Alla Camera e al Senato folla divisa tra sostenitori e detrattori di Berlusconi
Scaramucce verbali, tiro di pallottole di carta e cori da stadio
Il governo lascia tra fischi e applausi
La Prestigiacomo saluta col pugno chiuso
di BRUNO PERSANO
Stretto dalla folla, Berlusconi stringe le mani ai suoi sostenitori
ROMA - L'appuntamento era davanti alla Camera. Da un lato i fedelissimi azzurri, dall'altro le bandiere rosse e i megafoni. Destra contro sinistra; applausi contro fischi. E' finita la legislatura; il governo si è dimesso;
Berlusconi ha lasciato. All'uscita dalla Camera, dopo il colloquio con il "comunista" Bertinotti, il Cavaliere ha attraversato la folla, come faceva una volta. E non sono state solo ovazioni. Da un gruppetto di cento contestatori che l'aveva atteso per quasi un'ora, si sono alzati cori da stadio: "A casa, a casa", gridavano nel megafono sventolando bandiere rosse e pugni chiusi. "Era ora! Meno male", e giù a cantare "Una mattina, mi sono alzato..." Sono volate anche qualche pallottole di carta, ma è stata solo "un'ingenua manifestazione di contestazione", come l'ha definita qualche agenzia di stampa.
La risposta azzurra è giunta subito dal gruppo che, in piazza, non era da meno per numero e per orgoglio politico. Come è usanza nella curva sud romanista per incitare il proprio capitano, dai giovani di Forza Italia il coro è partito all'unisono: "Un presidente; c'è solo un presidente".
Così l'Italia ha salutato Berlusconi, alla Camera come al Senato. L'Italia divisa in due, quella che ha vinto e quella costretta dal voto a lasciare.
"Sarà contenta?!", ha detto l'ex premier all'inviata de l'Unità. "Sì, presidente" è stata la risposta sorridente della cronista.
Tra le forche caudine sono stati costretti a scendere anche i
ministri dimissionari. Dopo il consiglio a Palazzo Chigi, l'ultimo, uno a uno sono usciti dalla porta principale tra due ali di manifestanti, tra urla e fischi. Apparentemente insensibile alla contestazione è apparso il ministro delle Comunicazioni Mario Landolfi che ha proseguito senza mostrare alcun interesse, mentre l'ex ministro della Giustizia Roberto Castelli non ce l'ha fatta proprio a tacere, e alla frase irriguardosa di un passante: "Castelli vai a casa te lo dice un coglione", l'onorevole leghista ha risposto: "Io una casa ce l'ho e non ho mai usato questa espressione". E' vero: l'ha usata per primo Berlusconi.
L'ultima ad uscire è stato il ministro forzista Stefania
Prestigiacomo che con un gesto ha spiazzato tutti: non ha mostrato l'indice come fece la Santanchè, ma il pugno chiuso come fanno gli operai rossi. Chissà cosa ne dirà il suo ex presidente che i comunisti proprio non li può vedere?
LA REPUBBLICA
(2 maggio 2006)