BUSH: IN IRAQ NE' PIU' TRUPPE NE' RITIRO, E' ANCORA LOTTA AL TERRORISMO

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news
00lunedì 27 giugno 2005 09:55
E' importante separare i gruppi combattenti stranieri
dagli insorti locali e ottenere il loro sostegno
di CHRIS WALLACE


Donald Rumsfeld
WASHINGTON - I vertici del Pentagono in questi giorni sono finiti sulla graticola al Congresso a proposito della guerra in Iraq e del trattamento dei prigionieri accusati di terrorismo. Con il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld cominciamo a commentare le notizie di contatti tra la guerriglia e gli americani.

Questi incontri sono realmente avvenuti e, se sì, quali sono i risultati raggiunti?
"La prima cosa che vorrei dire sugli incontri è che ce ne sono di continuo. In secondo luogo, gli iracheni hanno un governo sovrano. Sono loro a decidere che tipo di relazioni avere con i vari elementi degli insorti. Noi cerchiamo di facilitarli di tanto in tanto. E se ci pensa, qui non ci sono i buoni e i cattivi. C'è uno spettro di persone di ogni tendenza politica. C'è il governo, la gente che sostiene con forza il governo, quelli che lo sostengono ma non sanno ancora che cosa fare, quelli che sono inclini per l'altra parte e non sono sicuri di che cosa si debba fare, gli insorti e quelli all'opposizione, una grande varietà di posizioni; ci sono i jihadisti, c'è il gruppo di Zarqawi, ci sono i criminali, ci sono i sunniti baatisti che vorrebbero tornare al governo. Ci sono continuamente degli incontri...".

Ci sono stati degli incontri diretti con i comandanti degli insorti?
"Ci sono molto spesso degli incontri. La cosa bella rispetto a quanto è successo dopo le elezioni è che gli sciiti hanno detto: "Diamo una mano ai sunniti". I sunniti hanno fatto uno sbaglio non partecipando pienamente alle elezioni come avrebbero potuto. Adesso se ne rendono conto e cercano un riavvicinamento. Gli sciiti potevano dirgli: "Non avete voluto partecipare, ora siete fuori". Non l'hanno fatto. Hanno detto: "Facciamo entrare i sunniti. Vogliamo avere un solo paese fatto dai curdi, dagli sciiti e dai sunniti".

E' vero che è in atto uno sforzo per separare gli insorti locali dai combattenti stranieri, dal gruppo di Zarkawi?
"Sì, certamente. E' importante separarli e ottenere da alcuni il loro sostegno. Sta accadendo la stessa cosa in Afghanistan. Il presidente Karzai sta tendendo la mano ai Taliban. Non vuole quelli che si sono sporcati le mani di sangue, ma tende la mano alla gente a livello popolare, dicendo: "Facciamo un paese unito"".

Una delle principali critiche all'amministrazione è che lei e altri al vertice abbiate dato un quadro troppo roseo della situazione in Iraq. Gli insorti sono ormai agli ultimi sussulti?
"Si danno tutti un gran da fare per cercare delle contraddizioni in quello che il vicepresidente o qualcun altro hanno detto. Gli ultimi sussulti potrebbero significare un ultimo sussulto violento oppure un placido e tranquillo ultimo sussulto. Cerchi nel dizionario. Ora, c'è qualche differenza tra questo e ciò che ha detto il generale Abizaid o il generale Casey? No. Insomma, l'insurrezione continua. Ha flussi e riflussi. Attualmente, gli insorti sanno che rischiano di perdere una grossa occasione. Le elezioni sono state un grande successo. C'è un progresso politico. C'è un progresso economico. L'insurrezione è rimasta piuttosto stabile. Il progresso sul versante politico è una tale minaccia per gli insorti che io mi chiedo se non possano diventare più violenti da ora al referendum costituzionale e alle elezioni di dicembre".

Ma il progresso sul versante politico significa che gli insorti alla fine perderanno?
"Io credo di sì, e penso che lo credano anche altri. Se ci pensa, è quello che ha detto il generale Abizaid e il generale Casey e il generale Myers, è ciò che tutti loro hanno detto ieri, che non credono che ci sia un "pantano" come qualcuno cerca di definirlo".

Ma i numeri delineano un quadro diverso dell'Iraq. Gli attacchi degli insorti, nei primi due mesi di quest'anno, hanno avuto una media di 57 al giorno. Poi sono scesi a 53 al giorno, a marzo e aprile. Poi sono risaliti a 70 al giorno, a maggio. Il numero di soldati americani uccisi in azioni ostili era sceso in marzo e aprile, ma è raddoppiato negli ultimi due mesi e giugno non è ancora finito. E il numero di vittime tra membri dell'esercito e della polizia iracheni quest'anno si è impennato.
"C'è ancora violenza. Va su e giù. Credo che rimanga piuttosto stabile in quanto al numero di incidenti. E' aumentata la mortalità. Non c'è alcun dubbio che il nemico è un nemico pensante, che i loro attacchi sono più letali di quanto non lo fossero prima. Stanno uccidendo molti più iracheni. Ma se pensiamo all'insurrezione, non hanno alcun progetto. Non c'è un Ho Chi Minh, non c'è un Mao, non c'è un nazionalista... Sono guidati da Zarqawi, un giordano e lui agisce non contro un governo dittatoriale, ma contro un governo iracheno eletto. Lui è il nemico del popolo iracheno. La verità è che non saremo noi a vincere la guerriglia. Il popolo iracheno batterà la guerriglia. E la guerriglia potrà durare cinque, dieci, dodici anni. Le forze straniere non potranno reprimerla. Ma potremo creare un ambiente tale per cui il popolo iracheno e le sue forze di sicurezza potranno sconfiggere gli insorti".

(27 giugno 2005)

repubblica
piperitapatty
00lunedì 27 giugno 2005 14:04

E la guerriglia potrà durare cinque, dieci, dodici anni. Le forze straniere non potranno reprimerla. Ma potremo creare un ambiente tale per cui il popolo iracheno e le sue forze di sicurezza potranno sconfiggere gli insorti".



della serie :fcane:
never169
00lunedì 27 giugno 2005 18:31
dimmi tu quando l'Iraq non e' mai stato in guerra!
KuntaKinte77
00lunedì 27 giugno 2005 18:47
e si dimenticano sempre di ricordare chi ha messo li Saddam Hussein, chi ha permesso tutto questo....... e chi continua con finte ideologie a speculare. [SM=x44515]
piperitapatty
00martedì 28 giugno 2005 18:55
cmq saran contenti gli americani, che ne hanno le scatole piene di questa guerra[SM=x44459]
never169
00mercoledì 29 giugno 2005 01:08
Re:

Scritto da: piperitapatty 28/06/2005 18.55
cmq saran contenti gli americani, che ne hanno le scatole piene di questa guerra[SM=x44459]



pure loro sono più in guerra che in pace.

dal 45 ad oggi, Corea, Vietnam, Iraq 1, Iraq 2, senza contare le altre guerre meno visibili.
news
00mercoledì 29 giugno 2005 10:33
BUSH: IN IRAQ NE' PIU' TRUPPE NE' RITIRO, E' ANCORA LOTTA AL TERRORISMO


WASHINGTON - Il presidente George W. Bush, citando a piu' riprese la strage dell'11 settembre, ha ribadito martedi' che l'Iraq e' diventato il fronte centrale della guerra al terrorismo e che le truppe americane non intendono lasciare il paese ''finche' la missione non sara' stata completata''.

Bush, parlando a Fort Bragg (Carolina del Nord) nel primo anniversario del passaggio dei poteri in Iraq, ha detto che le truppe americane ''non resteranno un giorno piu' del necessario'' ma che ''sarebbe un errore'' fissare scadenze precise. Ha detto anche che inviare piu' truppe danneggerebbe la strategia americana di incoraggiare gli iracheni ad assumere il ruolo guida nella lotta agli insorti.

Rivolgendosi ad una platea di 700 militari, Bush e' partito dai sacrifici delle truppe e da una domanda di base: vale la pena di fare questo sacrificio? Bush ha detto che la risposta e' affermativa. ''E' un sacrificio vitale alla sicurezza futura del nostro paese. E stasera intendo spiegarvi perche'''. Bush ha descritto l'Iraq come il fronte centrale della battaglia al terrorismo: e' qui che si decidera' il loro destino. ''La nostra missione in Iraq e' chiara: dare la caccia ai terroristi, aiutare gli iracheni a costruire una nazione libera, far avanzare la causa della liberta' nel resto del Medio Oriente''.

''Dobbiamo impedire ad Al Qaida e agli altri terroristi stranieri di trasformare l'Iraq in quello che l'Afghanistan era diventato sotto i Taleban: un rifugio sicuro da cui lanciare attacchi contro l'America ed i suoi amici - ha detto Bush - Il modo migliore per completare questa missione e' aiutare gli iracheni a edificare una nazione libera, in grado di governarsi, sostenersi e difendersi''.

''La nostra strategia puo' essere riassunta in una frase: man mano che gli iracheni si faranno avanti, noi potremo farci indietro. Stiamo cercando di creare forze di sicurezza irachene piu' rapidamente possibile perche' possano assumere la guida nello sconfiggere i terroristi e gli insorti'', ha detto Bush ricordando i vari paesi, compresa l'Italia, che stanno aiutando in questo ruolo di addestramento.

''Gli americani desiderano che le nostre truppe tornino a casa prima possibile. Lo desidero anch'io - ha detto Bush - Ma sarebbe un errore fissare una scadenza artificiale per il rimpatrio. Manderebbe un messaggio sbagliato agli iracheni, che devono invece sapere che l'America non se ne andra' finche' il lavoro non sara' stato completato''.

''Manderebbe un messaggio sbagliato alle nostre truppe, che devono sapere che siamo seri sulla necessita' di completare una missione per cui stanno rischiando le loro vite - ha detto Bush - manderebbe un messaggio sbagliato al nemico, che dovrebbe solo aspettare la nostra partenza. Resteremo in Iraq finche' sara' necessario. Ma non un giorno di piu'''.

Il presidente ha detto che per completare la missione non sara' necessario inviare truppe aggiuntive: ''Mandare piu' truppe danneggerebbe la nostra strategia di incoraggiare gli iracheni ad assumere la guida. E suggerirebbe che noi intendiamo restare in Iraq per sempre quando invece stiamo lavorando per far giungere il giorno in cui gli iracheni potranno difendersi da soli e noi potremo andare a casa''.

Bush ha ricordato i prossimi passi previsti per la ricostruzione politica dell'Iraq - costituzione, referendum, elezioni governo non provvisorio - definendo ''critica'' la partecipazione dei Sunniti al processo. ''La combinazione di riforme politiche e militari gettera' le solide fondamenta per un Iraq libero e stabile'', ha detto Bush. Con effetti positivi per l' intera regione: ''l'avanzata della liberta' in questa vitale regione eliminera' le condizioni che alimentano il radicalismo e le ideologie di morte e renderanno piu' sicura l'America'', ha affermato il presidente.

''Stiamo combattendo contro uomini che sono capaci di qualsiasi atrocita' - ha detto Bush - desiderano attaccare il nostro paese e uccidere i nostri cittadini e in Iraq e' dove hanno deciso di formare il fronte. Li combatteremo, in Iraq e in tutto il mondo, e continueremo a combattere finche' vinceremo'', ha detto Bush nell'unica frase del discorso, durato circa trenta minuti, interrotta da un applauso.

Bush ha chiuso il discorso invitando gli americani, in vista della imminente Festa Nazionale del 4 Luglio, a far sentire il loro sostegno ai soldati. Per l'occasione il Pentagono ha creato un apposito sito web: AmericaSupportYou.mil.



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