Boggiatto, lite per il costume

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Asgeir Mickelson
00domenica 6 luglio 2003 15:22
Milano, 6 luglio 2003 - La forza della politica e il disagio del campione. Alla vigilia dei Mondiali di Barcellona si sta consumando una polemica dai contenuti clamorosi. C’è qualcosa di fantascientifico nello scenario: immaginate Alessio Boggiatto, campione del mondo dei 400 misti, fermato dal presidente Barelli sul blocco di partenza perché «non rispetta le regole, non sta nel sistema», ovvero indossa un body che non è dell’Arena (lo sponsor federale) ma è della Nike, lo sponsor personale che ne sta facendo uno dei due testimonial di riferimento insieme all’olandese Van den Hoogenband con tanto di presentazione in pompa magna nella rassegna spagnola. Potrebbe succedere, non succederà: anche per non rendere universale una controversia tuttavia preoccupante. Però a tutt’oggi Boggiatto, regolarmente convocato, potrebbe essere a rischio squalifica secondo una delibera del consiglio di presidenza già approntata e secondo la quale chi non indosserà il costume col marchio imposto dalla Fin incorrerà in sanzioni disciplinari o pecuniarie dopo i Mondiali. A seconda della gravità, della medaglia o dell’andamento in acqua (multe sino a 25.000 euro).

La tolleranza massima (da Fukuoka 2001 agli Europei di Riesa di dicembre) è diventata tolleranza zero: solo perché la federazione deve onorare al meglio l’accordo quadriennale con la casa di Tolentino, che paga circa 600 mila euro in soldi e il resto in materiale tecnico. Dal Sette Colli a oggi è stata un’escalation sotterranea continua con obiettivo esclusivo Boggiatto, i cui interessi sono gestiti dalla madre Elisa. Pressioni che hanno raggiunto il culmine quando un consulente del Coni ha telefonato allo sponsor del torinese per affrontare l’argomento. Un’iniziativa che ha indispettito il nuotatore, in collegiale a Verona, costringendolo a formalizzare una protesta indirizzata a tutti i livelli: dal presidente del Coni, Petrucci, al presidente federale Barelli al presidente della Sisport, Boniperti. Nel documento c’è tutta la drammatica condizione di un atleta che anziché concentrarsi per le sfide ai più grandi nuotatori del mondo (Phelps, Thorpe, Rosolino) è alle prese con reiterati inviti a recedere da qualsiasi iniziativa. A rientrare immediatamente nei ranghi. Ma Boggiatto ha deciso di far valere e tutelare i suoi diritti, ha semplicemente chiesto chiarimenti. Nella lettera viene stigmatizzata l’iniziativa presso lo sponsor «intervento gravissimo perché interferisce in modo illecito nella sfera delle mie relazioni private, mettendo a repentaglio i rapporti contrattuali». La federazione pretende il rispetto «di obblighi che non trovano riscontro nelle norme, il regolamento non tratta minimamente del materiale tecnico necessario alla prestazione». Un atteggiamento infine che «sta compromettendo gravemente la mia serenità in questo momento delicato e mi vede costretto ad occuparmi anziché degli allenamenti di altri aspetti».

Domani sera sarà il giorno della verità: a Verona, il ds Gianfranco Saini si farà messaggero delle decisioni presidenziali che soprattutto dopo l’iniziativa di Boggiatto sono state rese più restrittive: chi non indossa il costume Arena subirà sanzioni. Alcuni nuotatori, con contratti di poca entità, sono in ritirata. Boggiatto non recede, invece: potrebbe soltanto evitare conseguenze pesanti se la Nike sarà più clemente nel pretendere l’esposizione del marchio dopo qualche problema tecnico legato all’arrivo dei nuovi costumi. Nascondendo la griffe, Alessio perderebbe il premio, verrebbe multato ma ai Mondiali sarebbe in acqua. Tranquillamente?
Qui entrano in gioco i fattori psicologici: l’iridato, un tipo solitamente tranquillo, ha staccato il cellulare, fa filtrare tutto dalla madre che ne riceve gli sfoghi sempre più annichilita dal caso e costretta ad affidarsi ai legali per tutelare il figlio. Anche la Fin — che per la prima volta non accetta deroghe e non si mobilitò così neanche quando Rosolino firmò per la Speedo — s’è affidata a un pool di avvocati. Una disputa su cui il Coni dovrà esprimersi. Boggiatto ha scelto correttamente la via della trasparenza, coinvolgendo nel problema quanti sono chiamati a valutare un caso assai delicato. Dietro la vicenda del costume, la battaglia riguarda la libertà di poter scegliere il body che si ritiene migliore, più vantaggioso. L’esclusiva in questo caso si scontra con la rapida evoluzione del costume: un aspetto sempre più decisivo al momento della stipulazione dei contratti (per non parlare della gestione dell’immagine dei campioni, per la quale la Fin ha tratto indubbi vantaggi in questi anni di successi). Un Boggiatto perseguibile fa infine specie a due mesi dalla cerimonia al Quirinale nella quale era il simbolo di un movimento. Un cavaliere che aspetta e spera: andare a Barcellona al buio sarebbe un disastro. Roba da andarsene in vacanza o cambiare Paese...
giannicchedda81
00lunedì 7 luglio 2003 08:45
la Federazione Italiana Nuoto è sempre + scandalosa![SM=x44491]
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