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Che Bancha del Nagel!

Ultimo Aggiornamento: 07/02/2009 01:23
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07/02/2009 01:23

MedioBanca di Geronzi
– LA RESISTIBILE ASCESA DEll’AD DI MEDIOBANCA E LA DISCESA IN CAMPO DI GERONZI:
CON Il ritorno al sistema DI GOVERNANCE tradizionale il margine di libertà si è ridotto
– ORA TUTTO DIPENDE DAI RISULTATI DI “CHE BANCA!”…


Gianni Gambarotta per "Il Foglio"


Alberto Nagel

L'ipotesi di una fusione fra Mediobanca e UniCredit
sarà anche pura fantafinanza, come hanno dichiarato ufficialmente gli interessati nelle loro secche smentite, però ha riportato l'attenzione di tutti sulle grandi manovre di riassetto ai vertici del potere finanziario sicuramente oggi in atto, accelerate dalla crisi internazionale che ha reso instabili molte situazioni ritenute fino a ieri tranquillissime, quasi calcificate.

Si tratta per ora di un lavorio carsico i cui protagonisti sono i soliti: gli intramontabili Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli, presidenti di Mediobanca e Intesa Sanpaolo; Paolo Biasi, numero uno della Fondazione Cariverona (azionista di Mediobanca e UniCredit); Corrado Passera e Alessandro Profumo, amministratori delegati rispettivamente di Intesa e UniCredit.

Ovviamente in partita non ci sono soltanto loro. Altri partecipano e anche se si tengono un po' in disparte svolgono comunque ruoli importanti. Fra questi c'è di sicuro Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca. Un manager che ha iniziato a lavorare con Enrico Cuccia, ha fatto carriera con Vincenzo Maranghi e ora sopravvive con Cesare Geronzi, sia pure dopo qualche scintilla: da loro ha imparato che cos'è il potere e come funziona.

Inoltre, particolare prosaico ma non marginale, ha saputo rendere redditizia la lezione: fra stipendio e stock options, il suo emolumento è fra i più alti del sistema bancario italiano; stratosferico per i livelli di Mediobanca dove non si erano mai viste cifre simili in oltre 60 anni di storia.

Milanese, 44 anni a giugno, è nato in una famiglia della buona borghesia, padre avvocato: e questo è bene per un giovane che punta alla finanza. Ha fatto gli studi, brillantemente, alla Bocconi: e questo è molto bene. Si è laureato nel 1990 in economia aziendale con Piergaetano Marchetti: e questo è benissimo perché il professore (oggi presidente della RcsMediagroup) è stato anche presidente del patto di sindacato di Mediobanca e già allora era il notaio di molti del cosiddetto salotto buono.

Così per il giovane Nagel si sono subito spalancate le porte di Piazzetta Cuccia, allora via Filodrammatici guidata da Cuccia, dove è entrato nell'aprile del 1991 come funzionario. Rapida la carriera perché si è fatto stimare e prendere in benvolere dall'amministratore delegato Maranghi, successore di Cuccia, del quale è diventato quasi un figlioccio: nel 1998 è stato nominato direttore centrale, nell'aprile 2002 vicedirettore generale.

L'anno successivo, ancora in aprile (evidentemente il suo mese), c'è stata la combattuta uscita di scena di Maranghi e Nagel è stato preferito al collega-rivale Renato Pagliaro per raccoglierne l'eredità di capo azienda con la qualifica di direttore generale (Pagliaro ha dovuto accontentarsi del ruolo di condirettore). Il cammino è continuato a fianco del presidente, Gabriele Galateri, che lasciava ampia autonomia al management.


Cesare Geronzi


"Nagel ha una grandissima competenza tecnica ed eccellenti capacità di gestione - dice un professore della Bocconi che lo conosce da moltissimi anni - Ha saputo svecchiare Mediobanca, rendendola più efficace nel business". Una vita professionale intensa e lineare, ben tracciata. Così come quella privata: sposato con Roberta Furcolo, ex dirigente di Intesa Sanpaolo, ha un figlio e una figlia.

Non si dedica a una fitta attività mondana, anche se coltiva alcune frequentazioni con la buona società alla quale appartiene e con la quale interagisce quotidianamente per lavoro. Tifoso dell'Inter, ama le auto storiche, senza però collezionarle. Ha una vera passione per lo sci, nel quale eccelle e che pratica a Courmayeur dove ha casa. "E' uno sciatore abilissimo da fuori pista - dice un suo collega compagno di discese - non c'è guida a Courmayeur che non lo conosca".

Altro sport che gli piace: le immersioni, ma senza bombole. E queste due consuetudini fisiche con le curve a raggio corto su piste non battute e le esperienze di sub in apnea, gli sono sicuramente servite anche sul lavoro. Perché a volte ha dovuto affrontare rapidi cambi di traiettoria e ha anche dovuto trattenere il fiato. Una volta soprattutto, recentemente.

Tutto è incominciato nel 2007 quando Capitalia e UniCredit si sono fuse. Operazione che ha portato la nuova realtà nata dal matrimonio a diventare prima azionista di Mediobanca e ha proiettato Geronzi, rimasto privo della poltrona di numero uno di Capitalia, su quella ben più importante e centrale di presidente del consiglio di sorveglianza di piazzetta Cuccia.

Proprio allora Mediobanca passava, con la regia tecnico-giuridica del professor Marchetti, dalla formula di governance monistica (un solo consiglio di amministrazione) a quella duale: un consiglio di sorveglianza, appunto, espressione degli azionisti, e un consiglio di gestione dove prevalevano i manager.

Di questo secondo, nell'estate di quell'anno, Nagel è stato nominato amministratore delegato (quindi capo azienda, con tutti i poteri); Pagliaro ha avuto il ruolo prestigioso, ma più che altro simbolico, di presidente. Il duo Geronzi- Nagel ha così guidato per un anno con soddisfazione apparente di tutti la storica banca d'affari milanese. Poi c'è stato il repentino cambiamento di rotta.


Geronzi, nel suo imperscrutabile pensiero, ha ritenuto fosse più conveniente (per la banca?, per gli azionisti?, per sé?) ritornare a quel sistema di governance monistico lasciato appena un anno prima.
E lo ha fatto senza indossare guanti di velluto. In un'intervista al direttore del Sole 24 Ore, Ferruccio De Bortoli, pubblicata il 2 agosto dell'anno scorso, ha detto papale papale:
"Il sistema duale può funzionare in realtà come la banca Intesa Sanpaolo dove ci sono persone per bene".

Come dire:
non si adatta a Mediobanca perché lì c'è gente di cui è meglio non fidarsi.

Ha richiamato Marchetti e lo ha incaricato di mettere a punto una bozza di riforma che fosse esattamente l'opposto di quell'altra, sempre sua. Nessun problema. Il professore si è messo al lavoro e in breve il suo progetto del 2007 ha compiuto il viaggio di ritorno.

La cosa non ha fatto piacere al management e in particolare a Nagel. Sia per ragioni di forma, giudicata un po' ruvida, sia soprattutto per questioni di sostanza. Con il duale gli operativi godevano di grande autonomia gestionale; con il ritorno al sistema tradizionale era chiaro che il margine di libertà si sarebbe ridotto.

La questione ha diviso anche gli azionisti. Profumo di UniCredit, nella sua qualità di socio di maggioranza relativa di piazzetta Cuccia, si è messo di traverso e ha appoggiato Nagel che ha risposto al piano Marchetti con un suo controprogetto. Alla fine di agosto, fra reciproche correzioni di bozze e vari incontri, si è trovata una quadra: Geronzi l'ha spuntata sul ripristino del sistema di governance tradizionale; ai manager, in cambio, sono stati concessi più posti del previsto in consiglio di amministrazione e nel comitato esecutivo.

La soluzione è stata benedetta e adottata dall'assemblea dei soci del 28 ottobre scorso. Tutto bene? Un pareggio? Le fonti ufficiali dicono di sì. Gli amici di Nagel dicono di no, e aggiungono che non è contento. Il margine di autonomia di cui godeva prima si è ridotto in maniera sostanziale e si sente un po' stretto.

Un esempio pratico? Ecco: in passato Salvatore Ligresti, uno dei soci di peso di Mediobanca, parlava con lui, adesso chiama direttamente Geronzi al quale è legato da anni.
Per qualsiasi questione importante Geronzi scende personalmente in campo: è presidente della banca, è presidente del patto di sindacato degli azionisti, è ovunque.

Ora Nagel è atteso a un appuntamento importante:
tra pochi mesi (aprile forse?) si conosceranno i primi dati dell'andamento di CheBanca!

la nuova iniziativa retail che lui ha tenacemente voluto. Una mossa in linea con quanto è già stato fatto all'estero, ma anche una sfida per piazzetta Cuccia che ha esperienza soltanto di banca d'affari.

Se i risultati saranno buoni, allora Nagel potrà dimostrare che l'autonomia di cui ha goduto è un vantaggio per la banca. Se non saranno buoni, allora ci vorrà davvero una bella apnea.




[06-02-2009]
www.dagospia.com/rubrica-4/business/articolo-3389.htm

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Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.
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