- Immoral suasion - by Marco Travaglio

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meulen
00venerdì 2 dicembre 2005 16:35



L’impunità del presidente del Consiglio non vale più soltanto per i suoi reati, grazie ad apposite leggi. Vale anche per le sue esternazioni grazie a quella corte di terzisti, pompieri e paraculi indaffaratissimi a raccomandare toni bassi, moderazione, bon ton, prudenza alla sola Opposizione. A Bellachioma e alla sua fairy band, invece, si lascia dire di tutto. Eppure a nessun esponente del centro-sinistra, neanche ai “Disobbedienti”, è mai saltato in mente di usare frasi come “eliminare, se non fisicamente, almeno politicamente” il centro-destra. Al presidente del Consiglio in (s)carica, sì: l’ha detto due giorni fa. Qualche terzista l’ha per caso invitato a non demonizzare l’avversario politico? Giammai. Forse la reazione asimmetrica dei commentatori “indipendenti” deriva dal fatto che ormai si tende a considerare il premier uno squilibrato irrecuperabile, da assecondare ancora per qualche mese. Ma così facendo gli si regala un enorme vantaggio in campagna elettorale, dove le parole contano più della mancanza di fatti e del fallimento di questo Governo. Il “leader dei moderati” può mentire, minacciare, delirare, insultare indisturbato.

I suoi oppositori, anche se dicono solo un millesimo di quel che dice lui, sono tacciati di estremismo, radicalismo, massimalismo, ma soprattutto: “essi odiano”. Basta che un qualsiasi analista, esperto in questioni militari, accenni solamente ad un possibile ritiro dall’Iraq delle nostre Forze Armate per far subito strillare alla “deriva Zapaterista”. Basta che un qualsiasi temerario proponga una legge anti-trust per far gridare a “Piazzale Loreto”. Col risultato che nell’Unione serpeggia il terrore di incorrere in quelle accuse. E si fa di tutto per tranquillizzare non gli elettori ma gli avversari (Fedele Confalonieri è più assiduo dello stesso Parisi alle convention della Margherita). Intanto il leader del “partito dell’amore” si propone di eliminare gli avversari e nessuno trova nulla da ridire. Né gli si chiama un’ambulanza per ricoverarlo. Ora quest’incredibile franchigia ad personam si sta estendendo da Bellachioma a tutti i suoi cortigiani. L’altro giorno quel noto galantuomo di Paolo Cirino Pomicino (già condannato per il reato di finanziamento illecito e patteggiante per il reato di corruzione) ha scritto su Il Giornale (della famiglia del premier) un articolo contro Rita Borsellino. Per carità, nessuno pretende che l’ex-andreottiano Cirino Pomicino debba apprezzare quella donna, anzi, si capisce la sua diffidenza verso una signora che, oltre a portare un simile cognome (sic), non ha mai rubato, né frequentato mafiosi. Se poi, quella donna, si mette pure a parlare di legalità, è ovvio che il nostro si senta quantomeno minacciato. E’ stato lui stesso a dichiarare che, intascata una stecca da 5,5 miliardi dai Ferruzzi, ne girò una parte all’altro gentiluomo di nome Salvo Lima. Dall’alto di cotanto pedigree, Pomicino accusa Rita Borsellino di “usare i morti per accreditare una propria capacità politica, al di fuori da ogni canone democratico e forse anche morale(!!!)”. La parola “morale” in bocca ad un noto pregiudicato eletto al Parlamento Europeo nel Centro-sinistra(!?!) e poi tornato a Destra, assume un sapore tutto particolare. Da parte sua un’austera lezione di etica alla Borsellino, che “usa il cadavere di un servitore dello Stato i cui orientamenti politici erano opposti a quelli seguiti oggi dalla sorella. Una brutta, bruttissima pagina si sta scrivendo in Sicilia”.

E via delirando di “tsunami autoritario”, di “uso strumentale di un procedimento giudiziario per distruggere l’avversario politico (Cuffaro, ndr) prima che il popolo dica la sua”. Si potrebbe obiettare all’euro-pregiudicato che Rita Borsellino non solo non ha mai fatto alcun riferimento al fratello Paolo durante tutta la campagna elettorale ma che ha dimostrato di sapere applicare, in dieci anni di battaglie con l’associazione “Libera”, la politica, nel suo senso più nobile, alla realtà quotidiana. Si potrebbe informarlo del fatto che Totò Cuffaro è stato indagato per mafia almeno due anni e mezzo prima che Rita si candidasse alla presidenza della Regione Sicilia. Si potrebbe domandargli cosa direbbe oggi, secondo lui, il fratello Paolo Borsellino-uomo della destra legalitaria (come anche Ambrosoli) dell’attuale destra berlusconiana che annovera campioni quali Dell’Utri, Previti, Cuffaro e …lo stesso Pomicino! Ma sarebbe inutile perché gli argomenti del nostro Cirino-Cetto LaQualunque sono quantomeno irrazionali: nascono dalle sue viscere, dal terrore che prova la “vecchia politica” che ha spolpato l’Italia ed ingrassato le mafie dinanzi alla prospettiva che la legalità vada per la prima volta al governo della Regione così come già successo in Puglia.

Per Pomicino chi ha candidato Rita sarebbe reo di “complicità mafiosa” e “le notti della Borsellino non potranno che esser insonni per la gran mole di rimorsi che si affastelleranno nella sua coscienza”. Nel mondo alla rovescia che egli si è creato, di certo per non farsi troppo ribrezzo, Cirino Pomicino pensa che debba essere il galantuomo a provare rimorso per aver combattuto la mafia e per essere rimasto onesto e non viceversa chi ne è stato compiacente se non complice. Nel suo mondo alla rovescia vige “l’immoral suasion”, dove chi ha commesso delitti tenta di rieducare chi non ne ha commessi affatto.
Infine, il nostro maestro di etica conclude: “Come i lettori sanno, noi (lui e i suoi compari) abbiamo un’idea della politica di ben altro segno”. Purtroppo per noi la conosciamo bene quella loro idea della politica: è fatta tutta di banconote di piccolo taglio rigorosamente non segnate!

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