Blackfriars Bridge! (Ior vs Calvi vs Gelli)

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Etrusco
00martedì 19 luglio 2005 17:30
Il Gran Maestro Venerabile della P.2
ha ricevuto un avviso di garanzia
dai magistrati romani
per il delitto del banchiere
nel 1982, a Londra


Licio Gelli indagato
per l'omicidio Calvi
Interrogato l'ex venerabile:
'non sono stato io, mandanti in Polonia'


di ELSA VINCI e FRANCESCO VIVIANO


Licio Gelli
ROMA - "Non sono certamente io il mandante.
Roberto Calvi è stato "suicidato"
e i suoi assassini e i mandanti, secondo me, vanno cercati in Polonia".
Si difende l'ex venerabile della loggia massonica P2, Licio Gelli,
interrogato il 4 luglio scorso a Roma, in qualità di indagato dai pubblici ministeri, Maria Monteleone e Luca Tescaroli,
che conducono l'inchiesta sull'omicidio del banchiere Roberto Calvi, ex presidente del Banco Ambrosiano trovato impiccato sotto il ponte dei Frati neri a Londra il 18 giugno del 1982.
Gelli è formalmente accusato di essere uno dei mandanti della morte del banchiere assieme al faccendiere Flavio Carboni, la sua amica Manuelea Kleinsing, il boss mafioso Giuseppe Calò e l'imprenditore Ernesto Dioatallevi che nell'aprile scorso sono stati rinviati a giudizio e saranno processati il 6 ottobre prossimo con l'accusa di omicidio volontario premeditato.

Secondo l'accusa l'ex venerabile e gli altri imputati avrebbero provocato la morte di Roberto Calvi per "punirlo" di essersi impadronito di considerevoli quantità di denaro appartenenti ai boss di Cosa nostra e allo stesso Gelli.
Una morte decretata anche per impedire a Roberto Calvi - scrivono i pm romani - "di esercitare potere ricattatorio nei confronti dei referenti politico-isituzionali,
della massoneria, di appartenenti alla loggia P2, dello I.O.R. (la banca del Vaticano)
,
con i quali aveva gestito investimenti e finanziamenti di cospicue somme di denaro,
anche provenienti da Cosa nostra e da enti pubblici nazionali".
Ma Gelli, interrogato dai pm alla presenza del suo avvocato, ha negato tutto ed ha indicato ai magistrati romani altre "piste".
Tuttavia l'ex venerabile concorda con i magistrati sul fatto che Roberto Calvi fu ucciso e non si suicidò.

Rispondendo alle domande dei pm Monteleone e Tescaroli, Gelli ha raccontato che conobbe Roberto Calvi negli anni '75-'76.
Gli fu presentato dal generale Miceli e da Umbeto Ortolani, appartenenti alla P2.
"Per me Calvi fu "suicidato" ha detto Gelli negando di avere avuto rapporti con il Banco Ambrosiano.
Ci fu un solo contatto, nel 1981, quando fece un finanziamento al Banco Ambrosiano di Nassau per 10 milioni di dollari che gli furono restituiti un mese dopo.

Nell'interrogatorio Gelli parla anche della vicenda del Corriere della Sera e racconta che Tassan Din e Rizzoli gli chiesero una mano per vendere una quota del giornale.
"Io - ha detto - misi solo in contatto loro con Calvi e non ho partecipato alle trattative".

Nei verbali di interrogatorio Gelli ricorda anche la sua fuga dall'Italia nel 1982 quando venne coinvolto nelle inchieste giudiziarie.
Si rifugiò in Svizzera dove fu poi arrestato, ma dopo poco tempo evase clamorosamente.
Come?
"Ero andato in Svizzera per difendermi meglio ed ero fuggito dall'Italia quando ebbi sentore che mi volevano arrestare
(Gelli indica in un avvocato la "talpa" che lo avvertì).
Ai pm ha dichiarato: dopo essere stato arrestato in Svizzera "sono scappato perché ho trovato tutte le porte aperte". "Ricordo che la sera della mia evasione - ha raccontato l'ex venerabile - il direttore del carcere, accompagnandomi in cella mi disse che in Svizzera non è reato evadere, ed io l'ho preso in parola.
La polizia svizzera mi diede una mano per far partire il furgone sul quale ero stato nascosto sotto una coperta".

Gelli ha fatto riferimento alla banca del Vaticano ed al "movente" che avrebbe provocato la morte di Roberto Calvi.
"Una sera ero a cena con Calvi, era scuro in volto, mi disse che il giorno successivo doveva andare dal "Santissimo", in Vaticano, per avere 80 milioni di dollari che doveva pagare per fatture relative alla Polonia e che se non li avesse avuti avrebbe fatto saltare tutto".
"Il fatto è del '79-'80 - ha dichiarato Gelli - e per questo ho detto che per trovare gli assassini di Calvi bisognava indagare in Polonia".

(19 luglio 2005)
Clicca QUI per leggere l'articolo su La Repubblica
www.repubblica.it/2005/g/sezioni/cronaca/gell/gell/gell.html
Etrusco
00lunedì 8 maggio 2006 01:58
Al tempo in cui Luigi Berlusconi era procuratore generale della Banca Rasini, infatti, questa entrò in rapporti d'affari con la Cisalpina Overseas Nassau Bank,
nel cui consiglio d'amministrazione figuravano nomi poi divenuti tristemente famosi, come
Roberto Calvi, Licio Gelli e Michele Sindona.
La stessa banca Rasini fu indicata da Sindona e da altri "pentiti" come coinvolta nel riciclaggio di denaro di provenienza mafiosa.
Queste indicazioni assumeranno un importante significato rispetto ad alcune successive ombre sulla figura di Berlusconi (i rapporti con la mafia e l'iscrizione alla loggia massonica Propaganda 2 di Gelli).

Il 7 luglio 1974 il senatore Marcello Dell'Utri, amico di Berlusconi, aveva anche portato il giovane mafioso, Vittorio Mangano, da Palermo nella villa d'Arcore di Berlusconi, appena acquistata, per ricoprire le mansioni di fattore e stalliere. Mangano si occuperà di curare la sicurezza della villa, ma anche di accompagnare i figli di Berlusconi a scuola[11]. Berlusconi lo avrà alle sue dipendenze fino alla fine del 1976, quando si licenzierà spontaneamente. Mangano verrà condannato per traffico di droga e per associazione mafiosa semplice, verrà inoltre sospettato di aver rapito il principe Luigi D'Angerio dopo una cena alla villa di Silvio Berlusconi, il 7 dicembre 1974.

Il 26 maggio 1975 era anche scoppiata una bomba a ridosso di un'abitazione di Berlusconi a Milano.
Berlusconi, dopo aver ricevuto varie minacce, si era trasferito per qualche mese con la famiglia in Svizzera e successivamente in Spagna.

Approfondimenti QUI su Wikipedia . . .
--MUTTLEY--
00lunedì 8 maggio 2006 13:13
Sono stato su quel ponte,per mera curiosità,e ancora non mi spiego come una persona da sola ci si possa impiccare come è capitato a Calvi!
Etrusco
00mercoledì 17 maggio 2006 02:00
Re:

Scritto da: --MUTTLEY-- 08/05/2006 13.13
Sono stato su quel ponte,per mera curiosità,e ancora non mi spiego come una persona da sola ci si possa impiccare come è capitato a Calvi!



Infatti delle recenti analisi con moderne tecnologie hanno appurato che è stato ucciso da qualcuno, i segni che riporta il cadavere sono incompatibili con la tesi del suicidio.
Etrusco
00giovedì 7 giugno 2007 21:39
COMÈ MORTO ROBERTO CALVI?
NON SI SAPRÀ MAI


 MA SU UN FATTO CI SONO POCHI DUBBI: UNA PERIZIA DEL 2003 HA ESCLUSO LIPOTESI DEL SUICIDIO

- FU LINTRECCIO POLITICO-AFFARISTICO-MAFIOSO IN CUI SI INFILÒ ILBANCHIERE DI DIO A DECRETARNE LA FINE&





Francesco La Licata per La Stampa



Il mistero della morte del «banchiere di Dio» difficilmente troverà spiegazione.
Ed è, questa, quasi la sorte naturale destinata a tutte le storie del potere in Italia.

Forse non si saprà mai comè morto Roberto Calvi, il presidente del Banco Ambrosiano trovato appeso al ponte dei Frati Neri di Londra. Così come non sè mai saputo se Michele Sindona, predecessore di Calvi nello ruolo sinistro di manovratore finanziario di fortune non sempre bene identificabili, si sia tolto la vita dentro il carcere di Voghera o se quel caffè «amaro» che lo ha ucciso gli sia stato inviato per chiudergli la bocca per sempre.



(Roberto Calvi)



UNINCHIESTA NATA MALE
Sono passati 25 anni da quella notte al Blackfriars Bridge, 18 giugno 1982. Certo, adesso la procura di Roma potrebbe scegliere di ricorrere in appello, e poi ci sarebbe pure la Cassazione e, chissà, la decisione di ripetere il processo. Insomma potrebbero trascorrere altri anni. Servirebbe? Lesperienza appena archiviata direbbe di no.

E nata male linchiesta sulla terribile fine del «banchiere di Dio». Sin da subito si intuì che, come ogni affaire che si rispetti, la strada delle indagini sarebbe stata tutta in salita. Una frettolosa archiviazione delle autorità britanniche liquidava tutto col sigillo del suicidio. Si scoprirà in seguito che una diatriba burocratica sul luogo del ritrovamento del cadavere aveva assegnato la competenza investigativa alle «autorità locali», impedendo il più qualificato intervento di Scotland Yard. Ma qualche mese dopo, siamo nel 1983, lintervento dellAlta Corte chiuderà unennesima verifica con un «verdetto aperto»: potrebbe trattarsi sia di suicidio che di omicidio.



(Roberto Calvi - Foto Lapresse)


Si cambia scenario e linchiesta sbarca in Italia: indagano le procure di Palermo, Milano e Roma. Il valzer delle competenze finisce nella Capitale. E così nel 1995 si riaprono i fascicoli, anche perché hanno in precedenza fatto irruzione le rivelazioni dei pentiti Francesco Marino Mannoia e Tommaso Buscetta. Il quadro che i due ex boss propongono ai magistrati romani consegna un fitto intreccio politico-affaristico-mafioso, molto simile a quello che aveva visto protagonista laltro banchiere, Michele Sindona. La tesi è che lAmbrosiano sia stato un collettore di soldi della mafia e che il «contratto» per uccidere Calvi sia stato assegnato al boss Franco Di Carlo che, una volta divenuto collaboratore, negherà affermando che lomicidio fu commissionato alla camorra.

Soldi da riciclare: un intrigo dove sarebbe stato coinvolto anche lo IOR di mons. Paul Casimir Marcinkus. Buscetta raccontò di aver saputo tutto dalla viva voce di don Tano Badalamenti, che andò a trovarlo in Brasile e, davanti alla copertina di un settimanale italiano che parlava del «suicidio» di Calvi, commentò: «Ma quale suicidio, questa è unaltra delle bravate di zio Pippo». Laddove zio Pippo stava per Giuseppe Calò, boss palermitano, capomandamento di Porta Nuova, «emigrato» a Roma per svolgere la delicata funzione di «cassiere» di Cosa nostra. Una sorta di «collega» dei veri banchieri, che avrebbe ordinato la morte di Calvi perché questi aveva mandato in fumo (anche attraverso ardue operazioni, quelle con lo IOR comprese) molti soldi della mafia.

[censurato]
(Il corpo senza vita di Roberto Calvi)



LA PERIZIA
Della morsa che stritolerà Calvi, entreranno a far parte Flavio Carboni ed Ernesto Diotallevi (affarismo e banda della Magliana): gli attuali imputati assolti, insieme con Silvano Vittor accusato sostanzialmente di aver portato Calvi al macello in uno squallido albergo di Londra. Si dovrà, però, arrivare al 2003 perché lindagine venga liberata dal «capestro» che la bloccava: la perizia sulle cause della morte di Calvi. Lincidente probatorio, sulla base di una ennesima perizia, esclude lipotesi del suicidio. Così parte il processo per lomicidio e siamo ad ottobre del 2005.

Sembra preistoria la vicenda della borsa di Calvi «trovata» e offerta in TV ad Enzo Biagi. Carboni verrà sospettato di aver imbastito quella sceneggiata utile a far credere che il «banchiere di Dio» non aveva nessun documento importante. Laccusa era di ricettazione e si celebrò un processo a parte (assoluzioni), ma quando dal suicidio si arriva allomicidio è ovvio che la storia cambia. E il processo si arricchisce di nuove testimonianze. La signora Teresa Ryan firma un verbale che mette in discussione lalibi di Carboni (per i giorni «londinesi» di Calvi), mentre alcune consulenze tecniche trovavano tracce di 800 milioni di lire (finite al Banco Ambrosiano) provenienti dal sequestro Torielli.




Unaltra consulenza, attivata a conferma di una rivelazione fornita dal collaboratore Vincenzo Calcara, ricostruiva il percorso di altri 700 milioni pagati per il riscatto di Nicola Campisi, sequestrato in Sicilia. Tracce che, secondo il pm Luca Tescaroli, proverebbero lesistenza di qualche operazione disinvolta dellAmbrosiano. E poi la dichiarazione della vedova, Clara Calvi, che nel 1994 accusa Carboni di aver proposto uno «scambio»: una testimonianza utile per la tesi che a Londra il banchiere era stato ucciso, in cambio di una «liberatoria» della vedova sul presunto coinvolgimento di Carboni negli «affari cattivi» con lAmbrosiano. Tutti indizi che non sono bastati per convincere la giuria.


Dagospia 07 Giugno 2007
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