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Orphaned Land

Ultimo Aggiornamento: 04/05/2010 21:10
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BROCCOLO D'ORO 2008
10/02/2010 20:10

dopo 6 anni di silenzio torna la migliore metal band del Medio Oriente




Dopo l'ottimo Mabool (2004), all'inizio del 2010 è uscita la quarta fatica della band israeliana. "The never ending way of ORwarriOR" è un cd di progressive metal con spiccate note medio-orientali, leggermente più melodico rispetto agli album precedenti anche se le sfuriate death non mancano.
Piacevolmente sorpreso di aver trovato in pianta stabile la cantante folk israeliana Shlomit Levi, con la quale avevano già collaborato nell'album Mabool


Ecco il video del nuovo singolo: Sapari [SM=x44508]


Sapari

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And love was there in vain, PROFOUND and deep but traced with pain - too early for a child of TEN
Loving the pure and sane he sought the goddess unstained - watching them turn to flesh again
HUNGRY for both the PURITY and SIN
Life seemed to him merely like a GALLERY of how to be
And he was always much more HUMAN than he wished to be
But there is a LOGIC to his world, if they could only see
(Pain of Salvation - Beyond the pale)
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10/02/2010 23:50

Mi hai preceduto Elven ; )
Stavo giusto per aprire io il tread di questa grande band!!!

Notevole il nuovo album anche se un gradino sotto al precedente, e le mie fonti li danno come confermati al Gods 2010!!!!

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Per me si va nella città dolente, per me si va nell'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Giustizia mosse il mio alto fattore... fecemi la divina potestate la somma sapienza e il primo amore... dinanzi a me non fuor cose create se non etterne... e io etterno duro... lasciate ogni speranza voi ch'entrate. (Dante Alighieri)

Gesù è venuto per salvarci dal peccato, ma continuo a vedere peccatori.
Thor ci protegge dai demoni e dai giganti di ghiaccio, ed in effetti non ne vedo in giro.
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BROCCOLO D'ORO 2008
11/02/2010 09:18

Re:
trollhammaren, 10/02/2010 23.50:

Mi hai preceduto Elven ; )
Stavo giusto per aprire io il tread di questa grande band!!!

Notevole il nuovo album anche se un gradino sotto al precedente, e le mie fonti li danno come confermati al Gods 2010!!!!




[SM=x44462]

Forse si sono "addolciti" un po' rispetto al lavoro precedente: mio fratello ad esempio è rimasto deluso da questo album. A me invece piace parecchio nonostante il paragone con Mabool non possa reggere.
Bellissime ancora una volta le melodie mediorientali, ci sono stacchi musicali che hanno veramente un gran fascino


...e non dimentichiamo che è un'opera mastodontica!
Di seguito riporto un estratto di recensione tratto da metallized.it nel quale spiega bene la complessità di questo lavoro:


Ma torniamo all’album; come anticipavo qualche riga fa, gli Orphaned Land ricadono nuovamente nel concetto di “concept” (scusate la sgradevole assonanza): incentrato sulla contrapposizione tra “bene trascendente” e “male profano”, The Never Ending Way Of ORwarriOR divide la sua visione metaforica in tre differenti parti che si distinguono anche per forma compositiva.
Part I: Godfrey's Cordial – An ORphan's Life: contiene i 6 brani più progressivi e narra la genesi del Guerriero della Luce (null’altro che l’uomo alla ricerca della fede); la nascita fisica e spirituale vengono cantate -in lingua madre- all’interno dell’overture Sapari, brano in cui a farla da padrone è il dialogo tra l’umano (Kobi), che pone domande sull’esistenza della propria anima, ed il soprannaturale (Shlomit), che ne raccomanda l’assidua ricerca; il batti e ribatti è sottolineato anche dall’atteggiamento strumentale, ora ricercato, ora vigoroso. La traccia non contiene growling ed è estremamente folkish.
In From Broken Vessels l’Uomo (futuro Guerriero) viene a contatto con la miseria del mondo terreno; la carestia di valori ed il disagio di colui che cerca la salvezza sono perfettamente disegnate dallo struggente cantato di Kobi, mai come ora sofferente e realista. Brano denso e commovente che parte spedito e si arzigogola nel finale ultratecnico in cui, tra tempi e controtempi, si perde un po’ della carica accumulata nei primi minuti lasciando scorrere lo splendido leitmotiv. Il titolo, portavoce dello stile nativo degli Orphaned Land, è uno dei migliori dell’album.
La dolce ed acustica Bereft In The Abyss (prima delle 4 tracce di “connessione” di cui vi parlavo) precede il lungo viaggio interiore del guerriero. Il Padre parla al Figlio incitandolo a seguirlo, a non perdersi nello sconforto di un mondo materiale e pertanto caduco; leggera, soffice e rassicurante, rimane subito nel ricordo.
Seguono le due The Path, che si producono per oltre 15 minuti in un ottimo metal progressivo, via via intensificato sia in termini “X”, sia in fatto di impetuosità e caratterizzazione geografica. L’Uomo intraprende il cammino della conoscenza, della fede che si conclude con il pellegrinaggio nella terra della verità, quella Gerusalemme che i nostri chiamano Or Shalem. Entrambe bellissime crescono di valore con l’ascolto: Treading Through Darkness è più corale e folkloristica, anche grazie al maggiore sviluppo cronometrico del cantato (comprensivo di tutte le tecniche utilizzate da Kobi) ed all’uso massivo della tastiera che sostiene le linee chitarristiche impegnati in ornamenti naturali e meno intricati rispetto -ad esempio- alla gemella; la tecnica sopraffina è comunque ben riscontrabile e ne è prova incontrovertibile il drumming, semplicemente eccezionale. The Pilgrimage To Or Shalem è, al contrario, l’esempio più limpido di cosa siano capaci gli Orphaned Land della terza decade (hanno iniziato nientemeno che nel lontano 1991): prog-death di straordinario valore. Dopo l’introduzione cantata di Shlomit Levi, ricomparsa dopo oltre 17 minuti di silenzio, sale eminente il growling di Kobi che lascerebbe intendere una nuova traccia sullo stile From Broken Vessels, cosa che effettivamente accade per i primi attimi, conclusi dal profondo parlato del Padre:

And so you live your life, you rise and fall
You weep, you slip, and you dive into the deep
But will you become the compass who navigates this ship?

Da qui in poi, per oltre 3 minuti, gli intrecci di Yossi Sa'aron e Matti Svatizky (ripresi in forma più leggera anche in Vayehi Or) a metaforizzare l’obiettivo che si materializza con crescente convinzione nella mente del guerriero; di assoluto valore il lavoro di Steven Wilson che con le keyboards sostiene la coppia di axemen impegnata nei complicati dialoghi solisti. Compreso l’obiettivo del suo procedere -la sua missione- egli lo grida, quale atto di liberazione, nella parte finale in cui si re-intensificano e velocizzano i riff e l’impianto vocale. Traccia di una bellezza indescrivibile che necessita tuttavia di moltissimi ascolti per essere pienamente apprezzata.
Con Olat Ha'tamid, si conclude la Part I così come era cominciata, ovvero con una fortissima componente tradizionale ed il cantato (ora solo maschile) in madrelingua. Sul riffing delle 6 corde distorte si adagiano gli strumenti popolari e le percussioni acustiche che realizzano un ensemble vivace e di palese gusto mediorientale. L’Uomo giunge finalmente nella Città Santa, luogo della liberazione definitiva: egli sta per divenire Guerriero della Luce ed è il momento di festeggiare, prima intraprendere l’imminente battaglia contro l’oscurità.

Part II: Lips Acquire Stains – The WarriOR Awakens: parte centrale epica e fastosa. Nei 6 brani contenuti il growling è limitato alla sola Disciples Of The Sacred Oath II ed anche l’atteggiamento progressive è meno esasperato, altresì avvicendato da apporti orchestrali pieni e raffinati che fungono tanto da arrangiamenti quanto da veri e propri dispositivi melodici.
The Warrior apre il nuovo capitolo ricordandomi il modus operandi dei Virgin Black di Requiem – Mezzo Forte, miglior esperimento di integrazione orchestrale nel panorama metal. Il brano è semplice, orecchiabile ed estremamente canterino, nonostante gli sviluppi orizzontali seguano imperterriti le regole della musica locale. Il Guerriero è ormai tale, pronto a dispensare luce e verità.
His Leaf Shall Not Wither è la trasposizione cantata di un salmo biblico in onore dell’uomo che abbraccia la strada di Dio. La strumentistica è impostata sulla chitarra classica, sostenuta a livello armonico dalle orchestrazioni e dal sinth.
Altro brivido lungo la schiena con Disciples Of The Sacred Oath II che a fronte di un avvio carico a livello chitarristico procede con una varietà impressionante di melodie e cori. Eloquente lo stacco arabeggiante in cui Kobi, dopo aver stornellato a riguardo di Abraham e Ishmael, si produce in un’iperbole di Allah utilizzando l’idioma arabo: una celebrazione quasi apologica che aumenta di significato considerando la trama sociale in cui si muovono gli Orphaned Land, che con The Never Ending Way Of ORwarriOR veicolano ancora una volta (lo avevano già fatto nei dischi precedenti) l’utopia di un solo, grande universo religioso che possa guidare l’umanità fuori dalla propria apatia. Il concetto è altresì evidente nell’immagine d’accompagno al promozionale in cui i membri della formazione compaiono adornati con le vesti delle tre grandi religioni monoteiste. Quello degli Orphaned Land è dunque un messaggio di speranza che si dipana da una musica che oggigiorno ha pochi pari e che trasuda intelligenza in ogni singola componente, strumentale o contenutistica che sia. Il brano prosegue con uno dei momenti più emozionanti del disco tra incroci di sciabola, urla di guerra e cavalcate maideniane, prima di riposizionare riffoni monolitici e distorsioni death-style sulla ritmica veloce e lineare di Diamond. Altra perla che rimarrà nella storia della band.
E se in Disciples Of The Sacred Oath II la metafora è ancora di criptica interpretazione, con New Jerusalem, titolo viscerale ai limiti del folk/epic rock, ogni dubbio sul significato della materia lirica scompare: la Terra Santa è teatro di sangue in cui l’uomo subisce le divisioni ideologiche e solo con la redenzione e la presa di coscienza nel Dio unico il Guerriero (l’uomo comune) riuscirà a ricostruire una società priva di barriere e di violenza.

Behold memories of wars
Are rising as we're building the New Jerusalem
Men and children toil in the blazing sun
Mortar and brick, no walls between father and son

Vayehi Or nonostante il timing risicato è un buon pezzo di transito. Non ha né il tiro degli episodi carichi né lo sviluppo intrigante di quelli leggeri, ma possiede elementi chitarristici di valore ed un buon chorus: assolutamente non trascurabile.
M I ? conclude la Parte II richiamando, in modo molto light, alcuni temi di queste 12 tracce. La costruzione, sfumata in chiusura, è quella di una vera e propria outro che invece nasconde un altro, intrigante capitolo.

Part III: Barakah – Enlightening the Cimmerian: ultima porzione di questo incredibile The Never Ending Way Of ORwarriOR, incentrata sulla battaglia del Guerriero. Le 3 tracce di chiusura sono piuttosto variegate tra loro: Barakah, che si apre con spari e tonate di bombe dell’era moderna, alterna vision thrasheggianti a momenti di alternative-metal piuttosto spinto guidate da arpeggi e interventi dei sinth, mentre Codeword: Uprising sceglie di pestare durissimo con palm-muting e riffing death-style: il brano, che riprende scaglie di Sapari, sembra un po’ decontestualizzato e mi risulta ancora un po’ indigesto.
Infine In Thy Never Ending Way (Epilogue), stupendo tracciante melodic-rock che parte sviluppando un dialogo chitarristico (acustico/elettrico) tra Yossi e Matti terminato da un assolo pianistico strappalacrime in cui Kobi pronuncia la formula finale di questo chimerico concept.

Go in peace, and find thy faith
Evolve thy self, and lose all hate
So a heaven you may create



fonte: www.metallized.it/recensione.php?id=3504

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Metallico fedelissimo
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04/05/2010 21:10

Io sarò a parigi nella settimana in cui suoneranno loro e il locale dove suonano è a circa un km dal mio albergo.Spero che rimangano un paio di biglietti per me!! [SM=x44508]

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