancione. Il freddo -179 °C sarebbe micidiale per qualsiasi essere vivente e nel cielo oltre la foschia incombe Saturno circondato dai suoi anelli.
Eppure su Titano , uno dei satelliti più grandi dell'intero sistema solare esiste un mondo stranamente simile al nostro.
<> commenta Tobias Owen astronomo dell'Università delle Hawaii. << Ha tutte le caratteristiche per diventare un pianeta come la Terra ma non ha mai avuto l'opportunità di crescere>>. La sua densa atmosfera è satura di smog di idrocarburi <> continua Owen.
I rari monsoni di metano danno origine a fiumi effimeri che scavano solchi profondi nelle basse colline e si riversano in una grande pianura sabbiosa. Titano potrebbe essere geologicamente attivo proprio come la terra e possedere una forma lenta e fredda di Vulcanismo con eruzioni di lava, ghiaccio semifuso d'acqua ed ammoniaca ma l'aspetto più affascinante del satellite è che i suoi deboli venti trasportano una ricca miscela di molecole organiche alcune delle quali simili ai composti che sulla terra costituirono le materie prime della vita.
Negli ultimi 2 anni e mezzo la sonda Cassini ha sfiorato gli anelli di Saturno e ha scrutato il pianeta gigante. Poco dopo il suo arrivo cassini ha anche sganciato un veicolo più piccolo il lander Huygens che è sceso sulla superficie di Titano
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23/12/2006 20:46

I misteri di Saturno: Part III Storia delle missioni
Saturno ha svelato con riluttanza i suoi segreti durante il corso della storia.
Nel 1610 Galileo si scoprì quella che si sarebbe rilevata la caratteristica più sorprendente del pianeta gli anelli; ma guardandoli dal suo rudimentale cannocchiale li scambiò per due corpi che fiancheggiavano Saturno.
Solo nel 1656 l'astronomo olandese Christian Huygens li riconobbe per ciò che erano. Huygens scorse anche un lieve bagliore all'esterno degli anelli: un satellite che fu poi battezzato Titano. Negli anni 40 grazie ai telescopi più perfezionati fu individuato un alone di foschia intorno a Titano; era il primo segno della sua atmosfera unica fra le lune del sistema solare. Infine, le immagini più ravvicinate del pianeta, degli anelli e dei satelliti scattate dalle sonde spaziali che sono transitate in prossimità di Saturno (Pioneer 11 nel '79, Voyager 1 e 2 nel 80 e nell' 81) hanno scoperto come Titano presenti condizioni simili a quelle presenti sulla terra primordiale.
Ora dopo secoli di curiosità e di attesa gli astronomi possono osservare finalmente Saturno da vicino. La sonda Cassini Huygens un cilindro metallico alto 6,7 metri, pieno zeppo di strumenti scinetifici e sovrastato da una bianca antenna parabolica è stata costruita dalla Nasa, dall' Esa (Agenzia spaziale europea) e dall'Asi (agenzia spaziale italiana). Lanciata nel 1997 in direzione di Saturno è arrivata a destinazione il 30 giugno del 2004 e ha iniziato la sua fase esplorativa che continuerà per almeno 4 anni.
Al termine del suo viaggio di 3 miliardi e mezzo di Km Cassini ha dovuto rallentare per essere catturata dalla gravità di Saturno. La sonda ha azionato i motori ed è scesa a meno di 20000 Km di distanza dalle nubi giallastre che avvolgono il pianeta passando audacemente fra gli anelli esterni.
A vederli dalla terra gli anelli di Saturno hanno contorni netti ed ordinati ma in realtà sono sciami di detriti: miliardi di particelle di ogni dimensione, dal sassolino all'elefante. Sarebbe bastato l'urto di un sassolino vagante intorno alla sonda che sfrecciava a oltre 110000 km/h per mettere fine all'intera missione costata 3,4 miliardi di $.
Saturno potrebbe contenre 700 pianeti grandi come la terra ma essendo composto quasi interamente di idrogeno è più leggero dell'acqua e pertanto in un ipotetico oceano grande al punto i conenere una sfera di 120500Km di diametro galleggierebbe come una colossale spugna gialla. La sua rotazione è così veloce da marcare un vistoso rigonfiamento all'equatore, dove il diametro supera di 11800 Km quello polare. Il giorno saturniano dura così meno di 11 ore. Per la verità su un pianeta gassoso è quasi impossibile prendere punti di riferimento per calcolare esattamente la durata del periodo di rotazione e così Cassini ha misurato il periodo di rotazione del campo magnetico che circonda il pianeta e che è generato dalla densità del pianeta stesso. Quest'ultimo è pari a 10 ore 47 minuti e 6 secondi.
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28/12/2006 14:13

I misteri di Saturno: Part IV A la missione Cassini Huygens
Il progetto spaziale Cassini-Huygens rappresenta una tappa fondamentale nella storia delle missioni spaziali perchè non solo ha confermato molte delle ipotesi che erano state fatte su Saturno ed i suoi satelliti, non solo ha gettato luce su aspetti ancora totalmente ignoti del sistema planetario ma ha chiarito anche elementi fondamentali relativi all'origine dell'Universo.
Per esempio per quanto riguarda Specificatamente il pianeta Saturno Cassini ha confermato che l'origine del pianeta risale a circa 4,6 miliardi di anni fa allorchè il disco di polvere e gas che circondava l'allora appena nato sole andava via via raggruppandosi per effetto delle forze di gravità e dell'azione del vento stellare in ammassi protoplanetari di ferro e roccia sempre più grandi.
Da uno di tali ammassi di sicuro di massa superiore a quello che diede origine al nostro pianeta Terra nacque sempre per effetto delle forze di gravità anhe il pianeta Saturno. Cassini con speciali rilevazioni all'infrarosso ha gettato luce sulla formazione del campo magnatico che circonda il pianeta: l'ammasso protoplanetario di cui sopra attrasse nel tempo grandi nubi di idrogeno (di cui è costituito in prevalenza lo spazio interstellare). Il gas si dispose intorno al nucleo del pianeta che aumentò rapidamente di dimensioni. Secondo le teorie più accettate l'incremento di pressione compresse lo strato più interno di idrogeno al punto di trasformarlo in un metallo allo stato liquido: un conduttore elettrico eccezionale. Sono proprio le correnti che percorrono lo strato di idrogeno metallico a generare l'enorme campo magnetico.
Tutta l'attività dei fenomeni atmosferici (i venti che soffiano ad oltre 1550 Km/h,le perturbazioni e le tempeste di intensità non paragonabili ad alcun fenomeno terrestre) è invece legata, come Cassini accerta, alle correnti ascensionali dovute alla parte rimanente del calore di formazione del pianeta. Lo stesso calore aumenta la luminosità del pianeta medesimo.

Per quanto riguarda gli anelli la sonda Cassini (grazie all'analisi spettroscopica delle onde luce emesse) ha evidenziato la loro recente formazione e soprattutto l'analogia del sistema con l'origine del sistema solare (come sopra già ricordato) in particolare per quanto riguarda le interazion fra i pianeti e il disco di polvere e gas che circondava il sole da una parte, e le interazioni fra i satelliti di Saturno e gli anelli dall'altra.

Le interazioni fra i satelliti all'interno degli anelli che danno luogo alle divisioni fra gli anelli stessi era stata già colta dalle sonde Voyager ma la sonda Cassini ha fornito ulteriori dettagli sottolineando la presenza di satelliti in miniatura nell'anello A (quello più esterno fra i principali) e l'attività di continua formazione e disgregazione di materia esercitata dagli ammassi interni all'anello F.
<< Vediamo i microanelli che interagscono con i microsatelliti e questi che a loro volta modificano gli anelli. Tutto ciò aiuta a spiegare come i pianeti si sviluppano all'interno dei dischi planetari >> dichiara il pianetologo Cuzzi.

[Modificato da Masturbello 28/12/2006 14.18]

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31/12/2006 19:38

I misteri di Saturno: Part IV B la missione Cassini Huygens
Per quanto riguarda i satelliti enunciati nella part I Cassini ha avuto modo di approfondire le conoscenze (scarse fino ad allora) sul satellite Febe (il più esterno). Si tratta di una sorta di resto fossile del Sistema solare primordiale. Non a caso a differenza di tutti i suoi consimili ha un'orbita retrogada segno evbidente della sua storia peculiare. Cassini ha scoperto che questo corpo del diamentro di 220 Km è un moiscuglio di ghiaccio roccia e composti del carbonio: una composizione molto simile a quella degli oggetti della fascia di Kuiper, piccoli corpi ghiacciati che orbitano ai limiti del sistema solare e che gli scienziati considerano "mattoni" avanzati dopo la formazione dei pianeti esterni. Durante la formazione del sistema solare rimasero confinate quasi tutti in orbite molto lontane esterne a quella di Plutone e Febe potrebbe essere fra gli oggetti della fascia di kuiper quello che è rimasto intrappolato in orbita intorno al giovane Saturno.

Per quanto riguarda invece gli altri satelliti di Saturno essi sono tutti nati tutti dallo stesso ammasso di polveri e gas che
hanno di fatto origine al pianeta pur essendo (come detto nella Part I) estremamente differenti fra loro. Cassini ha evidenziato ulteriori misteri per il satellite Giapeto: oltre ad essere diviso in due emisferi di diversa luminosità come già evidenziato dai Voyager esso presenta come Saturno un marcato rigonfiamento equatoriale ed in corrispondenza dell'equatore una catena montuosa lunga 1500 km che dalle rilevazioni di Cassini è stata stimata essere 2 volte dell'altezza dell'Himalaya. Ma le scoperte più interessanti Cassini le ha realizzate su Titano se non altro per le particolarità con le quali si è svolta la missione su questo satellite. Per la prima volta nella storia è stato sganciato un lander Huygens (veicolo) su una superficie totalmente sconosciuta e soprattutto ad una distanza così rilevante dalla terra. Pur se per problemi di comunicazione fra il lander e la sua sonda metà del materiale che Huygens doveva riprendere è andato perso la missione Cassini -Huygens su Titano è stato un vero successo. il lander sgangiatosi da Cassini nel Dicembre del 2004 è riuscito a oltrepassare la densa atmosfera di Titano praticamente illeso raggiungendo una velocità dieci volte superiore a quella di un proiettile e sopportando grazie allo scudo termico una temperatura di 1500 °C dovuta all'attrito con l'atmosfera. Huygens è riuscito ad atterrare perfettamente dopo aver rallentato, raffreddato la sua superficie, aperto i paracadute e staccato lo scudo termico. Il tutto si è svolto come previsto senza intoppi.
Anche se osservare Con Huygens Titano è paragonabile ad osservare un elefante guardando in una cannuccia il lander ha svelato molti misteri sul pianeta: il lander non è atterrato su una superficie liquida ma su una crosta solida che ricopre uno strato più morbido, una sorta di << Creme Brulée >> segno evidente del fatto che essa rimane sommersa ogni tanto.
<< Abbiamo rilevato tracce di valli fluviali scavate dal metano liquido >> dichiara Larry Soderblom dell US Geological Service. << Titano potrebbe essere simile ad un deserto su cui la pioggia cade solo ogni cento o forse mille anni: ma quando arriva è abbondantissima simile ad un alluvione improvvisa >>.

Cassini ha poi confermato attraverso fotografie delle regioni polari che quest'ultime risultano più piovose dal momento che sono caratterizzate dalla presenza di vasti laghi di metano disseminati un po' ovunque.
Il metano ha origine sotto la crosta del satellite e quando raggiunge l'atmosfera parte del metano ricade sulla superficie sottoforma di pioggia e per l'azione delle onde ultraviolette su alcune molecole organiche sottoforma di nevischio tossico.

<< Titano è la migliore fabbrica di sostanze organiche dell'intero sistema solare >> spiega Hunter Waite del Southwest research Institute. << C'è uno strato di idrocarburi congelati simili a benzina che ricopre buona parte del satellite. Se fosse possibile sfruttare Titano non dovremmo mai più preoccuparci della crisi petrolifera. >> Nel corso di milioni di anni i forti venti di Titano hanno eroso questa enorme distesa di idrocarburi accumulando dune dell'altezza di 100 m che corrono parallele per centinaia di Km.

Come l'atmosfera della Terra anche quella di Titano è costituita in prevalenza da azoto elemento fondamentale per la vita proprio come la macromolecole a base di carbonio rintracciate nella parte nebbiosa dell'atmosfera stessa. Su Titano sono dunque presenti alcune delle condizioni necessarie per nascita della vita sebbene sia di gran lunga troppo freddo perchè questo processo possa avvenire. Ma gli scienziati ahnno scoperto quasi per caso che un'altra luna di Saturno potrebbe essere n ambiante adatto adatto ad ospitare forme di vita elementari.
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31/12/2006 21:09

I misteri di Saturno: Part IV C la missione Cassini Huygens (ENCELADO)
Ricoperto quasi interamente di ghiaccio il satellite Encelado riflette più luce di qualsiasi altro corpo del Sistema Solare.

Un quarto di secolo fa le immagini del Voyager mostrarono solo pochi grandi crateri sulla sua superficie: gli scienziati ipotizzarono che Encelado fosse dotato di una qualche forma di attività geologica in grado di cancellare le tracce degli impatti del satellite con altri corpi celesti. Tuttavia con un diametro di soli 500 KM Encelado sembrava troppo piccolo per generare il calore necessario per alimentare un'attività endogena. Intorno al satellite inoltre il rarefatto anello E è più denso segno che Encelado gli cede materia? Un altro mistero!

Cassini ha indagato! In due incontri ravvicinati all'inizio del 2005 la sonda ha individuato una strana perturbazione del campo magnetico di Saturno particolarmente intensa in corrispondenza del polo Sud di Encelado. Poi il 14 Luglio 2005 è scesa a sorvolare la regione polare a soli 170 Km di quota analizzando con i suoi strumenti il calore in superficie, le tracce di elementi chimici e i campi magnetici dell'enigmatico satellite.

I dati indicano che in prossimità del polo sud vengono espulsi pennacchi di materia. Quattro mesi dopo con il sole abbastanza lontano da riprendere Encelado in controluce Cassini ha fotografato eruzioni di vapore acqueo e particelle di ghiaccio simili a geyser "sparate" a grande altezza nello spazio.
Vicino al polo sud la temperatura è risultata di circa 70°C più alta del previsto: abbastanza per fondere il ghiaccio poco sotto la superficie ed alimentare i pennacchi che vengono eruttati da lunghe fratture aperte nel ghiaccio dette "Striscie di Tigre". Nella neve fresca caduta intorno a queste crepe Cassini ha individuato semplici composti del carbonio. Un mistero è dunque risolto. l'anello E appare più deno liquido, nei pressi del satellite perchè i pennacchi lo arricchiscono di particelle di ghiaccio. Ma qual è la fonte del calore? Forse viene genrato da elementi radioattivi intrappolati all'interno di Encelado o dalle deformazioni causate dal potente influsso della gravità di Saturno.
Ma ecco una domanda più impegnativa: è possibile che questo modesto corpo celeste ospiti organismi viventi?
Condizioni necessarie per la vita sono acqua allo stato liquido energie e molecole organiche e su Encelado ci sono forti indizi della presenza di tutti e tre questi elementi. Esseri viventi potrebbero nascondersi qualche metro sotto il ghiaccio, in piccole sacche di acqua tiepida, nutrirsi di composti organici sciolti e riprodursi mediante una versione aliena del DNA o di un tipo del tutto diverso di materiale genetico. << Stiamo alla ricerca di siti in cui potrebbero esistere organismi primitivi. Non ci aspettiamo esseri intelligenti o altamente evoluti ma qui la vita è possibile!!! >> dichiara BoB Brown dell'Università dell'Arizona.
Cassini ha in programma un'altra visita a Encelado e se il budget lo consentirà la missione potrebbe essere prolungata oltre il 2008. Ma gli scienziati già pensano a sonde spaziali progettata per andare alla ricerca di tracce di vita su Encelado e studiare su Titano le condizioni per la vita primordiale.
Alcuni sognao la realizzazione di un robot che atterri sul polo Sud di Encelado ed introduca nelle crepe del ghiaccio delle sonde in grado di rilevare la presenza di organismi viventi. Altri immaginano un satellite che orbiti intorno a Titano e sganci nell'atmosfera dei rover (piccoli dirigibili) in grado di effettuare ampie ricognizioni di colline e pianure.

Johnatan Lunine scienziato che ha preso parte alla missione Cassini-Huygens e studia anche i pianeti extrasolari concepisce questa ricerca nei termini più ampi: << QUESTI LUOGHI PERMETTERANNO DI SCRIVERE I NUOVI CAPITOLI DEL LIBRO SULLA NASCITA DELL'UNIVERSO!!! >>
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31/12/2006 21:25

CERCANDO UN ALTRO SOLE PER TROVARE UNA NUOVA TERRA
Una manciata di stelle, appena dieci, per andare a cercare pianeti gemelli della Terra e sui quali potrebbe essersi sviluppata la vita. La top ten, il cui obiettivo è snellire il più possibile una ricerca molto lunga e difficile, è stata presentata in febbraio al congresso dell'Associazione americana per l'avanzamento delle scienze (AAAS) svoltosi negli Stati Uniti, a St Louis, dall'astronoma Margaret Turnbull, della Carnegie Institution di Washington.

I dieci sistemi stellari che potrebbero ospitare mondi abitati (o “habstar”, come li ha chiamati la ricercatrice) sono lontani dalla Terra da 4,5 a 26 anni luce, distanze dell'ordine di migliaia di miliardi di chilometri. Margaret Turnbull li ha individuati seguendo una strada nuova rispetto a quelle finora percorse dai “cacciatori” di pianeti extrasolari simili alla Terra: anziché concentrare l'attenzione sui pianeti, finora impossibili da osservare direttamente, l'astronoma ha deciso di andare in cerca delle stelle che somigliano di più al nostro Sole per anzianità, dimensioni, composizione e stadio evolutivo.
Grazie a questo stratagemma, è stato possibile scremare il catalogo iniziale dei possibili candidati, che comprendeva ben 17.129 sistemi stellari e che la stessa Turnbull aveva stilato nel 2003. Soltanto una manciata di stelle ha superato la selezione e potrebbero essere proprio questi, secondo l'astronoma americana, gli obiettivi dei principali programmi volti alla ricerca di vita extraterrestre, come il SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence) basato sui dati rilevati dai radiotelescopi, e la missione della NASA TPF (Terrestrial Planet Finder) basata sul lancio di due osservatori spaziali intorno al 2016 e ora slittata ad una data non precisata.
C'è grande attesa anche per l'avvio dell'osservatorio californiano ATA (Allan Telescope Array) sviluppato dal SETI e dall'istituto di Radioastronomia dell'università di Berkeley: dei suoi 350 telescopi, 42 dovrebbero essere operativi entro l'anno.

“Le stelle”, ha osservato Margaret Turnbull, “non sono tutte uguali e non tutte somigliano al nostro Sole”. Per essere considerate “sorelle” della nostra stella devono innanzitutto avere almeno 3 miliardi di anni, un tempo cioè sufficiente perché intorno ad esse la materia possa essersi aggregata per formare pianeti e perché su questi possano crearsi condizioni adeguate ad ospitare la vita, prima fra tutte la presenza di acqua allo stato liquido.
Devono poi avere un contenuto di metalli che sia almeno la metà di quello del Sole perché una buona percentuale di ferro e metalli è indice dell'abbondanza di questi anche nella nube che ha dato origine al sistema stellare, e la presenza di metalli aumenta le probabilità della presenza di pianeti. E come il Sole, le stelle candidate devono trovarsi al culmine del loro processo evolutivo. Non devono quindi essere né giganti rosse né nane bianche, ossia stelle giunte alla fine del ciclo, ma devono avere davanti un tempo abbastanza lungo da permettere la formazione di pianeti capaci di ospitare la vita. La prima candidata della top-ten è beta CVn, distante circa 26 anni luce (circa 246.000 miliardi di chilometri), nella costellazione dei Cani da caccia (Canes Venatici). HD 10307 dista 42 anni luce e poco lontano da essa si trova HD 211415, con un contenuto di metalli pari alla metà rispetto a quello del Sole e la temperatura un po' meno elevata. 18 Scorpii, nella costellazione dello Scorpione, è appena un po' più giovane del Sole (circa 300 milioni di anni in meno), un po' più calda e con un periodo di rotazione di poco più veloce. 51 Pegasus è famosa perché attorno ad essa è stato scoperto il primo pianeta extrasolare. Epsilon Indi A si trova a circa 11,8 anni luce, nella costellazione dell'Indiano (Indus) e la sua luminosità è un decimo di quella del Sole. Epsilon Eridani, nella costellazione del Fiume (Eridanus), è lontana 10,5 anni luce ed è più piccola e fredda rispetto al Sole. Omicron2 Eridani è una nana arancione distante 16 anni luce e quasi coetanea del Sole. Alpha Centauri B è la più vicina, a soli 4,5 anni luce. Tau Ceti, infine, ha la stessa luminosità del Sole, è povera di metalli, ma è vissuta abbastanza da avere reso possibile la formazione di mondi con forme di vita complesse.
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31/12/2006 21:28

Anelli Blu Su Urano

Fino a vent’anni fa, si riteneva che l’unico pianeta dotato di anelli fosse Saturno. Grazie alla sonda Voyager 2 si scoprì, nel 1986, che anche Urano era circondato da anelli e, nel 1989, che questa caratteristica era condivisa pure da Nettuno. Nel 2005, poi, Hubble ha individuato un'ulteriore serie di sottili anelli intorno a Urano. Ora, alcuni astronomi dell’Università della California a Berkeley hanno scoperto (e ne danno notizia sul numero odierno di Science) che questi anelli più esterni di Urano brillano di un intenso colore blu. La cosa è singolare in quanto tutti gli altri anelli planetari hanno una tinta giallo rossiccia, a parte l’ultimo anello esterno di Saturno. La spiegazione di questo fenomeno non è ancora chiara. Nel caso di Saturno, alcuni ricercatori avevano ipotizzato che esso fosse dovuto a polveri, gas e cristalli di ghiaccio proiettati nello spazio da Encelado, ma un’analoga spiegazione appare del tutto improbabile nel caso degli anelli di Urano, dato che Mab, il satellite prossimo a questi anelli, è poco più di un grosso masso, geologicamente inattivo. Per ora, quello che si può affermare sulla sola base del colore è che gli anelli devono essere costituiti da polveri la cui dimensione media deve essere inferiore al micrometro. Secondo Imke de Pater, uno degli autori dell’articolo, è possibile che il colore sia collegato alle deboli forze che agiscono fra queste minuscole particelle.
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31/12/2006 21:46

Un altro Buco Nero al centro della Galassia
È una rara sorgente di raggi gamma quella scoperta dalla sonda Integral, frutto della collaborazione fra l’Agenzia spaziale europea (ESA), la NASA, la Russia, la Repubblica Ceca e la Polonia: la violenza delle emissioni fa pensare che l’origine sia un buco nero situato nella nostra galassia.

“Il centro della nostra galassia – ha spiegato Roland Walter dell'Integral Science Data Centre (ISDC) – è una delle più interessanti zone del cielo osservabile da questo punto di vista, poiché esistono moltissime potenziali sorgenti di raggi gamma. Per questo Integral sta ora svolgendo un programma in cui quasi quattro settimane del suo tempo di osservazione saranno dedicate allo studio di questa regione.”

È proprio durante la prima di queste osservazioni che gli astronomi hanno potuto osservare un outburst in tempo reale. Sulle prime, non era chiaro che tipo di evento fosse in atto. Alcuni outburst di raggi gamma durano solo poco tempo; proprio per questo sono stati allertati altri osservatori in tutto il mondo, che hanno potuto puntare gli strumenti in un punto del cielo che Integral è riuscito a definire con incredibile precisione. Fortunatamente l’outburst è durato alcune settimane, il che ha permesso di determinare in modo accurato la curva di emissione.

Dal confronto dei dati raccolti con quelli relativi ad altri eventi simili si è potuto concludere che i raggi gamma provenivano da un sistema binario in cui una delle due stelle compagne è simile al Sole, mentre l’altra è un buco nero.
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31/12/2006 21:55

A trent'anni dalle missioni americane Viking, le prime a “vedere” la superficie di Marte, è uno strumento italiano a riscrivere la storia geologica del pianeta rosso. E' stato infatti il radar Marsis a scoprire, sotto la superficie levigata dell'emisfero Nord del pianeta, una grande quantità di crateri. I nuovi dati, pubblicati sulla rivista Nature, dimostrano che la zona settentrionale del pianeta non è affatto giovane come i dati delle missioni Viking avevano lasciato ipotizzare, ma ha un'età paragonabile a quella dell'emisfero Sud.
Si è risolto così uno dei misteri più fitti di Marte, quello della grande diversità tra le caratteristiche geologiche dei due emisferi del pianeta. Un rompicapo che i ricercatori stanno tentando di risolvere dal 1976, da quando cioè hanno potuto osservare le immagini della prima missione Viking.
Attivo da oltre un anno sulla sonda dell'Agenzia Spaziale Europea, Mars Express, il radar Marsis (Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding instrument) è stato realizzato per l'Agenzia Spaziale Italiana (Asi) dall'Alenia Spazio (gruppo Finmeccanica) sotto la guida scientifica di Giovanni Picardi, dell'università di Roma La Sapienza, e del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa.
Marsis è stato progettato per esplorare il sottosuolo fino ad una profondità di circa cinque metri. Le sue immagini radar hanno finora passato in rassegna il 14% dell'emisfero Nord di Marte, scoprendo 11 crateri da impatto dal diametro compreso fra 130 e 470 chilometri presenti sotto gran parte delle pianure settentrionali.
“Sono informazioni tali da farci avere una nuova visione della storia geologica del pianeta”, ha osservato la responsabile dell'Asi per l'Osservazione dell'Universo, Simona Di Pippo. “Il conteggio dei crateri nascosti nell'emisfero Nord di Marte - ha aggiunto il responsabile dell'Asi per l'Esplorazione del Sistema Solare, Enrico Flamini - ci sta dicendo ora che l'età dei due emisferi è la stessa e che solo successivamente lava e sedimenti hanno ricoperto la superficie, ringiovanendola”. Secondo Picardi, “questi risultati sono veramente interessanti e senza precedenti. Con la particolareggiata analisi dei dati degli strumenti, potremo anche ottenere indicazioni di grande valore sulla composizione dei materiali”.
Accanto al valore scientifico, la scoperta conferma la lungimiranza della scelta italiana di progettare uno strumento come il radar Marsis e il suo “collega” Sharad, che sta osservando il sottosuolo di Marte a bordo della sonda americana Mars Reconnaissance Orbiter (Mro): “questi nuovi dati non fanno che rinforzare la scelta fatta sul Marsis”, ha osservato Simona Di Pippo.
Anche se il radar Marsis è stato progettato per andare in cerca di acqua nel sottosuolo di Marte, “come tutti gli strumenti che per la prima volta orbitano attorno a un pianeta, è tipico che finiscano per trovare anche altre cose”, ha proseguito l'esperta dell'Asi. “Abbiamo fortemente voluto la realizzazione di questo strumento, e della sua evoluzione Sharad a bordo della missione della Nasa Mro, in quanto eravamo profondamente convinti delle sue potenzialità. Marsis - ha concluso Di Pippo - ci sta dimostrando che avevamo ragione, confermando il livello di eccellenza della ricerca e dell'industria italiana in questo campo, e confermando la correttezza e la validità delle scelte strategiche dell'Asi in questo ambito. E siamo solo all'inizio”.
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31/12/2006 21:56

Il radar Italiano Marsis riscrive la storia di Marte
A trent'anni dalle missioni americane Viking, le prime a “vedere” la superficie di Marte, è uno strumento italiano a riscrivere la storia geologica del pianeta rosso. E' stato infatti il radar Marsis a scoprire, sotto la superficie levigata dell'emisfero Nord del pianeta, una grande quantità di crateri. I nuovi dati, pubblicati sulla rivista Nature, dimostrano che la zona settentrionale del pianeta non è affatto giovane come i dati delle missioni Viking avevano lasciato ipotizzare, ma ha un'età paragonabile a quella dell'emisfero Sud.
Si è risolto così uno dei misteri più fitti di Marte, quello della grande diversità tra le caratteristiche geologiche dei due emisferi del pianeta. Un rompicapo che i ricercatori stanno tentando di risolvere dal 1976, da quando cioè hanno potuto osservare le immagini della prima missione Viking.
Attivo da oltre un anno sulla sonda dell'Agenzia Spaziale Europea, Mars Express, il radar Marsis (Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding instrument) è stato realizzato per l'Agenzia Spaziale Italiana (Asi) dall'Alenia Spazio (gruppo Finmeccanica) sotto la guida scientifica di Giovanni Picardi, dell'università di Roma La Sapienza, e del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa.
Marsis è stato progettato per esplorare il sottosuolo fino ad una profondità di circa cinque metri. Le sue immagini radar hanno finora passato in rassegna il 14% dell'emisfero Nord di Marte, scoprendo 11 crateri da impatto dal diametro compreso fra 130 e 470 chilometri presenti sotto gran parte delle pianure settentrionali.
“Sono informazioni tali da farci avere una nuova visione della storia geologica del pianeta”, ha osservato la responsabile dell'Asi per l'Osservazione dell'Universo, Simona Di Pippo. “Il conteggio dei crateri nascosti nell'emisfero Nord di Marte - ha aggiunto il responsabile dell'Asi per l'Esplorazione del Sistema Solare, Enrico Flamini - ci sta dicendo ora che l'età dei due emisferi è la stessa e che solo successivamente lava e sedimenti hanno ricoperto la superficie, ringiovanendola”. Secondo Picardi, “questi risultati sono veramente interessanti e senza precedenti. Con la particolareggiata analisi dei dati degli strumenti, potremo anche ottenere indicazioni di grande valore sulla composizione dei materiali”.
Accanto al valore scientifico, la scoperta conferma la lungimiranza della scelta italiana di progettare uno strumento come il radar Marsis e il suo “collega” Sharad, che sta osservando il sottosuolo di Marte a bordo della sonda americana Mars Reconnaissance Orbiter (Mro): “questi nuovi dati non fanno che rinforzare la scelta fatta sul Marsis”, ha osservato Simona Di Pippo.
Anche se il radar Marsis è stato progettato per andare in cerca di acqua nel sottosuolo di Marte, “come tutti gli strumenti che per la prima volta orbitano attorno a un pianeta, è tipico che finiscano per trovare anche altre cose”, ha proseguito l'esperta dell'Asi. “Abbiamo fortemente voluto la realizzazione di questo strumento, e della sua evoluzione Sharad a bordo della missione della Nasa Mro, in quanto eravamo profondamente convinti delle sue potenzialità. Marsis - ha concluso Di Pippo - ci sta dimostrando che avevamo ragione, confermando il livello di eccellenza della ricerca e dell'industria italiana in questo campo, e confermando la correttezza e la validità delle scelte strategiche dell'Asi in questo ambito. E siamo solo all'inizio”.
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12/01/2007 13:25

Innanzitutto complimenti per il thread molto interessante! Volevo puntualizzare 3 cose:
1) L'Astronomia è una scienza, quindi accostarla a topic del tipo "intrighi al vaticano" mi sembra un po' cafone! [SM=x44461]
2) La quarta dimensione esiste eccome, è il tempo, come ha teorizzato Einstein nel 1905 (ps nelle moderne teorie di superstringa si arriva ad ipotizzare l'esistenza di decine di dimensioni impercettibili, e qualcuno ipotizza che qualche effetto di gravità quantistica possa essere osservato anche al nuovo collisore del CERN, LHC)
3) La forza gravitazionale è inversamente proporzionale al quadrato della distanza, il potenziale solo alla distanza

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14/01/2007 21:15

Re:

Scritto da: lostin 12/01/2007 13.25
Innanzitutto complimenti per il thread molto interessante! Volevo puntualizzare 3 cose:
1) L'Astronomia è una scienza, quindi accostarla a topic del tipo "intrighi al vaticano" mi sembra un po' cafone! [SM=x44461]



Be' che ti pretendi da una masnada di ipercafoni [SM=x44452] [SM=x44461]


2) La quarta dimensione esiste eccome, è il tempo, come ha teorizzato Einstein nel 1905 (ps nelle moderne teorie di superstringa si arriva ad ipotizzare l'esistenza di decine di dimensioni impercettibili, e qualcuno ipotizza che qualche effetto di gravità quantistica possa essere osservato anche al nuovo collisore del CERN, LHC)



[SM=x44458] Non per niente sta per partire un nuovo esperimento per l'identificazione dei gravitoni in cui si prevede la "formazione" di un piccolo buco nero, cosa che proverebbe la validità della teoria delle stringhe


3) La forza gravitazionale è inversamente proporzionale al quadrato della distanza, il potenziale solo alla distanza



[SM=x44458] [SM=x44459]

[Modificato da orckrist 14/01/2007 21.16]

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19/03/2007 18:58

Marsis trova l'acqua...tanta acqua...nel sottosuolo marziano
La quantità di acqua allo stato ghiacciato della calotta polare dell'emisfero australe di Marte equivale ad uno strato di acqua alla stato liquido profondo 11 metri che coprirebbe l'intero pianeta.
Questa nuova stima deriva dalla mappatura dello spessore del ghiaccio polveroso eseguita dal radar di Mars Express, che ha effettuato più di 300 sezioni virtuali attraverso i depositi stratificati che coprono la calotta. Il radar riesce a vedere attraverso gli strati ghiacciati fino al limite inferiore, che in alcune aree giunge fino a 3,7 kilometri di profondità sotto la superficie.

"I sedimenti stratificati dell'emisfero meridionale di Marte coprono un'area grande quanto una grossa porzione dell'Europa. La quantità di acqua contenuta era già stata stimata, ma mai con il livello di sicurezza reso possibile da questo radar", ha dichiarato il Dr. Jeffrey Plaut del Jet Propulsion Laboratory della NASA di Pasadena, in California, corresponsabile scientifico del radar e primo firmatario della ricerca.
Lo strumento MARSIS (Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionospheric Sounding) sta eseguendo anche la mappatura dello spessore di sedimenti stratificati del tutto simili che si trovano al polo nord di Marte.

"Il nostro radar sta facendo un ottimo lavoro", ha dichiarato il Prof. Giovanni Picardi dell'Università La Sapienza di Roma, responsabile scientifico principale dello strumento. "MARSIS si sta dimostrando uno strumento molto potente per esplorare sotto la superficie marziana e dimostra che gli obiettivi del nostro team, tra cui l'esplorazione dei depositi stratificati polari, stanno per essere raggiunti con successo". "Oltre al fatto che MARSIS invia immagini della subsuperficie marziana mai viste prima a quelle profondità , riusciamo a vedere dettagli davvero stupefacenti. Ci aspettiamo risultati perfino maggiori non appena avremo concluso l'attuale e sofisticata messa a punto dei metodi di elaborazione dei dati. Riteniamo che in questo modo saremo in grado di comprendere molto meglio la composizione della superficie e della subsuperficie".
I depositi stratificati polari trattengono la maggior parte dell'acqua nota che oggi si trova sul pianeta, ma sembrerebbe che nel passato altre aree del pianeta siano state coperte in abbondanza dall'acqua. La comprensione della storia e del destino dell'acqua su Marte rappresenta la chiave di studio per capire la presenza di vita sul pianeta, perchè ogni forma di vita nota dipende dall'acqua allo stato liquido.Nell'edizione on line di questa settimana della rivista Science, Plaut e Picardi, insieme ad altri 22 ricercatori, riportano le analisi delle osservazioni polari meridionali eseguite dal radar di Mars Express.

I depositi stratificati si estendono oltre e sotto la calotta polare, formata da anidride carbonica ghiacciata di colore bianco brillante e acqua, al polo sud di Marte. La polvere annerisce parecchi degli strati, tuttavia la forza dell'eco che il radar riceve dalla superficie rocciosa al di sotto dei sedimenti stratificati suggerisce che la loro composizione sia almeno per il 90 percento di acqua ghiacciata. Un'area in cui il riflesso proveniente dalla base dei depositi è particolarmente brillante lascia decisamente perplessi i ricercatori. Questa area si vede nello stesso modo in cui apparirebbe al radar un sottile strato di acqua allo stato liquido, ma la temperatura è talmente bassa che la presenza di acqua disciolta appare altamente improbabile.
Il rilevamento della forma della superficie sottostante ai depositi di ghiaccio fornisce informazioni sulle strutture ancora più profonde di Marte. "In realtà non sapevamo dove fosse il fondo del deposito di ghiaccio" ha dichiarato Plaut. "Ora possiamo vedere che la crosta non si è abbassata per il peso del ghiaccio, come potrebbe avvenire sulla Terra. La crosta e il manto superiore di Marte sono più rigidi rispetto alla Terra, probabilmente perchè l'interno di Marte è molto più freddo".

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25/04/2007 16:13

Scoperto pianeta gemello della terra
A seguito del mio precedente thread datato 31 dicembre 2006 come credo la maggior parte di voi che ha interesse per le scienze astronomiche ha già avuto occasione di leggere o sentire in tv riporto la fondamentale scoperta realizzata nell'ambito della ricerca della vita extraterrestre al di fuori del sistema solare

Scoperto un pianeta simile alla Terra È il più piccolo mai scoperto al di fuori del sistema solare. È roccioso e si potrebbe anche trovare acqua allo stato liquido

ROMA - Un pianeta al di fuori del sistema solare con caratteristiche simili a quella della Terra è stato scoperto grazie a un telescopio piazzato a La Silla nelle Ande cilene dagli astronomi dell'Eso (European Southern Observatory). Si trova però a 20,4 anni luce, cioè a 193 mila miliardi di chilometri da noi, ed è individuabile nella costellazione della Bilancia. Si tratta in ogni caso del pianeta più simile alla Terra tra i 229 individuati all'esterno del nostro sistema solare.

FORSE C'È ACQUA - Secondo il gruppo di ricerca dell'Osservatorio di Ginevra e di Lisbona e dell'Università di Grenoble e dell'Istituto di astrofisica di Parigi che l'ha rintracciato, si tratta di pianeta roccioso, sul quale si potrebbe anche rinvenire acqua allo stato liquido. Il nuovo pianeta ha un raggio di circa il 50% più grande di quello della Terra (quindi più o meno 10 mila km) ed è il più piccolo mai scoperto al di fuori del sistema solare. La massa è di cinque volte superiore a quella terrestre. La distanza dalla sua stella, Gliese 581, è invece 14 volte inferiore alla distanza Terra-Sole, e la durata di un'orbita è di quasi 13 giorni.

GLIESE 581 - La ricerca, descritta sulla rivista Astronomy and Astrophysics, fornisce prove anche di un terzo pianeta con una massa otto volte quella della Terra, che orbita sempre intorno a Gliese 581, già nota per ospitare un pianeta simile a Nettuno individuato dallo stesso gruppo di ricerca. Gliese 581, hanno osservato i ricercatori, è fra le cento stelle più vicine a noi. Grazie alla sua vicinanza, ha detto Xavier Delfosse, dell'università francese di Grenoble, il nuovo pianeta sarà un «obiettivo molto importante per le future missioni dedicate alla ricerca per la vita extraterrestre».

TEMPERATURA - Gliese 581 appartiene alla categoria delle nane rosse: ha una massa pari a un terzo di quella del Sole, una luminosità 50 volte inferiore ed è molto meno calda: queste caratteristiche fanno sì che il pianeta si trovi nella cosiddetta «zona abitabile», quella cioè in cui la temperatura permette la presenza di acqua allo stato liquido. «Secondo le nostre stime la temperatura media di questo pianeta è fra 0 e 40 gradi centigradi, e quindi l'acqua si troverebbe allo stato liquido. In base ai nostri modelli dovrebbe essere o un pianeta roccioso come la Terra, oppure interamente ricoperto da oceani», ha detto Stephane Udry, dell'Osservatorio di Ginevra, che ha guidato la ricerca.

Che sia il primo passo verso la nuova vita? che ne pensate? Aspetto con ansia vostri commenti
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10/06/2007 18:56

Gli strani buchi su Marte



Tra le immagini rese pubbliche lo scorso 23 maggio dai responsabili dello strumento HiRISE posto a bordo della sonda Mars Reconnaissance Orbiter, ce n'è una che sta suscitando notevole curiosità anche tra i non addetti ai lavori.
L'immagine inquadra parte della fiancata dell'imponente struttura vulcanica Arsia Mons e nel bel mezzo di quel pianoro di origine lavica, assieme a piccoli crateri di impatto, fa bella mostra di sè una macchia nera come il carbone. E' talmente scura che a prima vista viene il sospetto di trovarsi di fronte a un fotomontaggio mal riuscito. Guardando i dettagli - ricordiamo a questo proposito che le immagini di HiRISE consentono una risoluzione di 25 centimetri per pixel - non si fatica però a convincersi che non si tratta affatto di uno scherzo.
La forma di questa strana struttura è pressoché circolare e il diametro è di poco superiore al centinaio di metri. Analizzando il gioco di luce dei suoi bordi possiamo dedurre che ci troviamo di fronte a un profondo baratro, una sorta di pozzo di cui non si riesce a scorgere nè il fondo nè tantomeno le pareti. Anche provando a manipolare le immagini non si riesce a cavare nulla da quel nero così stranamente intenso, se non il veder apparire alcune disomogeneità, ma nulla più. Tutto lascia intendere che quello strano buco sia una sorta di piccolo oblò che si apre su una vastissima camera sotterranea. Quanto vasta? Purtroppo è impossibile dirlo.
A rendere ancora più misteriosa la struttura, poi, si vede chiaramente in direzione nord una sorta di sbavatura più chiara, forse una traccia di materiali accumulati dal vento marziano oppure vestigia di una passata eruzione. Non dimentichiamo, infatti, che ci troviamo in prossimità della struttura vulcanica più grande - escludendo ovviamente Olympus Mons - presente sulla superficie del Pianeta rosso e proprio l'origine vulcanica è tra le più gettonate per provare a spiegare quello strano buco. Potremmo allora essere in presenza di una antica bocca eruttiva, oppure - ipotesi più attendibile - di una camera magmatica in cui è crollata una piccola parte di soffitto. Quest'ultima ipotesi potrebbe spiegare la sbavatura biancastra, dato che i materiali sollevatisi nell'evento - oppure messi allo scoperto nei bordi dell'apertura - sarebbero stati distribuiti sul terreno in direzione del vento predominante.
Il bello è che questo misterioso buco non è affatto l'unico individuato su Marte. In precedenti immagini acquisite dallo strumento THEMIS a bordo della sonda Mars Odyssey, infatti, alcuni planetologi avevano individuato altre sei strutture analoghe e ne avevano dato l'annuncio lo scorso marzo alla Lunar and Planetary Science Conference. In via informale avevano anche attribuito loro i nomi di Dena, Chloe, Wendy, Annie, Abbey, Nikki e Jeanne (quella di cui stiamo parlando). Tutte le strutture si trovano in prossimità di Arsia Mons e sono dunque sicuramente collegate alla passata attività vulcanica di questa immensa caldera marziana. Per il momento è impossibile saperne di più e dovremo attendere quando i primi speleologi andranno su Marte e si caleranno in quelle voragini.

di Claudio Elidoro - Fonte: Coelum Astronomia

Links - Collegamenti:
http://antwrp.gsfc.nasa.gov/apod/ap070528.html
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